Capitolo dieci
Durante
quelle ore, Ling poté appurare che trascorrere del tempo con
Lan Fan era
incredibilmente piacevole. Poteva capire però
perché molti la evitavano,
giudicandola poco propensa al dialogo: la ragazza aveva un modo tutto
suo di
catalogare le amicizie, basandosi per lo più sulle passioni
che potevano
accomunarla con gli altri e sull’espansività cui
poteva attingere per aprirsi
un po’ di più al mondo. Ad esempio, Riza e Winry
erano delle ottime amiche,
gente che racchiudeva in sé quella carica mista fra
interessi e vivacità che a
Lan Fan piacevano tanto. Ecco perché non aveva avuto molte
difficoltà a
relazionarsi con loro.
Tutt’altro
discorso valeva invece per il sesso opposto: era timida con qualunque
ragazzo,
soprattutto con coloro che le dimostravano simpatia, come i ragazzi
amici di
Riza. Quando la vedevano ognuno reagiva in maniera diversa, ma comunque
mantenevano quell’aria socievole e scherzosa, comportandosi
con lei in modo
esemplare, anche se per loro Riza incarnava più un ruolo di
sorella che di
amica.
Con
Ling però è stato diverso: inizialmente
riluttante, l’aveva accettato nella sua
personalissima cerchia di conoscenti di buon grado, finendo alla tacita
conclusione che avesse preso una sorta di infatuazione controllata.
Ling non
era soltanto una delle persone più spontanee che conobbe, ma
dava l’idea di una
strana miscela di forza e debolezza insieme. Con lui si sentiva al
sicuro, al
tempo stesso percepiva che potesse crollare sotto il peso delle sue
emozioni da
un momento all’altro. Sorrideva facilmente, scherzava
facilmente, si
meravigliava facilmente; e Lan Fan ipotizzò che potesse
anche arrabbiarsi
facilmente. Congettura parzialmente vera, la sua, se non fosse per
Greed e per
la situazione perennemente in stallo, quasi pericolosa,
all’interno delle sue
mura domestiche.
All’inizio
dell’appuntamento avevano faticato molto ad intraprendere e
mandare avanti un
discorso che valesse la pena di ragionare, però man mano che
l’agio si fece
discretamente spazio fra di loro, non ebbero più
così tanta titubanza.
Cominciarono a sorridere finché le risate divennero
così violente da avere la
necessità di piegarsi in due, suscitando la
curiosità delle persone e i loro
conseguenti sorrisi; e quando si sedettero ad un tavolo con una fetta
di torta
sacher ciascuno la conversazione assunse toni molto più
ponderati. Fra una
cucchiaiata e l’altra, e fra i complimenti senza fine di Ling
al pasticciere
che ovviamente non poteva sentirlo, le loro parole si inoltrarono nella
rete di
privacy vicendevolmente, sebbene le maglie di Lan Fan fossero molto
strette e
bisognava allentarle.
“Hai
altri fratelli oltre Greed?”
“Sì,
una sorellina. E tu ne hai?”
“No,”
disse lei incupendosi “avrei dovuto averne, ma…
così non è stato…”
Aveva
difficoltà a parlare di quel fratello o quella sorella che
sarebbe nato o nata
se i suoi genitori, in particolare sua madre, non fossero morti.
“Che
vuoi dire?” Incurante di quello che avrebbe comportato alla
ragazza, Ling aveva
quasi smania di voler sapere di più. Ma
quell’espressione tesa e leggermente
addolorata dipinta sul suo volto, che quasi sembrava parlare da
sé esprimendo amarezza,
attenuava il motivo d’imbarazzo ed aumentava la sicurezza che
da lui Lan Fan
avrebbe ricevuto solo comprensione.
“Non
ho più genitori,” sussurrò, come se
fosse un dettaglio di cui vergognarsi “sono…morti
entrambi mentre mia madre aspettava il suo secondo figlio, mio fratello. O mia sorella, chi lo
sa?!” Rabbrividì a causa della sua stessa amara
ironia, come se avesse
freddo o paura di qualcosa.
