Capitolo 2
John si
svegliò in fretta, disorientato ma con la chiara
sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato. Qualcosa fuori-posto che
l’aveva
strappato dal proprio sonno, così prese velocemente la pistola vicino al
letto—
E Sherlock
disse, suonando senza fiato, “Sono io. Sono solo
io.”
John
batté le palpebre, la vista che si abituava
all’oscurità
della stanza, scorgendo la figura di Sherlock appena oltre la porta.
“Gesù
Cristo” disse, posando la pistola e strofinandosi i palmi
delle mani sugli
occhi mentre si riappoggiava alla testiera del letto. Il suo cuore
batteva
ferocemente per l’adrenalina, e cercò di fare
respiri profondi per calmarsi.
“Avrei potuto spararti.”
“Mi
dispiace” disse Sherlock.
Suonava strano,
e John abbassò lentamente le mani,
improvvisamente preoccupato che il suo iniziale istinto che qualcosa
andasse
storto fosse dopotutto corretto. “Stai bene?”
“Sì”
rispose Sherlock. Troppo velocemente, pensò John.
“Che
cosa ci fai qui?” fece John, la mente che vagliava tutte
le possibilità. C’era qualcun altro oltre loro
nella villa? Che teneva Sherlock
in ostaggio? Era questo il motivo per il quale Sherlock si stava
comportando in
maniera così strana?
“Io..”
disse Sherlock. “Io..Scusa. Non volevo
disturbarti.”
Stava parlando rapidamente adesso, le parole uscivano una dietro
l’altra senza
fermarsi. “Non pensavo che ti avrei svegliato. Voglio dire,
stavi dormendo così
profondamente, e stavo soltanto… Scusa. Mi dispiace. Torna a
dormire.”
“Okay”
fece John, confuso, osservando la figura di Sherlock
lasciare la stanza. Che diavolo era appena successo? John si chiese,
mentre si
sdraiava nuovamente nel letto.
Poi Sherlock
tornò in camera da letto. "E' solo che...
Ti dispiace se mi siedo qui... solo per un po'?"
"Sederti dove?"
Chiese John confuso,
alzandosi di nuovo.
"Qui alla
scrivania." John udì la sedia della
scrivania strisciare sul pavimento.
"Sherlock"
cominciò John, esasperato, chinandosi ad
accendere la luce sul comodino. Sherlock trasalì e chiuse
gli occhi, e John
guardò verso di lui, sorpreso. Perché Sherlock
tremava in maniera
incontrollabile, poteva capirlo anche da lontano. "Sherlock" disse di
nuovo John, realizzando.
"Sto bene" disse
Sherlock, automaticamente, senza
aprire gli occhi, e John adesso sapeva perché aveva parlato
in maniera così
strana, stava cercando di non farsi tradire dal battere dei denti.
E John sapeva,
lo sapeva davvero, com’era miserabile
svegliarsi da un incubo in pieno attacco di panico. Si chinò
e spense la luce e
disse, con leggerezza, "Non fare l’idiota. Vieni e mettiti a
letto."
Fu la
dimostrazione di quanto Sherlock fosse scosso il fatto che
obbedì immediatamente, strisciando sull'altro lato del letto
di John in cima al
sottile copriletto.
"Puoi metterti
sotto le coperte" gli disse John.
"Non ho freddo"
spiegò Sherlock e John gli
credette. Poteva anche star tremando, ma John sapeva che probabilmente
sentiva
caldo in maniera soffocante. "Ho pensato... ho solo pensato... che non
ti
avrebbe infastidito... se io ..."
Sherlock stava
parlando con singhiozzi sconnessi, e John lo
interruppe, a bassa voce, "Sherlock. Fai un respiro profondo tesoro."
Sentì Sherlock obbedire. "Okay, tienilo. Ora espira
lentamente. Fallo di
nuovo. E ancora." John lo guidò attraverso cinque respiri
profondi, lenti,
e poi disse: "Meglio?" Poteva dire che lo fosse perché
Sherlock aveva
smesso di tremare.
Ci fu un lungo
periodo di silenzio prima che Sherlock disse,
con calma, "Il mio polso è tornato alla
normalità. Grazie."
Ah,
pensò John, si stava monitorando il battito. "Non
è
un problema. Non sei più solo. Questo è il punto,
giusto? Ora torna a dormire."
Sherlock rise,
aspramente e senza umorismo. "Non ho
davvero voglia di tornare a dormire."
"Okay allora"
disse John, e subito si alzò dal letto.
"Che cosa stai
facendo?" Chiese Sherlock, suonando
scioccato.
