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Autore: Nerhs    29/04/2014    5 recensioni
Sentii la panca su cui ero seduta,scricchiolare di nuovo. La sua presenza di fianco a me era evidente. Lo sentii sospirare,stava fissando l’altare di fronte a lui.
-Quindi sono…quanti anni hai?- chiese rompendo il silenzio che si era formato nella piccola cappella
-Diciannove.-
-Sono diciannove anni che tu vieni a pregare qui?- chiese con un misto di innocenza e stupore
La mia risata suonò lì dentro,facendo comparire sul suo volto,un sorriso timido.
Lo guardai e scrollai la testa.
-Sono circa cinque o sei anni.- dissi
Lui annui e poi si mise seduto sull’inginocchiatoio davanti alla panca su cui ero seduta io.
Alzò il mio viso e mi fissò negli occhi.
-Ho…bisogno di te,Ester.- sputò
Ero sicura che le mie guance non fossero mai diventate così rosse come in quel momento.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7.
 
 
Ci trovavamo in spiaggia e mentre mi trovavo sulla schiena di Travor, che a quanto pare si divertiva a trasportarmi su e giù per la spiaggia, intravidi all’orizzonte la figura di Connor.
Dal giorno della rissa erano passati ormai tre giorni e lui non si era fatto né vedere né sentire.
Don Christoper cercava di consolarmi, dicendomi che appena avremmo parlato tutto si sarebbe risolto e poi mi rivelò anche che il ragazzo lo aveva chiamato, confessandogli che anche lui avrebbe voluto parlare con me, e quindi ciò comportava ad un suo imminente ritorno alla spiaggia.
Lo vidi in tutta la sua bellezza, scostarsi indietro il ciuffo di capelli biondi e togliersi le scarpe per poi trascinarsele in mano, mentre avanzava verso di me.
Lo osservavo e l’ansia cresceva nel mio petto, impossessandosi anche di quella misera traccia di coraggio che ero riuscita a scovare.
Picchiettai piano sulla schiena di Travor e gli chiesi con la voce smorzata se fosse stato così gentile da rimettermi a terra. Dopo qualche tentativo, mi liberai dalla sua presa e mi sistemai la maglietta che in precedenza avevo legato sotto il petto. Travor seguì la traiettoria del mio sguardo e anche lui notò Connor. Mi passò una mano sulla schiena e con un sorriso comprensorio, mi lasciò sulla riva del mare da sola. Mi guardai di nuovo intorno, scorgendo il corpo di Ashton seduto a parecchi metri da me mentre suonava con due bacchette, la superficie del tavolo in legno, per delle bambine e per Jennifer.
Mi girai sorridendo e mi accorsi che Connor era a pochi passi da me.
Si avvicinò e abbassò lo sguardo, fissandomi i piedi. Mi prese delicatamente la mano e mi trascinò più lontano, mantenendo sempre i piedi nell’acqua tiepida del oceano. Camminammo sul bagnasciuga per qualche minuto e ci trovammo dopo un po’ parecchio lontani dalla nostra postazione.
Si tolse la maglietta, rimanendo solo con un costume e si sedette nell’acqua, invitandomi a fare la stessa cosa. Mi sfilai i pantaloncini e li gettai sulla sabbia, rimanendo in costume e sedendomi accanto a lui. Si girò verso di me, non guardandomi però. Fissava oltre il mio viso, fissava una coppia di innamorati che stava entrando nel mare. Lui le stringeva la mano e lei entrava a tentoni nel acqua forse troppo fredda. Notai la pancia più accennata di lei e poi quando furono entrambi in acqua, lui si chinò sul suo grembo e glielo baciò. Poi si abbracciarono e si baciarono.
Distolsi lo sguardo, perché sapevo che lui ci stava soffrendo, sapevo che lui si stava facendo del male mentre continuava a guardare tutto quel amore.
Presi il suo mento tra le mani e portai i suoi occhi nei miei, per smettere di fargli subire quello strazio. Quando capì, portò di nuovo lo sguardo sui miei piedi.
 
