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Autore: Darling Eleonora    29/04/2014    0 recensioni
Nella prestigiosa Accademia San Margot, dove vi è difficile entrare, si iscrive Leonard, un ragazzo all’apparenza duro e associale ma dentro di sé nasconde un ’innato talento per la poesia, che da sempre il ragazzo ha tenuto segreto a tutti fuorché alla sua dolce sorellina Winnie, nata da pochi anni e causa del trasferimento della sua famiglia. La vita nell’accademia si scopre sorprendentemente piacevole per il nostro semiprotagonista, ma per ben poco perché inaspettatamente qualcuno viene a sapere della sua passione segreta cambiandogli la vita…
Dal secondo capitolo "La primavera":
Lei raddrizzandosi si tolse la polvere dai vestiti e in un secondo momento, si accorse che un fiore di ciliegiolo le era caduto sul viso. Lo prese candidamente e lo adagiò sul palmo mano, assumendo un’espressione tenera. Leonard capì che l’albero con la sua sfera non attirava solo cose pure ma soprattutto cose belle.
-Io mi chiamo…
Cercò di parlare nervosamente ma la ragazza non se ne accorse neppure e senza staccare lo sguardo dal fiore disse con una voce melodiosa:
-Sai che giorno è oggi?
Lui era sbalordito.
-Marte…
Lei lo interruppe nuovamente e un sorriso ironico le si dipinse in volto:
-Non in quel senso, e comunque è venerdì…
Lui arrossì e non aggiunse altro per paura di fare un’altra figuraccia. Lei si avvicinò alla sua finestra e sorridendo allungò il palmo della mano verso il suo. Lui d’impulso glielo offrì.
-Oggi è il 21 marzo…
Prese tra le dita affusolate la sua mano e vi posò sopra il fiorellino rosa con delicatezza. Poi finalmente intrecciò lo sguardo al suo con delle iridi verdi e sorrise.
-….l’equinozio di primavera.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Dinamiche


-Cerise, Cerise…
Qualcuno la chiamava.
-Cerise, vieni, sono qui!
La donna stava sorridendo, era  più giovane di quanto ricordasse. I lunghi capelli rossi come i suoi, lunghi  intrecciati in una bellissima treccia.
-Nonna!
La nonna la prese in braccio e la strinse a sé.
-Sei la ciliegia più bella a questo mondo!
Lei rise mentre la nonna la faceva volteggiare in aria. Ma non appena la avvicinò di nuovo a sé, Cerise posò distrattamente la piccola mano sul viso maturo della donna. Appena lo fece, iniziò a notare le sue rughe d’espressione iniziare ad accentuarsi, la sua pelle ad apparire spenta e scura con macchie, i denti si ingiallire e i suoi bellissimi capelli rossi a diventare stopposi e bianchi, mentre dentro di sé si sentiva una strana sensazione. Si sentiva come Alice nel Pese delle Meraviglie, quando mangia il fungo e inizia a crescere e ingigantire. No…non era una sua sensazione, stava veramente diventando più grande! Mentre l’invecchiamento di sua nonna progrediva la sua mano si faceva sempre più adulta e le dita lunghe e affusolate…
-No!
Urlò spaventata scostandole la mano dal viso, ma la donna continuava a sorridere mentre la teneva tra le braccia, ormai a stento. Mentre le sue ciocche di capelli cadevano,  vedeva crescere rosse come fiamma che brucia le sue che andavano a coprirle la vista.
-Lasciami o morirai!
Continuava ad urlare e ad agitarsi, mentre il panico s’impadroniva di lei e lacrime salate inondavano le sue guance per poi cadere su quelle dell’anziana, a forarle la carne. Ma la nonna imperterrita non la ascoltava, mentre la sua espressione si faceva tenera:
-Va bene così amore, deve essere così.
Continuò a ripetere fino a quando le ossa si fecero sempre più sporgenti e la sua pelle cadere, fino a quando Cerise non sentì toccare il suolo con le sue lunghe gambe e della nonna ne rimase che lo scheletro, che poi diventò polvere e la polvere si sparse nell’aria.

-NO!

