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Autore: Emerlith    28/04/2014    5 recensioni
Il segreto e il dolore più oscuro di Sirius Black.
"E lei se ne resta là, come un pulcino bagnato. Non prova nemmeno a difendersi.
Potresti farlo. Potresti diventare un assassino, adesso e per sempre.
E servirebbe forse a qualcosa?
Servirebbe a farla magicamente sparire dalla sua testa? A farlo star meglio?
Servirebbe a farlo innamorare di te? A restituirtelo?"
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James Potter/Sirius Black, James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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*La storia presenta tematiche forti e richiami a scene piuttosto violente pur non entrando nei dettagli come previsto dal regolamento.
 Trattando di temi che però possono dare fastidio, se siete impressionabili ve ne sconsiglio la lettura.
Ovviamente io aborro metà di quello che ho scritto, per cui non confondete mai quello che leggete con il mio pensiero reale.
 

La stanza chiusa
 


Non ti piaceva dormire a casa degli zii Black.
Non riuscivi neppure a camminare tranquillo, a casa degli zii Black.
Quei corridori sempre troppo silenziosi, cupi, bui, sinistri, sembravano assorbire tra le pareti tutti i tuoi passi.
Non hai un ricordo ben definito di come tutto ha avuto inizio, sai soltanto che una delle prime cose che ti balza alla memoria, quando provi a pensarci, è la porta di quella stanza.
 
Quella porta nessuno la lasciava mai aperta.
Il corridoio era lungo, troppo lungo per le tue gambette ancora incerte dei tuoi sette anni.
Dovevi attraversarlo per andare in bagno, di notte.
Avevi smesso persino di bere a cena, pur di scongiurare i tuoi risvegli notturni in quella casa.
Ma il tuo organismo ti disobbediva, sembrava farlo di proposito. Si era già scatenata la tua prima lotta interiore e ad armi impari cercavi di batterti e vincere contro te stesso.
Ti svegliavi sudato, assetato, in preda a spasmi convulsi. Avevi freddo, caldo, avevi paura.
Scendevi da quel letto troppo alto in punta di piedi, tremante come un fuscello inerme alle correnti fredde.
Quando posavi le dita nude sul marmo ghiacciato brividi ancora più intensi risalivano lungo la tua spina dorsale, ti attraversavano stomaco, sterno, cuore, arrivavano a squassarti perfino i polmoni impedendoti di respirare. Immobilizzato dal terrore, immerso nel buio ferito solo da diafani raggi lunari filtrati coraggiosamente attraverso la spessa cortina di tende, agognavi l’aria. Serravi gli occhi grigi e vi premevi con forza le mani. I tuoi battiti cardiaci ti rimbombavano nelle orecchie, il dolore di ogni respiro conquistato si irradiava fra le tue coste che tornavano ad alzarsi e abbassarsi, e solo dopo, quando finalmente riuscivi a carpire quei soffi d’aria e a mandarli giù in gola, solo allora riuscivi a muovere i tuoi primi passi.
 
Arrivavi alla porta della cameretta saltellando alla cieca, in una strana danza scoordinata e dettata dal ritmo delle ombre che –ne eri sicuro, ti inseguivano di soppiatto e si nascondevano negli angoli più bui, per spiare ogni tuo spostamento. Deglutivi più volte, appeso alla maniglia, rannicchiato su te stesso per trattenerti fino all’ultimo e non bagnare il tuo pigiama.
Combattevi contro due impulsi opposti e di pari intensità: tornare a cercare rifugio sotto le coperte o correre fino al bagno il più velocemente possibile.
Alla fine il dolore al basso ventre aveva la meglio, aprivi la porta con un cigolio sommesso e tiravi fuori la testa affacciandoti nell’oscurità che voleva inghiottirti. Con gli occhi spalancati in quello che per te era in nulla assoluto, sgattaiolavi di fuori e ti incollavi al muro per continuare poi a camminarvi rasente, sperando di confonderti con la carta da parati.
Non era difficile respirare silenziosamente: ti meravigliavi persino di riuscire a farlo.
Ad ogni passo in più, la paura cresceva, cresceva.
Svoltare l’angolo era la parte più ardua dell’intero percorso. Perché ti saresti ritrovato di fronte a quella porta sempre chiusa.
E la paura cresceva, cresceva, ti divorava, ti chiamava, persino.
Sì, ti chiamava da quella porta sempre chiusa.
 
Premevi pollice e indice anche sul naso. Lo chiudevi per esser certo di non ridestare neppure un sussurro. Ma quella notte, quella notte arrivasti addirittura a strisciare sul pavimento per arrivare alla stanza da bagno. Cadesti in ginocchio per il tremore violento e come un ragno apristi le mani lasciando lo stampo delle dieci dita come unico testimone del tuo terrore. Probabilmente fu colpa dello spiraglio di luce azzurrina che vedesti dalla fessura. O forse furono di nuovo le voci, i bisbigli, i gemiti rochi. Più distinti che mai. Non potevi urlare, non potevi far nulla, perché ormai ti eri tradito: le ombre sapevano che c’eri, non ti avrebbero lasciato nessuna via di scampo.
I colpi secchi ti strapparono un grido soffocato ma sufficiente a non lasciare più dubbio alcuno sulla tua presenza.
Il cigolio di quella porta ancora risuona nelle tue orecchie, nella tua mente, nelle tue fibre muscolari. Quella porta cigola ancora, ogni notte, da qualche parte.
La paura sussurra ancora, divertita, il tuo nome.
-Non ti hanno detto che è pericoloso giocare al buio, Sirius?-
-Vieni qui, Sirius. Da bravo, Sirius. Non ti farò del male, Sirius.-
Il mostro ride delle tue unghie spezzate contro le sue, smaltate di rosso scarlatto.
Ride e ti tappa con destrezza la bocca mentre tu piangi con i calzoncini fradici e calati a bloccarti le caviglie. Ride e ti sfinisce, ti sfinisce a tal punto che smetti anche di urlare, alla fine.
 

