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Autore: Spica_ONeal    30/04/2014    1 recensioni
Dal testo:
« Aspetta! » Mi segue a ruota e mi blocca per un braccio.
« Io sono Jay Miller. Tu sei..? »
« Cora O’Neil. » Rispondo atona mentre mi dirigo verso l’uscita.
« Ah, dimenticavo… » Aggiungo poco prima di chiudere la porta di casa sua, mi fermo rimanendo di spalle, mi giro appena appena e sorrido compiaciuta.
« Uno a zero per me. » E me ne vado definitivamente.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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JAY 

Mentre preparo l’ennesimo Cosmopolitan della sera, mi guardo attorno per tenere d’occhio Cora. Guardo Ryan che sta pulendo il bancone e vedo che anche lui sta perlustrando il locale con gli occhi. Per quanto buio ci possa essere e con tutta la folla che c‘è, è difficile non notare quella canottiera fluorescente. 

“… E stretta. Terribilmente stretta.” Scuoto la testa per scacciare il pensiero. 

« Jay, non la vedo. E dire che fino a poco fa era da queste parti. » Annuisco e inizio a scrocchiare le dita per abitudine. 

« Vado a cercarla, tu rimani qui e continua a servire. » Mi tolgo il grembiule nero e inizio a chiedere informazioni alle persone più sobrie che vedo. 
Nulla. Nessuno l’ha vista. Sembra che si sia volatilizzata. 
Corro a vedere fuori, magari ha deciso di prendersi una boccata d’aria, penso tra me e me. 
Il vuoto. Solo gente che ridacchia e beve. 
Provo a guardare di nuovo dentro il locale, non è nemmeno lì. 
Decido di provare sul retro. 
Vuoto. 
Poi sento qualcosa provenire dal bagno privato. 
Spalanco la porta senza pensarvi due volte. E la trovo lì. Con le mani appoggiate ai lati del lavandino. 
Ma quello che cattura la mia attenzione è l’enorme chiazza di sangue. Perdo un battito.
Alzo lo sguardo e trovo il riflesso dei suoi occhi che mi fissano. 
Metallo fuso, puro ferro incandescente.
Mi trapassano da parte a parte, con disprezzo. E io rabbrividisco. Sembra pronta ad uccidermi da un momento all’altro. 
Mi riprendo, vedendo che dalle sue labbra scivola una goccia di sangue e le atterra su una mano. 

« Cora, cosa… » 
« Vattene. » La sua voce è incrinata. E tossisce, sputando sangue che va a schizzarsi sullo specchio. 
« Scordatelo, hai bisogno di aiuto. » Tiro fuori il pacchetto di fazzoletti che ho in tasca e ne estraggo uno. 
Mi avvicino a lei, ma lei si allontana di un passo. 
« Non ti avvicinare. Ora sto bene. » Trema, sembra pervasa da spasmi continui. 
« No che non stai bene. Forza, vieni. » Esita per qualche secondo, poi capisce anche lei che ha bisogno di una mano e mi prende il fazzoletto. Inizia a pulirsi il sangue sulle labbra e sul collo. 
Poi ne prende un altro e un altro ancora, li bagna e pulisce lo specchio. 
Butta via i fazzoletti sporchi e inizia a lavarsi le mani bagnando anche tutto il lavandino in modo da non lasciare tracce. 
« Cora, devi andare in ospedale. Ormai è ora di chiudere, avverto Ryan e poi ti accompagno in macchina. » La vedo irrigidirsi.
Scoppia in una risata fragorosa, ma che non coinvolge gli occhi. 
« In ospedale dici? » Si ferma e prende fiato calmandosi. 
« Non serve, mi basta tornare a casa. »
« Bene, ti ci porto io adesso, allora. »
« Come sei cortese oggi. Comunque, no grazie. Non posso. »
« Sì, invece. Non puoi tornare da sola in questo… Stato. » La guardo da capo a piedi e le lancio un’occhiata d’intesa. 
« Non guardarmi come se fossi un animale ferito! » Sputa tutto d’un fiato. Sussulto.
« Tu non sei nessuno e quando dico che non posso, un motivo c’è. » Sospiro passandomi una mano tra i capelli, esasperato.
« Dimmi perché, almeno. » Indica con un cenno della testa la porta e mi incoraggia ad uscire. La seguo dietro un vicolo cielo e vedo un telo nero. Lei si avvicina e lo toglie, piegandolo con cura. 
Mi sorprendo nel vedere che una ragazza come lei vada in giro con un gioiellino del genere. Intuisco dalla sua espressione che non ha intenzione di lasciarla qui nemmeno per una notte. Poi mi illumino. 
« Senti… Posso portarti a casa con questa. E lascio a Ryan la mia macchina, tanto siamo coinquilini. »
Lei sbarra gli occhi, poi sospira.
Fa qualche passo e passa la mano sul sedile della moto. 
« Mi dispiace… Sarà solo per questa volta, promesso. » Sussurra con un sorriso amaro.
« Vado ad avvertire Ryan, aspettami qui. » Annuisce e io corro ad avvertire il mio amico. 

Ho lasciato che fosse lei ad indossare il casco, essendocene solo uno. 
« E’ tua questa moto? » Grido, mentre sfrecciamo in autostrada. Sento la sua presa su di me stringersi. 
« No… É di Shane. » Farfuglia.
« Il tuo ragazzo? » 
« No. » La sua presa non si allenta. Ha paura, forse? 
« Shane è… Mio fratello. Uno dei due. » Dice riluttante.
« Come si chiama l’altro? » Passa qualche istante, ma lei non fiata. 

“Perché non risponde?” 

Arriviamo sotto il vialetto del palazzo e fermo la moto, scendendo. Lei rimane su e prende il mio posto. 
« Grazie, vado a portarla in garage. Ciao. » Mormora freddamente.
« Non hai risposto alla mia domanda. » 
Passano un paio di interminabili minuti senza che lei apra bocca. 
« Ryan. » Soffia e parte senza lasciarmi il tempo di chiedere altro. 
A quel nome mi torna in mente la sua reazione, quando Ryan le si è presentato. 
Un mucchio di punti interrogativi inizia a farsi strada nella mia testa.

“Non le ho fatto nulla per meritarmi tutto quest'odio, oltre la cose delle mutandine. 
Perché è così diffidente?  Ma soprattutto... Perché ha reagito in quel modo a quel nome? Nemmeno le avessero dato un pugno nello stomaco.” 

Prendo le chiavi di casa ed entro ritrovando al buio. Mi cambio e mi lascio cadere sul letto.

“Che cosa nascondi, O'Neil? ” 


  
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