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Autore: SusanTheGentle    30/04/2014    5 recensioni
Ti chiese la vita. Tu gliela desti [Salmo 21:4]
I protagonisti sono come sempre loro: Caspian e Susan.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9. Per ricominciare
 
 
 
Il transatlantico avanzava velocemente tra le onde dell’oceano, portandolo ogni ora sempre più vicino alla sua meta: l’America.
Avvolta in un pesante cappotto che la riparava dalla fredda aria invernale, Susan se ne stava affacciata al parapetto, osservando l’azzurro infinito che si estendeva attorno a lei in un miscuglio di mare e cielo.
Stava per iniziare una nuova vita, o almeno era quello che sperava.
Voleva andarsene dall’Inghilterra, almeno per un po’, allontanarsi da tutte le cose e le persone che le ricordavano Narnia.
Non era stato come in passato. Questa volta, nel lasciarla aveva perso molto di più.
Non ne parlava mai. Non lo aveva mai fatto e i suoi fratelli non chiedevano niente. Solo una volta, forse per sbaglio, avevano pronunciato quel nome, mandandola su tutte le furie.
Non era più la stessa di prima. Certe volte diventava odiosa, irritabile e litigiosa, altre si chiudeva a riccio e non voleva intorno nessuno.
Dimenticare era diventata la sua priorità.
Era inutile continuare a rimuginare su qualcosa che non c’era, ad aspettare ciò che non sarebbe arrivato.
Inutile rincorrerla se non puoi afferrarla. Inutile vedere il cielo e desiderare di toccarlo quando sai che non hai ali per volare.
Arrivò un momento in cui si chiese se davvero si fosse sognata tutto quanto, se avesse solo immaginato di sentire la sua anima vibrare durante il tempo trascorso laggiù, tra gli alberi danzanti e gli animali parlanti, tra le mille avventure, le battaglie, le risate…e l’amore.
Specialmente l’amore.
Erano passati tre mesi da quando erano tornati.
Tre mesi di pianti celati agli occhi altrui.
Tre mesi per tentare di riprendere in mano la propria vita da dove l’aveva lasciata.
Tre mesi a cercare di evitare ogni possibile dialogo o situazione che le riportasse Narnia alla memoria, soprattutto lui.
I ricordi erano sempre lì, pronti a scaturire dalla sua mente e dal suo cuore non appena avesse abbassato la guardia.
Ma Susan imparò a tenerli a bada.
Purtroppo però, per quanto si sforzasse, sognava Narnia tutte le notti e sognava lui. Nel sonno non aveva difese, non poteva controllare i fremiti del suo cuore, che la portava inevitabilmente verso il luogo nel quale avrebbe voluto essere, verso ciò di cui aveva bisogno: il suo Principe. Il suo Re.
Ma non sarebbe mai più tornata. Non l’avrebbe mai più rivisto.
Non era possibile andare avanti così…        
Liberati del passato e guarda avanti.
L’unico modo che aveva trovato per farlo, era stato quello di fuggire via.
L’occasione si era presentata quando un vecchio amico dei suoi genitori, un certo Charles Stevens – che si era trasferito con la moglie a Washington ed era professore di una prestigiosa università – aveva invitato lei e Peter a trascorrere un periodo di studio di due mesi nella sua scuola.
I due ragazzi avevano accettato con entusiasmo. Si presentava loro una grande opportunità a livello accademico, in particolar modo per Peter, il quale iniziò a pensare che non sarebbe stato male frequentare un’università americana.
Edmund e Lucy cercarono di non far pesare ai fratelli più grandi la grande fortuna che era loro capitata, ma non poterono non lamentarsi quando scoprirono che a loro sarebbe toccato andare dagli zii: Harold e Alberta, e dal(l’insopportabile) cugino Eustace.
“Sarà solo per qualche settimana” disse la signora Pevensie.
I piani erano questi: dopo le vacanze di Natale – durante le quali il signor Pevensie ottenne una licenza – Susan, Peter e la mamma sarebbero partiti per Washington, mentre Edmund e Lucy sarebbero andati dagli zii.
Quindici giorni appena, aveva assicurato la signora Pevensie, dopodiché sarebbe tornata a casa dai figli più piccoli, lasciando i maggiori nelle ottime mani di Charles e Olivia Stevens.
Ma la vacanza di Peter e Susan si allungò notevolmente.
Le cose presero una piega inaspettata e i due mesi previsti divennero molti di più.
Accadde un giorno mentre si trovavano ancora sulla nave…
Fu qualcosa che fece capire a Susan che non poteva fuggire in eterno da ciò che era.
Solo una parte di lei – la parte in superficie, quella visibile – si era convinta che Narnia non contasse più nulla. Il suo vero io, invece, quello celato con la forza in qualche angolo buio della sua anima, non avrebbe mai dimenticato.
Non capiva, Susan Pevensie, che la Regina Dolce era ancora e sempre dentro di lei e non l’avrebbe mai abbandonata. Essere Regina di Narnia non era indossare una corona ma donare il proprio essere a quella terra, diventarne parte.
 
