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Autore: Neverland98    26/04/2014    3 recensioni
-Chi sei, come ti chiami?- vorrei avere un tono sicuro, ma la voce mi muore in gola; così ne esce solo un verso strozzato.
Lui non sembra scomporsi, continua ad osservarmi con i suoi occhi glaciali. Non dev'essere molto più grande di me, eppure lo sembra. E' bellissimo, i suoi lineamenti delicati e la sua carnagione lattea lo fanno assomigliare ad un essere sovrannaturale. Ne sono subito attratta. -Mi chiamo Arden, ma non vedo come questo possa aiutarti a risolvere il tuo problema.-
Deglutisco a vuoto, i battiti del mio cuore mi rimbombano nelle orecchie. -Che problema?-
Arden sfodera un sorrisetto cattivo. - Come farai ad uscire da qui-
-Da qui dove? E' soltanto un sogno- mi sorzo di sembrare tranquilla.
-Dici davvero, ragazzina? E allora perchè non ti svegli- mi prende in giro.
-Lo faccio subito-
Serro le palpebre, smetto di respirare, stringo i pugni.
Ma non succede niente, lui è ancora davanti a me.
Questo non è un sogno.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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18. RITORNO

 


La persona che parte per un viaggio, non è la stessa persona che torna
Anonimo

 




-Bene, Cecilia, io direi di partire dall'inizio- esordisce Collins, alzando una sedia gettata a terra e sedendosi. Dovrei fare lo stesso, ma non mi va. Sono come paralizzata.

Il mio cuore ha smesso di battere insieme a quello di Arden. E capisco anche, solo ora, che quando ero arrivata alla conclusione che “il mio lato oscuro mi avrebbe creato problemi”, ci avevo visto giusto.

Osservo il viso rugoso di Collins e tutto quello che provo è odio.-Non mi interessa niente di quello che ha da dirmi- gli spiego in tono pratico.-Sì, forse tempo fa le ho chiesto perchè mi stava succedendo tutto questo. Ma adesso mi creda, non me ne frega niente.-

-Può essere- mi concede Collins.-Ma se davvero vuole tornare a casa dovrà ascoltarmi.-

Scuoto la testa con noncuranza.-Non voglio tornare a casa. Non fa molta differenza.-

-No? E' sicura? Cosa direbbe il suo amico che si è sacrificato per lei, per permetterle di tornare a casa, se sapesse che a lei non interessa?-

Le sue parole mi colpiscono come un pugno e mi mordo il labbro.-Avrebbe dovuto sapere che avrei preferito morire qui piuttosto che vivere senza di lui- dico, gelida.

-Forse al suo amico non importava. Lui l'amava a tal punto da permetterle di vivere che lei lo voglia o no.-

-Arden-

-Come?-

-Si chiamava Arden, e non era un mio amico. Era il ragazzo che amavo, c'è differenza.-

Collins sfodera un sorrisetto indecifrabile.-E' cambiata, sa Cecilia? Quando l'ho incontrata, due anni fa, era una ragazzina insolente e infantile, a cui interessava solo divertirsi con gli amici e nient'altro. Adesso è una donna.-

-Non sono qui per stare a sentire i suoi apprezzamenti. Voglio tornare a casa, per onorare la memoria di Arden, come dice lei. Quindi si sbrighi a parlare e io le prometto che fingerò di ascoltare-

Il mio professore di matematica sospira.-Va bene, allora. Vede, Cecilia, lei appartiene a una famiglia molto antica. I Waldorn. Mi dica, si è mai chiesta perchè suo padre l'abbandonò?-

-Non mi voleva abbastanza bene. Nè a me né a mia madre.- taglio corto.

-No, cara signorina, si sbaglia. Suo padre, proprio come lei, aveva il Dono, poteva viaggiare nei suoi sogni. Succede ogni vent'anni, e quando capì che stava per succedere, capì anche di essere troppo stanco per farcela, stavolta. Quindi decise di abbandonare lei e sua madre per risparmiarvi la sofferenza di dovergli dire addio.-

-L'abbiamo fatto lo stesso- gli faccio notare.

-Sì, ma come di certo avrà imparato, è molto più facile trovare un colpevole per le proprie sofferenze. Se lei avesse saputo che non dipendeva da lui il fatto di dovervi abbandonare, crede davvero che sarebbe riuscita ad avere una vita serena? Si sarebbe distrutta nella speranza che suo padre un giorno sarebbe potuto tornare. E suo padre non voleva condannarla a questa vita d'illusione. Invece così può sempre prendersela con lui, arrabbiarsi per averla lasciata e andare avanti come fanno molti altri ragazzi che vengono abbandonati dai loro genitori.-

-E lei come fa a sapere tutto questo?- gli domando scettica.

