Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: earlgreytea68    27/04/2014    3 recensioni
Le lettere sono state scritte, lette e discusse. Ma non significa che le cose si siano risolte. Ancora.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Letters [ traduzione di _opheliac ]'
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Capitolo 2

 

John si svegliò in fretta, disorientato ma con la chiara sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato. Qualcosa fuori-posto che l’aveva strappato dal proprio sonno, così prese velocemente la pistola vicino al letto—

E Sherlock disse, suonando senza fiato, “Sono io. Sono solo io.”

John batté le palpebre, la vista che si abituava all’oscurità della stanza, scorgendo la figura di Sherlock appena oltre la porta. “Gesù Cristo” disse, posando la pistola e strofinandosi i palmi delle mani sugli occhi mentre si riappoggiava alla testiera del letto. Il suo cuore batteva ferocemente per l’adrenalina, e cercò di fare respiri profondi per calmarsi. “Avrei potuto spararti.”

“Mi dispiace” disse Sherlock.

Suonava strano, e John abbassò lentamente le mani, improvvisamente preoccupato che il suo iniziale istinto che qualcosa andasse storto fosse dopotutto corretto. “Stai bene?”

“Sì” rispose Sherlock. Troppo velocemente, pensò John.

“Che cosa ci fai qui?” fece John, la mente che vagliava tutte le possibilità. C’era qualcun altro oltre loro nella villa? Che teneva Sherlock in ostaggio? Era questo il motivo per il quale Sherlock si stava comportando in maniera così strana?

“Io..” disse Sherlock. “Io..Scusa. Non volevo disturbarti.” Stava parlando rapidamente adesso, le parole uscivano una dietro l’altra senza fermarsi. “Non pensavo che ti avrei svegliato. Voglio dire, stavi dormendo così profondamente, e stavo soltanto… Scusa. Mi dispiace. Torna a dormire.”

“Okay” fece John, confuso, osservando la figura di Sherlock lasciare la stanza. Che diavolo era appena successo? John si chiese, mentre si sdraiava nuovamente nel letto.

Poi Sherlock tornò in camera da letto. "E' solo che... Ti dispiace se mi siedo qui... solo per un po'?"

"Sederti dove?" Chiese John  confuso, alzandosi di nuovo.

"Qui alla scrivania." John udì la sedia della scrivania strisciare sul pavimento.

"Sherlock" cominciò John, esasperato, chinandosi ad accendere la luce sul comodino. Sherlock trasalì e chiuse gli occhi, e John guardò verso di lui, sorpreso. Perché Sherlock tremava in maniera incontrollabile, poteva capirlo anche da lontano. "Sherlock" disse di nuovo John, realizzando.

"Sto bene" disse Sherlock, automaticamente, senza aprire gli occhi, e John adesso sapeva perché aveva parlato in maniera così strana, stava cercando di non farsi tradire dal battere dei denti.

E John sapeva, lo sapeva davvero, com’era miserabile svegliarsi da un incubo in pieno attacco di panico. Si chinò e spense la luce e disse, con leggerezza, "Non fare l’idiota. Vieni e mettiti a letto."

Fu la dimostrazione di quanto Sherlock fosse scosso il fatto che obbedì immediatamente, strisciando sull'altro lato del letto di John in cima al sottile copriletto.

"Puoi metterti sotto le coperte" gli disse John.

"Non ho freddo" spiegò Sherlock e John gli credette. Poteva anche star tremando, ma John sapeva che probabilmente sentiva caldo in maniera soffocante. "Ho pensato... ho solo pensato... che non ti avrebbe infastidito... se io ..."

Sherlock stava parlando con singhiozzi sconnessi, e John lo interruppe, a bassa voce, "Sherlock. Fai un respiro profondo tesoro." Sentì Sherlock obbedire. "Okay, tienilo. Ora espira lentamente. Fallo di nuovo. E ancora." John lo guidò attraverso cinque respiri profondi, lenti, e poi disse: "Meglio?" Poteva dire che lo fosse perché Sherlock aveva smesso di tremare.

Ci fu un lungo periodo di silenzio prima che Sherlock disse, con calma, "Il mio polso è tornato alla normalità. Grazie."

Ah, pensò John, si stava monitorando il battito. "Non è un problema. Non sei più solo. Questo è il punto, giusto? Ora torna a dormire."

Sherlock rise, aspramente e senza umorismo. "Non ho davvero voglia di tornare a dormire."