Lo capì la mattina in cui si svegliò nella sua cabina singola, stanca come non mai a causa della notte trascorsa tra un continuo dormiveglia.
Si alzò dal letto sentendo salire la nausea, correndo appena in tempo verso la piccola toilette adiacente.
Non poteva soffrire il mal di mare. Non lei che amava l’acqua e il mare più di chiunque altro.
Ricordava bene quando papà li portava tutti in gita sul fiume o al lago e lei era l’unica che non si lamentava mentre la barca caracollava sulle onde. E ricordava benissimo anche i viaggi a bordo della Beautiful Shining, la grande nave sulla quale lei e i fratelli viaggiavano nell’Età d’Oro: persino alcuni marinai accusavano malessere se una tempesta si abbatteva sull’Oceano Orientale, ma lei no. Niente.
Qual transatlantico era solido come una roccia, non pareva nemmeno di muoversi. Allora cosa…?
Si guardò allo specchio mentre faceva scorrere l’acqua e si sciacquava la bocca per mandar via quel cattivo sapore. Piano, quasi con terrore, alzò una mano e la portò a coprire il ventre.
No…non era possibile…
Quale assurdo scherzo del destino era quello?
Non poteva. Non adesso.
Con passi lenti tornò verso il letto, lo sguardo vacuo a fissare il nulla. Vi si rannicchiò, abbracciandosi le gambe, iniziando a piangere piano quasi non avesse la forza di farlo.
Inaspettato, impossibile, eppure reale.
Era incinta.
“Oh mio Dio…Oh mio Dio…”
Inizialmente rifiutò di accettarlo, ma un attimo dopo si diede dell’ emerita stupida per aver desiderato che non fosse vero.
Era una parte di lui. Una parte di lui che cresceva in lei. La vita che lui le aveva donato, la stessa che l’uno avrebbe dato per l’altro senza esitazioni.
Ancora non riusciva a pronunciarne il nome del suo Principe, faceva troppo male, e lei non poteva permettersi di cedere alla debolezza e al dolore. Doveva essere forte per due, adesso.
Si era tanto impegnata per non pensare più a Narnia, a tutto ciò che aveva lasciato laggiù, e adesso ogni giorno, ogni ora e munito, ci sarebbe stato qualcosa che gliel’avrebbe sempre rammentata.
Inutile mentire a se stessa: era spaventata all’idea di dover crescere quel bambino da sola. Avrebbe tanto desiderato che lui fosse lì con lei, che le dicesse che era felice, che tutto sarebbe andato bene, che la rassicurasse.
Ma lui non c’era, era lontano, non avrebbe mai potuto raggiungerla né lei andare da lui.
Mai più.
A chi chiedere aiuto, allora? A chi avrebbe potuto dirlo?
A nessuno, per il momento.
Suo padre avrebbe dato fuori di matto. La mamma era esclusa, l’avrebbe fatta soffrire troppo. Lucy e Edmund erano ancora troppo giovani. Peter forse… ma no, nemmeno lui. Non aveva nemmeno un’amica fidata con la quale potersi confidare.
Nessuno avrebbe capito. Non avrebbero accettato.
Non c’erano consigli pronti per lei ma solo rimproveri, lo sapeva bene.
Non poteva fare niente, se non aspettare che le settimane si succedessero l’una all’altra e l’avessero infine messa in condizione di non poter più mentire.
Quando avrebbe cominciato a vedersi?
E la scuola?
Le avrebbero permesso di tenere il bambino?
Certo che sì! Dovevano!
Quella piccola anima era il frutto del suo amore unito a quello dell’unico uomo che avrebbe mai amato in tutta la vita.
Quale motivazione più grande e significativa poteva trovare per far capire agli altri quanto fosse importante?
Non si sarebbe mai separata da quel bambino, mai!
 