- Mi dispiace per ciò che ho fatto.- se ne uscì poi
- Già.-
- E’ solo che…sono io quello che ti è sempre stato accanto, non lui. Sono io quello che ti ha detto per la prima volta “Ti amo”, quel “Ti amo” serio, quello vero. Sono io quello che ti ha asciugato tante di quelle lacrime che ho perso perfino il conto. Sono io quello con cui hai condiviso la tua camomilla. Sono io quello che ti reggeva mentre avevi le tue crisi. Sono io quello che ti ha amato fin dal inizio, da quando hai varcato quel cancello e con la tua voce che squillava mi chiesi dove si trovava l’ufficio di Don Christopher. Sono io quello che ti ha proposto di diventare un’educatrice, e mi sembra che tu non te ne sia mai pentita. Sono io, io e basta. Dovrei esserci ancora io al posto di quello là. Per portarti a pranzo perché non ti piacciono i panini del hotel. A stringerti in sala svago mentre ti annoi perché il film non ti piace. Ad amarti, perché te lo meriti e basta.-
 
Mi accorsi troppo tardi delle lacrime che gli solcavano le guance.
Si girò verso di me e mi sorrise amaramente. Quel sorriso che odiavo vedere sul suo viso, quel sorriso che avevo sempre cercato di reprimere, perché lo odiavo e stava tremendamente male su di lui. Ed ora mi stava perforando l’anima, perché era mia la colpa. Era mia la colpa di quel dannato sorriso amaro come il fiele. Amaro, perché io lo avevo avvelenato, lo avevo deluso, lo avevo ucciso. Avevo ucciso il suo bellissimo sorriso. E tutto per colpa mia.
Mi guardò insistentemente, come se lui sapesse ciò che io stavo pensando, e lui godeva di ciò. Godeva dei miei pensieri accusatori verso di me. Godeva di quanto odio provassi nei miei confronti. Godeva per quanto male mi stavo augurando. Ma in fondo me lo meritavo? Meritavo Connor? Meritavo tutto quel odio con cui mi maledicevo?
Percepì le sue labbra a pochi centimetri dalle mie.
Non volevo baciarlo. Non ora. Non con Ashton. Non con quel odio che ora gli invadeva le iridi. Mi allontanai e lo guardai bene negli occhi. Lui non voleva baciarmi per tutte le cose che mi aveva elencato prima. Lui non mi amava. Lui voleva baciarmi per ferire Ashton. Voleva baciarmi perché così avrebbe vinto lui. Ma vinto cosa poi? La distruzione del povero Ash? Non glielo avrei permesso. Lo spinsi via e mi alzai, riafferrando i miei pantaloncini e allontanandomi correndo. Sentivo la sua voce dura che mi chiamava urlando. Non mi girai e rallentai il passo solo quando fui davanti ad Ashton. Mi accolse col suo sorriso vero, quel sorriso sincero e innamorato che solo lui aveva. Mi osservò bene, notando che avevo solo quella misera maglietta e le mutandine del costume e sorrise malizioso. Mi gettai tra le sue braccia e lo strinsi forte al petto. Come a dirgli “io sono qui”, “non ti ho lasciato”, “voglio te”. Ricambiò la mia stretta dopo poco e mi baciò il collo.
Sentimmo poi la voce di Jennifer che ci intimava di lasciarci o avremmo riempito di dolcezza tutto il campus. Mi staccai da Ashton ma lui mi attrasse di nuovo al suo corpo, avvolgendomi il suo braccio intorno alla vita.
Lo guardai e gli sorrisi, lasciandogli un tenero bacio sulle labbra.
Ci voltammo verso la riva del mare e vedemmo Connor che camminava velocemente, oltrepassando la nostra postazione e guardandoci con uno sguardo truce.
Ashton riportò i suoi occhi sul mio corpo e si staccò leggermente.
 