-Signorina Cerise! Svegliati!
-Non puoi morire! Non adesso che l’ho incontrato …!
-Cerise!
Mariù scosse la ragazza dal sonno e lei, frastornata con i capelli scompigliati e la pelle sudata, la fissò sconvolta per una manciata di secondi immobile senza proferire parola, l’unico rumore era il suo fiato corto. Quando l’amica non la chiamava “Signorina” voleva dire che era seriamente preoccupata.
-Ha fatto un incubo, non smetteva di gridare…
Disse dispiaciuta Mariù, mentre sentiva ancora le mani della Signorina stringerle le braccia e fissarla con un’espressione turbata. Alla fine Cerise riuscì ad accostarsi al petto di Mariù, questa la circondò in un caldo e confortante abbraccio, poi scoppiò a piangere.

-Mi dispiace molto per stanotte, ti ho svegliata. Per fortuna abbiamo camere più grandi e isolate dalle altre sennò non saresti stata l’unica. 
-Cosa vuole che sia, è compito mio.
Disse la ragazza facendole l’occhiolino, mentre si portava la tazza di the alla bocca e sorseggiava.
-No, questo non è vero. Solo perché ti ostini a darmi del lei, ma in realtà da qualsiasi aspetto la guardi sei più come una sorella che una cameriera di casa Margot.
La ammonì Cerise, ma la ragazza fece finta di non sentire imperterrita, come ogni volta che parlavano di certe cose. Erano nella gigantesca sala da pranzo, piena zeppa di studenti, sedute da sole al tavolo tra brioche, burro e centritavola. Cerise si massaggiò le tempie, esausta.
-Ti fa male la testa, vuoi che ti prenda una medicina?
-No Mariù non preoccuparti, non sono abituata a fare colazione con così tante persone. Ma infondo è per colpa mia se abbiamo fatto tardi.
Solitamente le ragazze facevano colazione con gli altri membri del club nel salone del Comitato, ma quella mattina non avevano fatto in tempo e la sala da pranzo era più vicina.
La verità è che erano al centro dell’attenzione. Tutti le fissavano, chi con la coda dell’occhio chi sfacciatamente e bisbigliavano increduli nel vedere il Presidente e la “Femme de chambre” (come chiamavano Mariù) a colazione con i comuni studenti. Soprattutto perché era raro vederle in uniforme, con le svolazzanti gonnelle a pieghe e il resto, trovavano comunque difficile confondersi con gli altri.
-In fondo anche il tea di qui non è male…Hei, c’è Leonard!
Disse tutta sorpresa Mariù. Cerise spalancò gli occhi, facendosi piccola piccola nella sedia.
-No, dove?!
Mariù dal lontano punto che stava fissando, guardò Cerise con un sopracciglio alzato e il sorriso sulle labbra. La ragazza se ne accorse, si raddrizzò sulle spalle e finse indifferenza:
-Hem, intendevo…che c’è di strano? Anche lui è di questa scuola, giusto? Pianta di ridere, maledetta!
-E’ con i suoi amici ad un tavolo infondo, vicino alla finestra.
-Nessuno te l’ha chiesto! E smettila di fissarlo, è da maleducati.
-Che male c’è? Ha i capelli tutti spettinati, quanto è tenero! E poi ha un bel sorriso, non trovi?
Cerise fece per girarsi ma si trattenne. L’amica smise di fissare il tavolo in fondo e tornò a lei, con uno sguardo assottigliato e sospettoso:
-Sai, è da un po’ che ho fatto caso a una ragazzina che sta sempre dietro a Leo, c’era anche al tea party primaverile, quella del club teatrale…
Cerise alzò gli occhi al cielo:
-Sarà la sua ragazza…
Mariù posò bruscamente la tazzina del the sul piattino, facendo schizzare qualche piccola goccia sulla tovaglia bianca immacolata.
-No! Non è possibile!
Carise si mise a ridere per tutte le persone attorno che si erano allarmate al grido di Mariù e le lanciò addosso una piccola margherita sottratta dal centrotavola.