 
 
***
 
 
 
Tutti i passeggeri uscirono sul ponte per vedere la Statua della Libertà avvicinarsi sempre più, mentre la nave entrava in porto.
Eccola, finalmente! L’America.
“Oh, se gli alti palazzi che vedo fossero le torri del castello di Cair Paravel…” si disse Susan.
Scoprire di aspettare un bambino aveva abbattuto la barriera dell’abisso nella quale era sprofondata insieme ai tutti i suoi ricordi. Quel piccolo frammento di vita era stato in grado di liberarli dalle catene con le quali lei stessa li aveva incatenati. Solo un paio di giorni prima si rifiutava categoricamente di pensarci, e adesso…
Aveva sbagliato tutto, dimenticando chi era veramente, addormentando quell’amore che viveva d’eternità.
Quel figlio le avrebbe permesso di rimediare, in qualche modo.
Quando scesero a terra, Peter, Susan e la madre trovarono il professor Stevens ad attenderli. Insieme presero il treno per Washington, dove il professore e sua moglie Olivia vivevano in una bella casa a pochi isolati dall’università.
Gli Stevens non avevano figli loro, per questo amavano circondarsi di amici. Avevano però un nipote, Carl, che girava spesso per casa. Le sue visite agli zii aumentarono notevolmente il giorno in cui conobbe Susan, alla quale iniziò a fare una corte spietata fin da subito.
Carl era un bel giovanotto di diciott’anni, con i capelli castani e occhi chiari, figlio del console britannico negli Stati Uniti, fratello di Charles. Si faceva sempre invitare a pranzo o a cena per vedere Susan, e si era anche offerto di fare da cicerone ai fratelli Pevensie facendogli fare un tour completo dei posti più belli della capitale.
Washington era una città splendida, piena di cose da vedere, persone da conoscere. Era tutto così diverso dalla piccola Finchley, tutto così così moderno, affascinante, ma…
“Ma tutto questo non conta niente senza di te, amore mio” pensava Susan. “Come vorrei essere lì insieme a te. Vorrei dirti che aspetto tuo figlio…”

