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Autore: SandFrost    29/04/2014    1 recensioni
Se ti sentissi solo. Se avessi bisogno di sfogarti. Se trovassi un elenco telefonico ingiallito dal tempo, sotto il tuo letto. Se ci fossero solo pochi nomi ancora leggibili, e solo uno di questi abbastanza lontano da te. Se avessi il bisogno di chiedere aiuto, ma di non farlo realmente. Se ti venisse voglia di prendere quell’indirizzo e scriverli una lettera...
Cosa gli scriveresti?
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa mia mini long a delle persone speciali che c’erano e ci sono ancora ora.
 
Alla mia Jacobba, che ci sarà sempre
 
A Giulia, la mia ispiratrice;
A Lidia, la mia isola sicura;
A Fra, il mio uragano.




 


 










Sai, se resti immobile a fissare l'orizzonte potrebbe capitarti di assistere a qualcosa di meraviglioso. Qualsiasi cosa. Non fraintendermi, anche uscire nel mondo e fare qualcosa porta alla scoperta di qualcosa di unico, ma in entrambi i casi, se è destinato ad accadere, accadrà.

Dopo quello che mi è successo due giorni fa, ne sono più che sicuro. Puoi aspettare o provarci, ma quando è scritto nella tua storia, ogni strada porta allo stesso finale. Un finale che si lega a quello della persona che ti è stata destinata.

Non so ancora se questo è l’inizio perfetto per raccontare quello che mi è successo, ma inizio a chiedermi se ne esista uno. Non esiste un: “C’era una volta” adatto, anche se sarebbe appropriato. Non voglio neanche macchiare mezzo foglio solo per trovare le parole adatte a descrivere l’innocenza del momento. Voglio solo raccontare a qualcuno che ho ripreso a credere nella magia.

Sì, hai letto bene ho detto magia. Perché non puoi far altro che credere nella magia quando un angelo ti si avvicina e inizi a vederlo sotto forma di un docile principe in cerca del suo regno. Un principe che è crollato e per troppo tempo tenuto in gabbia.

Un principe che non sai come aiutare perché è lui che sta salvando te, con la sua sola presenza e non se ne rendo conto. Come si può descrivere la perfezione di quell’attimo in cui capisci che non c’è niente di più bello di perdersi in un libro e di realizzare di aver conosciuto il protagonista?

Il protagonista con una missione da portare a termine e quella voglia di poter dare una mano e capire che non puoi, perché la missione sei tu. Okay, forse ti potrò sembrare completamente pazzo o che sto andando fuori tema ma lascia che ti spieghi.

Siamo protagonisti della nostra vita, non è quello che dovremmo essere? Ma cosa accadrebbe se due protagonisti unissero i loro cammini? Se fossero da sempre legati a percorre i loro cammini insieme? Che cosa accadrebbe alla propria storia?

Due protagonisti, una missione, due cuori. Ancora confuso? Scusa, ma avevo detto che non c’erano parole abbastanza perfette per descrivere il momento e il fatto che sia rimasto intrappolato in quell’istante e che non voglia in alcun modo trovare la via d’uscita, non aiuta. Ma lascia che ti mostri il mio principe, protagonista della mia storia, forse riuscirai a capirci qualcosa.

E iniziato tutto per una storia…

Ero seduto su una poltrona, nella libreria nella sala grande. Mio padre aveva richiesto che quella stanza fosse riempita di ogni tipo di libro. Conteneva una fasta collezione, ma non ci entrava mai. Quando li chiedi perché, rispondeva che è il suo regalo a me.

Ci ha messo anima e cuore per assicurarsi che fosse un luogo confortevole e sicuro, tutto quello per rendere me sicuro e farmi sentire sempre a casa, anche nei momenti più critici. Ed è qui che vengo quando ogni cosa crolla e non ci sono appigli cui aggrapparsi.

Viaggiare in ogni tempo o lungo, stando seduti su una comoda sedia mentre la mente vaga tranquilla e indisturbata ed è proprio in quel momento che lui è arrivato. Ero a poche pagine dalla fine di uno dei capitoli più fascianti del libro che aveva scelto quel giorno, quando una voce angelica mi ricordò che era ora di tornare alla realtà. Ma non me ne preoccupai, sapendo che tipo di realtà mi aspettava.
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"Che cosa stai leggendo di così interessante? Sembri così preso" alzai il capo con troppa fretta, spaventato da quella voce che non aspettavo, chiudendo il libro che tenevo in mano di colpo "Scusami, non volevo spaventarti. Sembravi così preso che non sono riuscivo a impedirmi di chiedere, cosa stessi leggendo" si scusò.

"No, scusami tu ma ero talmente nei miei pensieri che non ti ho sentito arrivare" cercai di non sembrare nervoso o che stessi aspettando quell’incontro da giorni. Mi passai una mano sudata sui pantaloni e accarezzai il dorso del libro, posato sulle mie gambe.

"Allora" riprese a parlare sorridendo, mentre si appoggiava allo stipite della porta. Quel sorriso che non aveva ancora lasciato la mia mente e che ora ne aveva un nuovo ricordo. "Che cosa stavi leggendo con così tanta passione, da non avermi sentito arrivare?" chiese, mentre si strinse le braccia al petto.