Leonard strisciò fino all’aula dell’ultimo piano. Era sfinito, dopo due giorni pieni di compiti in classe era martedì e si stava dirigendo alla riunione del club. Quando raggiunse la porta un’inspiegabile ansia lo avvolse, ripensò al tea-party di sabato, ma poi scosse la testa ricacciando via i pensieri e, con un minimo di coraggio spalancò le porte dell’aula.
-Congratulazioni!
Schiocchi e stelle filanti gli fecero fare un balzo indietro, anche nel tempo perché ripenso al suo primo ingresso in quell’aula. Era inciampato e si trovava seduto per terra pieno di coriandoli, mentre i membri del comitato lo circondavano come avvoltoi, osservò le loro facce: il Conte aveva un fazzoletto e se lo portava agli angoli degli occhi mostrandosi oscenamente commosso, Julie pacata ai suoi piedi, Mariù aveva un sorrisetto super eccitato, Adam come al solito pareva scocciato in un angolo, Oscar invece continuava a scattare foto con la sua inseparabile Polaroid. Ma soprattutto il suo sguardo andò diretto verso una figura sconosciuta. Era una donna adulta con dei lunghi capelli neri che le ricadevano sopra le pieghe dell’elegante tajer blu notte che riusciva ben poco a contenere le formose curve. 
-Che diamine succede?
Domandò osservando Cerise per ultima. Lei lo fissava con un’espressione che lo agitò ancora di più, sorridevamo era diversa rispetto al solito. La sua espressione era quasi dolce ed esprimeva tenerezza, facendo andare il ragazzo in ebollizione. Davanti a lui, la formosa signora sconosciuta si schiarì la voce con aria soddisfatta:
-Caro Leonard Mircle, è appena arrivato il tuo primo incarico come membro del Comitato Consulenza Scolastica.