***

-Sirius, stai urlando.-
Riapri gli occhi e fissi le tende a baldacchino del tuo letto in dormitorio. Sbatti più volte le palpebre per esser certo di essere davvero lì e non altrove. Tossisci, lentamente ti metti a sedere e Remus ti scuote per le spalle.
-Ma che diavolo hai?-
Lo metti a fuoco. E’ preoccupato, pallido più del solito, se possibile. Ti scruta come se stesse aspettando di vederti esplodere o dare di matto da un momento all’altro.
-Ehi, R-Rem.-
-Sir, stai male?-
Non riesci a capire. Scosti la spalla e passi una mano fra i tuoi riccioli, cerchi persino di sorridere, ma qualche muscolo del tuo viso dev’essere atrofizzato. Immagini confuse e sfuocate balenano davanti ai tuoi occhi, e di colpo, ricordi.
Sarà ancora chiusa quella porta a casa degli zii Black, Sirius?
-Era solo un incubo, Remus. Non è niente.-
Remus sbatte le palpebre più del dovuto. Posa il moccolo della candela sul comodino, sembra voglia assicurarsi della tua consistenza corporea o voglia rassicurare se stesso ancor prima di te.
-Ti dimenavi e gridavi come se ti stessero ammazzando.- Ti dice poi, cercando di apparire il più calmo possibile.
Distogli lo sguardo e lo lasci vagare frettolosamente tra le cianfrusaglie ammassate attorno a te.
Ma i tuoi occhi hanno avuto sette anni di tempo per imparare a scorgere il letto di James da qualunque punto della stanza.
-Dov’è James?-
Remus si alza. Sospira profondamente mentre lascia ciondolare le braccia.
-Con Lily. Dove vuoi che sia?-
Ti ributti sul materasso. Vuoi che la tua schiena affondi nel materasso, e che questo ti inghiotta, come fossi la larva di un brutto lepidottero che compie il processo al contrario. Vuoi sparire nel tuo bozzolo, adesso, senza fare rumore e senza neppure accorgertene.
Ma il materasso rimane così, duro, e tutto quello che puoi fare è solo girarti e ripiegarti su te stesso con le ginocchia al petto.
-Sirius, cosa c’è che non va?-
-Non c’è niente che non va, Remus!- Sbotti aspramente. Almeno hai ritrovato i tuoi modi abituali.
Senti le molle del letto di Remus cigolare. Lo senti sospirare sconsolato. Sai che una parte di lui non vorrà mai arrendersi con te. Remus è fatto così ; troppo buono per credere che in te ci sia davvero qualcosa che non va. Troppo ingenuo per accorgersi che in te c’è qualcosa di cattivo, qualcosa che marcisce nel profondo.
Perché è questa la verità.
-Sei un bambino cattivo, Sirius.-
Ti riscuoti. Prendi a calci la trapunta arrotolata e la mandi a finire sul pavimento.
-Ma che ti prende, si può sapere?-
-Vado a farmi un giro. Lasciami stare, Remus! Lasciami in pace!-
Afferri una maglietta e corri giù per le scale del dormitorio. Non vuoi sentire un’altra parola.
Ma la vita è bastarda, Sirius. È una gran puttana e chi, meglio di te, può saperlo. La vita ti prende e ti rivolta a suo piacimento. Ti sbatte in faccia le cose che ami, ti ci fa aggrappare come ad uno scoglio e poi ti risucchia nel vortice della sua marea e te le toglie in un niente, lasciandoti naufrago.
 
Una lente degli occhiali tondi di James salta fuori dalla montatura. La vedi rotolare giù per i gradini e poi continuare a girare proprio come te, scheggiato e senza più nulla a tenerti fermo, inquadrato.
-Ma guarda dove cazzo vai, Sir.-
Alzi il viso al suo. Senza le lenti ha gli occhi più grandi.
-Ehi.-
Gli occhi di James sono così diversi dai tuoi. Gli occhi di James sono caldi, con le ciglia lunghe e ripiegate con grazia all’insù. Sei sicuro che se potessi assaggiarli avrebbero il sapore del cioccolato con le nocciole.
-Pianeta terra chiama Felpato. Felpato, rispondi.-
-Oh. Scusa per gli occhiali.- Borbotti, scendendo di un gradino e tornando a inchiodare lo sguardo in basso.
-È successo tante volte... ehi, ma ti vuoi fermare?-
Ti artiglia la spalla. Alle volte avresti desiderato essere trasfigurato nel suo boccino d’oro. Almeno non avrebbe mai più distolto quegli occhi caldi da te e ti avrebbe tenuto stretto a quel modo: come se fossi stato la cosa più importante al mondo.
Lentamente ti volti, ti appiccichi un sorriso tirato.
-Non riuscivo a dormire. Mi faccio un giro, vedo dove sta Peter.-
-Peter è in punizione, non te lo ricordi?- Aggrotta un sopracciglio. -Ti vedo confuso, Sir. Qualcosa ti turba?-
-Non c’è niente, James.- Ti scosti con disinvoltura, passi la mano fra i capelli come hai imparato a fare da lui.
-Ci vediamo domattina.-
James alza le spalle, ride senza un motivo apparente, riprende a salire le scale scuotendo la testa.
-Non andartene a scopare al terzo piano, c’è Gazza che gira e gracchia come un vecchio avvoltoio spennato. Anzi, tieni un po’ questa.-
Afferri al volo la Mappa del Malandrino e lo saluti con un cenno stanco mentre si volatilizza in camera con un sonoro sbadiglio. Non appena senti la porta richiudersi, stringi i pugni contro i fianchi, arrivi di fronte al caminetto e fissi le braci ancora ardenti.
Non capirai mai perché in questa scuola si ostinino a tenere il fuoco acceso fino a maggio.
Hai di nuovo caldo.
Sbuffi, sfili via la maglietta e resti a torso nudo, senza sapere che fare. Di dormire oramai non se ne parla.
Marlene.
Subito dopo, mentre raccatti la maglia finita a terra e la rimetti con un altro sbuffo, pensi che non sia stata una grande idea, in effetti. Non lo è stata per niente; scopare con mezza scuola era più facile. Imbarcarti in una relazione fissa, dove sei costretto a fingere ogni giorno, ad ogni ora, alle volte ti sembra semplicemente impossibile da sostenere. Come farai, Sirius? Riuscirai a resistere questa notte ancora e poi per il resto della tua vita?
Non lo sai.
Non lo sai, e digrigni i denti sferrando calci a qualsiasi cosa ti capiti sotto tiro.
L’incantesimo per eludere le scale che portano al dormitorio femminile lo hai inventato proprio tu.
Quale ironia.
 
