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Autore: lauramelzi    27/04/2014    23 recensioni
"I-io non penso sia una buona idea.." lei sussurrò piano.
La dolcezza del suo smarrimento era quasi tangibile. Stefano le sorrise, bastardo.
L'alito del fascista le accarezzava le labbra, e Gaia sentiva il suo cuore batterle come impazzito nelle orecchie.
Annegò nei suoi occhi, oltre che nella vergogna, e come ogni volta in cui i loro sguardi si incatenavano, si creò un'elettricità che pregava di essere liberata.
Perché non voleva ascoltarla ora? Perché la stava ... perché si comportava così?
Confusamente Gaia si rese conto dell'inevitabile fine che le sue labbra avrebbero fatto di lì a poco.
Doveva fermarlo, pensò sconcertata.
... faceva così con tutte, era un montato, inafferrabile e irresponsabile.
lui, lui..
Lui la guardò.
La guardò e vide sotto la fievole luce della bajour quegli occhi nocciola, così sinceri, e con essi tutte le difese che la ragazza avrebbe voluto erigere contro di lui se avesse potuto, e le fece capire immediatamente che le avrebbe annientate se mai ci fossero state, che le avrebbe fatto ciò che era inevitabile, ciò che spingeva entrambi a stuzzicarsi ogni giorno, a essere così suscettibili, vulnerabili e ... duri.
"Non è mai una buona idea a fare la differenza."
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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buonasera <3 non sono in ritardo ma neanche in anticipo, volevo aggiornare oggi, per augurare a tutti quelli che come me domani riniziano a sgobbare >.<
per gli altri, bhe, beati voi!
comunque AVVISO, questo capitolo è VIOLENTO (non troppo a mio avviso) però volevo comunque avvertirvi<3
 
 
a tutte le mie lettrici, in particolare Laura<3
 
--- - ho scordato di scusarmi per non aver risposto alle recensioni, davvero lo farò appena possibile, solo che ero a cuba e secondo : se cercate su istagram ESETISBAGLIASSI tutto maiuscolo e attaccato trovate la pagina ufficiale un bacione!
 





 
 
 
Ste' entrò in classe poco dopo l'inizio della lezione, senza la menché minima fretta.
 
Queste erano parole sacro sante.
 
Niente fretta.
 
Nui non doveva mai correre per niente e per nessuno, o meglio nessuna. diciamo che era diventato il suo stile di vita da un po'.
 
Casomai il contrario, ridacchiò tra se. tutte gli correvan dietro... e il bello, a un certo punto, era proprio il fatto che lui non le cagava di striscio. erano uguali tra loro. Insulse, in cerca di una passata degna di tal nome, in ammirazione più completa verso la sua regale persona e fisicamente attraenti. Bhe, ovvio. Un minimo dovevano pur esserlo, altrimenti non avevano speranza con lui.
 
Prima di tutto il corpo.
 
Regola numero due.
 
Cazzo che schifo, come si poteva anche solo pensare di scoparsi una cicciona? O baciare una con l'apparecchio?
 
La risposta era semplice: non lo facevi.
 
E per lui non era difficile, visto che di scelta ne aveva. Ieri durante la partita di calcetto erano arrivate delle biondine niente male ( che però sfortunatamente si era già fatto e rifatto, e francamente la cosa veniva a noia dopo un po' ).
 
Appunto, terza regola. Mai sentimenti e una o due volte. poi basta, sparisci, non ti fai più vivo nè tanto meno chiami. Figuriamoci se lui si sarebbe messo a chiamare una per una tutte le ragazze con cui aveva scop...
 
"Giovanotto vogliamo entrare si o no?  Le sembra questa l'ora di arrivare? "
 
Il fascista sbuffò divertito, quelle nonnette in carriola ancora si permettevano di rimproverarlo sperando che in qualche modo cambiasse. Pft bastava crederci.
 
Si siedé in seconda fila, uno dei pochi posti liberi in alternativa alla prima fila.
 
"Ma che famiglia ha lei, si può sapere?" sbottò inacidita la vecchia storcendo il naso rugoso.
 
Qualcuno tossì leggermente da dietro. Il ragazzo si stupì che esistesse ancora qualcuno in grado di sfotterlo. quel diritto ce l'avevano, forse, solo due suoi compagni. e basta.
 
Gaia osservò il fascista girarsi lentamente e perforarla da parte a parte con lo sguardo.
 
Non si sorprese più di tanto alla fine, insomma, solo quell'ebrea osava resistergli, e il modo era talmente ridicolo - visto che poteva svergognarla quando più gli pareva - che non ci diede troppo peso. Il suo modo di reagire era vendicativo e infantile, ovvero facilmente prevedibile per tipi svegli come lui. La poteva condurre a discorsi a suo piacimento senza farglielo capire se non al momento finale. Esasperarla fino alla fine dei suoi giorni, se ne avesse avuto l'intenzione.
 
C'era un qualcosa però in quel viso maledettamente delicato che lo spingeva alla discussione, al dibattito. Cristo, lo mandava in bestia e allo stesso tempo lo divertiva il modo in cui lo provocava. Era normale? 
 
Non del tutto, probabilmente.
 
Ma - perché verso lei c'era sempre un "ma"- era ebrea e di santa conseguenza doveva stare al suo posto. 
 
Altra regola.
 
Forse, rifletté pochi istanti, ciò che lo divertiva era proprio il fatto che lei non sapesse stare al suo posto. Dopotutto non aveva mai incontrato uno come lui, cazzo era raro.
 