-Allora vede che un po' le interessa il mio racconto-

-E' che se proprio devo sentirla parlare, voglio capire quello che sta dicendo.-

-Come preferisce, Cecilia. In ogni caso, un passo alla volta. Le prometto che risponderò a tutte le sue domande.

Dicevo, la stirpe dei Waldorn è destinata a viaggiare nei proprio sogni, secondo un'antica maledizione che fu gettata su di voi nel medioevo. A quanto pare un suo progenitore era re di un popolo ricco e prospero. Era una brava persona, ma come spesso accade, si lasciò corrompere dal potere e ne divenne sempre più assetato.

Condusse molte guerre di conquista, e presto divenne uno dei re più potenti e temuti della Terra. Durante una delle tante guerre, arrivarono in una cittadina dal nome ignoto, ma che i libri narrano fosse abitata da un popolo pacifico e colto.

Quando questo decise di non arrendersi, come facevano ormai tutti gli altri Paesi, il suo avo non solo gli dichiarò guerra e vinse, ma ordinò che la città fosse rasa al suolo e incendiata. Ora, questa città era sotto la giurisdizione di un mago molto potente, che più e più volte portò offerte ai conquistatori nella speranza di salvare il suo popolo. Ovviamente, il suo avo accettò sì le ricche offerte, ma non rinunciò ai propri progetti di vendetta.

Così, la notte prima del grande incendio, scagliò una maledizione sulla stirpe dei Waldorn. Tutti i discendenti sarebbero stati figli unici e destinati, ogni vent'anni, a viaggiare nei propri sogni, fino alla fine del Mondo.-

Sono senza parole.

-Come... Come si fa a fermare la maledizione?-

-Eh, cara la mia Cecilia, è da tempo ormai che io e suo padre cerchiamo di trovare una risposta. Sicuramente ricorda di avermi chiesto come posso sapere tutte queste cose.

Ebbene, io e suo padre eravamo migliori amici. Ci conoscemmo al liceo, proprio come lei e Kerr, ma lui, a differenza sua, decise di confidarsi con me. Mi raccontò tutto e da quel momento tentammo invano, per tutta la vita, di trovare un modo per eliminare la maledizione. Sfortunatamente senza successo.-

-Ma come faceva lei a sapere quando sarei finita nel mio sogno? Voglio dire, come poteva sapere la data precisa?-

-In realtà, Cecilia, mi sono basato sulle date di suo padre. Ricordo precisamente il giorno in suo padre partì, dicendo che voleva andare a passare il resto della sua vita in un posto sperduto del mondo, perchè aveva intuito da una serie di sogni premonitori, proprio come è successo a lei, che il momento era prossimo. Come le ho detto, io ricordavo la data e ho pensato, giustamente, che sarebbe stata la stessa anche per lei.-

-E... e il libro? Il libro che mi ha dato?-

-Ah, giusto. Be', le ho detto che io e suo padre abbiamo studiato molto, no? E abbiamo anche viaggiato parecchio per il mondo, visitando i popoli più antichi e i loro stregoni, per cercare di sciogliere la maledizione. Quando, circa una quindicina di anni fa, andammo in Svizzera, trovammo in libreria quel libro, e sfogliandolo suo padre si rese conto che molte delle cose che aveva sognato vi erano riportate. Prima di partire, me l'ha affidato.-

-Quindi lei sapeva che io ero la figlia del suo amico, no?-

-Sì, esatto.-

-E perchè cavolo ha sempre cercato di rendermi la vita un inferno, a scuola?- urlo.

-Perchè lei non studiava. E perchè ero curioso di vedere quanto assomigliasse a suo padre.-

-Sì, ma... ma perchè mi ha aiutato, alla fine? Perchè ha deciso di darmi il libro, se le ero così antipatica?-

-Lei non mi è poi così tanto antipatica, Cecilia. Diciamo che la apprezzerei di più se studiasse di più. Ma comunque non avevo molta scelta.-

-Perchè?-

-Mi fa finire di parlare o no? Vede, suo padre prima di partire mi fece promettere che le avrei dato il libro e l'avrei aiutata.-

-Be', non l'ha fatto!- sbotto.- Perchè non mi ha detto cosa mi aspettava, non mi ha preparata affatto, mi ha solo dato il libro! Se avessi saputo quello che avrei trovato ad attendermi al Castello, Arden adesso sarebbe vivo!- e le lacrime ricominciano a scorrere.