Il
ragazzo, trattenendosi dal domandarle cosa le stesse succedendo,
successivamente
si rese conto di aver toccato un tasto dolente, e troppo riservato per
poterlo
esporre. Infatti, Lan Fan non parlava mai a nessuno di queste cose a
cuor
leggero. “Scusami, non lo sapevo.” Lan Fan scosse
il capo. “Ma se ti può
consolare, anche Greed e io non abbiamo più una madre. E
abbiamo perso anche
una matrigna, la mamma di May.” Sfoggiò un sorriso
rassicurante e solidale al
tempo stesso, gettando gli occhi sul suo piatto ormai vuoto per
specchiarvisi.
A lui non pesava tanto non avere una madre che si prendesse cura di
lui, che
gioisse per un voto alto o che gli sistemasse i vestiti pronti per
essere
indossati, quanto per la tensione che abitava in casa Yao per via della
catena
di negozi. Non fosse per le scariche elettriche che suo padre e Greed
puntualmente s’inviavano la sua sarebbe stata una vita quasi
perfetta. Numerose
volte si era fermato a chiedersi come sarebbe stata la loro vita se ci
fosse
stata una figura materna ad affiancare le loro vite, ma inevitabilmente
finiva
per accantonare quella che per loro era soltanto immaginazione per far
spazio
alla realtà che era costretto a vivere, anche
perché con circostanze simili c’era
poco su cui fantasticare e molto da mettere in pratica.
Discorsero
ancora per qualche minuto, quando l’orologio batté
le dieci e mezza ed il
cellulare di Lan Fan squillò. Era suo nonno, e le chiedeva
quando sarebbe
tornata a casa. Lei gli disse che sarebbe rincasata entro una
mezz’ora, e
opportunamente Ling le propose di passeggiare ancora un po’
prima di separarsi.
***
Il
sole stava calando troppo lentamente.
Era
questo che pensava Riza mentre guardava la finestra seduta a gambe
incrociate
con Black Hayate accucciato nell’incavo fra le ginocchia.
Aveva passato una
bella giornata a scuola; aveva perfino preso due voti eccellenti in
materie
convenzionalmente difficoltose. Però, una volta fuori da
scuola, si immerse
nuovamente nella solitudine di quella villetta vuota e spettrale che
troppo
spesso lei chiamava casa, quando paradossalmente si sentiva
più protetta con i
suoi amici intorno che con il padre Berthold.
Il
cane uggiolò per pochi secondi, intuendo che la sua padrona
era di umore
decisamente rabbuiato. Strusciò piano il musetto contro il
suo petto, finché
non scese dal letto sfuggendo al suo abbraccio dirigendosi
scodinzolante verso
la scrivania.
“Cosa
c’è, piccolo?”
Non
ebbe modo di finire la domanda posta ad Hayate che il telefono
cellulare
squillò; a Riza sembrò essere insistente, e
voleva fiondarsi verso di esso, ma
l’intorpidimento delle gambe la rallentò. Lesse il
nome della persona che la
stava chiamando, sentendo un leggero sollievo.
Roy.
Forse
a conti fatti il sole si sarebbe affrettato. Sorrise.
“Pronto?”
“Congratulazioni,
signorina Hawkeye!”
esultò il ragazzo dall’altra parte. “Ha
vinto uno splendido soggiorno a Manhattan per una settimana!”
“Magari!”
fece lei ridendo.
“Hai ragione,
è
una balla”
ammise Roy riprendendo un registro più confidenziale. “Però ho un biglietto in
più per il cinema. Ti piace Bruce Willis?”
“Mi
stai chiedendo di venire con te?”
“Sì, a vedere
un
film d’azione, pieno di inseguimenti ed esplosioni.” disse. Hayate
abbaiò in segno di approvazione, sebbene sapesse che la sua
padrona non avrebbe
potuto portato con sé in un luogo chiuso come un cinema.
Riza
stava beatamente sorridendo mentre ascoltava il giovane Mustang, con un
lieve
rossore spruzzato sulle guance. L’aveva invitata altre volte,
era vero, ma
aveva la vaga impressione che ultimamente il tempo trascorso con Roy
sembrava deliberatamente
dilatato.
Anche se quegli atteggiamenti parlavano chiaro, la ragazza si era
imposta di
rimanere con i piedi ben piantati in terra. Che fosse per sua natura o
per
timore di rimanere delusa dal suo stesso amico più caro non
riusciva a capirlo.