Qualcuno ridacchiò in ultima fila, la biondina amica di Jessica.
 
-Passata tre volte l'anno scorso, perché era proprio brava con i servizietti -
 
 Si riscosse e si girò, smettendo di fissare astiosamente la ragazza mora.
 
La sua mente però, stava già elaborando un modo per fargliela pagare cara.
 
 
 
***
 
 
 
Era suonata da poco la campanella e Gaia non ce la faceva più, aveva sopportato di tutto e forse anche di più da quell'imbecille presuntuoso.
 
Se la stava chiaramente prendendo con lei, rompendole le scatole ogni secondo della sua -forzata- permanenza a scuola. Se avesse potuto sarebbe uscita all'istante, ma non solo a fare la ricreazione (visto che oggi avevano i corsi pomeridiani che davano crediti) e quindi una passeggiatina nel cortile e un bocconcino, ma una di quelle camminate storiche che fai una volta ogni morte di papa per schiarirti le idee, quando sei davvero molto confusa. O più semplicemente esaurita.
 
In ordine era andata così:
 
Prima le aveva chiesto (ovviamente a voce abbastanza alta da farsi sentire perfino nelle altre classi) se si era finalmente comprata un rasoio per le gambe. E lei in quel momento aveva ringraziato il Signore che si era fermato a quella parte del corpo senza metterla in ulteriore imbarazzo.
 
Poi le aveva chiesto il quaderno dei compiti che lei aveva dovuto trascrivergli il pomeriggio precedente a bassa voce, e lì, lei era incappata. pensando innocentemente che volesse così metterci una pietra sopra, glieli aveva porti senza pensarci troppo. Ma proprio nel momento in cui glielo stava passando di mano, lui aveva ritirato la sua e non nascondendo un luccichio di vittoria negli occhi e un sorriso furbo si era mostrato esasperato. "Allora hai finito di copiare? Cazzo, ci hai messo un'eternità!" nel giro di pochi secondi tutti gli occhi erano stati puntati sulla sua figura, e Gaia non sapendo cosa dire poiché presa in contropiede aveva annaspato per alcuni secondi. Poi si era ripresa subito, conscia dello sguardo severo del professore di storia, e aveva ribattuto che era stato semmai il contrario. il fascista, che si era - per l'appunto - aspettato tale risposta aveva riso di lei, sprezzante come sempre.
 
"E allora come spieghi che il tuo è ancora in cartella e in mano hai il mio? Sei diventata per caso la mia schiavetta?"
 
Gaia aveva sgranato gli occhi basita. Voleva farglielo ammettere, quel bastardo. ad alta voce, a sillabe candide, leggere e distinte, più in generale udibili da tutti.
 
Ah ah, e lei ci era cascata. Da brava orgogliosa qual'era, si era stata zitta, facendo una pessima figura con il professore e davanti a metà classe. Ovvero quella delle ochette stupide e inette, che non ne sapevano una mazza della sua situazione. Per quanto riguarda l'altra metà, bhe, Gaia ci poteva mettere la mano sul fuoco: da come si guardavano sogghignando i maschi tra loro, si raccontavano tutto.
 
In che occasioni poi, non ne sapeva niente, forse durante le partite di calcio o le uscite serali.
 
Francamente meno si vedevano tra loro, meno parlavano di ragazze - o figure di merda -, meglio stava.
 
Aspettò Anita, che però stava battibeccando per una questione futile di cinema ( lei era fatta così, andava ... pazza - letteralmente- per attori e attrici ) con una ragazza rossa di quarto, rossa tinta scuro, quasi bordeaux, che era venuta insieme a una mulatta con i capelli corti legati in una coda disordinata a salutare una biondina amica di Jessica.
 
Le tre grazie, ridacchiò tra se e se.
 
Si vedeva lontano un miglio che se la credevano - e tanto anche -, ma proprio non riuscivano ad afferrare il concetto che più restavano delle proprie (manco nate) opinioni, più Anita si sarebbe impuntata.
 
"Anny mi accompagni alle macchinette?" chiese speranzosa Gaia alla biondina che stava iniziando ad agitare pericolosamente il ditino con l'atteggiamento da secchia.
 
Di malavoglia, Anita scese dal banco e la raggiunse con il suo passo leggero e allegro.
 
Sicuramente l'aveva avuta vinta, pensò la mora sorridendo.
 
"Ehy, ma quello è un panino!" la sorprese 
 
Gaia annuì tranquilla, cacciandole un'occhiata furba al volo. La bionda scoppiò a ridere nel mezzo del corridoio, incurante degli sguardi altrui.
 
"Ma ... ahahhah.. me lo potevi dire sai? Mica ti mangiavo! Anzi, sembra proprio buono " scherzò addocchiandole il pranzo ".. non è che..?"
 
D'un tratto la presa salda che Gaia aveva sul panino sparì. In un secondo non esisteva più. distrutta, infranta.
 
Confusa e sbigottita si girò alla rapidità della luce, quasi inciampando nei suoi piedi 
 
" Ma che diav.. tu??"
 
Il fascista, appoggiato contro il muro stava tranquillamente ingurgitando a morsi - se quelli si potevano considerare morsi - il suo (ex) panino, con lo sguardo più innocente che poteva simulare, visto che la voglia di ridere da come la guardava in quel momento, era molta.
 
"Ma almeno mastichi, prima di ingurgitartelo tutto?" chiese acida
 
"Ma non so.. in effetti ha un retrogusto amaro .. dovrei sputarlo per caso?"
 
