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Autore: LoveEverlack    27/04/2014    5 recensioni
*Ispirato al film "Se solo fosse vero"*
Annabeth Chase è un brillante medico del più grande ospedale di New York.
Un giorno a causa di un incidente finisce in coma.
Dopo tre mesi Percy Jackson, un uomo che ha perso la moglie, si trasferisce nel suo appartamento volendo ricominciare tutto di nuovo.
Non è il solo però ad abitare in questo appartamento, Annabeth infatti è ancora lì e gli farà riscoprire l'amore che credeva di aver perduto.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccoci qui al Capitolo. 
Allora, sarò breve perchè so che mi dimenticherò qualcosa. 
Ringrazio Ramosa12 per un pezzo che leggerete più avanti in grassetto che mi ha prestato dalla sua storia "Love heals the broken" è scritto in terza persona proprio perchè è stato fatto così e non ho voluto cambiarlo. Ho adorato quella parte così le ho chiesto di cedermelo e lei è stata così carina da farlo.... 
Una seconda persona che devo ringraziare è AnnabethJackson, che così pazientemente legge e corregge i capitoli di questa storia. Davvero, non so come dirti grazie, ti adoro! 
Detto questo mi sembra che sia tutto... un appunto che volevo fare nel capitolo precedente (se non sbaglio è il precedente) è perchè ho dato i nomi di May e Nate... la bambina immagino sappiate perchè, mentre per Nate è nato tutto dopo essermi ricordata il nome dell'attore di Ermes, che per me rimmarrà sempre Castle (quanto lo adoro!!). detto questo ho voluto scrivere questo appunto solo per ripicca in quanto l'ho scordato in precenza.
Vi lascio al capitolo.





Sono seduto al tavolo del bar dell’ospedale con Piper. Come psicologa non fa altro che osservarmi e cercare di capire ogni mio pensiero... è snervante!
-Allora, come ha conosciuto Annie?- 
Cerco di essere il più calmo possibile, facendo finta di nulla e rispondendo a quelle sue domande che suonano più come un interrogatorio. 
-Ci siamo conosciuti... ehm… mentre compravo casa.- 
Lei annuisce non sapendo se credere o meno alla mia risposta. Lo capisco perché, anche se cerca di non farlo notare, la sua faccia è contratta in una smorfia.
-Beh mi dispiace che vi siate dovuti separare, per così dire.- 
Forse non saremo realmente fidanzati, eppure la risposta di Piper è comunque un colpo al cuore, un colpo che mi fa notare quello che ho perso fin ora. 
Annabeth è in coma e non posso nemmeno aiutarla a risvegliarsi. Se solo fosse stata un fantasma avrei almeno potuto farla passare oltre.
-Senta, tra poco ho una visita. Se vuole, può vedere Annie per cinque minuti.- 
Credo che il mio sguardo si sia illuminato, perché la vedo sorridere ed alzarsi in fretta dalla sedia per dirigersi verso l’uscita. 
La seguo, stando ben attento a non urtare nessuno dei pazienti che girano per l’ospedale. I corridoi ne sono pieni e ognuno di loro -anche i pazienti meno gravi- mostrano l’aria afflitta per le amicizie che si sono formate. 
Una sola volta sono andato in un ospedale: quando mamma si ferì a una gamba. 
Ricordo ancora il clima di amicizia e confidenza che si era creato con le sue compagne e che, purtroppo, si era spento alla morte di una di loro. 
-Ecco. Solo cinque minuti, signor Jackson.- 
La ringrazio ed entro velocemente nella stanza. Alle pareti sono appesi vari disegni fatti da qualche bambino che ritraggono sempre Annabeth e, per la maggior parte dei casi, una donna dai capelli scuri.
-Ehi, Sapientona.- 
Annabeth appare dietro di me. Sembra non far caso alla mia presenza perché si avvicina al suo corpo, toccando la propria mano e cercando di svegliarla.
-Come può essere successo?- 
Scuoto la testa. In certi casi, e in particolare nel suo, non so cosa dire. Sono bloccato, senza voce. 
Mi sento inutile, non servo a nulla, nemmeno ad aiutare Annabeth, che per me è ormai diventata molto importante.
-Mi dispiace.- 
Nonostante sia solo la sua aura, la vedo piangere, vedo scendere dai suoi occhi delle vere lacrime e non posso far altro che abbracciarla. 
Non importa se qualcuno mi vede, non importa nulla in questo momento se non di poter in qualche modo sentire il respiro di Annabeth farsi più regolare.
-Sistemeremo ogni cosa.-
Lei annuisce sulla mia spalla prima di allontanarsi al bussare della porta. 
Piper entra nella stanza e mi chiede di uscire, e io non posso far altro che annuire mentre la seguo nuovamente per il corridoio con Annabeth.
-Cosa le succederà?- 
Piper si blocca, e la mano con cui regge la cartella trema per un attimo, prima di girarsi verso di me provando a sembrare forte.
-I genitori hanno deciso di staccare la spina. Dopodomani.- 

