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Autore: _RedRose_    29/04/2014    0 recensioni
CedricxDaphne
-E cosa mi dovrebbe succedere?- ghignai per poi continuare –Non è mica colpa mia se un belloccio come te ci prova con una come me, peccato che con me i tuoi tentativi di seduzione non funzionino-
Uno strano scintillio attraversò le sue iridi che in quel momento diventarono scure come un cielo in tempesta.
-Non mi sembrava fosse così quando eri sdraiata sotto di me- mi sussurrò all'orecchio provocandomi mille brividi.
Non riuscì a ribattere, aveva maledettamente ragione. Perché io, Serpe per eccellenza, non riuscivo a contrattaccare contro uno stupido Tasso? E perché provavo tutte quelle sensazioni strane non appena mi si avvicinava? Sicuramente non potevo restare zitta e lasciare che lui mi facesse apparire così.
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Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cedric Diggory, Daphne Greengrass
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Premessa: Voldemort non è mai rinato, di conseguenza Cedric non è mai morto. Daphne Greengrass ha la stessa età di Cedric Diggory(anche se dovrebbero passarsi 2/3 anni) e frequentano entrambi il sesto anno. La frase usata come titolo non è frutto della mia testa ma è una citazione anonima. Detto ciò vi auguro buona lettura. 
 
Così diversi da scontrarsi
eppure così necessari per completarsi 

•••


 
Ogni qualvolta non riuscivo a prender sonno mi soffermavo ad ammirare il Lago Nero –ben visibile dai sotterranei-. Era un rito che facevo sin dal primo anno, quando ero ancora una ragazzina che aveva paura del mondo. Adesso ero cresciuta,ero maturata, ma certe abitudini non erano mai cambiate.
Constatando che le mie compagne di stanza erano tra le Braccia di Morfeo, presi la mia bacchetta e con un Lumos sussurrato a mezza voce mi diressi fuori dal dormitorio, avevo bisogno di sgranchirmi un po’ le gambe.
Cercando di non fare rumore chiusi l’entrata della Sala Comune e a passo felpato cercai di allontanarmi il più possibile dalle sculture dei cobra poste a guardia dell’entrata, sin da piccola mi incutevano paura.
Non sapevo dove stessi andando, di notte quei corridoi sembravano tanto simili tra loro che ormai avevo perso l’orientamento; nemmeno i quadri sembravano d’aiuto, quei vecchi rincitrulliti.
Ero decisa a tornare indietro quando vidi un piccolo bagliore alla fine del corridoio in cui mi trovavo e così, vinta dalla curiosità, mi diressi verso di essa.
Più mi avvicinavo e più mi accorgevo che il bagliore proveniva da un’aula che non riuscì a riconoscere per colpa del buio.
Una volta arrivata in prossimità dell’entrata dell’aula notai un grande tavolo su cui erano posti in fila delle coppe: era la Sala dei Trofei.
In sei anni non mi ero mai avventurata in quei corridoi, tantomeno in quella stanza. Era strabiliante come in un singolo posto potevano essere rinchiusi centinaia e centinaia di trofei, coppe di Quidditch e targhe di riconoscimento risalenti alle più svariate epoche, sino ai fondatori.
Ero talmente concentrata a guardarmi intorno che non mi accorsi nemmeno della voce che mi chiamava finché non inciampai sui piedi del mio interlocutore.
Ero spalmata a terra, con la faccia rivolta al pavimento e le mani ai lati della testa; chiunque mi avesse fatto cadere l’avrebbe pagata.
Alzando il volto mi accorsi della figura che mi stava davanti. Alto, capelli scuri e indomabili, fisico tonico e gli occhi… quelli non riuscivo a vederli per via della poca luce.
Il misterioso ragazzo mi tese la mano e io, già programmando gli insulti più fantasiosi, mi feci aiutare. Una volta in piedi stavo per accanirlo, ma lui fu più veloce di me.
