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Autore: Sara_Fiore    29/04/2014    0 recensioni
Il nome Anna significa "grazia divina, misericordia, pietà".
Sua sorella si chiama Maria, "amata".
Dopo la morte prematura della madre, le due vivono con il padre. La loro è una vita bellissima. Sono amate da tutti, finchè Francesco non compare nella vita di Anna.
Francesco non è il classico esempio d'amore, ma tutti lo scopriranno troppo tardi...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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CAPITOLO 9
 
Maria si svegliò quella mattina che le doleva la schiena. Il materasso era troppo duro e il cuscino troppo morbido. Si vergognava di se stessa, non voleva di certo apparire agli occhi di Lorenzo Gori come una di quelle contessine che devono avere tutto e subito.
-Dormito bene questa notte?- chiese lui appena la bambina si affacciò alla cucina.
-Ovviamente sì, signore.- rispose, ovviamente mentiva ma non voleva offendere il suo salvatore.
-Sono contento!- rispose Lorenzo sorridendo a tutti denti.
La bambina si sedette al tavolo di legno grezzo e si guardò un po’ attorno. La cucina era davvero piccola, fatta interamente di legno di ciliegio grezzo, con una credenza n cui c’erano molti piatti di porcellana bianca e un lavabo. Il tavolo era tondo e c’erano due sedie. Nessun soprammobile o vaso di fiori. Sembrava la casetta dei sette nani prima dell’arrivo di Biancaneve.
-Partiremo questa sera, Maria! Dovremo viaggiare di notte!- disse il giovane porgendo alla bambina una tazza di latte fumante.
-Perché di notte?- chiese lei strofinandosi gli occhi ancora stanchi.
-La preside ci starà cercando, è rischioso per entrambi, credimi.
Il ragazzo si sedette nell’altra sedia e cominciò a bere la sua tazza di latte.
Il silenzio cadde nella piccola stanza.
-Ci credo, rischiamo la pelle!- disse la bambina, alzandosi e uscendo dalla casetta. Fuori, un morbido vento la avvolse e la trasportò nel mondo della fantasia, il suo preferito. Si immaginava la regina del vento e tutti i sudditi le cadevano ai piedi. Era felice.
Ma la sua mente fu bruscamente svegliata, da uno sparo di un fucile.
-Maria, in casa, svelta!- la richiamò Lorenzo, ma fu troppo tardi. Un cacciatore, vestito con una tuta mimetica la vita mentre rientrava in casa. La seguì e aprì violentemente la porta.
-Wie heißt du? (chi sei?)
-Lorenzo, che lingua sta parlando?- chiese la bimba abbracciandosi al suo salvatore.
-Tedesco. Coloro che hanno ucciso la nostra gente. Non temere piccola!
-Wie heißt du?- chiese l’uomo puntando il fucile sulla fronte di Lorenzo.
-Ich heiße Lorenzo Goti, einen Lehrer! (sono Lorenzo, Goti, un insegnate!)- rispose calmo.
-Und sie? (e lei?)- domandò mettendo il fucile in direzione di Maria.
-Meine Schwester Maria! (mia sorella Maria)- rispose di nuovo tranquillo, a suo agio.
L’uomo mugugnò sedendosi su di una sedia. Maria si fece coraggio, e dopo aver respirato e lo guardò. Era un tipo basso e parecchio robusto, con la barba che gli cresceva fitta sul mento sporgente e che incorniciava una bocca carnosa. Al posto degli occhi aveva due fessure nere come il carbone, la fronte spaziosa poco coperta da capelli bruni nascosti da un capello da cacciatore. Vestiva con un’orribile camicia rossa tutta sgualcita, e i pantaloni color verde militare fino al ginocchio. Da lì partivano due grossi stivali di gomma.
L’uomo prese da parte Lorenzo e si misero a parlare fitto in tedesco. Come faceva il suo insegnante di lingua francese a sapere anche il tedesco?
La bimba li guardava. Ogni tanto l’uomo posava lo sguardo sulla bimba e la sua espressione non prometteva nulla di buono.
-Ich gehe weg. Und du kannst ihr bleiben! (io vado via. E te puoi restare qui!)- disse Lorenzo indicando con un gesto la sua umile dimora.
-Ja! Aber sie? (certo, ma lei?)- chiese l’uomo senza voltarsi a guardare Lorenzo.
-Sie geht mit mir. Sie ist...meine Schwester! (lei viene con me. Lei è…mia sorella!)- disse Lorenzo.
L’uomo acconsentì chinando la testa.
Lorenzo si avvicinò a Maria e le disse piano: -Va in camera mia e prendi la mia pistola. È nel primo comodino quando entri. Attenta a non farti vedere. Nascondila poi in una coperta che tirerai su dal mio letto. Non temere, bambina mia, siamo presto salvi anche da qui.
La bimba si asciugò la lacrimuccia con il dorso della mano e fece ciò che le aveva ordinato Lorenzo.
Prese la pistola. Le dava una strana sensazione toccare un’arma. Era fredda. La nascose subito nelle coperte e si avviò dal ragazzo. Egli prese il malloppo e lo sistemò in uno zaino. Poi entrambi uscirono dalla casa senza volgere lo sguardo verso l’uomo che gli stava beffando.
-Non vorrai mica ucciderlo, vero?- chiese la bimba quando si furono allontanati.
-Non ce n’è motivo, per ora. Sbrighiamoci, dobbiamo raggiungere la foresta entro un’ora.
I due si incamminarono a passo svelto verso la selva, che si trovava molto lontana.
 