"Io ingoierei fossi in te... di certo non sputerei" ribattè fulminandolo. Dopo tutta la fatica di stamattina, ovvero alzarsi dieci minuti prima apposta, lui aveva pure il coraggio di dire che non gli piaceva? Ma Cristo Santo, allora perché diamine continuava a mangiarselo?!
 
Era suo quel panino, SUO.
 
Ste' rimase perplesso un attimo, poi di colpo non riuscendo più a trattenersi scoppiò in una fragorosa risata.
 
Che ? Che cosa? Che aveva fatto o detto?Imbarazzata ripensò velocemente a tutte le parole che poteva aver frainteso volontariamente, anche se poi lei quando pensava a controbattere non guardava certo verso i doppi sensi, eh no! Panino, ingurgitare .. sputare...
 
Ingoiare.
 
Annaspò in cerca d'aria sentendosi oggetto di molte occhiatine e di commenti. Poi d'un colpo l'ira scoppiò, tutto il risentimento che si era tenuta dentro per due giorni o forse più, tutto ciò che premeva per uscire fuoriuscì. E in modo alquanto rozzo secondo le sue abitudini.
 
"Brutto imbecille! Ti rendi conto che travasi ogni singola parola? Ma è mai possibile, sei un bambino di sei anni forse? Ciò in effetti non sarebbe del tutto insensato, visto che le dimensioni del cervello sono le medesime! Ma no! Anzi, fai con comodo!" continuò esasperata e rossa in volto
 
"mettiamo in difficoltà l'ebrea giusto perché ci va. Eh no caro! Non funziona così! anche perché, se no,  in questo momento saresti steso per terra da quante te ne vorrei dare! Io, IO, sono una santa, perché la maggior parte delle volte lascio perdere! Con una capra come te, d'altronde è difficile stare a discutere. Sei insopportabilmente egocentrico e presuntuoso! Non te ne importa un fico secco degli altri! Mai, mai e dovunque! " continuò " Ci hai pensato a me? Una singola volta? Una in tutta la tua vita? E non dico per sfottermi o altro, ma per rispetto! RISPETTO, perché sono una persona! Tale e quale.." lo indicò con un segno plateale del braccio, il volto disgustato "..a te! Tale e quale, che tu ci creda o meno! sai cosa ho passato per cambiare città? no, perché non ti ho mai rotto le palle. Sai cosa ho passato per abbandonare la mia famiglia? Neanche su questo ti ho rotto le scatole!" prese fiato un'attimo per inalare ossigeno.
 
Giorgio, avvisato da Anita che era subito giunta ai ripari, e aiutato da Liuk che era accorso per tanto clamore o silenzio da due punti di vista differenti, intanto stavano facendo sgombrare il corridoio con spinte sulle spalle e occhiatacce, e così poco a poco gli altri studenti se ne andarono contro volere proprio.
 
Cosa che Gaia notò di striscio, ma a cui non diede eccessivo peso. Doveva finire di parlare, di spiegare la sua confusione .
 
"E allora per favore non mi rompere le palle! Ok?? Sto facendo tutto, TUTTO quello che mi chiedi" e se ne infischiò, stavolta consapevolmente, del doppio senso stupido e infantile ".. compresi i compiti a casa! E tu alla prima occasione mi smerdi davanti a un professore?" prese fiato di nuovo
 
"Ma sai che ti dico? Vattela a cercare in culo una schiavetta del genere, IO con TE alzo la bandiera bianca!!" lo guardò qualche istante dritto negli occhi furenti e si allontanò di qualche passo " e me ne infischio delle punizioni, peggio di tanta vergogna non può essere!"
 
 
 
Per alcuni secondi regnò il silenzio.
 
I bidelli erano spariti, forse all'ultimo, forse dal primo istante. D'altronde in quella scuola funzionava così, nessuno vedeva o assisteva mai a niente di compromettente.
 
Anita deglutì nervosa, lanciando un'occhiata veloce verso Giorgio. Il biondo, seppur non volesse ammetterlo, stava trattenendo il fiato. Era una situazione se non altro unica.
 
L'aria si era fatta d'un tratto pesante, carica di energia.
 
Gaia e Stefano si guardavano in tralice, con rabbia e sdegno reciproco. Sembravano pronti a saltarsi addosso. nessuno dei due sembrava rettificare la propria opinione. Nessuno dei due era disposto alla "pace".
 
Nessuno avrebbe sistemato le cose, rifletté una terza ragazza, molto più esile delle altre due, e così da un'angolino in semi ombra venne fuori e si interpose calma tra i due a viso alto.
 
"Levati immediatamente" ringhiò Ste', rinsavitosi dopo un'attimo di sorpresa.
 
"E-Elle .. " la chiamò flebile Anita, pregandola con lo sguardo di raggiungerla all'istante " .. ti prego"
 
La ragazzina non diede segno di aver sentito. Placida e sicura diede le spalle a Gaia, per fronteggiare il fascista, perché era ovvio che se ci sarebbe eventualmente stato uno scontro sarebbe stata proprio Gaia a subirne gli effetti. Per qualche ragione aveva pensato che il capo dei fascisti non avrebbe alzato le mani su di lei, dopotutto non era stato eccessivamente violento nei suoi confronti e per giunta il fatto che ora facesse la .. si rifiutava di dirlo.. per Liuk, in un certo senso era assicurativo, no? 
 
Deglutì cercando di non far trapelare il nervosismo.
 