-Dovresti stare più attenta-
Mi bloccai immobile: quella voce l’avevo già sentita. Volendo scoprire l’identità del mio interlocutore mi avvicinai al ragazzo tanto da distargli solamente un palmo della mano. Il suo volto era ancora in penombra però riuscì a distinguere lo stemma di Tassorosso sulla sua divisa; un indizio in più.
Erano pochi i Tassi che non avevano paura di noi Serpi, si può dire che si potessero contare sulle dita di una mano.
Mentre ero impegnata a farmi mille congetture mentali sulla presumibile identità del ragazzo, il qui presente citato illuminò i nostri visi con la sua bacchetta e io potei finalmente osservarlo.
-Cedric Diggory- sussurrai ancora sotto shock.
-Daphne Greengrass, che onore- rispose con una vena sarcastica che io prontamente individuai.
-Diggory non ero io quella che stava in piena notte nella Sala dei Trofei- lo accanì io.
-Greengrass- mi scimmiottò –non ero io quello che è accidentalmente inciampato sui piedi di qualcuno per poi far cadere la Coppa delle Case non so dove … in piena notte-
Ero infuriata, come si permetteva quell’inutile Tasso di parlarmi così? Che diritti aveva?
-So quello che stai pensando ma non voglio ulteriori litigi. Adesso, tu hai fatto cadere la Coppa e tu la ritrovi- mi disse con calma estenuante per poi allontanarsi di un passo da me.
Io lo guardai incredula, cosa voleva cercare di fare?
Con un ghigno che non gli si addiceva,Diggory mi fece segno di iniziare.
-Ammetto che la colpa sia in parte mia, ma se tu non saresti stato qui io non sarei inciampata, di conseguenza non avremmo perso la Coppa delle Case. Quindi mi devi aiutare!- quasi urlai le ultime parole.
Il moro con una scrollata di spalle si fece avanti e iniziò a cercare fra gli scaffali per poi essere raggiunto poco dopo da me, ancora sorpresa. Pensavo ci volesse di più per convincerlo.
-Mi spieghi cosa ci facevi tu qui?- gli chiesi continuando a cercare sotto il tavolo.
-Potrei farti la stessa domanda- mi rispose lui da dietro uno scaffale.
Sbuffai –Io stavo camminando per i corridoi e poi ho visto una luce provenire da qui, così mi sono avvicinata. Non avevo tenuto il conto che mi sarei ritrovata in questo guaio- gli dissi allargando le braccia per mostrargli cosa intendessi.
-Io ero in punizione per colpa di Piton, però vedo che se non c’è una Serpe viene subito rimpiazzata da un’altra- mi disse lui sbucando da uno scaffale e facendomi un occhiolino.
Mi alzai rossa di rabbia e lo raggiunsi dietro lo scaffale, pronta a dirgliene quattro, peccato che di lui non ci fosse nessuna traccia.
-Diggory se non vieni fuori ti puoi considerare morto!- sbraitai.
-Che paura- mi disse lui sbucando fuori da dietro una libreria e facendomi quasi venire un infarto.
-Ti conviene scappare- gli dissi per poi iniziare a rincorrerlo.
Ero ormai vicina dal prenderlo quando inciampai –di nuovo- e caddi sopra Diggory.
Dalla paura avevo chiuso gli occhi ma, quando li riaprì, mi ritrovai a un palmo dal naso del moro. Cercai di alzarmi ma mi accorsi che qualcuno mi stava tenendo per la vita senza lasciarmi via di fuga.
-Lasciami Diggory- sbuffai esasperata.
-Lo sai che sei carina Greengrass?- mi disse guardandomi negli occhi.
Velocemente distolsi lo sguardo e gli risposi –Peccato che non possa dire lo stesso per te-
Cercai ancora una volta di alzarmi ma lui non me lo permise, stringendomi ancora di più a sé. Ma che problemi aveva?
-Dobbiamo trovare la Coppa- gli ricordai ormai senza speranze.
-L’abbiamo già trovata e dobbiamo dire grazie alla tua incompetenza- mi disse indicando un punto dietro di me. Ero inciampata sulla Coppa, più fortuna di così.