- Sei stata con lui?- mi chiese
- Dovevamo parlare e ci siamo seduti sul bagnasciuga. Sei geloso?-
- Torni senza pantaloncini e poi vedo lui passare senza maglietta, sai qualche dubbio mi viene.- tubò
- Non devi avere dubbi. Io sono qui con te.-
- Ed è tutto perfetto così.-
 
 
 
 
 
 
 
- Possiamo parlare?- chiesi a Marissa che passava di fronte alla mia camera d’hotel
- C-cosa dobbiamo dirci?- chiese
- Entra, mica ti mangio!- la spinsi dentro e ci mettemmo sedute sul mio letto
- Cosa c’è?- chiese diventando rossa in viso
- La tua freddezza. Non parliamo quasi più e quando hai saputo di me e Ashton…sembravi arrabbiata. Cosa c’è?-
- Non credo siano affari tuoi.-
- Si invece dal momento che sono tua amica ed è con me che non parli più.-
- …sono innamorata di Ashton.- bofonchiò
 
Il mondo si fermò in quello stesso istante.
Si fermò e poi iniziò a scoppiettare, per poi esplodere completamente e far ricadere i suoi pezzi su di me. Un peso che io non riuscivo a sopportare.
La mia migliore amica mi aveva appena confessato di essere innamorata del ragazzo che…amavo.
Io e lei eravamo sempre state una cosa sola. Marissa ed Ester contro il mondo. Sei anni di quel amicizia che ora sembrava valere meno di zero. Eravamo la mano e l’occhio. La mano si fa male, l’occhio piange. L’occhio piange, la mano asciuga.
La guardai impassibile, percependo appena le lacrime che mi bagnavano le guance.
Vedevo la sua immagine offuscata, troppo offuscata. Non volevo piangere davanti a lei.
Cosa significava ciò adesso? Avrei dovuto fare una scelta? Ashton o Marissa? Avrei dovuto rinnegare tutto quello che provavo per far piacere alla mia amica? Dovevo soffrire per far felice lei? Ed Ashton, in questa situazione, dove si sarebbe collocato? Lui amava me. Lui voleva me. Lui aveva scelto me. Non lei. E forse un significato questa scelta avrebbe dovuto averlo. Non volevo soffrire, non volevo far soffrire Marissa, non volevo che Ashton soffrisse. Ma sapevo di non poter controllare i sentimenti delle persone che mi erano intorno. Potevo controllare solo i miei, e a volte neanche ci riuscivo benissimo. Solo io potevo mascherare i miei sentimenti e far finta di stare bene. Solo io potevo decidere cosa provare, o cosa fingere di provare. Solo io potevo fare quella scelta dolorosa che già sapevo mi avrebbe distrutto.
Tornai a guardare i suoi occhi marroni, che ora fissavano un punto fisso dietro di me. Pieni di lacrime, di risentimento, di vergogna.
La guardai un altro po’, sperando che capisse ciò che stavo per dire, mi prendesse le mani e mi pregasse di non farlo, di non dirlo, di starmene zitta e che iniziasse ad urlare che stava giocando, che aveva detto un mucchio di cavolate, che mi stesse prendendo in giro. Ma non successe. Anzi. Iniziò a piangere disperatamente, urlando il suo amore per quel ragazzo che io volevo fosse mio per sempre, solo mio e basta. E le sue lacrime sembravano acido per me, erano più corrosive. Si aprivano dei varchi dentro di me, e corrodevano tutto ciò che trovavano nel loro passaggio.
Mi decisi che non sarebbe mai successo ciò che io volevo succedesse, quindi le strinsi le mani e la fissai, per poi sputare con il maggior grado di acidità e cattiveria ciò che dovevo dire.
 
- Se è quello che vuoi, romperò con Ashton. Tra me e lui, puoi già considerarla finita.- dissi
 
La cosa peggiore però, non fu la faccia di Marissa che sprizzava gioia da ogni poro. Che aveva gli occhi che luccicavano dalla gioia, e non più dalla frustrazione. Che sembrava poter urlare da un momento al altro. Che sembrava avere tutto il coraggio del mondo per ammettere al ragazzo il suo amore per lui.
La cosa peggiore fu il ragazzo che fece la sua comparsa nella mia camera con lo sguardo disperato e distrutto.
 
- Cosa?- riuscì a biascicare
 
 
 
 
Nerhs’s box.
 
Uh, uh, uh.
Non ho nulla da dire, quindi lascio a voi la parola!
Questi si pigliano e si mollano come quelle macchinette nelle sale giochi, dove devi afferrare il pupazzo, ma puntualmente quel coso ricade giù.
Me ne vado, vi amo <3
Nerhs
  
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