-Ma, mia cara Cecilia, come potevo saperlo? Nessuno, a parte lei, sa cosa c'è dentro la sua testa. I sogni cambiano da persona a persona.-

Mi manca il fiato.-Sì, ma... ma... perchè è qui adesso?-

-Perchè devo aiutarla ad uscire, proprio per adempire a quella promessa-

-E come ha fatto ad arrivare?-

-Vede, nel momento in cui ho fatto quella promessa a suo padre, sono stato automaticamente vincolato al mio obbligo. Ieri sera mi sono addormentato ed eccomi qui. La maledizione ha fatto tutto.-

-Prof., cosa sta succedendo nel mondo reale?-

-Lei è in coma, cara la mia Cecilia.-

Il mondo mi crolla addosso.-In... coma?-

-Sì, ma ovviamente i medici non sanno il perchè.-

-E mia madre? Come sta?-

-Come vuole che stia? E' distrutta. Viene a trovarla in ospedale ogni volta che può, considerato il suo lavoro.-

E' distrutta.

-E Kerr? E i miei amici?-

-Oh, anche per loro è lo stesso. Praticamente ogni pomeriggio le fanno visita. Hanno riempito la sua stanza di mazzi di fiori e cartelloni con su scritto “rimettiti presto!”-

Questo devo ammettere che mi fa piacere.

Anche se ho ancora un dubbio.

-Ma mia madre sapeva della maledizione?-

-No, suo padre non gliel'ha mai detto. Vi ha lasciato circa cinque anni prima che lui si addormentasse.-

-Quindi adesso nessuno sa dove sia...-

-Purtroppo no.-

-Ho capito.-

Restiamo in silenzio per un po'.

Ci sono così tante cose da assimilare, così tante informazioni da registrare. Una maledizione, ecco perchè ho dovuto passare tutto questo.

-Professore?- chiedo timidamente.

-Sì, Cecilia?-

-Mio padre... Mi voleva bene?-

-Più di quanto lei possa immaginare. E' anche per lei che ha dovuto andarsene.-

-Oh- è tutto ciò che riesco a dire.

Per tutto questo tempo ho odiato mio padre, accusandolo di averci abbandonato per egoismo, quando invece ci stava solo proteggendo.

Mi sento un verme.

-E adesso, Cecilia, se non ha altre domande da fare, io direidi andarcene da qui.-

Annuisco piano.

Arden... Quanto mi mancherà!

Ma perchè non sono annegata?

Collins si alza e si avvicina allo specchio.-Prima lei, mia cara?-

-Cosa devo fare?-

-Saltare. Si tuffi nello specchio.- mi dice con una punta di eccitazione.

Be', è comprensibile. Qual è il massimo divertimento di un professore di matematica? Risolvere un'equazione?

-Okay- gli dico.

-Io verrò subito dopo di lei.E' pronta-

Faccio segno di sì con la testa.

-Bene, allora.-

Non riesco a crederci, me ne sto andando. Eppure non era come avevo sempre immaginato, con Arden che mi sorrideva fiducioso e intrecciava le sue dita alle mie.

No, adesso lui è morto.

E me ne sto andando con Collins.

-Al mio tre- riprende il professore.-Uno... Due... Tre!-

E io salto, “mi tuffo” nello specchio, il cui vetro è molto simile al lago nel quale per ben due volte ho rischiato di perdere la vita.

Vengo sbalzata nel vuoto assoluto, tutto intorno a me è azzurro. Sto volando (cadendo, per la precisione), ma la cosa non mi fa alcun effetto. Non sono spaventata o eccitata.

Sono solo impassibile.

-Tutto bene, Cecilia?- mi urla Collins da dietro.

-Si- gli rispondo.

Per lui sì che tutto questo è divertente. Vorrei prenderlo a pugni.

E poi la nostra caduta si ferma. Di colpo.

Sono in una stanza d'ospedale, sto cadendo dal soffitto.

Sotto di me c'è un letto, accanto al quale è seduta mia madre.

E nel letto, addormentata, con una decina di flebo nei polsi e il tubicino dell'ossigeno nel naso, ci sono io.

O meglio, il mio corpo.



Ed ecco qui il nuovo capitolo, ormai è quasi finita! Ringrazio tutti coloro che hanno recensito il precedente capitolo, non mi aspettavo che foste così in tanti! Grazie di cuore <3

   
 
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