"Okay  allora" disse John, e subito si alzò dal letto.

"Che cosa stai facendo?" Chiese Sherlock, suonando scioccato.

John accese la luce nel salotto e guardò di nuovo Sherlock. " Se non vuoi tornare a dormire, non ti fa alcun bene restare a letto a rimuginare sui tuoi incubi. Dunque. Alzati. Faremo qualcos'altro."

"Ma... Ma sei stanco. Stavi dormendo" protestò Sherlock.

"Sopravvivrò. Ero un soldato. E un medico. Potrai anche essere il campione della sopravvivenza con poco sonno, ma scommetto che potrei comunque vincere una medaglia." John si diede da fare in cucina, aggrottando la fronte davanti al tè di cui erano forniti.

"Fai il tè?" Sherlock si era almeno alzato dal letto ed era in piedi sulla soglia della camera da letto.

"Sì. Ne vuoi un po'? Non ci siamo fermati a prendere il latte, quindi dovrai prenderlo nero."

"Va bene."

"Bene." John si voltò, perdendosi nella preparazione di rito del tè. Quando ebbe finito, trovò Sherlock seduto al tavolo da pranzo, guardarlo con attenzione. "Vieni sul divano" disse John, portando il tè lì . Sherlock obbedì, e John accese la televisione.

"Tv?" chiese Sherlock, incredulo. "Guarderemo la tv?"

"Sì. Voglio un po’ di tranquillità, quindi non ho intenzione di andare alla ricerca di un crimine per tenerti la mente occupata. Quindi, televendite. Migliori amiche di un insonne."

Sherlock considerò lo schermo, dubbioso. “Beh, lei si stava chiaramente scopando il regista."

John sorrise e guardò il profilo di Sherlock sul televisore "Certo che lo faceva."

"Cosa è quella cosa terribile che stanno tentando di vendere, comunque? Oh, si è scopata anche quel tizio. "

“Si è data da fare."

"Mmm. Ed è stata sposata tre volte. Si tratta di stupidità o ottimismo, che ne pensi?"

John ridacchiò. Sherlock sembrava già star meglio. Le televendite, John pensò, possono essere magiche. "Scelgo di credere che sia ottimismo."

"O forse ottimismo è solo una parola gentile per la stupidità” rifletté Sherlock.

"Non lo è" disse John, con fermezza. "Non lo è davvero."

Sherlock si voltò completamente verso di lui, appoggiando un gomito sul retro del divano e tendendo il tè con l’altra mano. “Perché non ti sei mai sposato?”

Non ne avevano mai parlato prima, e sembrava un argomento di conversazione strano per Sherlock da scegliere, ma John non si tirò indietro. "Mai incontrato la donna giusta."

"Esiste una cosa del genere? Devi aver avuto la tua scelta di donne, non c'era nessuna abbastanza vicina ad essere quella giusta?"

"Beh, che mi dici di te?" Ribatté John.

Sherlock lo guardò perplesso. “Che dire di me?"

“Perché tu non ti sei mai sposato?"

"Io? Sposato?"

"Perché no?"

"Riesci ad immaginarmi sposato?"

"In realtà, posso."

"Davvero?" Sherlock inarcò un sopracciglio. “E che tipo è, esattamente, mia moglie?"

"Chi dice che hai una moglie?"

"Ah. Touché. Che tipo è, allora, mio marito?"

Sherlock era così irritato da quell’argomento di conversazione da non cogliere neanche ciò che John sottintendeva. E John lo trovò adorabile. "Ti trova delizioso" disse John, calorosamente.

Sherlock rise. “Davvero? Non è un aggettivo che mi viene tipicamente affibbiato."

"Delizioso" ripeté John, con insistenza. "Insostituibile."

"Adesso, a quello posso credere” concordò Sherlock, ironicamente, sorseggiando il suo tè . E poi improvvisamente guardò verso John, come se finalmente comprendesse quello di cui John aveva parlato per tutto il tempo.

"Esiste la persona giusta" disse John, onestamente. "Non mi sono mai sposato perché ero sicuro che ci fosse. E avevo ragione. Ho solo dovuto aspettare abbastanza a lungo."

Sherlock, dopo un secondo, si schiarì la gola e distolse lo sguardo, a disagio. Bevve nuovamente un sorso di tè. John si voltò verso il televisore, pensando che Sherlock avesse bisogno di tempo per elaborare.

