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Autore: scrittriceaspirante    27/04/2014    2 recensioni
[Opera Lirica]
Tutti la avevano conosciuta in modo diverso, e tutti la avevano dimenticata; solo uno sembra non averla dimenticata, anzi la ricorda da un anno, ormai
(Scena di ispirazione: "La Traviata" di Zeffirelli")
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le note della musica olezzavano nell'aria e giungevano dalla sala accanto dove nobildonne e gentiluomini volteggiavano sul prezioso pavimento, con movimenti eleganti e raffinati.
Un quartetto aveva iniziato a suonare non appena Violetta, dopo il brindisi, aveva invitato tutti ad aprire le danze; era corsa festosa verso il salone ma eccola che si era sorretta vicino a uno stipite della porta.
Tutti le chiedevano come si sentisse ma lei tranquillizzandoli aveva giustificato il male sostenendo che non fosse nulla e li aveva invitati a uscire e a proseguire.
Aveva fatto a qualche passo, ma era stata obbligata nuovamente a fermarsi e a sedersi su una sedia lì vicino, portandosi un fazzoletto alle tempie.
Tutti era accorsi e Alfredo, in primis, aveva capito quanto essa soffrisse ma Violetta, ancora una volta, li aveva invitati ad andare nella sala da ballo, e che li avrebbe raggiunti a breve.
Quante volte i suoi spasimanti si erano finti preoccupati per lei ma dopo aver ricevuto ciò che volevano e averla pagata, tutti sembrano dimenticarsene.
Solo il Barone Duphol la aveva presa a cuore e ciò era quello che desiderava Violetta: stare a cuore a qualcuno.
Chiunque aveva notato la morte nel cuore di Alfredo nel dover esaudire quel suo voler, pur non volendo.
Nella sala antistante, Violetta – che si sentiva avvolgere dalle voci gaie ma fievoli che giungevano dalla sala accanto – camminava con passo incerto, avvicinandosi a un mobile di marmo, dove potersi poggiare.
Non era nuova a quei malori, erano normali nella sua condizione, eppure ogni volta che sentiva il fiato mancarle o i bronchi lacerarsi dalla tosse le sembrava sempre diverso, sempre nuovo, sempre più prossima alla morte.
«Oh qual pallore» constatò, alzando lo sguardo e osservandosi allo specchio.
Il volto era tendente al bianco, e aveva perso quel timido colore roseo che lei aveva incremento aggiungendo della cipria.
«Voi qui?».
Aveva visto, mediante lo specchio, il riflesso di Alfredo alle sue spalle, preoccupato e si era voltata, istintivamente.
«Cessata è l'ansia che vi turbò?».
«Sto meglio» rispose, poggiando i gomiti sul marmo freddo e guardandolo sensualmente.
Era anche lui uno tra i tanti.
«Voi in cotal guisa v'ucciderete. Aver v'è d'uopo cura dell'esser vostro..» le consigliò Alfredo mentre lei faceva scorrere un dito da destra a sinistra, seducentemente, percorrendo il petto.
«E lo potrei?» affermò, scacciandolo via ma lui, con un istinto felino, la strinse a sé.
Il cuore di Violetta accelerò i battiti, il respiro – frutto di quell'azione improvvisa – si fece affannoso.
«O se mia foste custode io veglierei pe' i vostri soavi dì» dichiarò Alfredo, tenendo ancora stretta a sé, nonostante Violetta – irritata da quell'atteggiamento – cercava di liberarsi dalla sua presa, senza riuscirsi, e dovendo necessariamente incrociare il suo sguardo con quello di Alfredo.
Solo quelle mani che la avevano bloccata, afferrandola per le spalle, la stavano sorreggendo, impedendo di non svenire nuovamente.
Quanti le avevano fatto questa dichiarazione, e quanti ancora non la avevano trasformata in fatti.
«Che dite!» sbraitò la ragazza, allontanandolo finalmente da sé «Ha forse alcuno cura di me?».
Era retorico fare una domanda di cui Violetta conosceva già la risposta.
«Perchè nessuno al mondo v'ama» azzardò Alfredo, afferrandola per il braccio, scuotendola e trovandosi a sfidare il volto infuriato della ragazza.
«Nessun?» ripeté lei, scacciandolo nuovamente.
«Tranne e sol io» dichiarò palesemente Alfredo.
«Gli è vero!Sì grande amor dimenticato avea» affermò lei, ridendo a quelle parole e giocando con il fazzoletto ma il suo allegro girovagar per la sala, con il tentativo di allontanarsi da Alfredo e chiudersi in camera, fu interrotto dalla presa che la incatenò di nuovo tra le braccia di quel ragazzo così misterioso.
«Ridete? E in voi v'ha un core?» le chiese arrogantemente.
I loro volti erano pericolosamente vicini ma Violetta sembrava quasi essere abituata, inconsciamente, a quel modo così passionale di Alfredo.
«Un cor? Sì, forse...e a che lo richiedete?» disse, liberandosi dalla sua stretta e dirigendosi in camera, dove fu seguita a ruota da egli.
«Oh, se ciò fosse, non potreste allora celiar».
«Dite davvero?».
«Io non vi inganno».
«Da quanto è che mi amate?» chiese Violetta con sufficienza, mentre osservava se Annina avesse sistemato bene i portafoto nella sua camera.
«Ah sì» esclamò egli, sollevato che finalmente era giunto il momento «Da un anno».
Violetta sussultò, sorpresa.
Proprio da un anno.
E lei che, poco prima, aveva affermato vicino al Barone, biasimandolo per le sue poche attenzioni, che in un anno non si era dimostrato affettuoso come aveva fatto Alfredo «da qualche ora».
«Un dì, felice, eterea mi balenaste innante» prese a raccontare.
Violetta si voltò sorpresa ma subito chinò il capo, ripetendosi di quanto fosse sciocca nell'ascoltare ciò che quel ragazzo aveva da dirle.
«E da quel dì, tremante, vissi d'ignoto amor» continuò mentre Violetta, che si era diretta vicino al letto, era pronta per sorseggiare il suo bicchiere d'acqua, ma si fermò, improvvisamente; posò il bicchiere e si sedette sul letto, pronta ad ascoltarlo realmente.
«Di quell'amore ch'è palpito dell'Universo intero: misterioso, altero, croce e delizia il cor».
Si era avvicinato al letto di Violetta e adesso le baciava delicatamente le mani candide, in ginocchio, chiedendole con lo sguardo di amarlo.
«Ah, se ciò è ver, fuggitemi, solo amistade io v'offro. Amar non so, né soffro un così eroico amor» sostenne, liberandosi da quella dolce attenzione e allontanandosi da lui, iniziando a camminare per la stanza.
«Io sono franca, ingenua» confessò, mentre si scioglieva i capelli «Altra cercar dovete. Non arduo troverete dimenticarmi allor» concluse infine.
«Misterioso, altero, croce e delizia il cor» ripeté Alfredo, volendo far venir meno quella sua convinzione così ferrea.
Quasi come se fossero stati guidati da una volontà superiore, dai fili di un burattinaio, si fecero pericolosamente vicini, nessuno dei due riusciva a comandare le proprie gambe di fermarsi o alla propria bocca di proferire qualcosa: i due cuori, come calamite, li si attiravano, trascinando con sé le masse corporee.
Fu solo quando le labbra di Violetta si inumidirono al contatto con quelle di Alfredo che si rese conto che era quello giusto per lei.
  
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