“Beh, hai
deciso? Il film inizia fra un’ora e mezza.”
Il
tono impaziente la destò di colpo dalle sue mezze dilucidazioni
mentali per dargli la sua risposta
affermativa.
“Molto bene.
Verrò a prenderti!”
Dopo
aver salutato la ragazza terminò la conversazione. Vide il
cane farle feste
saltellando qua e là ed il tramonto imminente che si
stagliava in un cielo
terso di nuvole innocue.
Quelle
ore sarebbero volate, come solitamente succede quando si è
in compagnia. Ma
Riza non diede tanto peso al tempo che sarebbe scivolato più
velocemente. Era
troppo indaffarata nel prepararsi. Non tanto per sembrare
più carina agli occhi
di Roy, ma per tentare di trascorrere la sua adolescenza come giusto
che fosse.
Lui l’aveva compreso più di chiunque altro,
probabilmente fin dal loro primo
incontro, ecco perché faceva di tutto per farla uscire da
quella gabbia.
Grazie, Roy.
***
“Ripetimi
il motivo per cui non dovrei stare a casa, stasera.”
“Perché
lo sai. Smettila, May…”
La
bambina ridacchiò maliziosamente osservando le gote di Greed
arrossarsi un
poco. Il fratello l’aveva trascinata in giro per le vie
illuminate di Londra:
lo faceva un po’ per se stesso per non sentire troppo
l’istigante presenza di
Lust, un po’ per May per non farle sentire certe
oscenità anzitempo, anche se
vedeva con i suoi occhi che i ragazzini oggigiorno sono più
svegli rispetto a
quelli di venti o trent’anni fa. May sapeva benissimo il
motivo per cui Greed
aveva deciso di portarla con sé, come ormai succedeva da un
po’ di tempo, ma si
divertiva a vederlo a disagio nel spiegarle che di sopra suo padre e la
megera
stavano facendo quello che quando c’era May Greed nominava “tu-sai-cosa”.
“Dai,
che ti costa?” lo stuzzicò la sorellina
divertendosi un mondo, spingendolo con
entrambe le mani mentre camminavano. Xiao Mei sbadigliò
pesantemente, uno di
una lunga serie, e ascoltava senza alcuna attenzione le scaramucce dei
due.
“Ti
ho detto di no!” urlò Greed ormai paonazzo.
“Ti ho portata via per non farti
udire niente, siccome non si curano che c’era una bambina in
casa, e tu cerchi
di mettermi in imbarazzo!”
May
tacque per un po’, stando ben accorta a non ridere troppo
forte. Non pensava
che Greed si sentisse a disagio trattando di questi discorsi. Spesso lo
sentiva
discorrere di queste cose con Ling in modo del tutto disinibito. Forse
era con
lei che non voleva parlarne, e non fu affatto reticente a fargli una
tale
domanda.
“È
perché sono ancora piccola che non vuoi parlare di amore con
me?”
Il
maggiore si fermò di colpo, ma riprese il cammino come se
niente fosse. “Anche”
ribatté soltanto.
Non
era solo quella la ragione. Avrebbe dovuto specificare che quello fra
Lust e Wu
non era propriamente amore. Forse l'amore vero neanche esisteva per
Greed. Per
un tipo sognatore come May però, sarebbe stato come un
affronto alla sua
inguaribile speranza di vivere sul serio un amore come quelli portati
sul
palcoscenico. Segretamente gli faceva pena pensare che i continui film
sentimentali trasmessi nella fervida immaginazione di sua sorella nelle
peggiori delle ipotesi sarebbero rimasti nella sua testa senza mai
concretizzarsi. Da buon fratello maggiore comunque non si sarebbe fatto
da
parte se qualche ragazzino si fosse messo a ronzarle attorno. Certo,
non
avrebbe mostrato apertamente quel pizzico di gelosia tipico dei
fratelloni nei
confronti delle proprie sorelline, ma avrebbe tenuto sotto assedio
chiunque si
mettesse a farle spudoratamente la corte. Chiunque che non fosse
affidabile almeno
per il novantasette per cento.