Susan serbò il segreto per sé ancora per qualche settimana.
Poi, un giorno, quando la mamma era già tornata in Inghilterra, non fu più possibile tenerlo nascosto.
Non ce la faceva più, doveva parlarne. Ormai era al quarto mese (se i conti erano giusti) e presto o tardi tutti se ne sarebbero resi conto.
In quel periodo, Olivia Stevens organizzò una festa per i militari in congedo. Non era il primo ricevimento a cui i due fratelli Pevensie prendevano parte, ma mai prima di allora Carl si era fatto avanti con Susan.
Il ragazzo si presentò nel salotto degli zii un pomeriggio, poco prima dell’evento, dove sperò di trovare la ragazza sola.
Così fu.
Susan era in biblioteca, intenta a scrivere una lettera. Quando Carl entrò nella stanza, lei gli sorrise e si alzò.
“Ciao”
“Ciao” la salutò lui, porgendole un mazzo di fiori variopinti. “Per te. Non so quali sono i tuoi preferiti”
Lei sospirò e gli sorrise ancora, ma non li prese. “Non devi portarmi fiori tutti i giorni. Non posso accettarli, lo sai. Non insistere”
“Perché no?” chiese lui, visibilmente deluso. “Ti prego. Senza impegno”
“D’accordo, allora” Susan afferrò il mazzo. “Sarà meglio che li metta subito in un vaso”
“Aspetta un momento” la fermò Carl. “Vorrei parlarti”
Lei lo invitò a sedere sul divano, posando i fiori sul tavolo. Credeva di sapere cosa lui doveva dirle e sapeva anche cosa lei gli avrebbe risposto. Tuttavia, non voleva farlo restare troppo male e così decise di lasciarlo parlare.
“Stavi scrivendo ai tuoi fratelli?” chiese Carl, indicando la lettera con un cenno del capo.
“Sì: Edmund e Lucy”
“Sei molto legata a loro, vero?”
“Sì, moltissimo. Mi mancano”
“Sei una ragazza davvero meravigliosa, Susan”
Lei si fece seria. “Carl, senti…”
“Accetteresti di accompagnarmi alla festa di dopodomani?”
Susan rimase un istante in silenzio. Poi scosse il capo. “Non posso”
“La zia Olivia ne avrebbe piacere” cercò di convincerla lui.
“Lo so, ma non posso ugualmente. Tu sei un caro ragazzo, Carl, però…”
“Perché non ti piaccio, Susan?” la interruppe il giovane. “Che cosa devo fare?”
“Non devi fare niente. Non è che non mi piaci, mi sei simpatico, davvero, sto molto bene in tua compagnia, ma non provo per te quello che tu provi per me. Mi dispiace”
Il viso di lui si adombrò. “Sei sempre così diretta?”
Lei parve mortificata. “Perdonami, non volevo farti restar male. Ho cercato di fartelo capire in tutti i modi: non posso ricambiarti. Non è possibile”
“C’è già qualcuno, vero?”
Susan lo guardò dritto in viso. “Sì. C’è già qualcuno. E lo amo molto”
“E lui ama te?”
Susan annuì con sicurezza.
“Capisco…” fece Carl, alzandosi piano. “Accidenti, che figura ho fatto…”
“Non preoccuparti”. Lei gli sorrise e lui ricambiò.
Il giovane fece par andarsene. Camminò verso la porta e l’aprì per metà, poi si voltò.
“Nel caso cambiassi idea…”
Susan scosse il capo senza dire nulla, accennando un nuovo sorriso di scuse.
Carl annuì e si rivoltò verso l’uscita.
Quando rimase di nuovo sola, Susan fece un lungo sospiro.
Le dispiaceva per lui, sapeva di averlo ferito poiché aveva intuito da tempo quanto tenesse a lei. Tuttavia, era meglio che le cose fossero chiare tra loro.
Susan si era affezionata a Carl, ma non nel modo in cui lui sperava.
La signora Stevens stava già diffondendo fin troppe voci su quale bellissima coppia avrebbero formato suo nipote e Susan Pevensie. Doveva far morire queste voci sul nascere se non voleva che si creassero scomodi fraintendimenti.
Poco dopo che il ragazzo se ne fu andato, la porta della biblioteca si aprì di nuovo e comparve Peter.
“Che combini, sorellina?”
“Ciao…che cosa?”
“Ho incontrato Carl nell’ingresso, aveva l’aria abbattuta. Mi ha detto che ti ha invitata alla festa ma tu hai rifiutato”
“Oh…Sì, è così” rispose sbrigativamente la ragazza.
Non aveva intenzione di iniziare a discutere con Peter di questioni amorose. Suo fratello avrebbe finito per nominare Narnia e lei non era ancora pronta ad affrontare apertamente quell’argomento.
Peter le sedette accanto sul divano, occupando il posto di Carl.
“Perché lo respingi sempre?”
Susan fece un sospiro stanco. “Ne abbiamo già parlato. E’ molto carino e simpatico ma non mi piace”
“Dovresti dargli una possibilità”