Marlene dorme. Scosti via le coperte e senza neppure svegliarla la sollevi fra le braccia. Lei si stringe a te di riflesso, si accuccia contro il tuo petto caldo per ascoltare il battito del tuo cuore.
Dice che la rassicura.
Ridi sotto i baffi, mentre hai invece gli occhi lucidi di pianto. Porti Marlene di sotto, la Sala Comune è deserta. Non fa in tempo neppure a realizzare cosa stia succedendo, che tu l’hai già buttata sul divano e le stai già sfilando la biancheria di dosso.
-Sir.- Mugugna con la voce impastata. -Sir, dai, è tardi …-
Ma tu non l’ascolti. Le blocchi i polsi dietro la testa, le sollevi con forza la camicia da notte bianca.
Riesci a scorgere i suoi occhi ora spalancati e non appena entri in lei con una spinta secca, lo senti.
Ha paura.
È la stessa paura che avevi tu, Sirius?
Sei un bambino cattivo, Sirius.
-Sirius, fa’ piano.-
Piano.
C’è un pianoforte addossato al muro, in quella stanza chiusa. E' incantato, suona da solo e quelle note macabre coprono i tuoi gemiti spaventati e le tue grida trattenute. I tasti bianchi e neri si abbassano con un ritmo sempre più serrato. Sono macchiati di rosso.
-Sei un bambino cattivo, Sirius. Sei di nuovo tutto bagnato. Ti ci vuole qualche bella sculacciata.-
 
-Basta, Sir!-
Spingi di più, sempre più a fondo.
 
Anche le divise da Quidditch sono rosse. Ti piaceva guardarlo mentre la sfilava.
Gliel’hai mai detto, che giocavi a Quidditch solo per poi poter fare la doccia assieme a lui, Sirius?
Perché te la ricordi ancora, la prima volta in cui sei rimasto a spiarlo di nascosto, sotto la doccia.
L’acqua scorreva su quegli addominali già così scolpiti, statuari. Acquattato dietro agli armadietti come un volgare ladruncolo, lo vedevi mentre serrava le natiche e tu in risposta serravi le mascelle, ti mordevi le gengive fino a farle sanguinare.
Ogni volta che ti capita di riassaggiarne una goccia da un tuo graffio che sanguina, quel sapore dolciastro e vagamente metallico ti manda in pappa il cervello. Com’è il sapore del sangue di James?
 
Marlene ti molla uno schiaffo. Lentamente apri gli occhi, ti fa male farlo. Ti ferisce tutto. La luce, il suo respiro accelerato sul viso. Ti guarda intimorita e anche lei ora ha le iridi velate come le tue. Rimani a fissarle, ansante, ripiegato addosso a lei, tremante di un orgasmo schizzato tra le sue gambe per sbaglio.
-Di che colore hai gli occhi, Lene?-
La senti irrigidirsi, di scatto le serri le braccia attorno alla vita per non farla spostare. Osservi le sopracciglia chiarissime contrarsi. Guardi le ciglia bicolore sbattere ripetutamente e velocemente, come le ali di un piccolo colibrì.
-Smettila, Sir.-
Prova a passarti una mano sul viso e tu la scansi gettando indietro la testa. Ti sollevi sugli avambracci.
È Un colore così freddo. Così dannatamente freddo.
Marlene si solleva. Sguscia via da te e tremante ricopre le gambe nude con quella stoffa leggera e all’apparenza tanto casta.
-Non mi piace quando fai così, Sirius.- Ha la voce che trema ed ecco che tu, di nuovo, lo senti.
Quell' odore di marcio che risale dal profondo delle tue viscere. Impallidisci, ti assale un conato di vomito.
Scatti in avanti appena in tempo per afferrarle il polso e tirarla nuovamente addosso a te.
Ti inginocchi, la serri in una morsa e butti il viso fra quei capelli biondi. Ci affondi.
Stai affondando, non è vero, Sirius?
-Non vuoi dirmi cosa c’è che non va?- Te lo chiede con un tono di pacata rassegnazione. Soffia piano nel tuo orecchio, ci passa l’indice attorno, gioca con un tuo ricciolo. Ti bacia la tempia calda, dove pulsa ancora l’eco debole del tuo cuore maciullato.
-Vuoi che dorma con te?-
Scuoti fermamente la testa, la scansi ancora più velocemente di come l’hai reclamata.
Ti alzi in piedi, non riesci nemmeno a guardarti mentre ti risistemi i boxer.
-Mi stai facendo preoccupare, Sirius.-
-Sei paranoica, Marlene.-
-Ah, io sarei paranoica?- Ravvia i capelli freneticamente, li lega con la bacchetta. -Quasi mi rapisci dal letto, mi scopi come se fossi l’ultima delle puttane e poi mi lasci qua, così, senza uno straccio di spiegazione?-
-Credevo ti piacesse scoparmi.- Ribatti, acciuffando un pacchetto di sigarette nascosto sotto ai cuscini. Cade un silenzio pesante, rotto solo dal rimbombo dei rintocchi dell’orologio a pendolo.
Non riesci più a girarti per guardarla. Non riesci più a muoverti. Senti il disprezzo nell’aria crescere, il tuo stomaco rivoltarsi, ribellarsi. Non vuoi trattarla così. Non è colpa sua.
-Non mi fai mai restare a dormire con te.- Adesso sta singhiozzando. Ti aggrappi alla sigaretta e fissi il muro, prendi due boccate come fossi una ciminiera.
-Ma pensi che non l’abbia capito, Sirius!- Urla poi, disperata, battendo colpi sulle tue spalle.
La voragine dentro di te s’allarga. Paura e sollievo t’invadono contemporaneamente.
Allora se n’è accorta. Finalmente, qualcuno è riuscito a squarciare il velo nei tuoi occhi.
Stai per voltarti e abbracciarla. Non hai mai abbracciato nessuno per davvero.
Che smetta di piangere. Ora possono smettere tutti di piangere.
Prendi fiato, schivi i colpi e ti giri. Forse stai sorridendo, ma non fai in tempo neppure a rendertene conto.
-Marlene, io…-
-Sta’ zitto! Pensi che non l’abbia capito che non mi vuoi, che scopi con cento altre? Ti piacciono tutte Sirius, ti piace anche Lily! Ho visto come la guardi!-
Dev’essere bile quella che risale lungo il tuo esofago. Pare bruciartelo.
Stai bruciando, non hai più alcun dubbio.
L’accenno del sorriso svanisce dal tuo volto. Ti immobilizzi come un fantoccio di cera. Marlene continua ad urlare, ma non sei più in grado di recepire il senso di una singola parola. La vedi come in uno di quei film che hai guardato con James, solo che ti appare tutto al rallentatore. Per quanto tempo te ne sei rimasto lì impalato e muto come un pesce? Non sei in grado di dirlo.
Quando esci in corridoio a testa bassa, sconfitto, Marlene sta ancora gridando.
 