John accese la
luce nel salotto e guardò di nuovo Sherlock.
" Se non vuoi tornare a dormire, non ti fa alcun bene restare a letto a
rimuginare sui tuoi incubi. Dunque. Alzati. Faremo qualcos'altro."
"Ma... Ma sei
stanco. Stavi dormendo" protestò
Sherlock.
"Sopravvivrò.
Ero un soldato. E un medico. Potrai anche
essere il campione della sopravvivenza con poco sonno, ma scommetto che
potrei
comunque vincere una medaglia." John si diede da fare in cucina,
aggrottando la fronte davanti al tè di cui erano forniti.
"Fai il
tè?" Sherlock si era almeno alzato dal
letto ed era in piedi sulla soglia della camera da letto.
"Sì.
Ne vuoi un po'? Non ci siamo fermati a prendere il
latte, quindi dovrai prenderlo nero."
"Va bene."
"Bene." John si
voltò, perdendosi nella
preparazione di rito del tè. Quando ebbe finito,
trovò Sherlock seduto al
tavolo da pranzo, guardarlo con attenzione. "Vieni sul divano" disse
John, portando il tè lì . Sherlock
obbedì, e John accese la televisione.
"Tv?" chiese
Sherlock, incredulo. "Guarderemo
la tv?"
"Sì.
Voglio un po’ di tranquillità, quindi non ho
intenzione di andare alla ricerca di un crimine per tenerti la mente
occupata. Quindi,
televendite. Migliori amiche di un insonne."
Sherlock
considerò lo schermo, dubbioso. “Beh, lei si stava chiaramente scopando il
regista."
John sorrise e
guardò il profilo di Sherlock sul televisore "Certo
che lo faceva."
"Cosa
è quella cosa terribile che stanno tentando di
vendere, comunque? Oh, si è scopata anche quel tizio. "
“Si
è data da fare."
"Mmm. Ed
è stata sposata tre volte. Si tratta di
stupidità o ottimismo, che ne pensi?"
John
ridacchiò. Sherlock sembrava già star meglio. Le
televendite, John pensò, possono essere magiche. "Scelgo di
credere che
sia ottimismo."
"O forse
ottimismo è solo una parola gentile per la
stupidità”
rifletté Sherlock.
"Non lo
è" disse John, con fermezza. "Non lo è
davvero."
Sherlock si
voltò completamente verso di lui, appoggiando un
gomito sul retro del divano e tendendo il tè con
l’altra mano. “Perché non ti
sei mai sposato?”
Non ne avevano
mai parlato prima, e sembrava un argomento di
conversazione strano per Sherlock da scegliere, ma John non si
tirò indietro.
"Mai incontrato la donna giusta."
"Esiste una cosa
del genere? Devi aver avuto la tua
scelta di donne, non c'era nessuna abbastanza vicina ad essere quella
giusta?"
"Beh, che mi
dici di te?" Ribatté John.
Sherlock lo
guardò perplesso. “Che dire di me?"
“Perché
tu non ti sei mai sposato?"
"Io? Sposato?"
"Perché
no?"
"Riesci ad
immaginarmi sposato?"
"In
realtà, posso."
"Davvero?"
Sherlock inarcò un sopracciglio. “E che tipo
è, esattamente, mia moglie?"
"Chi dice che
hai una moglie?"
"Ah. Touché. Che
tipo è, allora, mio marito?"
Sherlock era
così irritato da quell’argomento di
conversazione da non cogliere neanche ciò che John
sottintendeva. E John lo
trovò adorabile. "Ti
trova
delizioso" disse John, calorosamente.
Sherlock rise.
“Davvero? Non è un aggettivo che mi viene
tipicamente affibbiato."
"Delizioso"
ripeté John, con insistenza.
"Insostituibile."
"Adesso, a
quello posso credere” concordò Sherlock,
ironicamente, sorseggiando il suo tè . E poi improvvisamente
guardò verso John, come
se finalmente
comprendesse quello di cui John aveva parlato per tutto il tempo.
"Esiste la
persona giusta" disse John, onestamente.
"Non mi sono mai sposato perché ero sicuro che ci fosse. E
avevo ragione.
Ho solo dovuto aspettare abbastanza a lungo."
Sherlock, dopo
un secondo, si schiarì la gola e distolse lo
sguardo, a disagio. Bevve nuovamente un sorso di tè. John si
voltò verso il
televisore, pensando che Sherlock avesse bisogno di tempo per elaborare.
Dopo un momento,
Sherlock disse: "Sei un cuoco terribile,
ma sei il migliore nel preparare il tè."