-Amore mio, auguri!- disse Anna schioccando un bacio sulla guancia di Michele. Egli arrossì. Quel giorno compiva 21 anni.
-Grazie.- rispose. Era da una vita che non festeggiava il suo compleanno, e per l’occasione Anna aveva cucinato una deliziosa torta toscana, il castagnaccio.
-Spero sia buona, non l’ho mai fatta prima d’ora.- disse la giovane. Non ottenendo risposta aggiunse:-Mi ha insegnato la ricetta quell’anziana signora che hai visita l’altro giorno.
-Oh sì, la signora Ponzi. Un po’ matta, dicono che abbia ucciso il marito in casa. Ogni volta ch eha la finestra aperta si sente odor da morto.
-E tu come fai a saperlo?- chiese Anna inorridita.
-Sai com’è! Il paese è piccolo e io curo tutte quelle batole di signore!- rise lui.
Anna si rilassò e si sedette a tavola. Forse il suo primo dolce le era uscito buono; il ragazzo non parlava, mangiava soltanto.
-Oggi è arrivata una lettera per te!- disse.
-Di cosa parlava?- chiese lui.
-Non l’ho mica letta! Per chi mi hai presa?- chiese lei un po’ seccata dalla domanda.
-Scusa amore, davvero!- si corresse subito, Michele, con gli occhi tristi. Anna li notò e tornò a sorridere, per incoraggiarlo. Ma lui non la guardava, poi si alzò; -Dov’è la famosa lettera?
-Sul bancone, è sempre stata là. Credevo l’avessi vista!
Lui mugugnò qualcosa d’impercettibile. Anna odiava quando Michele faceva così.
Il ragazzo trovò subito la lettera e prima di aprire disse: -Ieri ho visitato una signora. Mi ha detto che l’Italia è riuscita a farsi annettere il Trentino, e anche Trieste!
-Il Trentino? Ma non è il paese dei tedeschi?
-Ora non più! Ora è italiano!-esclamò lui tutto orgoglioso.
-Mmmmm...- disse sottovoce Anna, con la mano davanti alla bocca.
-Ed è cambiato pure il governo!
-Pure?
-Già! È salito al potere un certo Mussolini...mi sfugge il nome.
-Benito? È così vero?
-Ma come fai a...
-Sentivo mio padre quando parlava d’affari con altri uomini. Non me ne sono mai interessata, ma mi impressionava sapere chi ci avrebbe governato. Lo so, è stupido, per una ragazza. Ma io lo facevo. Ovviamente, mio padre non ne sapeva nulla, e nulla ne deve sapere, se un giorno lo rivedrò.- concluse con un sospiro pesante.
-Non voglio bloccarti. Anna Giglio, io ti amo, e appunto per questo voglio lasciarti libera. Se vuoi tornare a casa tua, fa pure!
-Non ti lascerò mai! E ora, apri la busta, dai!- la ragazza fremeva per sapere il contenuto della lettera arrivata misteriosamente a casa dell’amato. Michele le sorrise e le schioccò un bacio sulla fronte. Anna era così cambiata negli ultimi mesi. Aveva persino deciso di dare un cambiamento radicale alla sua vita, tagliandosi i capelli molto corti, il limite per una ragazza, proprio sotto, non di molto, dalle orecchie. Sarà stata la novità, ma la ragazza era veramente più bella così. E non vestiva più con quegli abiti così stretti col corpetto, ma erano morbidi, sempre da nobili, comunque. Quel giorno l’abito le donava alla meraviglia. Un delizioso vestito color glicine che le cadeva morbido fino alle caviglie. E stranamente, quel giorno non portava le scarpe. Gli abiti erano della madre di Michele, il quale glieli aveva regalati con amore.
I due si scambiarono uno sguardo d’intesa. La ragazza disse piano: -Va! Apri!
E Michele aprì finalmente la busta. La sua faccia divenne preoccupata.
 
-Piccola, ci sei?
Maria ansimava e aveva molte difficoltà a tenere il passo di Lorenzo, -Fermiamoci qua, ti prego!
-Sei matta? Vuoi farti uccidere? Se sì, fermati. Se non vuoi, continua a correre più forte che puoi, con quanta più forza contieni. Ce la puoi fare, Maria, fallo per te. E se non vuoi farlo per te, fallo per tua sorella Anna!- Lorenzo aveva colpito il cuore di Maria. La bimba si rialzò e cominciò a correre veloce, in fretta, sempre di più, finché superò anche il suo salvatore. Quasi come un gioco, i due si rincorrevano e si prendevano a vicenda, e la strada verso la foresta, la loro salvezza, si faceva sempre più vicina.
“Corri, fallo per Anna!” si diceva la piccola correndo e ridendo, rincorrendo Lorenzo.
-Maria, fermati un attimo e taci.- le intimò il ragazzo.
Ella ubbidì senza fiatare e si fermò. Il suo udito percepì un fruscio, un rumore di rami secchi che si spezzavano e poi apparve l’uomo, quell’uomo, il tedesco.
-Lorenzo, ma è lui?
-Purtroppo sì, è lui!- rispose preoccupato lui impugnando la pistola.
L’uomo tedesco si avvicinò, ma non fece in tempo a far niente, perché Lorenzo gli sparò un colpo, facendolo cadere a terra.
  
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