Mi getto sul mio letto senza sapere cosa fare. 
Vorrei poter fermare il tempo, chiedere di non staccare la spina, ma so che questo non succederà perché nessuno mi crederebbe realmente.
Mi copro gli occhi con una mano.
Non voglio pensarci, non voglio pensare che Annabeth molto presto morirà del tutto.
-Cosa posso fare?-
Qualcuno mi stringe la mano, non ho bisogno di vedere chi sia, per sapere chi è. 
Annabeth è l’unica che ha libero accesso a questa casa; Annabeth mi conosce abbastanza da sapere che in questo momento le parole sono inutili, per entrambi. 
-Credo... credo che se tu mi toccassi ancora, forse potrei sentirti.- 
La guardo, sdraiata nel letto che mi regge la mano. 
È così piccola in questo momento, così spossata da non sembrare più nemmeno lei. Sembra si sia completamente arresa all’idea che presto morirà.
-Forse possiamo ancora farcela, Sapientona. Non smettere proprio ora di essere forte. Tu non sei così, devi reagire!- 
Annuisce sulla mia spalla non provando realmente a combattere.
-Sono stanco di perdere le persone, con te non succederà.-
Cerco a tentoni il telefono sopra al comodino. Se lei non vuole provare a vivere, allora sarò io che lotterò anche per lei. 
-Cosa vuoi fare?- 
Compongo un numero, l’unico che mi possa realmente aiutare.
-Chiamo un mio amico, Grover. Lui verrà con me a prendere il tuo corpo.-
Sento la mano di Annabeth irrigidirsi ed aumentare la stretta nella mia. 
-Grover… mi ricordo di un certo Grover.-
Le stringo la mano. 
-Allora perché non mi parli di lui? È un modo per scacciare la tensione.-

LA PRIMA PARTE IN CORSIVO E’ QUELLA DI RAMOSA, POI IL POV DI ANNABETH

-Mamma! Perché nevica?- domandò una bambina sui quattro anni mentre guardava la candida e bianca neve che scendeva fuori dalla balconata.
Aveva tutta la maglietta sporca di pennarello e le mani, anch'esse sporche, si poggiarono contro il vetro della finestra, osservando con gli occhi grigi carichi di meraviglia, il cielo invernale.
Atena le sorrise -Perché,- disse avvicinandosi alla figlia -Quando fa freddo, la pioggia si congela e così nascono dei cristalli di ghiaccio e attorno a questi si unisco delle goccioline d'acqua che vanno a formare un fiocco di neve.-
La donna prese in braccio la sua adorata figlia e si sedette sul divano.
-Annabeth mi prometti una cosa?-chiese la donna accarezzando i capelli biondi della bambina che annuì vigorosamente.
-Qualunque cosa succeda, bella o brutta che sia, tu starai vicino a tuo padre. Me lo prometti Annabeth?-
-Te lo prometto mamma.- sorrise Annabeth abbracciando forte la donna.


Fu come un lampo; un’immagine di me e mia madre a guardare l’esterno dalla finestra della nostra casa. 
Queste immagini continuano a susseguirsi senza tregua e le figure di Grover e di un’altra bambina continuando ad essere collegata quell’episodio.

-Talia, Grover, fermatevi!-
Poggio le mani sui fianchi arrabbiata, dopo che i miei amici mi hanno ricoperta di palle di neve, alleandosi contro di me.
Mia madre ci guarda divertita dalla finestra mentre legge un libro con la copertina blu, che papà le ha regalato ieri.
-Oh, andiamo Annie! Se ti abbassi non succede nulla!-
Sbuffo prendendo una palla e lanciandola a Grover, che però prontamente si china, facendola finire su un altro bambino dai capelli biondi.
-Ehi, tu! Perché non…-
Il bambino si blocca, indeciso se parlare o meno mentre osserva la figura di Talia.
Grover ride di nascosto, mentre la nostra amica cerca di coprirsi meglio per il freddo.
-Senti, se vuoi ti do la mia sciarpa.-
Io e Grover sorridiamo, sapendo che tra i due nascerà un’amicizia.


Sbatto più volte le palpebre una volta finito il racconto. 
-Beh, fantastico. Anche mia cugina si chiama Talia.-
Sorrido, dopo il suo tentativo di tirarmi su il morale. 
È stato carino ed io, con la mia depressione, forse non lo sono stata tanto.
-Allora, quand’è che tu e questo Grover andrete a prendere il mio corpo?- 
Mi stringe la mano sorridendomi.
-Domani.- 
Ricambio la stretta, sdraiandomi nuovamente vicino a lui e cercando in qualche modo di dormire, o almeno di sentirmi ancora viva.
Viva come solo lui mi fa sentire.