Erano seduti sugli eleganti divanetti mentre Mariù stava distribuendo ai presenti dei bicchieri colmi di limonata con ghiaccio.
-Sono stata maleducata a non presentarmi prima, mi chiamo Leandra Monperuje. Rivesto l’incarico di vicepreside alla San Margot e anche quello di docente responsabile del Comitato Consulenza Scolastica. Avrei voluto assistere alla tua cerimonia d’iniziazione ma aimè, non mi è stato possibile causa impegni lavorativi improrogabili.
Leonard, stupito allungò la mano verso la donna che gliela strinse:
-E’ un piacere conoscerla allora.
Lei gli sorrise rassicurante:
-Tu sei nuovo Leonard, non sei mai entrato in contatto con il vero motivo per cui esiste di Comitato. Hai potuto godere solo del lato sociale, quella che si può banalmente definire “pubblicità”, i tea party che organizziamo non sono altro che questo. Ci vuole coraggio a confidarsi con qualcuno e nessuno qui ha una laurea in psicologia, perciò grazie ai tea party e altri eventi cerchiamo di invogliare gli studenti a rivolgersi al Comitato per qualsiasi problema, cerchiamo di stabilire un contatto e di far sentire loro il nostro appoggio.
Leonard annuì mentre lo sguardo schietto della professoressa lo scrutava per percepire una sua reazione. Gli altri membri del Comitato stavano semplicemente in ascolto, il Conte seduto di fianco alla docente sembrava quasi una persona seria quando stava zitto.
 -Ma prima di essere tutto questo, il Comitato Consulenza Scolastica è una responsabilità. Questo progetto ormai va avanti da qualche anno e sono felice che abbia dato i suoi frutti, gli sforzi fatti non sono stati inutili. So che non esistono molti comitati come questo in altri istituti, solitamente troviamo esperti che gestiscono e offrono un appoggio morale agli studenti, ma se dobbiamo guardare in faccia la realtà, i ragazzi non sono mai molto propensi ad aprirsi con gli adulti. Proprio per questo qui abbiamo deciso di affidare questo compito ai ragazzi stessi, come vedi qui tutti gli studenti vi ammirano e fanno affidamento su di voi.
Lei si interruppe e lo fissò in attesa.
-Capisco.
Disse Leonard distogliendo lo sguardo e andando a toccare il bordo del bicchiere di cristallo col pollice. La donna si sporse sul tavolo e posò in maniera impercettibile la mano sulla sua, facendo sì che Leonard tornasse a fissarla.
-So che hai molti dubbi, ma credimi, non scegliamo persone a caso, sono stata personalmente io a confermare la tua ammissione al Comitato. E io non lascio mai niente al caso. Se ti abbiamo chiesto di farne parte è perché crediamo in te e sappiamo che hai i requisiti e le capacità per svolgere questo compito meglio di altri. Per intendersi, ci tengo a questo club e non lascerei mai che uno studentello scapestrato qualunque rovini il lavoro fatto finora.
Leonard arrossì impercettibilmente nel vedere la prosperosa donna ammiccare.
Poi improvvisamente, con una faccia serissima, anche il Conte si sporse al di là del basso tavolino e posò a sua volta la sua mano, andando a massaggiare quella della professoressa in modo ambiguo:
-Ti proteggerò io mio pulcino adorato, con le ali dell’amore!
Dopo un momento in cui tutti tacquero, la Signorina Monperuje fissò scocciata la sua mano: 
-Persino in mia presenza non ti smentisci mai!
Tutti scoppiarono a ridere e il Conte si beccò una gomitata sotto il mento dalla professoressa. Con due colpi di tosse la docente riportò l’ordine nella sala:
-Comunque, ti facciamo le nostre congratulazioni per il tuo primo incarico vero e proprio.
-In cosa consiste?
Chiese un po’ incerto.
-Non so se ti è stato detto, vi sono ben due tipologie di incarichi: gli studenti vi inviano delle lettere a cui dovete rispondere oppure si segnano per richiedere un colloquio. Ti sono arrivate molte lettere, la cassetta viene aperta ogni martedì per l’appunto, ma consideriamo i colloqui più importanti perché più impegnativi. Qualcuno ha chiesto di te subito dopo il tea party di sabato, è un bel risultato, ti consiglio di focalizzare l’attenzione su questo. 
-Certo. Posso sapere chi ha chiesto di me?
La professoressa abbassò lo sguardo e andò a controllare un foglio con sopra una lista indistinta di nomi, accanto a questo una cassetta contenente una miriade di lettere di ogni colore. 
-E’ una ragazza, si chiama Giselle Brune.
Adam, con il bicchiere alla bocca, sputò la limonata rischiando di soffocarsi. I presenti si voltarono a fissarlo.
-La conosci.
Constatò Cerise ridendo di gusto. Adam le lanciò un’occhiataccia mentre stava ancora tossendo e asciugandosi la bocca con un tovagliolo.
-E’ una sua cara amica d’infanzia.
-Che dici Mariù?!
Esclamò Adam non appena si riprese. Leonard, stupito chiese spontaneo:
-Ma perché ha chiesto di me?
Il ragazzo lo fissò irritato:
-Cosa cavolo ne so! Che me ne importa, tanto non la sopporto!
-Non dire così, siete molto carini insieme!
Adam guardò scioccato Mariù continuare a parlare:
-Siete divertentissimi quando bisticciate! Vi conoscete da quando siete piccoli perché le vostre famiglie sono amiche,vero?
-Non significa nulla!
Replicò il diretto interessato cercando di interrompere le risate dei presenti:
-Vi punzecchiate sempre a vicenda come una coppietta…
-Smettetela!
Urlò allora Adam alzandosi di scatto dal divanetto. Tutti si zittirono improvvisamente nel vedere la sua espressione cupa, in una rete di sguardi che si incrociavano sorpresi. Gli unici in piedi erano Adam e Mariù.Il ragazzo teneva gli occhi bassi e le sopracciglia aggrottate per la frustrazione mentre le sue ciocche di capelli castano ramati solitamente sempre in ordine ora gli sfioravano la fronte:
-Smettila.
Disse allora più piano. La ragazza spalancò gli occhi per poi sbatterli confusa, cercando qualcosa da dire:
-I-io non…
Non la fece parlare più:
-Ti prego.
Era una richiesta secca con una punta di esasperazione. La ragazza, che si copriva la bocca con una mano fasciata dal guanto bianco immacolato, si protese verso di lui. L’aria era carica di tensione e tutti gli altri presenti non osarono proferire parola fino a quando Adam non uscì dalla stanza silenzioso, lasciandosi indietro una ragazza mortificata, una sua mano invano sospesa in aria e troppe parole non dette.

  
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