Mi rigirai a guardarlo e, seppur a malincuore, mi accorsi che era un ragazzo davvero carino. Per un attimo mi specchiai nei suoi occhi color piombo. Distolsi immediatamente lo sguardo, stavo affogando in quelle iridi.
Il moro mi prese delicatamente il mento e mi fece girare verso di lui, spostandomi una ciocca di capelli biondi.
-Sei davvero bella- mi disse accarezzandomi una guancia con il dorso della sua mano.
Aveva un tocco delicato, tanto da farmi perdere la testa. Non avevo mai ricevuto queste attenzioni da nessun ragazzo, non ne davo modo a nessuno, eppure con lui era diverso.
Lentamente si avvicinò di più al mio collo dove inspirò profondamente.
-Hai un buon profumo. Rose e muschio- mi sussurrò all’orecchio.
In quel momento mille brividi mi salirono su per la spina dorsale. Il suo corpo premuto contro il mio, il suo respiro che si mescolava al mio in un’unica fragranza, il calore che emanava il suo corpo, tutto di lui mi scombussolava.
Sentivo la gola secca e avevo immediato bisogno di aria ma non mi sarei allontanata da quella posizione per nulla al mondo –per quanto non lo volessi ammettere.
Come avevo fatto poco prima, incrociai nuovamente le sue iridi cristalline e mi ci specchiai dentro di esse. Ero come attratta da una calamita, non riuscivo –e non volevo- rompere quel gioco di sguardi, mi sentivo impotente dinnanzi a quelle iridi in tempesta.
Quella constatazione mi fece risvegliare dal mio stato di trans e, distogliendo finalmente lo sguardo dal suo, riuscì in qualche modo a liberarmi dalla sua stretta ferrea e ad alzarmi in piedi, seguita poco dopo da lui.
-Ehi, che ti prende?- mi chiese come se la cosa non fosse ovvia.
-Cosa prende a me, o cosa prende a te?- gli domandai retoricamente.
Mi stavo avvicinando all’uscita della Sala quando lui mi afferrò il polso e mi fece girare verso di lui: ero intrappolata tra il muro e il suo corpo. Non avevo via di scampo ma nonostante ciò non mi feci mettere i bastoni tra le ruote, odiavo chi si comportava in quel modo, odiavo i Tassi e ancor di più odiavo lui.
-Mi dici cosa ti succede?- ripeté nuovamente, questa volta alzando leggermente la voce.
-E cosa mi dovrebbe succedere?- ghignai per poi continuare –Non è mica colpa mia se un belloccio come te ci prova con una come me, peccato che con me i tuoi tentativi di seduzione non funzionino-
Uno strano scintillio attraversò le sue iridi che in quel momento diventarono scure come un cielo in tempesta.
-Non mi sembrava fosse così quando eri sdraiata sotto di me- mi sussurrò all’orecchio provocandomi mille brividi.
Non riuscì a ribattere, aveva maledettamente ragione. Perché io, Serpe per eccellenza, non riuscivo a contrattaccare contro uno stupido Tasso? E perché provavo tutte quelle sensazioni strane non appena mi si avvicinava? Sicuramente non potevo restare zitta e lasciare che lui mi facesse apparire così.
-Senti, forse non ci siamo capiti, ma adesso tu mi lasci in pace e farò finta che questa conversazione non sia mai avvenuta-
Dopotutto ero una Serpe, riuscivo a rigirare le situazioni a mio piacimento.
-Eh no, con me non attaccano questi trucchetti da Serpe, puoi risparmiarteli-
Dovevo cambiare tattica, peccato che il qui presente Tasso era divenuto ormai esperto a contrattaccare noi Serpi. Cosa fare in un momento del genere? Scappare, se solo l’unica via di fuga non mi era impedita da un certo ragazzo. La bacchetta mi era caduta quando mi ero messa a correre e quindi nemmeno un incantesimo sarebbe stato possibile quella volta. Cosa avrebbe fatto Salazar Serpeverde in questi casi –anche se dubito ci si potesse trovare-? Avrebbe usato la stessa arma del nemico, starò al suo gioco.