Che John sapeva
essere, per Sherlock, come se stesse dicendo,
Anche io credo di aver trovato la persona
giusta. Disse in risposta: "Sono contento che ti piaccia.
Prometto di
farti sempre il tè."
"Anche se ti
facessi arrabbiare mettendo scaglie di piedi
di porco nel tostapane?"
"Anche allora"
rispose John, e poi, “Te lo sei
appena segnato nel tuo palazzo mente, non è vero?"
"L’ho
messo in una teca nell’atrio” replicò
Sherlock.
John rise e lo
amò più di ogni altra cosa sul pianeta.
"Quell'uomo
lì fa soldi soprattutto con la
pornografia" disse Sherlock del nuovo presentatore sullo schermo.
E John lo
amò ancora di più.
***
La mattina
seguente John convinse Sherlock che avrebbero
dovuto far colazione presso il ristorante dell'hotel, ed fu davvero
piacevole. Arrivarono
prima di tutti gli altri ospiti, e la piccola terrazza era deserta.
Rimasero
seduti lì a guardare l'oceano, e John fece mangiare a
Sherlock quasi un intero
cornetto e gli impedì di leggere il giornale. Mentre stavano
finendo, il receptionist
si avvicinò a loro con un pacco.
"Come ha
richiesto, signor Kelly" disse, porgendolo
a John.
"Oh,
sì, certo. Grazie."
Gli occhi di
Sherlock erano fissi sulla confezione. "Che
cos'è?"
"Per
te.” John gli passò il pacchetto.
“Quando
lo hai organizzato?" Chiese Sherlock, sospettoso.
"Ho chiamato la
reception mentre stavi riposando ieri."
Sherlock
aprì la scatola, tirando fuori una selezione di veri
romanzi polizieschi. John sapeva che Sherlock era stato recentemente
traumatizzato ma aveva anche pensato che Sherlock avrebbe tratto
beneficio dal
ricordare chi era stato, prima che tutto quello fosse accaduto.
"Pensavo che ti
avrebbe fatto piacere avere qualcosa da
leggere. Non posso dipendere dal fatto che guarderai televisione
spazzatura con
me per molto tempo, dopotutto."
Sherlock
sembrò compiaciuto, e John fu contento d’aver
avuto
l'idea. "E’ meraviglioso" annunciò,
e poi spese immediatamente tutto il
giorno ad oziare sull’amaca nella veranda, leggendo. John gli
portò
continuamente tazze di tè e pezzi di frutta, e Sherlock
mangiò e bevve senza
parlare, e sembrava molto più simile al suo vecchio io.
John trascorse
la giornata a guardare televisione spazzatura
e a cercare sul computer portatile di Sherlock dei luoghi dove poteva
imparare
a fare immersioni.
E
aggiornò il suo blog.
In serata,
persuase Sherlock ad andare ancora una volta al
ristorante dell'hotel con lui. Era più affollato, ma
Sherlock era di buon umore
e trascorse tutta la cena raccontando a John tutto sui libri che aveva
letto
fino a quel momento e mangiando. John sapeva che stava mangiando senza
pensare,
ma era contento lo stesso.
Quando ebbero
finito, Sherlock disse: “E’ il tuo turno di pagare,
signor Kelly."
"Il mio turno?
Ho pagato io per tutto finora.
Quest’intera vacanza è a carico mio, a quanto
pare. Come ci si sente ad essere
un mantenuto?"
"Splendidamente"
Sherlock gli sorrise, e poi
praticamente saltò dalla sedia. "Paga il conto. Torno
subito."
John tenne
d'occhio Sherlock che s’incamminò velocemente
verso la hall, scarabocchiando una firma falsa sulla ricevuta della sua
falsa carta
di credito. Sherlock tornò in pochi istanti, guardandolo
come un gatto che
aveva catturato un canarino.
"Che cosa
significava?"
“Niente”
rispose Sherlock, suonando il contrario
dell’innocenza.
John sorrise e
decise di permettergli qualunque sotterfugio
stesse progettando. Camminarono lentamente insieme per la spiaggia fino
alla
villa, e poi John disse, "Niente romanzi polizieschi prima di dormire.
Televisione
spazzatura, invece."
Sherlock sedette
rannicchiato nel suo angolo del divano e si
lamentò di tutto ciò che John sceglieva di
guardare, e infine John spense il
televisore e disse: "Non importa. Sei irritabile. Andiamo a letto."
"Non sono irritabile”
protestò Sherlock.