***

Ti ritrovi nelle cucine. I piccoli elfi domestici ti trotterellano attorno. Sei sempre stato un ospite più che gradito, procurarti da bere è stato sempre troppo facile, e il tuo fegato ora sta chiedendo il conto per ogni sorso gratuito. Ripiegato su te stesso dal dolore, prendi quante più bottiglie possibili e te ne vai nel tuo cantuccio segreto, è stato lì che hai toccato le mani di James per la prima volta mentre giocavate con le Gobbiglie e hai sentito la tua anima reclamare qualcosa, probabilmente ogni pezzetto in cui si era frantumata ascoltando il suono della sua risata cristallina.
E te ne resti così, accucciato contro il muro, fra le alte colonne del porticato. Guardi il cielo buio e non riesci a scorgervi neppure una stella. La brezza fresca ti solletica il volto bagnato. Con una manata scacci via quelle lacrime indecorose, sporcandoti di nero. Sei nero come la pece, come questa notte senza stelle e senza luna, come il vuoto immenso della tua vita senza di lui.
Cosa farai adesso? Dove andrai così solo e devastato da quest’amore inconfessabile?
Come riuscirai a non toccare più, con ogni pretesto possibile, le mani di James?
Non ti resterà nulla, più nulla di tutti questi anni. La guerra spazzerà tutto via, inesorabilmente.
Una pergamena sgualcita è tutto ciò che ora puoi stringere, tutto ciò che ti resterà. La creazione della Mappa del Malandrino coincide con il ricordo dei mesi più belli trascorsi ad Hogwarts. Finalmente potevi stargli vicino, potevi stargli letteralmente col fiato sul collo, inginocchiato per ore su quegli sgabelli a sentire il profumo della sua pelle. Proprio lì, tra la piega del colletto della camicia e la nuca.
E adesso, tutto quello che hai sono i tuoi singhiozzi silenti e le tue nocche arrossate mentre stringi una bottiglia e questo foglio di carta che anche se magico non è in grado di raccontare niente di tutto questo.
Passetti neri si intrecciano giù per le scale, nomi di gente che ignora beatamente questa storia scabrosa danzano o dormono davanti a te, che continui a restartene fermo invidiandoli.
Lily Evans.
Come diavolo ha potuto anche solo pensare che ti piacesse lei?
Osservi il suo nome ballonzolare su e giù, con gli occhi iniettati di sangue, ribollente di rabbia cieca, come un folle.
Piacerti? Tutto quello che senti per lei non è che odio.
Odio viscerale, odio puro, distillato. Se gli sguardi che le riservi potessero ucciderla, Lily sarebbe già morta da un pezzo. La odi dal primo momento in cui i sorrisi di James si sono incrinati mentre lei vi passava di fronte. La odi per ogni pensiero che James le ha dedicato, ogni santo giorno. La odi per ogni volta in cui lei ha invece urlato di detestarlo, James, mentre adesso l’unica cosa che fa è stargli appiccicata come una gattina indifesa. Odi quegli occhi verdi che invece lui ama da morire, così verdi, troppo verdi, verdi mentre i tuoi sono di un grigio scialbo e cangiante che non si abbina con nulla.
La odi per ogni volta in cui hai sentito James pronunciarne il nome, la odi per ogni passo che ti ha sottratto accanto a lui, la odi mentre ti alzi e cammini e pensi che la ucciderai.
Sì, la ucciderai. Quest’amore sta uccidendo te e tu ucciderai lei. Niente di più consequenziale e semplice.
Ringhi mentre percorri i corridoi di nuovo bui, come quando eri piccolo. Ma stavolta non hai più paura, non sei più il bambino indifeso di un tempo, è questo il momento che hai aspettato così a lungo, è giunta la tua vendetta, sì.
 