Però ora, tutto di quel corpo sembrava emanare violenza allo stato puro, era imbestialito.
 
E lei non era più tanto sicura della scelta di interporsi per calmarli .
 
"Ora" tono secco, deciso e autoritario.
 
Una voce ruppe il silenzio.
 
E quella voce le era familiare. 
 
Elle vacillò un'attimo, mostrandosi debole al punto giusto
 
"Vieni qui, ora" stava perdendo la pazienza.
 
Liuk non aveva mosso un muscolo, ne alzato il tono della voce. La verità è che non ne aveva bisogno, lui sapeva incuterle terrore anche semplicemente così. E ora tutto ciò che voleva sarebbe stato strozzarla per la sua impudenza.
 
Come, come cazzo le era saltato in mente?
 
Non disse nulla, si limitò -al momento- a trafiggerla con sguardo severo e freddo mentre lei lo guardava spaesata. Non riuscendo più a contenere la propria furia, l'afferrò per il polso e si incamminò per le scale di uscita.
 
Tutti sapevano che oggi Elle avrebbe saltato il corso di giornalismo.
 
Anita sussultò terrorizzata. " N-no ! Non Elle ... lei n-non .." prese a tremare leggermente e a non inalare più aria. senza dire o accennare niente Giorgio le si avvicinò in due falcate veloci e la indirizzò con una mano leggera sulla schiena per il corridoio, in modo da distrarla e condurla via.
 
Via da loro.
 
Giorgio si voltò rapido un'ultima volta, il volto impassibile, e lanciò un'occhiata ammonitrice all'amico.
 
Stefano irrigidì la mascella, ma Gaia non si mosse di un centimetro. Aveva ragione lei, su tutto ciò che aveva detto, e non avrebbe ritirato nessuna delle sue accuse.
 
D'un tratto il fascista si girò e tirò un pugno contro una bacheca di legno affissa nell'atrio. si sfondò e pezzi di legno caddero scompostamente per terra accompagnati dall'eco di un suono secco.
 
Gaia alzò un sopracciglio, irritata dal suo sfogo.
 
"Solo?" osò chiedere impertinente
 
"Dannazione!" il fascista si stava evidentemente trattenendo a fatica visto l'affanno del petto e i pugni stretti "sparisci dalla mia vista" emise in un sussurro roco.
 
Gaia rabbrividì involontariamente, ma restò ferma. non si sarebbe mossa, non prima di aver ricevuto delle Scuse con la "s" maiuscola
 
All'improvviso si ritrovò stretta tra il muro e il petto del fascista. alzò lo sguardo, provocandolo ad alzare le mani su di lei. Ci doveva solo provare e lei ..
 
Ciò che non si era chiaramente aspettata era che la bocca di Ste' calasse sulla sua, con violenza e aggressività. Prepotentemente le aprì le labbra con forza, assaltandone l'interno.
 
Gaia sorpresa da quell'invasione si tirò indietro, non ottenendo altro che una zuccata contro il muro.
 
Di colpo sentì un dolore al labbro, poi il sapore ferroso del sangue.
 
Il bastardo l'aveva morsa!
 
Alzò la mano, pronta a dargli una sberla ma il polso le venne imprigionato e sbattuto contro il muro.
 
Il suo gemito di dolore fu rapito da un secondo bacio, forse più violento ancora del primo, in cui ognuno dei due cercava di avere la meglio sull'altro, piegandolo sotto di se.
 
Ste' le stava addosso apposta per non darle quel vantaggio. Per farle inclinare la testa, poiché sebbene fosse alta, non lo era così tanto da raggiungerlo. Per farla stare in basso, sotto di lui.
 
Per essere lui il comandante di quell'impetuosa rivincita.
 
Non c'era niente di minimamente tenero o delicato in quel bacio, niente.
 
Lui profanava, saccheggiava e mordeva, senza sosta. Intenzionalmente.
 
Le strappò un'altro gemito di dolore.
 
Appagato, si staccò bruscamente, e così come tutto era iniziato velocemente, velocemente finì.
 
Sorridendo soddisfatto sollevò lo sguardo in quello di Gaia, che boccheggiante stava riempendo d'aria i polmoni. le labbra ancora rosse e gonfie, a testimonianza di quanto fosse stato rude.
 
Poi il suo sguardo salì fino a posarsi sui suoi occhi.
 
Feriti.
 
Se avesse dovuto usare una parola per descriverli, avrebbe utilizzato proprio quell'aggettivo.
 
Cercando di non scoppiare a piangere come una stupida, Gaia spostò il viso di lato, ingoiando il sapore amaro degli ultimi residui di sangue. si scostò da lui umiliata, attenta a non toccarlo minimamente, il più lontana possibile.
 
"Vedo che mi hai preso sul serio" sussurrò rauca senza guardarlo. Non ottenendo risposta e non aspettandosela, mosse un passo traballante verso le scale. Il viso voltato in modo da non farsi vedere in faccia.
 
Quella reazione quasi lo impanicò.
 
Questa volta, forse, aveva passato il confine.
 
L'afferrò per il braccio.
 
"Aspetta, Ga' " iniziò con voce soffocata. 
 
La ragazza liberò immediatamente il gomito, strattonandolo verso di se. Aveva un disperato bisogno di restare da sola, di estraniarsi da tutto .. questo.
 
" s t a m m i   a l l a   l a r g a " sillabò con il minimo di dignità che le aveva lasciato.
 
 
 
 
***







 
 
 
 
 
Una brezza leggera le scompigliò i capelli lunghi e setosi.
 