Lei scosse il capo. “Mi sati incoraggiando verso Carl? Il tuo è tempo perso. E anche il suo”
Il fratello le scoccò un’occhiata in tralice. “Non puoi pensare ancora a lui!
Peter intendeva ovviamente Caspian.
“Invece posso” ribatté seccamente la sorella, senza guardarlo.
“Senti, so quanto è stato importante per te, ma so anche che per colpa sua non sei più la stessa. Ascolta…”
“Oh, taci, Peter!” sbottò Susan. “Cosa ne vuoi sapere tu di me e lui?”
Il fratello si sporse un poco verso di lei. “I ricordi saranno sempre dentro di te, Sue. Non ti sto dicendo di dimenticarlo, questo mai, ma devi iniziare a pensare alla tua vita”
“La mia vita non sarà quella che tutti voi vi aspettate”
Peter aggrottò le sopracciglia. “Che stai dicendo?”
“Che non voglio e non posso dare a Carl Stevens una possibilità”
“Non puoi?”
“Sono innamorata di un altro uomo, e amerò sempre e soltanto lui. Non m’importa se non lo rivedrò mai. Inoltre, non credo che Carl mi vorrebbe ancora se scoprisse come stanno realmente le cose”
Peter continuava a guardarla senza capire. Susan era improvvisamente impallidita.
“Sue, ti senti bene?”
Lei annuì una volta, poi scoppiò in lacrime coprendosi il viso con le mani.
“Che ti prende?” chiese Peter, una nota di spavento nella voce.
Le cinse le spalle con un braccio e poi la strinse quando la sorella lo abbracciò, soffocando il pianto contro la sua spalla.
“Ho bisogno di dirlo a qualcuno. Non posso tenerlo nascosto, non a te”
“Con me puoi parlare di tutto, lo sai”
“Stavolta no, ma devo. Devo! Non ce la faccio più!”
Susan era scossa da singulti quasi incontrollabili.
Peter l’allontanò un poco da sé, cercando di guardarla in viso.
“Dio mio, Sue, che cosa è capitato?” chiese ancora, turbato dalla profonda sofferenza che scorse negli occhi celesti della sorella.
Susan distolse lo sguardo dal suo. Non aveva il coraggio di guardarlo, di vedere la delusione apparire sul volto del suo amato fratello.
Lui per lei c’era sempre stato, e se non poteva dirlo a Peter non poteva davvero dirlo a nessuno.
“Aspetto un bambino”
Per molto tempo, nessuno dei due proferì parola.
Peter la fissò con incredulità. Aprì e richiuse la bocca diverse volte, non sapendo cosa dire, cosa fare, cosa pensare. Preferì allora rimanere in silenzio, stringendo di nuovo la sorella in un abbraccio.
La lasciò sfogare, capendo che non era il momento dei rimproveri e nemmeno delle domande.
Ma ce n’era una che cercava risposta.
“E’ di Caspian, il bambino, vero?”
Al nome del Re di Narnia, Susan tremò ed emise un gemito soffocato, nascondendo di nuovo il volto tra le mani.
Peter non insisté oltre. Aveva già capito tutto senza bisogno che Susan dicesse niente.
“Perché non ne hai parlato prima?”
“Avevo paura che mi aveste odiato” mormorò lei, posando la testa sulla spalla di lui.
“Che sciocchezze dici?” la rimproverò gentilmente il ragazzo.
“Aiutami, Peter. Non so che cosa fare” lo pregò, la voce incerta. “Dove nascerà? Dove lo crescerò? Vorrei tanto tornare a casa ma non posso tornare in Inghilterra adesso, non voglio che anche voi ci andiate di mezzo.”
Peter si raddrizzò un poco e la fissò con perplessità. “Noi?”
“Ma certo. Tutta la famiglia sarà oggetto di pettegolezzi quando si saprà che sono incinta. Ho diciassette anni, cosa pensi che dirà la gente? Non è per me” Susan si portò entrambe le mani sul grembo. “E’ per lui, e per tutti voi” Minacciò di scoppiare di nuovo in lacrime, ma si trattenne. “Mi dispiace di averti deluso”
“Se ti dicessi che sto scoppiando di gioia, ti mentirei” disse Peter, porgendole un fazzoletto. “Non condivido quello che hai fatto, ma sono tuo fratello e ti voglio bene, e farò quanto posso per aiutarti”
Susan lo guardò colma di gratitudine, abbracciandolo ancora.
“Dovremo dirlo a mamma, tanto per cominciare” proseguì lui.
Lei fece un’espressione spaventata.
Peter le sorrise. “Nessuno ti odierà, Sue. Forse mamma e papà si arrabbieranno, ma sono sicuro che Lucy e  Ed saranno dalla nostra.. Sai cosa siamo in grado di fare noi quattro quando siamo uniti, vero?”
Finalmente, sul volto di lei apparve l’ombra di un vero sorriso.
Pensava a Narnia, Peter lo capì.
“Ascolta, Sue, io credo che dovremmo rimanere qui a Washington almeno finché non nascerà il bimbo, che ne dici?”
“Sì, credo che sia meglio…”
 