Ti sarebbe stata anche più simpatica, se solo avesse avuto un minimo di riguardo nei tuoi confronti. Ma non ha mai mostrato alcun interesse per te. Ha reclamato James come se fosse sempre stato suo di diritto. Non ha mai chiesto scusa per le scorribande, le nottate brave, le sbronze e le partite di Quidditch a cui voi avete dovuto rinunciare per causa sua.
Ed è così che ti ringrazia, per tutto il tempo che lei hai concesso assieme al tuo James?
Ti ringrazia andandosene in giro di notte per il castello mentre lui dorme tranquillo credendola in camera? Non è giusto.
Improvvisamente ti fermi. Sbatti le palpebre, quasi non riesci a credere a tanta fortuna.
Il nome di Severus Piton è proprio di fianco a quello di Lily.
Dunque è così che i tuoi sforzi, il tuo tacere e il tuo negare sono ricambiati.
Lo tradisce.
Avevi sempre sospettato che la storia dell’amicizia con Mocciosus non fosse un capitolo chiuso e archiviato.
Ed ora quasi ti caveresti gli occhi con impressi i loro due nomi sulle retine per consegnarli a James in barattolo e far sì che se ne renda conto.
Qualunque cosa, pur di averlo per te, per te anche solo un istante, senza più Lily nel suo cervello.
Corri e spalanchi la porta in fondo al corridoio con un calcio violento. Lily urla e si ritrae con un balzo. Il tuo sorriso trionfante deve apparire più come una smorfia a giudicare dalla faccia che fa non appena capisce chi sei.
-Per Dio, Sirius, vuoi farmi morire!-
Come avrà fatto a leggerti nel pensiero?
La ignori deliberatamente, la scansi con una spinta poco garbata e inizi a guardare sotto i banchi.
-Si può sapere che cavolo hai, dì un po’, sei diventato completamente pazzo?-
-Sta’ zitta, Evans!- Gracchi, spalancando le ante dell’armadio pieno di calderoni.
Lily ti afferra e ti costringe a voltarti.
-O mi spieghi perché cazzo sei finito qua dentro, o ti faccio rapporto.-
-E tu invece che fai qua da sola alle due del mattino? Eh, Evans?-
Ti lascia andare, indietreggia con una smorfia molto simile alla tua.
-Faccio l’ultimo turno di ronda, sono Caposcuola, te ne sei scordato? E poi adesso, con Voldemort e l’Ordine appena fondato, Silente mi ha chiesto di… oh, ma ci perdo anche tempo a spiegartelo! Guardati, puzzi di alcol, sembri uno sull’orlo del tracollo e non hai niente di meglio da fare che metterti a pedinarmi e spaventarmi a morte!-
Ansante, ti appoggi al banco. L’hai spaventata per davvero, ma non hai la minima intenzione di scusarti per questo. È lei quella che ti deve delle scuse.
-Smettila di guardarmi con quella faccia costernata, Evans. Non ho alcun interesse nel seguirti, è stato un caso!- Latri aspramente, arrampicandoti sugli ultimi specchi che ti restano.
Lei non la beve. Figurarsi, alla fine se l’è scelta anche intelligente, il coglione.
-Non è vero.- Assottiglia quegli occhi smeraldo, ti perfora, sembra possa vederti attraverso come fossi un fantasma. Stringi le dita nel pugno, lo affondi nelle tasche larghe del pigiama che hai ancora indosso. La mano destra sfiora la bacchetta. Sarebbe così facile, così facile.
-Ti decidi a parlare, Sirius?-
Le tue dita scrocchiano. Le distendi per bene, le ripieghi. Falangi prossimali, medie, distali.
Avanti, stringi quella bacchetta.
Vaffanculo.
-Allontanati, Evans.-
Mette le mani in avanti, aperte, vuole essere un gesto di resa, l’ennesima presa in giro.
-Ascolta, Sir, sei … -
-Zitta, sta’ zitta!- Rovesci il banco, le sedie, tutto quello che ti capita sotto mano.
-Bugiarda! Sei una bugiarda! Lo so che eri qua con lui, ti ho vista sulla mappa! Dove si è nascosto, eh? Eh?-
Sventoli la pergamena e la indichi con la bacchetta, trionfante, mentre ti laceri le corde vocali a forza di gridare.
-Sei impazzito!-
-Bugiarda! Non voglio ascoltare niente da te, niente!
È impallidita, sembra persino essere diventata più piccola.
La situazione ti apparirebbe davvero comica se non fosse tragica.
E lei se ne resta là, come un pulcino bagnato. Non prova nemmeno a difendersi.
Potresti farlo. Potresti diventare un assassino, adesso e per sempre.
E servirebbe forse a qualcosa?
Servirebbe a farla magicamente sparire dalla sua testa? A farlo star meglio?
Servirebbe a farlo innamorare di te? A restituirtelo?
No. Perché la realtà è che non è mai stato tuo.
E con i denti serrati, i muscoli contratti e l’anima arresa capisci che stai combattendo una guerra che non puoi vincere e che nemmeno potrai mai raccontare a qualcuno. Non hai e non avrai mai parole per provare a colmare il tuo vuoto.
Lily posa una mano sulla tua spalla.
C’è da dire che almeno i tuoi tormenti hanno una dolce cornice.
Ridi, mentre bevi le tue lacrime amare.
-Ma lo sai che sei bella, Evans.-
 
Perché quando si soffre si è più veri che mai.
 
Scappi via, urli come un animale ferito. Non ti importa se ti sentiranno, non ti importa d’essere espulso appena prima degli esami, non ti importa assolutamente più di niente.
Raggiungi uno dei passaggi segreti e sgattaioli fuori dal castello. Ti trasformi in Felpato e cominci a correre senza una meta.
 
***
 
Quando i primi raggi di sole ti scaldano il viso, ti decidi a muoverti di qualche centimetro. Sei restato sdraiato sulla riva del lago per tutto il resto di questa notte interminabile. Probabilmente hai parlato da solo, provando ad appiccicare le tue parole distorte e confuse al blu cobalto che se n’è restato lì indifferente e muto, a guardarti.
Intirizzito, ti rimetti a sedere e non senti più niente.
Non avverti dolore fisico, non avverti più nemmeno il vuoto devastante allo stomaco.
Non sei più niente, hai davvero cessato di esistere, dunque.
Rientri nella scuola senza fare il benché minimo rumore, perché le ombre non fanno rumore, e tu questa mattina sei a malapena il contorno sfocato di un’ombra.
Ti aggiri come se non riconoscessi il luogo in cui ti trovi, sali le scale disorientato. I tuoi compagni mattinieri ti additano e bisbigliano, ma nessuno ha il coraggio di chiedere perché sei conciato a questa maniera.
Quando raggiungi la tua Sala Comune, tutto quello che vuoi fare è dormire. Dormire ancora, dormire e sognare di poter stare con lui fino alla fine dei tuoi giorni. Ma non può vivere nei tuoi sogni e non puoi sottrarti a quella che è la dura e orrenda realtà: James è seduto sul tuo letto, con Lily sulle sue ginocchia.
Quando farebbe comodo a te, le porte non le trovi mai chiuse.
 