Elle era ammutolita da quando Liuk era intervenuto glaciale a zittirla. Ora la ragazza ebrea stava tremando come una foglia, un rumore sordo, quello della paura, nelle orecchie.
 
Lei non aveva fatto altro che proteggere la sua amica da Ste', eppure ciò era bastato.
 
Levò lo sguardo verso il viso del ragazzo moro che con forza la stava trascinando verso casa. "casa". Elle sapeva che l'avrebbe punita, lo aveva compreso non appena aveva incrociato il suo sguardo minuti prima , mentre si parava coraggiosamente in piedi di fronte a Gaia per difenderla.
 
Una mossa stupida la sua, ma almeno aveva osato sperare che il Stefano rinsavisse.
 
Invece era intervenuto gelido Liuk, il guardiano dagli occhi freddi, ordinandole senza giri di parole di togliersi di mezzo, la testa inclinata e lo sguardo assottigliato. Quelle poche parole erano state in grado di gelarle il sangue.
 
Elle aveva deglutito a forza, immobile. un atto estremo quanto inutile.
 
D'un tratto il suo braccio era stato rinchiuso in una morsa ferrea e lei tirata via. la ragazza aveva compreso dal primo istante che Liuk era furioso. Una furia cieca che l'avrebbe guidato da ora a .. bhe, sempre, nei suoi confronti. 
 
Rise isterica, di certo non aveva previsto che la sua " schiavetta ebrea"  si mettesse tra il suo amichetto del cuore e Gaia.
 
Ma lei era fatta così: non le piaceva il fumo, i pettegolezzi cattivi, e più di tutto la violenza contro i più deboli. E pur sapendo che ci sarebbe stata la possibilità che qualcuno l'avrebbe tolta poco delicatamente di torno, si era slanciata davanti all'amica con un sorriso incerto.
 
E qualcuno era effettivamente intervenuto.
 
Lui, Liuk.
 
Da un certo punto di vista, il peggio che le potesse capitare. quello sguardo l'aveva terrorizzata, poiché le aveva cristallinamente riferito a cosa andava incontro.
 
E Liuk era famoso per le sue punizioni. L'anno scorso aveva fatto girare mezza nuda Lucrezia, un'ebrea del primo anno perché si era dimenticata di preparargli la colazione, pur sapendo quanto fosse timida. sempre punizioni con l'intento di svergognare le vittime, mostrando il loro corpo con le proprie debolezze in pubblico.
 
Ovviamente Elle lo aveva saputo e si era, in parte, sentita sollevata di non essere stata la prescelta, ma ora?
 
Ora non aveva più senso niente, nemeno chiedere se l'avrebbe punita, perché l'avrebbe fatto di certo, e senza un minimo di pietà, di umanità.
 
Odiava quando Liuk si trasformava, prima umano e di colpo bestia.
 
Lui non era così. Lei lo sentiva, lo sapeva. aveva notato anche se nascosto, un lato di lui protettivo, dolce, un qualcosa che la faceva sentire al sicuro. ma quella mano che ora le stringeva il polso con forza, quel cambiamento, quella luce pericolosa nei suoi occhi, la spaventavano.
 
La ragazza per poco non inciampò nei gradini per quanto veloce Liuk li salì.
 
Il fascista aprì la porta, spinse dentro Elle e rinchiuse a chiave.
 
L'ebrea aveva il cuore in gola e teneva gli occhi sbarrati per la paura, tesa e pronta a scappare al minimo cenno di movimento del fascista. La mamma di Liuk non c'era e non ci sarebbe stata per un viaggio di lavoro fino a martedì. Lo osservò muoversi come una tigre in gabbia, poi, il ragazzo senza degnarla di uno sguardo iniziò a incamminarsi per la sua camera.
 
Elle sospirò per l'ansia e il sollievo. for-forse l'avrebbe risparmiata. 
 
"Seguimi ebrea"    - ebrea - . era deciso, allora. Potevano due singole parole incutere un timore così grande da far irrigidire le gambe? Elle deglutì e facendosi forza lo seguì a piccoli passi, tenendosi lontana almeno 4 metri da quelle spalle larghe e possenti.
 
Il ricordo di Liuk che menava quell'uomo che l'aveva seguita era ancora vivo e la tormentava continuamente. Le avrebbe riservato lo stesso trattamento? L'avrebbe portata al limite, facendole provare un'immenso dolore per poi lasciarla a se stessa ricoperta da lividi?
 
O l'avrebbe mandata in giro in intimo, sapendo benissimo che si vergognava da morire, distruggendola psicologicamente e internamente?
 
Elle sapeva in cuor suo che era probabile.
 
Se si voleva vendicare, era il modo migliore. Ma lei? Lei lo avrebbe sopportato? Superato? No, non credeva ce l'avrebbe fatta. Lei tendeva a nascondersi, e questa punizione l'avrebbe "denudata" delle sue paure più grandi.
 
La stanza del ragazzo era in ombra, solo pochi flebili raggi di luce pomeridiana entravano dalla finestra e illuminavano in parte il corpo muscoloso del ragazzo.
 
Elle restò sulla porta, indecisa sul da farsi. Doveva raggiungerlo lì o stare semplicemente sulla porta? Doveva chiedere il permesso di entrare?
 
Liuk si sedé sul letto e si prese la testa tra le mani. Il viso era in ombra ed Elle non poté notare le emozioni contrastanti che gli attraversavano il viso.
 