-Si, forse hai ragione, sei davvero bravo in queste cose. E anche in altre presumo- gli lanciai un’occhiata maliziosa facilmente fraintendibile, non era quello che intendevo dire.
-Altre del tipo?- mi chiese lui.
Deglutì profondamente, sperando che lui non abbia percepito il mio nervosismo. Ero in seri guai.
-Sai cose del tipo… - mi fermai un attimo. Come continuare?
Un’idea mi balenò in testa e cercai di metterla in atto. Lentamente appoggiai una mano sul suo bicipite –constatando anche che aveva delle braccia forti- e iniziai a disegnare dei piccoli ghirigori immaginari.
Diggory, dal canto suo, mi guardava letteralmente basito, e come non biasimarlo.
Sempre con una lentezza estenuante feci salire la mia mano fino a sfiorargli la base del collo e poi scendere verso il torace.
-Che stai facendo?- sussurrò con voce rauca.
-Niente che tu non voglia- risposi lasciando di nuovo fraintendere le mie parole. Possibile che esse erano piene di doppi sensi?
Iniziai a risalire raggiungendo nuovamente il suo collo delicato, soffermandomi sulla piccola vena che vedevo pulsare su di esso. Iniziai ad accarezzargli il viso, non rendendomi nemmeno più conto delle mie azioni.
Alzai la testa e incrociai il suo sguardo ancora sorpreso, sembrava un bambino a cui era stato fatto un regalo. E in quel momento feci una cosa per cui non ero portata, sorrisi. Quello era il sorriso più sincero che potevo dedicare ad una persona e non sapevo nemmeno io perché quella persona fosse Diggory, però sapevo che dovevo farlo.
-Sei ancora più bella quando sorridi, perché non lo fai mai?- mi sussurrò per non rompere quella strana atmosfera che si era creata tra di noi.
Quella domanda mi fece fermare a riflettere. Molti erano i fattori che mi avevano portato a non dimostrare il mio affetto alle persone. I miei genitori sin da piccola mi avevano insegnato che l’amore, qualunque esso sia, era indice di debolezza; l’unico gesto di affetto che potevo ricevere da loro era una carezza sulla testa, niente di più. Crescendo ho messo in pratica i loro insegnamenti, non affezionandomi a nessuno e lasciando che gli altri mi odiassero per il mio cuore di ghiaccio. Quello era uno dei pochi sorrisi che avevo rivolto a qualcuno in tutta la mia vita.
-Non ne ho mai avuto motivo- gli dissi sinceramente.
La sua mano si posò sulla mia guancia asciugandomi una lacrima che inconsapevolmente aveva tracciato la sua scia.
-E io sono un motivo valido per ricevere un tuo sorriso?- mi chiese quasi temendo la risposta.
Se dovevo essere sincera, lui era forse l’unico che meritava il mio sorriso, l’unico che ci sia mai riuscito.
-Sei l’unico motivo per cui sorrido- gli risposi.
Accortami delle parole appena pronunciate strabuzzai gli occhi portandomi una mano a coprire la bocca, come se bastasse a cancellare le parole appena dette.
Il moro mi tolse la mano dalla bocca e la intrecciò con la sua, diffondendo in me un coraggio e un senso di gratitudine che non sapevo potessi provare.
-Non devi pentirti delle tue parole- mi disse accarezzandomi la guancia con la mano libera.
-Grazie- sussurrai.
Gli ero grata davvero per tutto. In quel momento il mio cuore di ghiaccio e il mio essere Serpeverde non mi fecero cambiare idea, in quel momento non avevo bisogno di seguire stupidi stereotipi inculcati a forza nella mia mente, in quel momento potevo e dovevo seguire soltanto il mio cuore ormai del tutto sciolto da tutto il ghiaccio che lo circondava.