Ti fermi sulla soglia, Lily si alza, ti oltrepassa senza una parola e ridiscende le scale di corsa. Indugi sulle fughe del pavimento più del dovuto, fino all’ultimo istante.
-Che cos’è questa storia?-
Un leggero tremito nella voce, il respiro affannato più del dovuto, James ti tira in stanza e sigilla la porta.
-Che fai, non mi guardi nemmeno?-
Già, non lo guardi nemmeno? Dovresti approfittarne, probabilmente questa sarà l’ultima volta in cui lo troverai disposto a rivolgerti la parola.
Indossa di nuovo gli occhiali e non ha più quello sguardo capace di racchiudere l’immenso.
-Allora, che cazzo è questa storia?- Sibila avvelenato, spingendoti contro la parete.
-Niente, James. Non è un cazzo di niente.-
-Fottiti, Sir! Lily mi ha raccontato tutto.-
-E allora se lo sai già perché me lo chiedi?-
Lo spingi via, non sopporti di averlo così vicino, non sopporti che il suo profumo ti invada le narici senza permesso. E non sopporti di vederlo così, arrabbiato e profondamente deluso.
-Me l’ha detto anche Remus che questa notte sei stato male.-
-Non sono stato male.- Menti.
James ti gira attorno.
-Stronzate. E Marlene? Ha detto che avete litigato. Non mi guardare così, Sirius, voglio sapere perché sei andato dalla mia fidanzata e le hai urlato addosso!-
Ha la camicia fuori dai pantaloni con le maniche arrotolate fino ai gomiti e le unghie mangiate a sangue, che si è asciugato e delinea il contorno delle cuticole.
-Allora? Perché te la sei presa con Lily?-
Non si può resistere per sempre.
-Lei ti tradisce.-
Non puoi impedirtelo.
James sgrana gli occhi. Tu annuisci.
-Lily ti tradisce. L’ho visto io ieri sera. L’ho visto sulla mappa.-
Non ribatte.
Riesce solo a tirarti un cazzotto dritto sul naso.
Tu sputi in terra il sangue che ti impasta la bocca e asciughi il naso grondante con il pullover della tua divisa che raccatti dalla sedia.
James comincia a urlare, ma la smette quando vede che tu, invece, sorridi.
Sorridi e quando ti rendi conto di quello che hai appena fatto, gli hai già preso la mano e l’hai portata alle tue labbra, per baciargli le dita.
È così spiazzato dal gesto e da ciò che hai appena confessato che ammutolisce e non cerca neppure di ritrarsi.
E tu non cerchi più di fingere.
Basta fingere, Sirius.
-Ma che fai? Che dici? Sei impazzito?- Adesso sussurra appena. Forse ha perso la voce, forse ha paura di urlare perché crede che tu sia diventato matto sul serio e visto che il cazzotto non ha funzionato, sta cercando di assecondarti.
-Perché non mi ascolti, James? Perché non capisci mai niente? A volte prendevo il tuo mantello dell’invisibilità, di nascosto. Venivo a spiarti.-
C’è qualcosa di commovente nelle mani di James sporche del tuo e del suo sangue.
Le prendi entrambe, le osservi alla luce del sole portandole all’altezza del tuo viso.
-Sir, smettila, mi spaventi…-
-Non mi sono mai piaciute le mani delle donne, lo sai?-
Intrecci le dita alle sue. Prova a dibattersi, ma tu lo spingi all’indietro, contro il muro. È troppo confuso per capire cosa tu stia facendo, cosa tu stia cercando di dirgli.
Ma non riuscirai mai a dirglielo veramente. Sai che probabilmente non lo sopporterebbe. Lo stai già ferendo abbastanza e non potrai mai perdonarti per questo. Neppure lui ti perdonerà.
-Ti prego, perdonami, James.- Lo sussurri prima di prendere il suo indice e succhiare via quel sangue incrostato. Lo ripeti mentre ne senti il sapore dolce sulle tue labbra e sorridi e chiudi gli occhi e per un secondo-solo un secondo, ti accorgi di aver vissuto gli ultimi anni solo per ricordare quel sapore per il resto della tua vita. Piangi e continui a blaterarlo mentre lo sovrasti con il peso del tuo corpo, lo spingi contro la parete, gli tieni la testa e cerchi alla cieca le sue labbra carnose e quando le trovi e ne percorri il contorno con la punta della tua lingua hai l’assoluta certezza di aver trovato finalmente la pace.
-Sir, non…-
-Ti prego, James.-
È sorprendente la rabbia con cui ricambia finalmente il tuo bacio. Ti afferra le braccia, ti morde, ti tira i capelli e ti prende a pugni nello stomaco, ma non interrompe mai il contatto con la tua lingua. Vi cercate, vi trovate, vi incollate, vi risucchiate, vi odiate.
Vi spezzate.
Cadete sul pavimento e ci rotolate sopra fino a non distinguere più la rispettiva posizione dei vostri arti. La tua mente si svuota e il risucchio dei baci di James è l’unica cosa che riesci a percepire.
Lo ricorderai sempre così. Sangue mischiato a sangue e bugie mischiate a dolore.
Fantasie inconfessabili mischiate a realtà sfuggevole.
 
Ti guarda ansante, il viso contratto in una smorfia di dolore e piacere. Ma non ne avrai mai la certezza. Lo accarezzi e ti accorgi di non esserti mai concesso un gesto simile fino a questo momento. Una tua lacrima bagna la punta delle sue ciglia. In silenzio ti sollevi in ginocchio e lo tiri su assieme a te. Ti volti mentre nasconde il viso sulla tua schiena e con un gesto secco abbassa i tuoi pantaloni. Ti aggrappi al bordo del letto sperando pregando implorando pietà mentre le sue mani trovano la tua erezione e l’accarezzano lasciandoti sfuggire gemiti sempre più incontrollati.
Afferri convulsamente le coperte e finalmente crolli.
Puoi crollare mentre James ti parla e ti morde e ti stringe.
Puoi crollare mentre senti il rumore di un suo bottone saltato dall’asola e finito sul pavimento, chissà dove. Puoi crollare e non rialzarti più da quel pavimento. Mai più.
 
***

-Mi rifiuto di stare a sentire ancora le tue stronzate! Non mi interessa cosa sia potuto succedere fra te e James, ma questa storia non può continuare. È un’assurdità e tu lo sai bene! Qui c’è in gioco qualcosa di molto più grande e se ti dico che devi andare tu a casa dei Potter per restare di guardia a proteggere quel bambino, tu lo fai!-
-Ti stai agitando di nuovo, Lunastorta…-
-Siete voi idioti che mi fate agitare!- Remus circumnaviga il perimetro della stanza continuando a sbraitare. La riunione dell’Ordine è finita da un pezzo, ma voi siete ancora lì a discutere e litigare.
Andare a casa dei Potter. Già.
-Non è mai successo, non ne parleremo mai più. Tu, tu non mi parlerai mai più. Non voglio più avere niente a che fare con te. Io sono innamorato di Lily.-
Queste sono state le ultime parole che ti ha detto, mentre si asciugava il viso arrossato e risistemava la camicia nei pantaloni, là dove doveva stare.
Non vi siete più parlati fino alla fine della scuola. Non avete più avuto un solo contatto. Remus ha più volte tentato di farvi riappacificare, quantomeno di capire cosa fosse successo, ma non è riuscito a cavartene fuori niente. James si è sposato a Settembre. Non sei andato alla cerimonia nonostante ti fosse stato recapitato un invito. Sospettavi ci fosse anche in quel caso lo zampino di terzi. Non hai visto James sposare finalmente la Evans. Non hai neppure visto suo figlio.
È quest’ultimo pensiero, più degli altri, più di tutti, a stringerti il cuore.
-Sirius. Alzati da quella poltrona e va’ fuori di qui. La questione è chiusa. Né io, né Peter e né Silente possiamo essere da Lily stasera mentre James è fuori per la ronda. Fattene una ragione e va’ a parlare con il tuo amico, Sirius.-
Non replichi. Remus esce sbattendo la porta e lasciandoti di nuovo solo.
Amico. Il suono della parola ti riecheggia nella testa.
Finisci la tua Burrobirra. James è stato prima di tutto il tuo migliore amico e potrai scolare tutta la birra del mondo, ma resterà il tuo migliore amico per sempre. Se puoi far qualcosa per proteggere suo figlio, lo farai. E’ tuo dovere, ma soprattutto -ti rendi conto mentre esci sotto la pioggia, è tuo volere.
Perché puoi perderlo in quanto amante. Ma non puoi sopravvivere senza di lui come amico.
È questa consapevolezza finalmente raggiunta che ti dà la forza per suonare a quel campanello dopo mesi di ostinato silenzio.
 