"È solo un libro di fiabe. Uno dei tanti" indicai l'enorme parete piena di libri alla mia sinistra, sentendomi stupido. Stavo evidenziando l’ovvio e non aiutava il fatto che il mio cuore stava per cedere per troppi battiti e la mia mente urlava di dire qualcosa che lo facesse restare o parlare ancora.

"La mia mamma mi leggeva sempre le fiabe" disse, facendo qualche passo nella sala. Sembrava così piccolo, mentre cercava di ricordare tristemente "Diceva sempre che ero il suo principino e che lei sarebbe sempre stata lì, come una fata madrina, a vegliare su di me".

"È una cosa molto carina e dolce" dissi, mentre lo scrutavo muoversi sempre più vicino. Aveva lo sguardo vuoto ma sulle sue labbra era posato un sorriso. Come se stesse vedendo qualcosa di lontano ma che lo aveva fatto stare bene. Iniziai a chiedermi perché fosse un paziente di mio padre e se centrasse sua madre.

"Lo è” sorrise bloccando il suo sguardo nel mio e ora ero io a sentirmi piccolo “Ed io ci credo ancora, ma non leggo una fiaba da...da quando, sai...ad ogni modo, che fiaba leggevi?" fermandosi accanto alla poltrona che avevo di fronte, ma non sedendosi.

Prima di parlare e rispondere alla sua domanda, mi concessi qualche secondo per capirlo o fermarlo nella mia memoria. Aveva ancora le braccia strette al petto, come se si stesse abbracciando. Sulle sue labbra il sorriso che non era ancora andato via e i suoi occhi tornarono a provare emozioni. Erano più caldi ora. Niente più ghiaccio.

"Nessuna storia in particolare, cercavo di cogliere i pensieri di quelli che noi definiamo “cattivi”. Credo che vengano etichettati solo per permettere a qualcuno di essere l’eroe, perché non c’è eroe senza cattivo, no? Ma credo anche che se sia stupido, voglio dire: perché rendere la vita di qualcuno un inferno solo per far vivere per sempre qualcun altro e alla fine regalarli un po’ di compassione?” mi fermai sotto il suo sguardo attento. Mi stava ascoltando e non stava giudicando.

“Oh!” disse dopo un breve silenzio, vedendo che non era mia intenzione continuare a parlare - o meglio perché incapace di farlo. Mi scrutava e lo stava facendo con troppa attenzione per abbassare lo sguardo dai suoi occhi o per dire qualcosa, anche di stupido.

“Sembra interessante questa tua visuale” disse e sembrava restio a ogni parola o movimento. Come se avesse voglia di conoscermi, continuare quella chiacchierata, sedersi ed espormi le sue idee, eppure qualcosa lo tratteneva a quella sua posizione iniziale.

Non potevo permettere che queste sua forma d’insicurezza lo portasse a uscire dalla stanza o dalla mia vita, cosi ripresi a parlare e a cercare di farmi vedere più sicuro. Almeno quello era la mia idea. “I personaggi cattivi mi hanno sempre affascinato e non per la loro definizione. Sono persone incomprese che non hanno mai avuto l’opportunità di mostrare o raccontare la loro storia. Non sto dicendo che per via della loro pessima infanzia siano giustificati a fare del male ad altre persone, dico solo che dovrebbero avere un’occasione. Dovrebbero dare loro una possibilità di mostrare che sono migliori.

“Non capisco perché mai nessuno si sia fermato a chiedere come stesserò, invece che additarli e farli credere che è quello che sono destinati a essere sia solo essere un cattivo. Non si nasce cattivi come del resto non si nasce buoni. Non tutti gli eroi hanno il coraggio di estrarre la spalla e uccidere il drago. Non tutti gli eroi hanno la forza di affrontare percorsi tortuosi per salvare la principessa. Alcuni semplicemente non ci riescono, ma sono meno eroi per questo?

“Non è anche eroe una persona che prova con tutte le sue forze a non cadere? Non è un eroe, una persona che fa di tutto per superarsi? Non è un eroe, una persona che fa un lavoro modesto per mantenere la propria famiglia? Non è un eroe, una persona che cerca di salvarsi, anche solo da se stesso e da quello che sa può far male a qualcuno?

“Se tutto questo non fa di una persona un eroe, allora mi chiedo cosa determini un eroe. La forza? Le armi? I nemici che affronta? La propria ricchezza? Il proprio potere? O forse sono il coraggio. Coraggio di continuare a provare, anche se tutto è finito. Il carattere e la determinazione di portare alla fine quello che si è iniziato. La consapevolezza di sapere che si è eroi per se stessi e non per forza per il mondo.

“Alle volte credo che il mondo abbia bisogno dell’eroe per essere grato a qualcuno e non doverci provare. Per potersi sentire al sicuro, senza il bisogno di crearsi un luogo sicuro intorno. Poter contare su qualcuno perché troppo fifoni per credere in loro stessi. E non sto giudicando questo. Voglio fare notare quello che il mondo non riesce a vedere perché ne ha paura.