L'avrebbe svergognata in pubblico come le altre, senza distinzioni, perché lei non era niente di speciale, niente di ... oddio, sentiva il cuore batterle in gola.
 
D'un tratto il ragazzo si rilassò e distese le spalle, lasciando cadere le mani sulla coperta. scrutò la ragazza minuta sulla porta che giaceva immobile anche se il petto si alzava e abbassava vistosamente affannato. evitò di proposito di incrociare i suoi occhi. Non si sarebbe fatto impietosire, non stavolta.
 
Poteva percepire la sua paura come l'odore familiare del fumo nell'aria, ma decise di ignorarla.
 
"Vieni qui."
 
 
 
 



 
 
 
Mordendosi il labbro e stringendosi le mani come per darsi forza, Elle si avvicinò cauta di pochi passi come una cerbiatta in perlustrazione del terreno. Eppure il cacciatore era proprio davanti a lei.
 
Era giunto il momento. Lo sapeva. Ora l'avrebbe punita svergognandola, come Lucrezia l'anno passato. Sentì chiaramente il suo stomaco contorcersi e il terrore farsi strada nei suoi muscoli. Sarebbe dovuto succedere prima o poi.
 
Non sarebbe servito a niente scappare, se non a farlo infuriare ancor più di quanto già non fosse.
 
Le sue gambe erano come paralizzate, non rispondevano più ai comandi.
 
Il fascista frustrato si alzò e in un secondo la raggiunse facendola sussultare. Elle sentì il polso stretto in una presa irremovibile e poco dopo si ritrovò prona sopra le ginocchia del ragazzo che si era seduto sul letto. Sentì un gomito fermarle la schiena e una gamba intrappolare le sue, una mano le alzò la gonna di fiori che indossava, lasciandola scoperta con solo le calze non coprenti e le mutandine.
 
Vulnerabile.
 
Le si fermò il respiro in gola, arrossendo di colpo al pensiero di star dando spettacolo, con la gonna tirata su. E il pensiero di Liuk alle sue spalle la bloccò completamente. non lui.
 
Liuk la sentì irrigidirsi come un pezzo di cemento e prese ad accarezzarle la pelle liscia coperta dalle calze fini.
 
Nessuno mai l'aveva toccata così, ne era perfettamente consapevole, ma doveva impartirle la lezione.
 
Elle sentì la mano percorrerle per intero il sedere e prese a dimenarsi agitata e imbarazzata. La mano però non smise, quasi non ci faceva caso al suo dibattersi affannato e disperato.
 
Le dita raggiunsero lente ma decise l'orlo delle calze e in un colpo secco le strapparono veloci, rompendole all'istante e lasciando Elle con solo una barriera addosso.
 
La ragazza iniziò a tremare terrorizzata, sbarrando gli occhioni nel buio senza realmente riuscire a vedere niente se non il pavimento e subito sentì la mano che riprese ad accarezzarla con movimenti gentili e circolari. Il tocco di quelle dita non raggiungeva mai l'unione delle cosce eppure ci andava tanto, troppo vicino.
 
 
Perché aspettava tanto a punirla? Tesa come una corda, si rilassò involontariamente un poco sotto quelle scie delicate che proseguivano nel loro massaggio. Proprio mentre inspirava a fondo per calmarsi, perse il contatto con la mano per pochi istanti, per poi sentirne l'impatto forte e calcolato sulla sua natica destra.
 
Elle emise un gemito di dolore e irrigidì tutti i muscoli tenendoli in tensione e sentendo il sangue fluire più velocemente e il cuore battere impazzito. Provò istintivamente ad alzarsi ma il gomito del ragazzo glielo impedì.
 
Non fece in tempo a dibattersi ancora che la mano del fascista calò nuovamente sulla sua pelle nivea, stavolta però colpì la natica sinistra. Elle emise un'altro gemito strozzato, cercò di liberare le mani per graffiarlo ma prevedendo facilmente la reazione, Liuk gliele aveva già bloccate sotto la coscia.
 
Arrivò un terzo colpo, rude e doloroso come i precedenti, sulla parte bassa della natica destra.
 
Un quarto colpo, un quinto e un sesto. La ragazza aveva gli occhi lucidi mentre pregava mentalmente il suo Dio. Liuk era così brutale che Elle dubitava smettesse presto. Si riscosse e si decise a pronunciare parole che le costavano caro.
 
Liuk sentì chiaramente le parole soffocate dalla sofferenza di Elle che lo pregavano di smetterla " Basta .. b-basta Liuk.. ti prego", ma la ragazza capì perfettamente che avrebbe ignorato le sue suppliche. Ricevette in risposta un colpo più doloroso, nel mezzo della natica destra e strinse i denti. Non doveva supplicarlo, lo avrebbe solo incattivito maggiormente.
 
Dopo ogni colpo, Elle si sentiva andare a fuoco, le bruciava tutta la pelle e sentiva fitte acute diramarsi dal punto colpito a ogni botta nella zona circostante, ma resisteva con le sue ultime forze.
 
La pelle venne percossa da altri colpi veloci. Non colpiva mai nello stesso punto due volte ma il dolore ormai l'aveva portata al limite. Elle stava per crollare.
 
Una certezza devastante le oppresse il petto: lui avrebbe continuato comunque. Era questo che si provava?
 
Umiliazione e dolore insieme?
 
Nessuno l'avrebbe mai toccata gentilmente se non per presa in giro. 
 
Doveva rassegnarsi, comprenderlo. 
 