La porta bianca si apre con un leggero cigolio. Intravedi del bel parquet e ti viene da ridere. James ripeteva sempre che non avrebbe acconsentito ad abitare in una casa che avesse i pavimenti freddi. Odiava sentire i piedi freddi. Inconsciamente li sfreghi l’uno contro l’altro, prima di entrare.
Non viene nessuno dei due ad accoglierti alla porta; ti aspettavi che te la sbattessero il faccia, per la verità. La richiudi e rimani a gocciolare sullo zerbino, aspettando un invito, un incantesimo in pieno petto o una serie di insulti, che però non arrivano.
-Sali pure, Remus! Sto facendo il bagnetto ad Harry!-
Sussulti. Quel bastardo calcolatore di Remus te l’ha fatta di nuovo. Né Lily né James sanno della comparsa che stai per fare nel loro salotto. Digrigni i denti e poi sbuffi. Questa se la poteva risparmiare.
Stai prendendo la bacchetta per Smaterializzarti e tornare a cantargliene quattro quando Lily si affaccia sulle scale e rimane impietrita con un fagotto tra le braccia. Impallidisce, come l’ultima volta in quell’aula deserta. E come quella volta resta a guardarti senza far nulla.
-Sto andando via.- Gracchi con la gola riarsa, abbassando lo sguardo. -Ero sicuro che Remus vi avesse avvertiti del contrattempo e che voi foste d’accordo, altrimenti non sarei mai …-
-Vieni di sopra, Sirius. E’ pronto il bagno per Harry e non voglio che prenda freddo.-
Annichilito osservi la folta chioma di riccioli rossi scomparire dalla tua visuale. Resti ancora imbambolato per qualche secondo e proprio non sai cosa alla fine guida i tuoi passi su per le scale. Forse quei gorgoglii strani e curiosi che senti provenire dal bagno. O forse la ninna nanna che sta cantando Lily, perché tu, una madre che ti cantasse in maniera tanto dolce, o anche solo una madre che ti parlasse, non l’hai mai avuta. Ti affacci cauto allo stipite della porta senza chiedere il permesso, perché non ce la fai più ad articolare ulteriori pensieri. Nuvole di vapore caldo ti appannano la vista e già sei grato a quel bambino che ti sta dando la possibilità di camuffare ulteriori lacrime. Ti sollevi sulle punte dei piedi per scorgerlo oltre la schiena di Lily, è più forte di te.
-Ti aspettavamo da mesi, Sirius.- Ti dice lei, cominciando a insaponare la testolina nera che spunta dal lavandino.
Mordi il labbro inferiore, dondolandoti sulle gambe, avanti e indietro, avanti e indietro.
-Non penso che tuo marito sia dello stesso avviso.-
Tuo marito. Non puoi fare a meno neppure di sottolineare quest’ultimo concetto.
Lily sbuffa. Stizzita scosta una ciocca ribelle che le continua a ricaderle sulla fronte e si volta verso di te. Il piccolo Harry compare magicamente davanti ai tuoi occhi e improvvisamente e dopo così tanto tempo la tua anima –quella che credevi ormai di aver perso, avverte di nuovo qualcosa. Porti le mani alla bocca per non lasciarti sfuggire un singhiozzo e rimani a guardare il bambino seduto in quel piccolo mare di schiuma bianca e soffice.
Lily sospira. Una, due, tre volte.
-Le uniche cose che James racconta ad Harry sono le vostre partite di Quidditch e i gli scherzi al povero Gazza.-
Non replichi, senti solo un pezzettino, da qualche parte, dentro di te, che si rimette al suo posto.
-È… è un bambino molto bello.- Riesci poi a buttare fuori, mentre Lily lo solleva e lo risciacqua con il getto della bacchetta, facendolo ridere e ridendo anche lei.
-Grazie. Ma è ciccione ed è pigro. Non sa ancora stare seduto da solo. Scivola. So che è presto, però pesa…-
Non ti sei accorto che stai sorridendo anche tu.
-Mi prenderesti l’accappatoio, ti spiace? E’ quello a forma di paperotto, l’ho lasciato in camera da letto, in fondo al corridoio. La porta chiusa.-
Le pareti di casa di James sono gialle, il corridoio è corto, sembra persino accogliente.
La gola però ti si serra comunque, le mani iniziano a tremare e Lily resta a guardarti fino a quando non si decide a fare un banale incantesimo d’appello e l’accappatoio sfreccia nel bagno sferzandoti il viso. Ti passi una mano sugli occhi, barcollando all’indietro.
Il gorgoglio sommesso dell’acqua nello scarico non hai mai potuto sopportarlo.
-Sir, se hai bevuto devo chiederti di andar via. Non so quali fossero le tue intenzioni, ma le mie erano buone. Evidentemente non c’è più niente da fare. Perciò, esci di qui.-
Riapri gli occhi. Harry è sdraiato sul fasciatoio e osserva le cianfrusaglie della borsa di Lily lievitargli sulla testa. Cerca di afferrarle proprio come faceva James con il suo boccino. Tende le piccole dita paffute aggrottando le sopracciglia nello sforzo e alla fine riesce a prendere una boccetta di smalto rosso. Lily lo asciuga, batte sul suo pancino e lo solletica con quelle stesse mani, con le stesse identiche mani.
Sei un bambino cattivo, Sirius.
 