“Il cattivo affronta ogni cosa, con il cuore spezzato e con la gente che non se ne cura. Perché preoccuparsi di qualcuno che un giorno potrà farti del male? Sarebbe schiocco, no? Non si pensa che il semplice interessarti a quella persona e farlo sentire amato possa aiutare. No, perché è cattivo e i cattivi sono brutte persone, meglio amare l’eroe che non commette mai errori.

“Non è quello che vogliono farci credere? Che l’eroe è perfetto e sa sempre quello che deve fare. Sono poche le fiabe dove fanno vedere le insicurezze o paura dell’eroe. Quei momenti in cui è tentato di arrendersi o pronto a fare la cosa sbagliata, cosi da non assumersi nessuna responsabilità.

“Non voglio accusare l’eroe, vorrei che la gente smettesse di creare un cattivo solo per far vivere l’eroe. Siamo noi gli eroi che lontano contro il male e quel male siamo noi stessi. Siamo il bene e il male. Ogni giorno lottiamo contro noi stessi e la vittoria come la sconfitta passano in secondo piano. Siamo quello che siamo ma nessuno di noi è destinato a qualcosa in particolare.

“Siamo nati per essere migliori ogni giorno. Per scoprire il nostro posto del mondo e farlo nostro. Per avere paura, superarla e continuare il nostro viaggio. Nessun eroe. Nessun cattivo. Sono noi stessi e tutto quello che riuscivamo a trovare dentro di noi. Solo stupidi umani che ci provano ancora”.

Le parole erano uscite rapide dalla mia bocca. Pensieri custoditi gelosamente, avevo visto la luce. E sembrava tutto strano intorno a me, era come parlare e sentirti bene e sicuri. Senza paura di dire la cosa sbagliata o di andare contro qualcuno. Mi sentivo di poter dire qualsiasi cosa.

“Ti senti come lo loro? Voglio dire: una persona incompresa, cui non è stata data una possibilità di raccontare la propria storia e di dimostrare che è migliore di quello che si crede? Scusa, forse non avrei dovuto chiedertelo. Stavi raccontando come vedevi quel mondo ed io mi sono intromesso. Mi dispiace” disse, ma non ascoltai le sue scuse.

Com’era possibile? Non sapeva niente di me, non avevamo mai parlato e non ci conoscevamo. Come poteva sapere tutto quello? Come aveva fatto con solo da qualche frase detta a capire quello di me? Come poteva essere arrivato alla conclusione, che con tutto me stesso, volevo nascondere anche a me stesso?

“Io-Io” provai a dire, ma le parole non riuscivano a trovare un ordine e nella mia testa era in corso una riunione per rimettere in ordine i pensieri in fuga da ogni parte. Cosi ci riprovai e ci riprovai ancora fino a quando non riuscì a chiedere: “Com’è possibile?”.

Era una domanda cosi vaga che mi sorpresi quando lo sentì dire: “Ti ho ascoltato” e il mio cuore si fermò, rifiutandosi di battere. Quelle semplici parole avevano fatto bloccare ogni cosa dentro di me e nello stesso istante mosso tutto. Lui mi aveva ascoltato. Lui aveva sentito la mia voce nell’aria e aveva ascoltato attraverso di essa me stesso. Com’era possibile?

Non ebbi la possibilità di capire o chiedere altro, perché mio padre entrò nella stanza e sembrava sorpreso di trovare entrambi lì. Solo in quel istante, quando mio padre attirò l’attenzione del mio angelo diventato principe, realizzai che era seduto sulla poltrona. Si era mosso durante il mio discorso e si era seduto sul bracciolo imbottito della poltrona. E forse era stato un gesto cosi naturale che non era riuscito a impedirlo o notarlo, proprio come me, e sembrò sorprendere anche lui quando si alzò.

Ero riuscito a farlo restare. Non ero riuscito a farlo parlare molto e a bloccare il suono della sua voce nella mia memoria, ma ero riuscito a farlo sedere e a convincere - in piccola parte - il suo corpo, la sua mente e forse anche il suo cuore che era la cosa più giusta da fare. Fidarsi.
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Dopo è uscito dalla stanza seguito a ruota da mio padre e io sono rimasto imbambolato a fissare la poltrona che avevo di fronte. Non riuscivo proprio a crederci. Lui si era seduto ed io ero cosi preso da quello che stavo dicendo o da quel poco che aveva detto, da non averlo neanche notato. Ed era tutto cosi assurdo.

Ora riesci a capire tutto il mio discorso iniziale? No? Forse sono un pessimo racconta storie. Ma come morale della favola - perché ogni favola ha la propria - dire: Quando un bellissimo angelo che si trasforma in principe, ti sorprende a leggere e ti chiede cosa tu stia leggendo, tu inizia a parlare di cattivi ed eroi ma sta ben attento a non perderti nessun suo movimento, potrebbe sorprenderti. E se quel angelo ha gli occhi azzurri, la pelle chiara e un sorriso che sa di estate, bhe, non lasciarlo mai andare via. Anzi, chiedigli di restare per sempre.
  
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