Ma
poteva stare tranquillo. May non aveva occhi che per i fratelli Elric,
anche se
prediligeva Alphonse; inoltre sapeva difendersi magnificamente a
dispetto della
sua età e della sua conseguente statura. Se avesse dovuto
affrontare un
malintenzionato, che fosse malintenzionato in tutti i sensi, non
c’era nulla di
cui preoccuparsi.
La
piccola di casa Yao era un’ottima combattente. Dovette
frequentare un veloce
corso di autodifesa per una particina in cui doveva vestire i panni di
una
ninja, ma quelle poche ore avevano fatto di lei una vera e propria
guerriera.
Anche se lei amava definirsi una principessa, come tutte le bambine,
una buona
attrice e una splendida sorella.
“Greed?”
“Che
vuoi?”
“Possiamo
mangiare qualcosa?”
Il
giovane la osservò di sbieco per un po’, entrando
nel primo locale che trovò
nei paraggi. Faceva sempre così quando era profondamente
annoiato, e ad alcuni
sarebbe parso piuttosto irritante non scegliere il posto in cui passare
la
serata. Ma a May e Xiao Mei questo tipo di avventure piacevano,
soprattutto
perché non sapevano mai dove Greed capitava, se in un
semplice fast food, in un
ristorante thailandese o in una pasticceria.
Fu
proprio in quest’ultima che entrarono, e per May e la sua
piccola amica non ci
fu nulla di più eccezionale di un dolce per allargare a
dismisura la loro
contentezza. Anche a Greed non dispiacque ordinare una tazza di
cioccolato al
peperoncino per proseguire al meglio la serata.
Il
locale era affollato; non c’era sedia o tavolo che fossero
vacanti, e nell’aria
si sentiva un odore di zucchero e caffè sprigionatosi
già da parecchie ore.
Alla confusione moderata di voci dei clienti si aggiungeva il rumore di
macchine da tè e spray di panna che venivano servite quasi
senza interruzione
alcuna; il fragore di qualche tazza accidentalmente precipitata a terra
e il
battere di tastiere di qualche PC portatile di altrettanti ragazzi.
Greed
osservò impassibile tutto questo; nel frattempo le sue due
accompagnatrici
divoravano con entusiasmo le loro fette di torta alle more.
“Come
vanno le prove di Macbeth?”
“In
questo periodo meglio. Il signor Dominic ci ha incitati a proseguire,
siccome
erano giorni che eravamo sempre al primo atto.”
“Beh,
non ci vuole molto tempo a fare un paio di scene per bene se sapete le
parti a
memoria, no?”
“Non
era quello il problema” l’avvisò May.
“Molti di noi avevano la luna storta, chi
per un motivo, chi per un altro. Però fortunatamente il
maestro ha fatto capire
che è arrivata l’ora di muoverci!” disse
con un sorriso, ricordando come
Dominic li aveva spronati in maniera molto poco ortodossa.
“Scommetto
che Dominic vi ha trattati con il pugno di ferro, già lo
so…” sostenne convinto
Greed.
“Questo
discorso non vale per me” replicò la bambina
gonfiando le guance, offesa.
“Ok,
ok.”
L’espressione
quasi comica di May si tramutò in tristezza. Non era dovuta
al fatto che il
fratello l’avesse appena data per scansafatiche con tutti gli
altri attori, né
per quell’arrendevolezza che aveva manifestato per darle
ragione e non farla
imbufalire.
Piuttosto,
era causata dall’inutilità di tutti quegli sforzi.
Con la messa in scena
dell’opera, avrebbe divertito un mucchio di persone, certo,
ma nessuno a lei
caro si sarebbe preso la briga di annullare i propri impegni per andare
alla
sua rappresentazione. Ling avrebbe avuto il suo corso di dao e di
svariate
tecniche marziali, senza contare che quando non aveva scuola sbrigava
una marea
di faccende domestiche, perciò non da biasimare, mentre suo
padre continuava a
giurarle di essere presente senza mai adempiere alla promessa.
Si
vergognava da morire a chiederlo a Greed. Non che non fosse riuscita a
domandarglielo, quanto per la considerazione dura che il fratello
più grande
aveva su certe questioni. Forse avrebbe giudicato la cosa come troppo
sentimentale e avrebbe rifiutato malamente come quando era
inesorabilmente
irritato, finendo per schivare qualsivoglia anima vivente che gli
passasse
accanto per almeno due o tre giorni. E questo May non lo voleva.