Buttalo fuori, Sirius.
-Sirius, hai ascoltato almeno una parola di tutto quello che ho detto?-
Indietreggi, urti il cesto della biancheria sporca e la rovesci in terra. Lily prende in braccio il bambino e afferra la bacchetta.
-Per Amore del cielo, Sirius. Non mi costringere a usarla.-
-Non mi piaceva dormire a casa degli zii Black.- Rantoli in un bisbiglio appena percettibile.
Lily continua a cullare Harry, gli sorregge la nuca con la mano aperta.
-Che cosa dici?- Bisbiglia anche lei, spaventata. Le pareti hanno di nuovo le orecchie.
-Io…c’era una stanza, in fondo al corridoio, quando ero bambino. E io dovevo passarci davanti di notte, quando mi svegliavo per andare in bagno.-
L’aria attorno a voi ora sembra più rarefatta. I vostri respiri tremuli si fanno pesanti, difficoltosi.
-La porta era chiusa.-
Ti accasci contro la parete, piano. Serri le braccia attorno alle ginocchia e la paura dentro te cresce, cresce, ti chiama di nuovo. Lily si accuccia di fronte a te. Ti sfiora appena un piede. Harry ti guarda assorto.
-Che cosa… che c’è dietro la porta, Sir?-
Mordi le nocche, richiudi gli occhi, ti avvolgi su te stesso. Un rantolo roco esce dal fondo della tua gola. Hai la stessa voce incerta e terrorizzata e gli stessi occhioni sgranati di tanti anni fa.
-A volte dovevo solo fare pipì.- Continui con le poche manciate di fiato restanti. -A volte erano i bisbigli, le risate a svegliarmi. Altre volte invece erano dei gemiti, degli ansiti orrendi. Altre ancora era una nenia stonata suonata al piano. Il suono dei tasti rimbombava nei muri fino a squassarmi il cervello.-
-Che cosa succedeva, Sir?-
-Io… io dovevo correre in bagno, capisci. Ma dovevo passare per forza davanti a quella stanza, perché non potevo bagnare il letto. E allora.. allora lei mi spiava, da quella porta… rideva e mi chiamava, nel buio… mi diceva cose brutte…-
Lily ferma le tue mani mentre le affondi con forza sulle tue guance. Cerca di rassicurarti, stende Harry sul tappeto, si inginocchia di nuovo davanti a te.
-Guardami negli occhi, Sir. Va tutto bene, Sirius…-
-No! Lei mi prendeva lo stesso, alla fine…-
-Chi, chi ti prendeva?-
Sorridi mestamente. Le tue lacrime arrivano alla mandibola e spiccano un ultimo salto nel vuoto.
-Dimmelo, Sir…-
-Bellatrix. Bellatrix. Aveva sempre lo smalto rosso. Proprio come il tuo…era sempre così arrabbiata, con me.-
Harry scoppia in un pianto disperato. Sollevi appena la testa.
-Forse è colpa sua, sai, Lily…-
-Per cosa?-
-Se le donne non mi piacciono.-
Sussulta e singhiozza anche lei, ma ti risolleva il viso e pianta gli occhi bagnati nei tuoi.
-Lene è bella. Ma io… non ci riesco, Lil. Io sogno ancora quella porta che cigola, sai. Sogno le cose che mi faceva fare… e mi fa male. Mi faceva un sacco male. A volte mi faceva suonare quel piano come una marionetta. Io finivo col farmela addosso. E poi, poi… con le mani…-
Lily sprofonda il viso nell'incavo della tua spalla.
-Io… io credo, credo che… che l’abbia fatto anche a Regulus. Ma di giorno… noi non eravamo cattivi. Di giorno non era così. Con il suo fidanzato ci faceva fare i giri sull’altalena.-
-Shh. Non è colpa tua, Sir. Non è colpa tua. Non c’è niente di sbagliato in te. Niente, Sir.-
 
E ti lasci dondolare proprio come fossi su un'altalena. Chiudi gli occhi e prendi dei bei respiri mentre Lily passa con dolcezza le dita fra i tuoi capelli e ti bacia ripetutamente la testa. Ritrovi quel verde sicuro negli occhi di Harry, che ora si è calmato e solo ogni tanto si concede un singhiozzo spaesato. Lentamente, come se avessi paura di romperlo, sfiori le sue guanciotte con l’indice.
-Non dirlo a James.-
Lily annuisce, scioglie l’abbraccio e torna a guardarti.
-Non lo farò, se non vuoi. Te lo giuro.-
-Mi dispiace se quella volta…-
-Non fa niente, Sirius. Avevi anche ragione. Stavo parlando con Severus. Ma non …- La zittisci con un cenno.
-No, Lily. Tu non lo sai. Io ti ho odiata per... per un sacco di tempo. Ti ho odiata davvero perché...-
-Basta, Sir. Lo so. Posso capirlo. Tranquillo. Smettila di dilaniarti così.- Ti sorride meravigliosamente e per un po’ ve ne restate così, con le mani intrecciate.
Alla fine sospira scuotendo la testa e tirandoti un calcio.
-Certo che sono io quella che dovrebbe avercela con te. Almeno avresti potuto innamorarti di Remus.-
La chiave gira nella toppa della porta d’ingresso.
Annuisci gravemente e assumi un’aria saccente, sorridendo.
 -Che ho detto di così divertente?- Bisbiglia Lily con fare cospiratorio mentre James sale le scale.
-Io ci ho provato!- Ribatti sulla difensiva. -Ma credo che il vecchio Remus abbia una cotta per Albus Silente. Sai, tutta quella saggezza che emana…Ci va a nozze, con Remus.-
-Che fate sul pavimento come due alcolizzati?-
James è sulla porta e probabilmente non è mai stato più bello di così. Ti squadra e poi, come per rispondere a Lily, ti molla un altro calcio sullo stinco.
-Muoviti, Sir. C’è la finale della coppa di Quidditch. Il tuo biglietto posso sempre venderlo, ma non voglio arrivare in ritardo. Portiamo anche Harry, sarà la sua prima partita!- Esulta, prende Harry in braccio e gli cala un cappello a forma di boccino con tanto di ali sulla testa.
-Voi non porterete un neonato di quattro mesi ad una partita di Quidditch!- Sbotta Lily, alzandosi e tentando di riprendersi il figlio. James ti passa al volo il bambino.
Tu ridi a crepapelle, scappando di sotto.
-Prova a farci cambiare idea, Evans!- Urli felice, mettendo Harry sulle tue spalle.
-Sapevo che non avrei dovuto scegliere te come suo padrino, Sirius!-
 
 
Fine
 
  
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