Insieme, i due fratelli iniziarono a pensare cosa fare.
Non potevano gestire tutto questo da soli, avevano bisogno dell’appoggio di un adulto. Peter era dell’idea di dirlo a Olivia: era una donna di idee molto aperte, non si sarebbe scandalizzata più di tanto, avrebbe pensato lei a dirlo alla mamma trovando la maniera più giusta.
Quando decisero di raccontarle tutto, la reazione della signora Stevens fu esattamente quella: non fece finta di svenire, non rimproverò Susan, non fece la finta scandalizzata. Si limitò ad ascoltare e infine congedò Peter, chiedendogli di lasciarla sola con sua sorella.
“Siedi accanto a me, tesoro, e raccontami”
Susan obbedì ma non rivelò poi molto. Olivia – così come i signori Pevensie in seguito – non ottenne mai di sapere il nome del padre del bambino. La ragazza disse soltanto che si erano incontrati qualche tempo addietro, che si erano amati moltissimo e si amavano ancora, ma che non avrebbero mai potuto rivedersi.
“E lui sa che sei incinta di suo figlio?”
Susan si morse un labbro e scosse il capo.
“Non c’è modo di farglielo sapere? Non hai un indirizzo, un numero di telefono…”
“No, non è possibile. Lui è molto, molto lontano”
“Cara, non posso darti un grande aiuto se non mi dici come stanno esattamente le cose”
“Le ho già detto tutto, signora. Altro non posso.”
“Cielo, che storia misteriosa… Se si potesse almeno contattare questo ragazzo, potreste sposarvi anche se siete ancora minorenni, basterebbe il consenso dei genitori”
Sposarsi…
 