Sebbene Wu le
volesse un mare di bene, per varie ragioni, di cui molte interessavano
Lust in
prima persona, non passava mai del tempo con lei. Greed e Ling erano
gli unici
che avevano per lei un affetto privilegiato, i soli a reputarla come
vera componente
della loro famiglia.
Ora
era del tutto sereno. Avrebbe potuto. Perché no?
“Senti,
Greed…”
“Sì?”
“Ecco…
È probabile che non verrà nessuno a vedermi,
e…”
“Ci
vengo io... Forse.” la prevenne il ragazzo. Il suo istinto
gli aveva suggerito
chiaramente di non darle false speranze, di lasciare aperta la
probabilità di
una risposta negativa. “Ma solo la prima recita. Dimmi solo
quando sarà.”
“Oh,
Greed!” Felicissima, May si protese per saltargli al collo,
noncurante della
freddezza che il fratello ostentava. Greed aveva un caratteraccio
quando ci si
metteva, ma quando si dimostrava così altruista May lo
reputava adorabile e non
aveva paura di rivolgersi a lui con parole simili. Certo, lo faceva
infuriare
quando gli sottolineava quanto fosse buono in realtà, ma per
una come May, che
non si faceva alcuno scrupolo nell’esternare ad alta voce
quello che pensava
importava poco.
Nel
frattempo, Greed si ritrovò avvinghiato dalle sue spire
con Xiao Mei attaccata alla sua faccia che gli impediva di respirare.
“Oggi
vuole stritolarmi un sacco di gente; ma che hanno tutti?” bofonchiò dopo
essersi
staccato la panda dal volto e cercando di divincolarsi dalla tenace
stretta
della sorella.
Nonostante Wu avesse con
May un atteggiamento diverso da quello che adottava con lui, non si era
mai degnato di rimandare neanche un impegno per le recite di sua
figlia. Addirittura, Greed ricordò
che una volta il padre le confessò di avere problemi con la
distribuzione dei
turni del personale dei suoi negozi. Ma poi le difficoltà
furono superate in
soli due giorni prima della rappresentazione della figlia, passando
quella sera
in compagnia di Lust del tutto dimentico della parola data.
La
bambina ovviamente rimase all’oscuro di tutto. Greed aveva
tenuto la bocca
cucita con lei per non deturpare quell’indispensabile
affiatamento, quel che ne
restava, che aveva con il suo unico genitore. Il giovane si
confidò soltanto
con Ling, il quale, sconcertato per quell’episodio, aveva
cominciato a riempire
May di attenzioni triple per compensare le delusioni ricevute. Il fatto
fu poi seppellito, ma solo per essere soppiantato da altri aneddoti di
genere analogo.
E
dal canto suo, May aveva pian piano imparato a non aspettarsi
chissà cosa da
Wu. Preferiva stare con i suoi fratelli, finché
si
era attaccata in modo considerevole ai suoi amici, finendo
talvolta per cacciarsi in qualche guaio, comunque di entità
poco preoccupanti, e per dar
filo da torcere ad alcuni malcapitati, come Ed e Al. Le sue turbolenze persistenti
nei
confronti dei fratelli Elric erano proprio dovute alle mancanze del
padre, alle
sue bugie, al suo comportamento disingannante. Forse la colpa non era
da
attribuire a lui medesimo; forse anche lui si affannava a riempire il
vuoto che
le sue mogli hanno lasciato. Ma invece di dedicarsi almeno un
po’ a May, il che
lo avrebbe fatto prendere due piccioni con una fava, aveva ricercato la
compagnia di una donna equivoca che non perdeva occasione di
infastidire i suoi
ragazzi, in particolar modo Greed.
Lei,
intanto, si era seduta, e scambiava lucide occhiate con Xiao Mei che
sorseggiava la spremuta d’arancia sospirando di piacere.
Prima
che May potesse rendersi conto del suo sguardo fisso su di lei, il
ragazzo
prese a guardarsi intorno con la sua solita aria menefreghista.
NDA
Per compensare il ritardo ho
pensato di postare un capitolo un po’ più lungo
dei
miei standard.
Scusate gli errori. :)