-Grazie a te per avermi fatto conoscere la vera Daphne, non quella ragazza insensibile che camminava per i corridoi mostrando a tutti uno sguardo di sfida-  dicendo questo appoggiò la sua fronte contro la mia.
-Se faccio una cosa, prometti di non scappare?- mi chiese dopo parecchi minuti di silenzio.
-Dipende…- risposi vaga io.
-Dipende da cosa?- mi chiese curioso.
-Dipende da quanto tu voglia questa cosa- gli dissi non staccandomi da lui.
-Ho desiderato fare questa cosa dal primo istante in cui ti ho vista- e così dicendo poggiò le sue labbra sulle mie.
Era un bacio casto che trasmetteva sicurezza. Potevo restare in quella posizione per sempre, mi sentivo finalmente appagata, come se avessi trovato ciò che da sempre cercavo, come se prima stessi vivendo una vita che non era la mia e solo adesso sia nata, o forse ero solamente rinata.
Non mi ero mai sentita tanto viva.
-Sai, mi ci potrei abituare- mi sussurrò sulle labbra per poi donarmi un altro bacio a fior di labbra.
Si allontanò leggermente da me, mi guardò un attimo, e si girò andando verso il tavolo dei Trofei.
Io ero disorientata, sia dall’infinità di sensazioni provate, sia dal suo repentino cambio di espressione. Forse avevo fatto qualcosa che non andava, o forse mi aveva solo usato.
In quel momento mi sentì tradita da una persona che mai e poi mai avrei creduto potesse sortire in me tali sentimenti.
Il moro raccolse qualcosa da terra e, girandosi verso di me, alzò in alto la Coppa delle Case sorridendo vittorioso. Non capivo il suo comportamento, era indecifrabile.
Forse capì il mio dubbio perché, avvicinatosi di più a me, mi prese per mano e cominciò a parlare.
-Devo ringraziare questa graziosa Coppa perché senza di essa io adesso non sarei qui con questa bella ragazza- così dicendo poggiò la Coppa tra i trofei e le fece un inchino, facendomi inevitabilmente ridere.
-Ah, allora Lady Sono-un-cuore-di-ghiaccio adesso sa anche ridere! Oh che felicità per le mie orecchie- e s’inchinò anche davanti a me.
-Oh Lord Sono-un-Tasso-che-non-ha-paura-delle-Serpi-ma-che-si-è-fatto-soggiogare-da-una-di-esse, allora anche lei ha senso dell’umorismo. Che gioia per me!- lo scimmiottai scoppiando di nuovo a ridere, questa volta seguita anche dal moro.
-Lo sapete vero che questo nome non potrà essere usato perché troppo difficile da ricordare?- chiese reggendo il gioco.
-Oh, certo che lo so Lord, ma vedete che io ho una memoria molto ampia. Ricorderò sicuramente il vostro epiteto- gli dissi avvicinandomi di un passo a lui, seguita a ruota da quest’ultimo.
-Sapete Lady, sono abbastanza stanco e mi servirebbe un metodo per rilassarmi, ne conoscete qualcuno?- mi disse arrivando a qualche centimetro da me e guardandomi fisso degli occhi.
-Oh, si, ne conosco giusto alcuni- e così dicendo mi avvicinai di più a lui portando le braccia dietro al suo collo per poi lasciarmi stringere da lui, posando finalmente le mie labbra sulle sue.
Strano come una punizione, per mano di Piton per giunta, e una Coppa possano cambiare il destino i due ragazzi apparentemente troppo diversi.
Quello era solo l’inizio di una storia che avrebbe portato i due a compiere cambiamenti e a diventare un punto fermo l’uno per l’altro, ma questa è un’altra storia.
Vi lascio così con la premessa che anche amori giudicati da tutti impossibili possono sbocciare e fiorire; non è forse vero che gli opposti si attraggono? E chi c’è di più opposto di quei due, proprio per questo si completano. Loro sono la dimostrazione che nemmeno dei futili pregiudizi possono andare contro l’amore. Niente può andare contro l’amore.
  
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