Dopo un momento, Sherlock disse: "Sei un cuoco terribile, ma sei il migliore nel preparare il tè."

Che John sapeva essere, per Sherlock, come se stesse dicendo, Anche io credo di aver trovato la persona giusta. Disse in risposta: "Sono contento che ti piaccia. Prometto di farti sempre il tè."

"Anche se ti facessi arrabbiare mettendo scaglie di piedi di porco nel tostapane?"

"Anche allora" rispose John, e poi, “Te lo sei appena segnato nel tuo palazzo mente, non è vero?"

"L’ho messo in una teca nell’atrio” replicò Sherlock.

John rise e lo amò più di ogni altra cosa sul pianeta.

"Quell'uomo lì fa soldi soprattutto con la pornografia" disse Sherlock del nuovo presentatore sullo schermo.

E John lo amò ancora di più.

***

La mattina seguente John convinse Sherlock che avrebbero dovuto far colazione presso il ristorante dell'hotel, ed fu davvero piacevole. Arrivarono prima di tutti gli altri ospiti, e la piccola terrazza era deserta. Rimasero seduti lì a guardare l'oceano, e John fece mangiare a Sherlock quasi un intero cornetto e gli impedì di leggere il giornale. Mentre stavano finendo, il receptionist si avvicinò a loro con un pacco.

"Come ha richiesto, signor Kelly" disse, porgendolo a John.

"Oh, sì, certo. Grazie."

Gli occhi di Sherlock erano fissi sulla confezione. "Che cos'è?"

"Per te.” John gli passò il pacchetto.

“Quando lo hai organizzato?" Chiese Sherlock, sospettoso.

"Ho chiamato la reception mentre stavi riposando ieri."

Sherlock aprì la scatola, tirando fuori una selezione di veri romanzi polizieschi. John sapeva che Sherlock era stato recentemente traumatizzato ma aveva anche pensato che Sherlock avrebbe tratto beneficio dal ricordare chi era stato, prima che tutto quello fosse accaduto.

"Pensavo che ti avrebbe fatto piacere avere qualcosa da leggere. Non posso dipendere dal fatto che guarderai televisione spazzatura con me per molto tempo, dopotutto."

Sherlock sembrò compiaciuto, e John fu contento d’aver avuto l'idea. "E’ meraviglioso"  annunciò, e poi spese immediatamente tutto il giorno ad oziare sull’amaca nella veranda, leggendo. John gli portò continuamente tazze di tè e pezzi di frutta, e Sherlock mangiò e bevve senza parlare, e sembrava molto più simile al suo vecchio io.

John trascorse la giornata a guardare televisione spazzatura e a cercare sul computer portatile di Sherlock dei luoghi dove poteva imparare a fare immersioni.

E aggiornò il suo blog.

In serata, persuase Sherlock ad andare ancora una volta al ristorante dell'hotel con lui. Era più affollato, ma Sherlock era di buon umore e trascorse tutta la cena raccontando a John tutto sui libri che aveva letto fino a quel momento e mangiando. John sapeva che stava mangiando senza pensare, ma era contento lo stesso.

Quando ebbero finito, Sherlock disse: “E’ il tuo turno di pagare, signor Kelly."

"Il mio turno? Ho pagato io per tutto finora. Quest’intera vacanza è a carico mio, a quanto pare. Come ci si sente ad essere un mantenuto?"

"Splendidamente" Sherlock gli sorrise, e poi praticamente saltò dalla sedia. "Paga il conto. Torno subito."

John tenne d'occhio Sherlock che s’incamminò velocemente verso la hall, scarabocchiando una firma falsa sulla ricevuta della sua falsa carta di credito. Sherlock tornò in pochi istanti, guardandolo come un gatto che aveva catturato un canarino.

"Che cosa significava?"

“Niente” rispose Sherlock, suonando il contrario dell’innocenza.

John sorrise e decise di permettergli qualunque sotterfugio stesse progettando. Camminarono lentamente insieme per la spiaggia fino alla villa, e poi John disse, "Niente romanzi polizieschi prima di dormire. Televisione spazzatura, invece."

Sherlock sedette rannicchiato nel suo angolo del divano e si lamentò di tutto ciò che John sceglieva di guardare, e infine John spense il televisore e disse: "Non importa. Sei irritabile. Andiamo a letto."

"Non sono irritabile” protestò Sherlock.