Comprendere che una come lei non sarebbe mai stata amata. Le lacrime premevano per uscire ma ingoiando faticosamente le ricacciò indietro.
 
//nono colpo//
 
Era terribile percepire sulla propria pelle come potevano rivelarsi crudeli le mani che una volta ti avevano cullata e abbracciata, come ora ti violavano senza un minimo pudore o rimorso.
 
Aspettò in silenzio il prossimo colpo con le lacrime che sopraggiungevano e le velavano quegli occhioni verdi ormai privi di luce, di speranza.
 
//decimo colpo//
 
Elle singhiozzò, lasciandosi ormai andare sulle ginocchia di quel ragazzo, pronta a ricevere un'altra sculacciata. Sentì la mano levarsi e strinse i denti. "Ancora uno" continuava a ripetersi sottovoce in un sussurro strozzato per consolarsi, neanche più si contorceva. Si era completamente abbattuta sotto quella serie di colpi forti e velocemente assestati.
 
La ragazza sussultò quando sentì la mano percorrerle la pelle delle natiche ormai rossa viva. Restò immobile, cercando di mantenere i singhiozzi che nonostante gli sforzi, le sfuggivano mentre le carezze divenivano più lievi, quasi timorose di comportarle dolore aggiuntivo a quello presente.
 
Le sali un coniato di vomito a quel nome. "Carezze". Da quanto non riceveva un gesto di puro affetto ? I ricordi della notte della festa sopraggiunsero violenti e Elle si sentì ancor più una pezza da piedi, brutta e usata.
 
Spossata, distrutta emotivamente e fisicamente accennò a muoversi e stavolta il fascista glielo permise. Sentiva il suo sguardo addosso, a studiarla.
 
Elle si alzò traballante, e per un momento le parve di cadere perché le ginocchia non la ressero. Sentì Liuk cingerle i fianchi, ma quelle .. mani.. la spaventarono, così si scostò subito come scottata e Liuk non disse una parola mentre la osservava guardarsi intorno con sguardo perso e le guance rosse dal pianto e dalla vergogna. Un lampo di risentimento attraversò gli occhi del ragazzo, ma Elle credette di esserselo immaginato vista la situazione.
 
Si sentiva persa, inutile, priva di scopo e vitalità.
 
Spenta.
 
Non sentiva più il suo corpo, solo il sedere le bruciava per i colpi ricevuti. Non riusciva a ragionare. Si sentiva persa e soprattutto sola.
 
Sola come non lo era mai stata.
 
Liuk si sdraiò sul letto non guardando, se non di striscio, l'esile figura di Elle che ancora non si muoveva. La ragazza rimase immobile in piedi e tremante. Non la voleva più vedere, questo le era chiaro e le fece ancora più male. una morsa al petto che sovrastò il dolore fisico in confronto.
 
Liuk la guardò mentre si allontanava ma proprio allora Elle si voltò piano, attenta a non muovere eccessivamente il bacino
 
"Sono sempre sola" le uscì in un sussurro spezzato dal pianto mentre incrociava il suo sguardo.
 
Liuk si sentì un verme, le aveva fatto male picchiandola, ma l'ebrea aveva indubbiamente sbagliato e doveva imparare. Eppure quel senso di colpa, non sparì.
 
Le fu accanto con tre lunghe falcate. Elle sentì il torace del ragazzo di fronte al viso e alzò gli occhioni rossi sul viso del fascista mentre il suo corpo era scosso dai singhiozzi. Il fascista si avvicinò al suo orecchio e la ragazza sentì il fiato caldo di Liuk solleticarle il collo e il suo cuore prese a battere improvvisamente più veloce, colmo di un'emozione che la stordiva.
 
Liuk le percorse con assurda delicatezza la curva dolce del collo, strusciandole lievemente contro il naso. Elle era bollente, e il piccolo petto si alzava affannato e il fascista era pronto a giurare di sentire il cuore batterle impazzito.
 
Sembrava un canarino spaventato, un batuffolo di piume.
 
Elle sgranò gli occhi quando sentì le labbra di Liuk aprirsi sulla sua pelle arrossata e assaggiarla lentamente, come fosse di dolce zucchero.
 
Perché le doleva il cuore? 
 
La ragazza socchiuse gli occhi, beandosi di quelle piccole e inspiegabili attenzioni, facendosi riscaldare da quei baci che le scivolavano sul collo. Sentì la mano di Liuk afferrarla alla base della schiena come se da un momento all'altro lei potesse scappargli, senza però sfiorarle il sedere ancora dolorante. Elle, conservando ancora quel briciolo di dignità, frappose tra lei e il torace ampio di Liuk le sue piccole manine, come per impedirgli di continuare.
 
Liuk sembrò comprendere i timori di Elle perché smise di baciarle il collo, continuando però a strusciarle il naso nei punti più sensibili poco sotto l'orecchio, facendole scorrere dei brividi caldi lungo la schiena.
 
"Dormi qui" alle orecchie distratte di Elle arrivò come un ordine, pur essendo una debole richiesta. Elle lo guardò negli occhi, e vi vide qualcosa che non aveva mai visto. Ma non perché non l'aveva notato, al contrario ora gli appariva senza barriere, uno sguardo sincero, senza ostacoli.
 
Rimase emozionata a quella vista, era ancora scossa e spaventata, certo, ma ora non vi leggeva rabbia in quegli occhi, ma una promessa di conforto.
 
Boccheggiò presa alla sprovvista da quella richiesta. Sentiva perfettamente la mano accarezzarle piano la schiena con centri concentrici che le infuocavano la pelle facendole provare una strana sensazione nel basso ventre.
 
