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Autore: Misaki Ayuzawa    27/04/2014    2 recensioni
Questa è la storia di William Herondale, da quando è arrivato all'Istituto fino a ... beh, fino alla fine. Tenterò di descrivere al meglio gli episodi di cui già siamo a conoscenza sia quelli che invece sono avvolti nel mistero, o meglio: nella mente del personaggio più complesso di TID. Spero passiate a dare un'occhiata! :)
I:"I libri mi fanno credere che c’è chi sta peggio di me, anche se ammetto che consolarmi con le disavventure di personaggi immaginari non è esattamente una cosa da persone normali, non che io mi creda sano di mente, anzi sto valutando, ultimamente, la possibilità di farmi visitare da uno strizzacervelli mondano …"
V:"La cerimonia è conclusa e i Cacciatori, fino ad un momento fa silenziosi, si alzano in piedi e applaudono. Io, in questo momento, ho soltanto un pensiero che mi occupa la mente: non sono più solo."
X:"Mi tocco il viso, contrariato, e fisso il mio sguardo in quello di Jem.
“Questo” e faccio un ampio movimento con il braccio “non deve saperlo nessuno.”
Le persone che stanno passeggiando nel parco hanno preso guardarmi, mentre a grandi falcate mi dirigo verso l’Istituto. Quelle anatre me la pagheranno …"
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlotte Branwell, Henry Branwell, James Carstairs, Jessamine Lovelace, William Herondale
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’Angelo

E’ la prima giornata di sole, questa, la prima dopo un lungo, buio e piovoso inverno, e finalmente la primavera si sta facendo strada, pian piano, tra le palazzine vittoriane, i viali alberati e i chiassosi mercati. Hyde Park è davvero splendido: le foglie, imperlate da minuscole goccioline di rugiada, brillano sotto i timidi raggi del sole, i quali, tuttavia, portano luce ma non calore. In effetti, qui fuori si gela e, ogni volta che apro la bocca per parlare, sembra che io stia fumando un sigaro, cosa che ho fatto una volta ma che mi ha talmente disgustato da giurare a me stesso che non avrei mai più ripetuto l’esperienza. Faccio notare la cosa a Jem, che passeggia accanto a me. Non ci sono demoni, al momento … o almeno, non ne avvertiamo la presenza.
“Evita semplicemente di farlo, allora.”
Jem, con quella sua aria calma e gli occhi ricolmi di affetto, un affetto che spero di meritare, un giorno, nonostante il mio stratagemma - perché nessuno può vivere senza niente, e a me è concesso Jem - è capace di insultarti e fare in modo che tu non te la prenda. Qualunque cosa egli dica ha ragione di essere detta, non si spreca in conversazioni inutili, Jem; dice tutto con i gesti, le azioni, gli occhi e la musica.

Il ciottolo rimbalza tre volte sulla superficie liscia della Serpentine, il lago centrale di Hyde Park, prima di affondare definitivamente, in mezzo ad uno stormo di anatre che, placidamente, nuotano e si puliscono le piume. Storco il naso. Non mi sono mai piaciute le anatre, fin da quando ero bambino e vivevo nella tenuta in Galles, con la mia famiglia … fin da quando uno stormo di quelle bestie mi è venuta addosso provocandomi non poche ferite.
Do una gomitata a Jem, per attirare la sua attenzione, e continuo a fissare le anatre, seguendo ogni loro movimento, un’idea che mi frulla in testa, pazza e grandiosa allo stesso tempo.
“Jem, secondo te le anatre mangiano i pasticci di anatra?”
Lo sento voltarsi verso di me e squadrarmi dall’alto in basso, cercando di capire se sono serio. Capisce che sono serio.
Scuote la testa. “Non lo so, Will, ma non credo … le anatre mangiano vermi, pesce, erba, di certo non carne.”
Non gli do il tempo di finire la frase e schizzo via, correndo verso la bancarella di un ambulante che ogni giorno si piazza al margine del vialetto che costeggia il lago.
Compro un paio di pasticci di carne di anatra e ritorno al punto in cui ho mollato Jem, che mi fissa incredulo, scuotendo la testa.
Prendo un pezzettino di pasticcio e lo agito davanti al becco della prima anatra che mi passa davanti.
“Will, non farlo.” Mi avverte Jem.
L’anatra afferra dalla mano il pezzo di pasticcio e lo mastica … cioè, non lo mastica ma lo tritura, suppongo. Ad ogni modo, lo ingoia dopo poco.
Stacco un altro pezzo e lo offro ad una seconda anatra che, guardinga e con cautela, si è avvicinata. Vuole anche lei un pezzo di una sua vecchia pennuta amica.
“Le anatre sono cannibali, Jem. Me lo sentivo! Sono così orribili che non si fanno scrupoli a nutrirsi della loro stessa specie.”
Jem scuote la testa, e ripete, semplicemente: “Will, stai attento.”
Do un altro pezzo di pasticcio ad una terza anatra. Lo mangia e sembra gradire.
Faccio per voltarmi, pronto a tornare all’Istituto. Insomma, ho pagato io i pasticci, gradirei mangiarmene qualcuno!
“Will, attento!”
La voce di Jem, e la sua successiva risata, giunge tardi alle mie orecchie. Vengo attaccato in massa da cinque anatre. Sento i loro becchi contro il viso, le braccia, le gambe. Mi hanno rovinato il completo nuovo …
“Figlie di buona anatra!” Urlo e, con un movimento del braccio, e tirando lontano i pasticci, riesco a scacciarle.
Mi tocco il viso, contrariato, e fisso il mio sguardo in quello di Jem.
“Questo” e faccio un ampio movimento con il braccio “non deve saperlo nessuno.”
Le persone che stanno passeggiando nel parco hanno preso guardarmi, mentre a grandi falcate mi dirigo verso l’Istituto. Quelle anatre me la pagheranno …

  
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