"Andiamo" lo incitò John, alzandosi in piedi e entrando in bagno prima di lui. Quando ne uscì, Sherlock era ancora seduto sul divano, e sembrava incerto. "Sherlock” chiamò John, pazientemente. "Quale letto preferiresti condividere? Il tuo o il mio?"

Le dita di Sherlock batterono le une contro le altre, e John pensò al violino che non c'era. "Io..."

"Penso che starai meglio se ti addormenterai sapendo che non sei solo."

Sherlock sembrò pensarci sopra e poi concordò, lentamente, "Okay."

"Okay. Vieni a letto, allora"  disse John, e andò nella sua camera, sperando che Sherlock l’avrebbe seguito.

Lo fece, esitante, e John fece finta di dormire per non allarmarlo mentre strisciava oh-così-attentamente nel letto accanto a lui. Ma John non dormiva. Rimase sveglio a lungo dopo che i respiri di Sherlock si erano regolarizzati nel sonno, fissando quel bozzolo rannicchiato  accanto a lui e pensando a quanto aveva bisogno di farlo sentire al sicuro per il resto della sua vita.

***

John si svegliò con la luce del sole e Sherlock sdraiato su un fianco accanto a lui, profondamente addormentato. John non voleva lasciare Sherlock a svegliarsi in un letto vuoto, così rimase semplicemente sdraiato a guardarlo finché non si svegliò, il naso contratto in uno sbadiglio.

"Buon giorno" biascicò, assonnato, chiudendo di nuovo gli occhi.

"Buongiorno" concordò John. "Vado a fare una doccia."

"Mmm" rispose Sherlock.

John piazzò un bacio sulla punta del naso di Sherlock perché non poté farne a meno.

Quando John uscì dal bagno, Sherlock era ritornato alla sua amaca. Aveva rubato gli occhiali da sole di John, così tutto ciò che John poteva vedere era il suo riflesso quando Sherlock lo guardò e disse: "Oh mio Dio, che cosa stai indossando?"

John abbassò lo sguardo. "Costume da bagno" rispose, perché pensò che fosse evidente. Non è che fosse uno Speedo, per amor di Dio.

"Non pensavo che ci fosse qualcosa nel mondo in cui potessi avere un gusto peggiore di quanto ne hai per i maglioni. Hai appena dimostrato che posso sbagliare."

"Oh, smettila" disse John. "Li ho dovuti acquistare in fretta all’aeroporto di Francoforte mentre stavamo cambiando aereo, quindi non è che ci fosse una grande scelta."

Sherlock si era messo il libro sul petto, aperto in modo che tenesse il segno. "Perché stai indossando quella cosa terribile?"

“Perché vado sulla spiaggia oggi."

"Ci vai?" Sherlock sembrò sottintendere che fosse una cosa stupefacente da fare, come se l'idea di andare in spiaggia non gli fosse mai venuta in mente.

"Sì. E vieni anche tu."

"Ci vengo?"

"Sì. La spiaggia è a pochi passi, e puoi leggere altrettanto bene lì. E ho comprato un costume anche a te. Te l’ho messo sul letto. Quindi, vestiti e assicurati di mettere la crema solare." John, afferrando una banana che aveva portato a casa dall’hotel il giorno prima, prese il suo asciugamano e uscì per rivendicare un posto sulla sabbia davanti la loro villa.

Sherlock arrivò trenta minuti dopo, vestito con pantaloni e una camicia bianca abbottonata sul colletto. La camicia era fuori dai pantaloni. John suppose che fosse la concessione di Sherlock all'attività.

John strizzò gli occhi verso di lui. "E il costume?"

"Non sono così depresso da apparire in pubblico con quella cosa " rispose Sherlock, indignato.

John rise e poggiò di nuovo la testa sul telo. "Bene. Fai come vuoi." Il sole era caldo ma non invadente, e Sherlock poteva non essere eccessivamente a disagio in quello che indossava.

Sherlock litigò con il suo asciugamano e poi si abbassò sulla sabbia, agitandosi e borbottando tra sé. John aprì un occhio e guardò l'operazione, divertito. Sherlock, John pensò, non era davvero un tipo da spiaggia. Forse John era stato crudele a dirgli di venire a sdraiarsi sulla sabbia con lui. John stava per dirgli di lasciar perdere e tornare indietro all’amaca quando Sherlock fece una smorfia e regolò con cautela la sua posizione, favorendo un basso livido sulla cassa toracica.