PERCY

Aspetto Grover nel furgoncino che papà mi ha prestato. 
Gli ho detto che mi serviva per dei traslochi, il che è vero, ma non gli ho parlato di che tipo di traslochi fossero i miei.
Con cinque minuti di anticipo, Grover bussa alla porta del furgoncino perché io lo apra, e sale.
-Allora, cosa dobbiamo fare in ospedale?- 
Guardo Annabeth dietro di me che osserva continuamente la strada preoccupata.
Questa mattina abbiamo discusso della mia idea. Si era svegliata ricordandosi della mia decisione così ha iniziato a pregarmi di non farlo. 
-Oh, nulla di che.-

Con Grover mi dirigo nella sala attrezzi, dove prendo un respiratore e una barella. 
-Nulla di che? Percy che stai facendo?-
Cerco di far finta di nulla, non posso dirgli che sto realmente per prelevare un corpo, non ne capirebbe il motivo.
-Senti, devo… devorubareuncorpodiunapersonaacuitengo.- 
Alza un sopracciglio, non ha capito nulla del mio borbottare e questo, purtroppo per me, lo ha reso ancora più preoccupato.
-Devo rubare un corpo, ok?-
Lascia cadere quello che aveva in mano, alzandole entrambe e fermando il mio lavoro. Sapevo già che non sarebbe stato d’accordo.
-Cosa?- 
Sospiro, sapendo che questo momento sarebbe arrivato ma sperando solo di poterlo ritardare.
-La ragazza di cui ti parlavo, esiste. Ma è in coma è devo svegliarla!-
Annabeth è ferma sulla porta mentre ci osserva. Non sarebbe dovuta venire, assistere a quella scena non è per lei la cosa migliore.
-Cosa? Ma Percy, perché?-
Mi mordo il labbro, cercando una via d’uscita che però non trovo.
Lei mi osserva continuando a tormentarsi le mani, e cercando di sembrare calma ma ormai riesco a capire quando sta solo fingendo. 
Lei che cerca ancora di farmi demordere per non rischiare l’arresto. 
Lei che ho chiamato antipatica, poi Sapientona e poi Annabeth.
Lei che fino a poco tempo fa mi tormentava e ora è parte della mia vita.
-Perché… Perché io sono innamorato di lei.-
Annabeth trattiene il fiato guardandomi ed io non posso far altro che cercare i suoi occhi ancora, perché ormai è l’unica cosa di cui m’importa realmente.
Ciò a cui mi aggrappo quando mi sveglio la mattina insieme al suo sorriso.
-Beh, in questo caso… dov’è il corpo?-

Entro con Grover nella sala mentre Annabeth controlla i corridoi.
Non mi ha parlato dopo quella frase, mi ha solo stretto la mano prima di andare avanti e dirigersi velocemente verso la stanza.
-Wow… ma questa è Annie!- 
Grover si ferma ad osservarla, scostandole i capelli dal volto per vederla meglio.
-La conosci?- 
Annuisce, stringendole la mano e sorridendo al corpo.
-Ci conosciamo fin da bambini con Talia e Luke.-
Annabeth mi guarda sconvolta, sembrare non collegare la figura di Grover a quella del suo vecchio amico, eppure ora sembra che ogni tassello stia lentamente tornando al suo posto.
In qualche modo io e lei eravamo destinati fin dall’inizio.
In qualche modo, qualcosa ci aveva legato e fatti incontrare ancora.
-Percy, se prima ti consideravo idiota per l’idea folle, ora mi unisco al club.-
La carichiamo sul letto, camminando per i corridoi con i nostri camici.
La prima guardia che incontriamo ci lascia rapidamente passare, ma un medico nell’ospedale ci nota e non fa altro che peggiorare la situazione chiamando la sicurezza dell’intero ospedale.
Corro con Grover al mio fianco.
Corro perché voglio salvare Annabeth e questa è l’unica volta in cui posso farlo.
Corro perché Grover si è appena lanciato su una guardia per lasciarmi passare.
Corro perché la amo.
Ed è quando la guardo che il mio mondo crolla, la spina del respiratore si è staccata ed ora lei sta lentamente morendo.
La cosa che ho voluto evitare sta per accadere a causa di un mio errore.
La figura di Annabeth vicino a me si fa sempre più sbiadita, le parole le escono in sussurri e le persone dell’ospedale mi guardano sconvolte.
-Anch'io ti amo.-
La figura scompare del tutto, trascinata via da questo mondo.
Ed è qui che mi decido a fare l’ultima cosa che mi viene in mente, prima che le guardie mi prendano: la bacio, cercando di darle il mio amore coltivato in quei piccoli momenti.
Sento delle mani afferrarmi per le spalle e buttarmi a terra.
È finita mi dico, o forse no, perché lo sento: il bip del cuore di Annabeth che ritorna a battere.
  
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