"Andiamo" lo
incitò John, alzandosi in piedi e
entrando in bagno prima di lui. Quando ne uscì, Sherlock era
ancora seduto sul
divano, e sembrava incerto. "Sherlock” chiamò
John, pazientemente. "Quale
letto preferiresti condividere? Il tuo o il mio?"
Le dita di
Sherlock batterono le une contro le altre, e John
pensò al violino che non c'era. "Io..."
"Penso che
starai meglio se ti addormenterai sapendo che
non sei solo."
Sherlock
sembrò pensarci sopra e poi concordò, lentamente,
"Okay."
"Okay. Vieni a
letto, allora" disse
John, e andò nella sua camera, sperando
che Sherlock l’avrebbe seguito.
Lo fece,
esitante, e John fece finta di dormire per non
allarmarlo mentre strisciava oh-così-attentamente nel letto
accanto a lui. Ma
John non dormiva. Rimase sveglio a lungo dopo che i respiri di Sherlock
si
erano regolarizzati nel sonno, fissando quel bozzolo rannicchiato accanto a lui e pensando a
quanto aveva
bisogno di farlo sentire al sicuro
per il resto della sua vita.
***
John si
svegliò con la luce del sole e Sherlock sdraiato su
un fianco accanto a lui, profondamente addormentato. John non voleva
lasciare
Sherlock a svegliarsi in un letto vuoto, così rimase
semplicemente sdraiato a
guardarlo finché non si svegliò, il naso
contratto in uno sbadiglio.
"Buon giorno"
biascicò, assonnato, chiudendo di
nuovo gli occhi.
"Buongiorno"
concordò John. "Vado a fare una
doccia."
"Mmm" rispose
Sherlock.
John
piazzò un bacio sulla punta del naso di Sherlock
perché
non poté farne a meno.
Quando John
uscì dal bagno, Sherlock era ritornato alla sua
amaca. Aveva rubato gli occhiali da sole di John, così tutto
ciò che John
poteva vedere era il suo riflesso quando Sherlock lo guardò
e disse: "Oh
mio Dio, che cosa stai indossando?"
John
abbassò lo sguardo. "Costume da bagno" rispose,
perché pensò che fosse evidente. Non è
che fosse uno Speedo, per amor di Dio.
"Non pensavo che
ci fosse qualcosa nel mondo in cui
potessi avere un gusto peggiore di quanto ne hai per i maglioni. Hai
appena
dimostrato che posso sbagliare."
"Oh, smettila"
disse John. "Li ho dovuti
acquistare in fretta all’aeroporto di Francoforte mentre
stavamo cambiando
aereo, quindi non è che ci fosse una grande scelta."
Sherlock si era
messo il libro sul petto, aperto in modo che
tenesse il segno. "Perché stai indossando quella cosa
terribile?"
“Perché
vado sulla spiaggia oggi."
"Ci vai?"
Sherlock sembrò sottintendere che fosse
una cosa stupefacente da fare, come se l'idea di andare in spiaggia non
gli
fosse mai venuta in mente.
"Sì.
E vieni anche tu."
"Ci vengo?"
"Sì.
La spiaggia è a pochi passi, e puoi leggere
altrettanto bene lì. E ho comprato un costume anche a te. Te
l’ho messo sul
letto. Quindi, vestiti e assicurati di mettere la crema solare." John,
afferrando una banana che aveva portato a casa dall’hotel il
giorno prima, prese
il suo asciugamano e uscì per rivendicare un posto sulla
sabbia davanti la loro
villa.
Sherlock
arrivò trenta minuti dopo, vestito con pantaloni e
una camicia bianca abbottonata sul colletto. La camicia era fuori dai
pantaloni. John suppose che fosse la concessione di Sherlock
all'attività.
John
strizzò gli occhi verso di lui. "E il costume?"
"Non sono
così depresso da apparire in pubblico con quella
cosa " rispose Sherlock,
indignato.
John rise e
poggiò di nuovo la testa sul telo. "Bene.
Fai come vuoi." Il sole era caldo ma non invadente, e Sherlock poteva
non
essere eccessivamente a disagio in quello che indossava.
Sherlock
litigò con il suo asciugamano e poi si abbassò
sulla
sabbia, agitandosi e borbottando tra sé. John
aprì un occhio e guardò
l'operazione, divertito. Sherlock, John pensò, non era
davvero un tipo da spiaggia.
Forse John era stato crudele a dirgli di venire a sdraiarsi sulla
sabbia con
lui. John stava per dirgli di lasciar perdere e tornare indietro
all’amaca
quando Sherlock fece una smorfia e regolò con cautela la sua
posizione,
favorendo un basso livido sulla cassa toracica.