"Come sta guarendo tutto quanto? Chiese John.

"Bene" Sherlock sputò fuori, ancora impegnato a sistemarsi.

"Mi faresti dare un’occhiata più tardi? Solo per sicurezza?"

"Va tutto bene."

“Sei scappato dall'ospedale molto prima di quanto avresti dovuto essere dimesso. Almeno lasciami dare uno sguardo per assicurarmi che tu non abbia una qualche infezione purulenta."

"Non ho un'infezione, John. Non sono un idiota."

John chiuse gli occhi e disse, con fiducia, "Ci darò un’occhiata stasera." Se lo diceva fiducioso, pensò, Sherlock si sarebbe sentito meno incline a discutere la cosa.

***

Alla fine tornarono indietro per le docce prima di cena. John emerse dalla sua doccia per trovare Sherlock appollaiato sulla ringhiera della veranda, affacciato sulla spiaggia. Non sembrava che stesse facendo la guardia; sembrava più rilassato, e John era soddisfatto. Si avvicinò per stare accanto a Sherlock e guardare la spiaggia per tutta la sua lunghezza. Il sole stava tramontando, e la maggior parte della gente era ritornata velocemente alle proprie stanze per essere pronti per la cena.

"Così questa era una giornata in spiaggia" sottolineò Sherlock, pensieroso.

John sorrise. "Ti è piaciuto?"

"Non ne ho capito il punto."

"Il che è precisamente il punto." John allungò sperimentalmente la mano e la mise tra i capelli di Sherlock, perché era troppo allettante per non farlo. Sherlock, con grande sollievo di John, sporse la testa contro la pressione, quasi invitandolo a fare di più, e John passò delicatamente le dita lungo il cuoio capelluto di Sherlock. "Cosa vuoi fare per cena?" Chiese John, casualmente, così da non rivelare quanto il suo cuore stesse battendo per il solo avere una mano sulla testa di Sherlock.

"Mmm" disse Sherlock, premendosi contro il tocco di John. "Ristorante."

John voleva suggerire di ordinare in camera, ma non voleva neanche spaventare Sherlock. E comunque, stava prendendo come un buon segno il fatto che Sherlock sembrasse meno nervoso nell’essere con altra gente. Forse John poteva convincerlo a lasciare la villa il giorno successivo. John pensava di aver bisogno di provare a reintrodurre lentamente l'idea di normalità in Sherlock.

John si costrinse a togliere la mano dai capelli di Sherlock. "Andiamo, allora?"

Si aspettava che Sherlock protestasse che non aveva fame, ma Sherlock praticamente rimbalzò per la strada mentre attraversavano la spiaggia. John fu confuso finché il portiere non li intercettò e consegnò a Sherlock un pacchetto.

"Per te." disse Sherlock, gli occhi brillanti con anticipazione mentre lo consegnava a John.

"Ah" dichiarò John, sorridendo, e aprì la scatola per rivelare una selezione di libri di astronomia. Rise.

"Devi migliorare con le costellazioni" gli spiegò Sherlock. "E questo sarà qualcosa da fare per te invece di continuare con quella televisione spazzatura che ti ostini a guardare."

"Grazie" disse John.

"Ti piacciono" annunciò Sherlock, non realmente una domanda.

"Li amo" John rispose onestamente.

"Bene." Sherlock stava armeggiando con il tovagliolo adesso, e John guardò i suoi occhi scivolare sugli altri occupanti del ristorante.

Dimmelo, John voleva dire. Dimmi tutto quello che ti è successo negli ultimi sei mesi, in modo che io possa sistemare tutto per te.

Invece John disse: "Dimmi quello che hai letto oggi in spiaggia."

E così Sherlock lo fece.

 

 

 

Note della traduttrice:

Avrei voluto postare questo capitolo molto prima, essendo pronto già da un paio di giorni, purtroppo il mio internet continua ad essere presente a saltelli e la cosa mi provoca non pochi problemi. Aggiungete le giornate di festa e la vita sociale che reclama la presenza, e avete il quadro completo. Spero che il capitolo mi faccia perdonare!

Grazie come sempre a PapySanzo89 per la sua disponibilità, stavolta ancora di più. E grazie anche a voi che leggete e recensite!

Al prossimo capitolo, che spero riuscirò a postare in tempo perché significherà che il mio internet sarà tornato!

_opheliac

   
 
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