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Autore: Misaki Ayuzawa    28/04/2014    1 recensioni
Questa è la storia di William Herondale, da quando è arrivato all'Istituto fino a ... beh, fino alla fine. Tenterò di descrivere al meglio gli episodi di cui già siamo a conoscenza sia quelli che invece sono avvolti nel mistero, o meglio: nella mente del personaggio più complesso di TID. Spero passiate a dare un'occhiata! :)
I:"I libri mi fanno credere che c’è chi sta peggio di me, anche se ammetto che consolarmi con le disavventure di personaggi immaginari non è esattamente una cosa da persone normali, non che io mi creda sano di mente, anzi sto valutando, ultimamente, la possibilità di farmi visitare da uno strizzacervelli mondano …"
V:"La cerimonia è conclusa e i Cacciatori, fino ad un momento fa silenziosi, si alzano in piedi e applaudono. Io, in questo momento, ho soltanto un pensiero che mi occupa la mente: non sono più solo."
X:"Mi tocco il viso, contrariato, e fisso il mio sguardo in quello di Jem.
“Questo” e faccio un ampio movimento con il braccio “non deve saperlo nessuno.”
Le persone che stanno passeggiando nel parco hanno preso guardarmi, mentre a grandi falcate mi dirigo verso l’Istituto. Quelle anatre me la pagheranno …"
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlotte Branwell, Henry Branwell, James Carstairs, Jessamine Lovelace, William Herondale
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’Angelo

“Ahhh!” Il grido –è più un ringhio- esce dalle mie labbra involontariamente mentre, di riflesso, chiudo d’istinto la porta, provocando una sorta di boato. Mi allontano il più velocemente possibile da colui che mi ha colpito con qualcosa che è andato in frantumi contro il mio braccio.
“Maledizione. Ecche*****. Dannazione. Chi è il bastardo? Maledetto.” Credo che proseguo un po’ in questo modo, prima di decidere di tappare la bocca e prendere in mano la stregaluce. Sono abbastanza pronto ad assalire chiunque abbia osato manomettermi il braccio, ma subito mi blocco. Dall’altra parte della stanza c’è una donna, una ragazza, più che altro.
E’ alta, per la media femminile, ma sembra tremendamente piccola e indifesa, nonostante mi abbia appena colpito in maniera tutt’altro che femminili e aggraziata. Noto che mi sta fissando e no, non perché sono appena piombato nella sua camera, perché quando una persona fa irruzione in camera tua non ti metti a fissare gli occhi, le labbra, le ciglia, gli zigomi …
Scaccio via la tensione e sposto il peso del corpo su entrambi i piedi. Alzo il braccio e lo sventolo un po’ in aria, facendo distogliere l’attenzione della donzella dai miei capelli.
Faccio un commento sulla mia ferita, così, tanto per dire qualcosa, mentre penso seriamente sul da farsi e mi concentro, con la stessa serietà, sulla pila di libri disposta su un tavolino accanto al muro.
La ragazza dai capelli castani e con gli occhi di un’interessante sfumatura di grigio, però, non sembra in vena di chiacchiere e, con una voce lievemente roca, come se non bevesse da un po’, continua a chiedermi se sono il Magister.
“Significa “maestro” in latino, non è vero?” La ragazza ha un’espressione piuttosto confusa stampata sul grazioso volto e- Grazioso? D’accordo, l’aria di questo posto mi sta facendo male. E’ una ragazza, punto. Comunque, la ragazza il cui nome mi è ignoto certifica la mia precedente affermazione, titubante, e io parto in quarta nello stilare una lista dei miei maggiori meriti, alla quale lei, giustamente, reagisce con un: “Siete per caso ubriaco fradicio?” Non posso fare a meno di notare un forte accento americano e, d’altronde, solo un’americana potrebbe essere tanto sfacciata da parlare in questa maniera.
“Molto diretta, ma suppongo che tutti voi americani lo siate, non è vero? Sì, il vostro accento vi tradisce. Allora, come vi chiamate?”
Per lo meno potrò dare un nome a questa lettrice di Dickens, a giudicare dai titoli dei romanzi sul tavolino.
In un leggero fruscio di gonne la ragazza si agita e sgrana gli occhi. Allo stesso tempo, però, sembra aver ritrovato il controllo di sé: “Voi … voi siete piombato nella mia stanza, mi avete fatto quasi morire di paura, e ora volete sapere come mi chiamo? Come vi chiamate voi, piuttosto? E chi siete?”
Cerco di ignorare il fatto che sia così testarda e, in tono leggero, mi presento. Bisogna comunque rispondere al fuoco col fuoco, così le faccio notare come sia strano che una ragazza, nella propria stanza, dorma legata al letto. Ci sono infatti delle corde allentate, attaccate alla testiera. Lei arrossisce.
Analizzo la situazione. E’ ovvio che questa poveretta è prigioniera da un bel po’, qui dentro. Ha il volto scavato e porta dei vestiti vecchi e logori, che male si accordano alle espressioni e alle emozioni che si possono leggere, come parole, nei suoi occhi.
Vado verso la porta e disegno una seconda runa di apertura, dopo aver citato Sir Galahad di Tennyson, pensando di essere capito da questa ragazza alla quale piace chiaramente leggere. Mi sbagliavo, non l’ha capita.
Un momento prima di uscire dalla camera, vengo finalmente a conoscere il suo nome: Theresa Gray e, per la seconda volta nel giro di pochi minuti, vengo stupito da questa Theresa Gray, che si preoccupa di dover lasciare qui i suoi libri.
“Ve ne procurerò degli altri.” Anche se ho fretta di uscire da questo posto, ho il tempo di concentrarmi su una strana sensazione al petto: una sorta di apprezzamento nei confronti di questa persona che tiene in questo modo ai libri …
La prendo per il polso e cominciamo a correre, giù giù, fino ai sotterranei.
Le Sorelle Oscure ci hanno beccato e, nonostante il momento non esattamente opportuno, Theresa Gray ha la lucidità di correggere il mio errore riguardante la temperatura dell’Inferno.
Non so se, in questo momento, dentro di me, prevalga la stima o il fastidio.
“Signorina Gray, lasciate che vi dia un consiglio: il bel giovanotto che sta cercando di salvarvi da un destino spaventoso non sbaglia mai. Nemmeno se dice che il cielo è viola e fatto di porcospini.”
E con questo, la signorina Gray, mi guarda non più come se fossi ubriaco fradicio, bensì come se avessi bisogno di un urgente intervento psichiatrico.

  
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