“Io ti amo e ti voglio sposare. Non aspetterò ancora per chiedertelo: sposami, Susan”
 
La voce del suo Principe, le sue parole risuonarono nella mente della ragazza come una dolce melodia che le tormentò l’anima.
Se si fossero sposati, sarebbe stata ancora là con lui, adesso.
Ma era inutile pensarci. Inutile sperare, a meno che…
A meno che…cosa? Non poteva davvero pensare che quel figlio era la chiave per tornare…o sì?
“Pensa davvero che potrei restare qui a Washington finché non nascerà?” chiese infine Susan ad Olivia.
“Ma certo, tesoro!” disse quest’ultima, posando le mani su quelle della ragazza. “Potrai rimanere qui tutto il tempo che vorrai”
 
 
 
***
 
 
 
Le settimane trascorsero in fretta.
Quando fu il momento di rientrare in Inghilterra, la signora Stevens scrisse alla signora Pevensie che i suoi figli avevano deciso di restare a Washington fino all’estate. Non le spiegò la faccenda per lettera, chiese invece a Helen di chiamarla quanto prima, così che avesse potuto spiegarle una questione molto importante che riguardava Susan. Certe cose era meglio dirle a voce, secondo lei.
“L’ha detto a mia madre?”
“Sì, mia cara”
La ragazza spalancò gli occhi azzurri. “Mi odia?”
“Oh, no, bambina, non ti odia. Verrà qui appena possibile, così potrete parlare. Verranno anche i tuoi fratelli più piccoli”
“Ed e Lucy? Quando?” chiese Susan, emozionata. Voleva tanto i suoi fratelli vicino a lei, tutti quanti.
“Al più tardi in estate. Passerano le vacanze da noi”
“E mio padre?”
“Tua madre glielo farà sapere. Vedrai, andrà tutto bene”
Olivia era gentile e premurosa con lei, non le faceva mancare nulla.
Anche il professor Stevens si rivelò disponibile e cortese quanto la moglie.
Ovviamente c’era Peter, che non si allontanava da lei nemmeno per un attimo. Era lo zio più attento del mondo e Susan era gli così grata che non sapeva più come dirglielo o dimostrarglielo.
“Come farai con l’esame di maturità?” chiese Susan al fratello. “Non puoi ripetere l’anno per colpa mia. E se non tornerai a Finchley in tempo, dovrai farlo”
La ragazza si tormentava in questo pensiero, ma grazie all’intervento del professor Stevens, Peter trovò il modo di rimanere in America e dare l’esame da laggiù.
“Non ti lascerò da sola, Sue” furono le parole del ragazzo.
Peter non aveva mai espresso i suoi reali pensieri in merito a tutta quella storia. Aveva detto solo di non condividere ciò che aveva fatto, ma Susan era convinta che ci fosse molto di più. Tuttavia, ora era quasi più emozionato di lei all’idea che nascesse quel bambino.
E poi c’era Carl, il quale scoprì tutto per caso.
Una sera, dopo cena, udì gli zii parlare nel salotto a bassa voce. Fu più forte di lui: si mise in ascolto dietro la porta. Rimase sconvolto da quella verità ma non ne parlò ad anima viva e Susan gli fu oltremodo riconoscente.
“Hai già pensato a cosa farai quando nascerà?” le chiese Carl un giorno. “Insomma, lo darai in adozione?”
Susan si sentì male solo al pensiero. “Certo che no! Lo terrò e lo crescerò con tutto l’amore di cui sarò capace. Non sarò sola, ci sarà la mia famiglia ad aiutarmi”
“Scusami, non volevo…è solo che forse dovresti pensare a...come dire…riparare le cose”
Lei aggrottò la fronte. Che cosa stava cercando di dire?
“Oh, certo” disse sarcastica quando capì. “Nessuno parlerebbe male di me se corressi ai ripari, giusto?  No, non mi sposerò”
“E se te lo chiedessi io?”
Lei lo fissò con tanto d’occhi. “E’ una cosa assurda. E poi mi conosci appena” cercò di dissuaderlo il più gentilmente possibile.
“Non importa” disse Carl. “Mi sono innamorato di te fin da subito, questo non è un segreto. So che sei quella giusta per me”
 
“So che sei quella gusta. Non importa se ci conosciamo da poco tempo. Lo so”
 
Susan chiuse gli occhi per un istante.
Oh, amore mio…
Si sentì stringere le mani e allora li riaprì, ritirandole dalla presa di Carl.
“Mi prenderò cura di te” continuò lui, imperterrito, “sarai la donna più felice del mondo, te lo prometto, e crescerò questo figlio come se fosse mio”
Susan lo fissò incredula. “Come puoi accettare una cosa simile? Come puoi chiedermi di sposarti sapendo che non ti amerò mai?”
Il ragazzo la fissò stringendo i pugni. “Ami l’uomo che ti ha fatto questo?”
“Fatto che cosa?” esclamò lei, indignata.
“Metterti incinta e scappare. Perché è questo che è successo in realtà, non è vero?”
“No, non è così! Tu non sai un bel niente di quel che è successo, e non ti permetto di giudicare una persona che non hai mai visto e che neppure conosci!”
“Non ci tengo, grazie”
Susan strinse le labbra per non dire cose di cui si sarebbe pentita. Poi prese un profondo respiro: se lui non la capiva con le buone, l’avrebbe capita con le cattive.
“Una volta per tutte, Carl: non ti amo e non ti amerò mai, cerca di accettarlo. Vattene, per favore”
Il giovane le scoccò un’occhiata rabbiosa. “Questo è il tuo ringraziamento per aver tentato di aiutarti? E va bene…se preferisci crescere quel bambino senza un padre, fa pure”