"Come sta
guarendo tutto quanto? Chiese John.
"Bene" Sherlock
sputò fuori, ancora impegnato a
sistemarsi.
"Mi faresti dare
un’occhiata più tardi? Solo per
sicurezza?"
"Va tutto bene."
“Sei
scappato dall'ospedale molto prima di quanto avresti
dovuto essere dimesso. Almeno lasciami dare uno sguardo per assicurarmi
che tu
non abbia una qualche infezione purulenta."
"Non ho
un'infezione, John. Non sono un idiota."
John chiuse gli
occhi e disse, con fiducia, "Ci darò
un’occhiata stasera." Se lo diceva fiducioso,
pensò, Sherlock si sarebbe
sentito meno incline a discutere la cosa.
***
Alla fine
tornarono indietro per le docce prima di cena. John
emerse dalla sua doccia per trovare Sherlock appollaiato sulla
ringhiera della veranda,
affacciato sulla spiaggia. Non sembrava che stesse facendo la guardia;
sembrava
più rilassato, e John era soddisfatto. Si
avvicinò per stare accanto a Sherlock
e guardare la spiaggia per tutta la sua lunghezza. Il sole stava
tramontando, e
la maggior parte della gente era ritornata velocemente alle proprie
stanze per
essere pronti per la cena.
"Così
questa era una giornata in spiaggia" sottolineò
Sherlock, pensieroso.
John sorrise.
"Ti è piaciuto?"
"Non ne ho
capito il punto."
"Il che
è precisamente il punto." John allungò
sperimentalmente la mano e la mise tra i capelli di Sherlock,
perché era troppo
allettante per non farlo. Sherlock, con grande sollievo di John, sporse
la
testa contro la pressione, quasi invitandolo a fare di più,
e John passò
delicatamente le dita lungo il cuoio capelluto di Sherlock. "Cosa vuoi
fare per cena?" Chiese John, casualmente, così da non
rivelare quanto il
suo cuore stesse battendo per il solo avere una mano sulla testa di
Sherlock.
"Mmm" disse
Sherlock, premendosi contro il tocco di
John. "Ristorante."
John voleva
suggerire di ordinare in camera, ma non voleva
neanche spaventare Sherlock. E comunque, stava prendendo come un buon
segno il
fatto che Sherlock sembrasse meno nervoso nell’essere con
altra gente. Forse
John poteva convincerlo a lasciare la villa il giorno successivo. John
pensava
di aver bisogno di provare a reintrodurre lentamente l'idea di
normalità in
Sherlock.
John si
costrinse a togliere la mano dai capelli di Sherlock.
"Andiamo, allora?"
Si aspettava che
Sherlock protestasse che non aveva fame, ma
Sherlock praticamente rimbalzò per la strada mentre
attraversavano la spiaggia.
John fu confuso finché il portiere non li
intercettò e consegnò a Sherlock un
pacchetto.
"Per te." disse
Sherlock, gli occhi brillanti con
anticipazione mentre lo consegnava a John.
"Ah"
dichiarò John, sorridendo, e aprì la scatola
per rivelare una selezione di libri di astronomia. Rise.
"Devi migliorare
con le costellazioni" gli spiegò Sherlock.
"E questo sarà qualcosa da fare per te invece di continuare
con quella
televisione spazzatura che ti ostini a guardare."
"Grazie" disse
John.
"Ti piacciono"
annunciò Sherlock, non realmente una
domanda.
"Li amo" John
rispose onestamente.
"Bene." Sherlock
stava armeggiando con il
tovagliolo adesso, e John guardò i suoi occhi scivolare
sugli altri occupanti
del ristorante.
Dimmelo, John voleva
dire. Dimmi tutto quello che ti è
successo negli
ultimi sei mesi, in modo che io possa sistemare tutto per te.
Invece John
disse: "Dimmi quello che hai letto oggi in
spiaggia."
E
così Sherlock lo fece.
Note
della
traduttrice:
Avrei voluto postare questo capitolo
molto prima,
essendo pronto già da un paio di giorni, purtroppo il mio
internet continua ad
essere presente a saltelli e la cosa mi provoca non pochi problemi.
Aggiungete
le giornate di festa e la vita sociale che reclama la presenza, e avete
il
quadro completo. Spero che il capitolo mi faccia perdonare!
Grazie come sempre a PapySanzo89
per la sua disponibilità, stavolta ancora di più.
E
grazie anche a voi che leggete e recensite!
Al prossimo capitolo, che spero
riuscirò a postare in
tempo perché significherà che il mio internet
sarà tornato!
_opheliac