Liuk la guardava intensamente, in attesa della sua risposta. Di colpo la ragazza appoggiò la guancia contro il suo collo, rannicchiandosi sotto di lui. Il suo petto, ancora affannato e tremante, premé completamente contro il torace statuario del fascista, che si immobilizzò sentendo esili braccia avvolgergli tentennanti le spalle.
 
Liuk sgranò gli occhi, quella ragazzina già una volta l'aveva sorpreso con la sua innocenza, ma ora, in punta di piedi, tremante come una foglia al vento, con la guancia calda accoccolata contro il suo collo, gli fece venire in mente un paio di cosette non proprio legali che le avrebbe volentieri fatto.
 
Nessuna ebrea aveva mai osato tanto. eppure Elle si sentì protetta, accettata, quasi al sicuro ora, mentre sentiva delle braccia avvolgerle delicatamente la vita poco sopra la gonna. le vennero gli occhi lucidi, ma si sentì in dovere con il proprio corpo di chiarire il timore.
 
"N-non mi ...toccare più ..così" sussurrò flebile tirando su col naso. Sapeva che aveva provato una grande paura e non solo, lo aveva visto. Non era neanche in grado di pronunciare o rifiutava addirittura le parole che presumevano violenza. Il fascista sorrise, cazzo come era.. come era ... tenera. 
 
Sentì le mani di Liuk scendere piano, in quel che a lei parvero minuti, fino ad  avvolgerle completamente a palmo aperto le sue natiche ancora rosse al di sopra della gonna che le pizzicava la pelle. Un tocco leggero ma possessivo. Elle sussultò sulla sua spalla a quel contatto mentre piccole fitte si diramavano nel suo corpo.
 
"Sdraiati, arrivo subito" le disse cupo
 
Liuk si allontanò, uscendo dalla stanza, cosa gli stava combinando quella ragazzina? Senza badare alla confusione che sentiva nel petto, si diresse in bagno, per poi aprire l'armadietto dei medicinali. Elle aveva una pelle molto sensibile, e se non avesse fatto attenzione a dove colpire probabilmente avrebbe avuto grosse difficoltà a sedersi per una settimana più o meno.
 
Però quella pelle nivea si era subito arrossata sotto il suo tocco, e da come aveva reagito pochi minuti prima, Elle provava una gran dolore.
 
Arrivò difronte alla stanza da letto e rimase sorpreso nel vedere che Elle si era addormentata prona sul tappeto. Il viso segnato dalle lacrime, i capelli sciolti che morbidi le incorniciavano il volto infantile. Le labbra e le gote rosse per il pianto e le lunghe ciglia abbassate con delicatezza.
 
Il suo sguardo scese sul resto del corpo, adagiato leggero sul vecchio tappeto impolverato. la schiena si alzava piano, con un ritmo costante e lento. Le braccia erano rannicchiate sotto al petto, le gambe stese una vicino all'altra. Le calze color pelle strappate e la gonna leggermente sollevata. Liuk imprecò a quella visione. 
 
Cercando di non far rumore, si avvicinò a quel corpicino, e dopo aver posato la pillola sul comodino, si inginocchiò.
 
Fu un lampo.
 
Sentendo la presa salda sui fianchi, Elle ragì scartando improvvisamente dalla parte opposta, finendo involontariamente contro l'angolo del comodino. Emise un lamento di dolore. Liuk basito cercò di afferrarla ma Elle lo colpì con piccoli pugni e schiaffi. 
 
"NO, TI PREGO NO!" incominciò a urlare disperata "..NON ANCORA!" roca sofferenza e paura nella sua voce. Qualcosa si incrinò nel petto di Liuk
 
In pochi istanti si sentì stringere contro il petto di qualcuno, immobilizzata da due braccia e iniziò a piangere e a lamentarsi.
 
"Shhh" non la lasciò "scricciolo svegliati" Elle si voltò, prima da una parte, poi dall'altra, in maniera confusa e spasmodica. Poi si fermò. Iniziò a tremare forte e a non respirare. Le mani di Liuk l'accarezzarono in volto, tranquillizzandola, confortandola. il respiro divenne regolare, il tremore sparì e anzi, la ragazza si strinse al suo petto.
 
Elle aveva aperto gli occhi da poco e si era ritrovata stretta al suo petto, con l'eco di sussurri rochi e tranquillizzanti di frasi incomprensibilmente dolci. il suo viso a pochi centimetri da quello del fascista. Liuk le passò il naso sul suo più piccolino, guardandola negli occhi. Elle non osava neanche respirare. Forse si era scordata come si faceva.
 
Le sorrise sulle labbra, notandolo anche lui.
 
Si sentì sollevare e deporre sul materasso. Poi lui le si sdraiò accanto, non l'abbandonò.
 
Dei brividi le percorsero le braccia e sentendole fredde, decise istintivamente di avvicinarle a quelle del ragazzo. Intrecciò esitante le braccia tra le sue, mentre contemporaneamente le sue gambe esili venivano imprigionate quasi con possessività tra quelle del ragazzo. Un calore soffuso la avvolse mentre si accoccolava contro il fianco del fascista e già il suo respiro flebile e regolare influenzava involontariamente quello di Liuk.
 
Poco prima di chiudere gli occhi, avvertì qualcosa di umido tra i capelli.
 
Forse un bacio.
 
Forse, la cerbiatta aveva addomesticato il cacciatore.
  
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