Quella fu l’ultima volta che Susan e Carl si parlarono. Il ragazzo limitò le visite a casa degli zii per non incontrarla, ferito nell’orgoglio. In quanto a lei, per certi versi si dispiacque che fosse andata in quel modo, le sarebbe piaciuto rimanere in rapporti amichevoli con lui ma non fu possibile.
Quando raccontò tutto a Peter, il fratello rimase ancor più sbalordito di lei nel momento in cui Carl le si era inginocchiato davanti.
“Ti ha chiesto di sposarlo? Ma stai scherzando?!” chiese incredulo, mente osservava la sorella marciare su e giù per la camera da letto. Erano entrambi già in pigiama.
“Se Olivia si aspettava che dicessi sì, bè mi spiace per lei! So che ha cercato di aiutarmi, ma se lei e suo nipote credono che il mio amore sia così debole da cedere alla prima difficoltà, si sbagliano di grosso!”
Peter la osservò attento, seduto sul letto.
Susan amava veramente Caspian, non si era trattato di una cotta, di una favola. Era un sentimento così forte che avrebbe potuto persino abbattere le barriere del tempo e dello spazio.
“Susan, non agitarti in quel modo. Non fa bene al bambino”
“Non sono affatto agitata, sono nera!”
Peter rise quando la sorella strinse i denti ringhiando di rabbia. Poi si alzò e le si avvicinò, accorgendosi di un particolare.
“Inizia a vedersi” commentò con inaspettata tenerezza.
“Cosa?” fece Susan, finalmente smettendo di camminare avanti e indietro.
“Ecco…insomma, la pancia. Cresce”
Susan abbassò gli occhi sul proprio ventre, accarezzandolo lievemente.
Sì, cresceva. Il suo bambino… respirava, viveva dentro di lei.
“Secondo te sarà maschio o femmina?” chiese Peter. “Ogni tanto ci penso, sai?”
“Maschio” rispose prontamente Susan.
“Wow, che sicurezza”
Lei sorrise. “Vorrei che fosse un maschio. Se lo sarà, avrà il nome di suo padre”
Gli occhi di Susan s’inumidirono leggermente.
“Perché non dici mai il suo nome?” chiese Peter dopo un po’.
Susan abbassò il capo. “Perché non ci riesco. Il solo pensarlo mi fa crollare il mondo addosso e io non posso permettermelo, capisci? C’è una vita che dipende da me, devo essere forte”
“Lo sei” sorrise Peter abbracciandola. “Credo che tu sia la donna più coraggiosa del mondo, Sue. So che all’inizio eri spaventata, ma stai affrontando la cosa con una dignità e un coraggio che mi lasciano stupito. Non sto dicendo che tu non lo abbia mai dimostrato, tutt’altro, però credo che questa…” Peter le posò una mano sul ventre, “sia la battaglia più difficile e dolorosa che tu abbia mai sostenuto”
Con uno sforzo tremendo, Susan s’impose di non versare nemmeno una lacrima.
Il suo caro Peter capiva tutto di lei, come al solito.
Gli sorrise ancora, stentatamente, ricambiando la stretta di poco prima.
“Quando Edmund e Lucy torneranno a Narnia, potrebbero farglielo sapere” disse ancora lui. “Aslan potrebbe decidere diversamente per te. Potrebbe farti tornare”
Susan fece un’espressione triste. “Prego ogni giorno perché accada, ma non succederà”
“Certe cose non accadono per caso, Sue. E se questa gravidanza fosse…”
“Una prova?” terminò lei. “Sì, ci ho pensato…No lo so. Ho deciso di non dimenticare mai più, per poter un giorno raccontare a mio figlio tutto ciò che deve sapere su Narnia e su suo padre. Ma non voglio illudermi di poterlo rivedere”
No, non voleva. Eppure aveva ricominciato a sperare.

 
 
 
Salve cari lettori, come va? Eccoci al nono capitolo, tutto dedicato a Susan. Il prossimo, sarà tutto per Caspian.
Vi piace il nuovo banner? Ho pensato di cambiarlo visto che anche la storia prende una nuova piega. Su, su, ditemi cosa ne pensate, non vedo l’ora di sapere i vostri commenti in merito a questi nuovi eventi! ;D
Oggi sarò sbrigativa, non ho molto tempo da perdere in chiacchiere, per cui passo subito ai ringraziamenti:

                                                         
Per le preferite: aleboh, battle wound, fossyross, loveaurora, lucymstuartbarnes, MoiraScarletMorgana, Shadowfax, Zouzoufan7
 
Per le seguite: Ellynor, fede95, Francy 98, Fra_STSF, GiulyDeVilliers, Halfblood_Slytherin, JLullaby, lucymstuartbarnes, M a i, niky25, Scentedblackink, Shadowfax, SweetSmile, ukuhlushwa, _joy

Per le recensioni dello scorso capitolo: battle wound, lucymstuartbarnes, Shadowfax, _joy

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