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Autore: lady dreamer    30/04/2014    4 recensioni
Lo sai che questa volta è diverso.
Mary. La sposerà.
E tu resterai solo.
Devi parlargli.
Non puoi aspettare il giorno del matrimonio...
Non vuoi lasciarlo andare via...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dell'amore e di altri crimini.
Capitolo III
 
 
 
 
- Sherlock - chiama, entrando in casa.
 
Non gli rispondi. Non gli rispondi mai appena ti chiama. Capirebbe troppo facilmente che ci tieni a lui. E non puoi sbandierare i tuoi sentimenti in questo modo così plateale e scontato.
 
Per non dire poi che John potrebbe non capirlo e fraintendere la tua implicita dichiarazione con una nuova tendenza alla buona educazione o un principio di tumore al cervello.
 
Scuoti la testa, mentre John ha chiamato il tuo nome un’altra volta.
 
- Sono qua. - dici, entrando in salotto.
 
Trovi John seduto sulla sua poltrona rossa, che finge di interessarsi ad un giornale, mentre maschera male la sua irritazione per il tuo comportamento: - Ah Sherlock, ci sei, pensavo che fossi a risolvere il tuo caso. - esordisce, rivolgendoti a stento lo sguardo.
 
- Il caso era banale, l’ho risolto con poco. - fingi, sedendoti sulla tua poltrona nera.
 
- Lestrade non c’entrava immagino. Greg mi ha detto pochi minuti fa che non aveva indagini per te oggi.
 
Ma bene, vuole giocare al detective con te.
Accenni un sorriso che probabilmente John non coglierà affatto.
 
Lo hai influenzato in questi anni. C’è una scintilla di te in lui, ora.
E questo ti consola. E ti fa accennare quel sorriso che stronchi subito.
Fuori luogo.
 
- Non ho mai detto che c’entrasse Lestrade. - rispondi alla sua velata accusa con il tuo solito tono di voce, quello che rifili ad Anderson quando si fa ingannare da un omicidio mascherato grossolanamente da suicidio o a Mycroft quando vuole convincerti ad andare a trovare i vostri genitori insieme e tu gli fai notare che ovviamente né tu né lui ne avete davvero il tempo o la necessità.
 
- Per chi allora? - John sembra non voglia farsi scoraggiare.
 
- Era un caso mio - liquidi - personale. - ed è anche vero. Hai impiegato questo tempo a cercare di toglierti John dalla testa e rassegnarti che è solo una cosa passeggera e che se lui vuole sposarsi Mary a te non importa più del passato dei cadaveri che dissezioni per gli esperimenti.
 
- Mycroft? - domanda, fingendo di prestare ancora attenzione al giornale.
 
- No. Avrei detto affari di stato, non caso personale.
 
- In effetti. - conviene. Non aggiunge altro.
 
Forse l’interrogatorio è finito…
 
- Non mi hai risposto.  -  insiste, chiudendo il giornale.
…forse no.
 
- Non rispondo al settanta per cento delle tue domande. - fai notare e, non intenzionato ad andare oltre, porti le mani giunte sotto al mento, nella posizione da meditazione.
 
- Ma oggi non devi… - comincia, ma non gli dai il tempo di continuare.
 
- L’ho già fatto… - controbatti stancamente, chiudendo gli occhi e sperando che questo possa bastare a chiudere definitamente la conversazione.
 
- Mi. Devi. Spiegare.
 
- Non so cosa spiegarti. - liquidi, restando fermo e immobile.
 
- Perché ti comporti in modo strano e perché non vuoi spiegarmi perché…
 
- Troppi perché nella stessa frase. - lo rimproveri.
 
- Troppa saccenteria, Sherlock. È troppo anche per me. - e sfodera il suo tono semi-incazzato migliore.
 
Apri gli occhi e abbandoni le mani sui braccioli della poltrona. - Non posso dirti la verità John.
 
- Non capisco perché.
 
- È meglio che… - esordisci, ma John non ti fa finire la tua ennesima scusa.
 
- No. Ora parli. Mi spieghi perché sei strano. Mi spieghi perché continui a non rispondermi. Perché scappi. Perché non mi chiedi più sempre di aiutarti nei casi. Perché non mangi. Perché hai ripreso a fumare. Perché non vuoi che io sposi Mary…
 
- Non lo vuoi sapere davvero John. - dici, esasperato a tua volta, indirizzandogli uno sguardo gelido e triste allo stesso tempo.
 
- Lo decido io cosa voglio sapere e cosa no! E cazzo voglio sapere perché ti comporti così, è abbastanza chiaro? - sbotta, il busto ormai staccato dallo schienale della poltrona e proteso verso di te.
 
- È fin troppo banale… - liquidi.
 
- Per me no. Non ti capisco.
 
- Questo è il motivo per non dirtelo. Perché non lo capisci da solo.
 
- Ma cosa cazzo devo capire?
 
E sei stufo di andare avanti in questa discussione. Tanto vale dirglielo e dimostrargli, come premio di consolazione, che era proprio vero che non lo voleva sapere.
 
- Che sono innamorato di te, John, e non da ora, da prima di Mary. - dici, tutto d’un fiato, guardandolo negli occhi, con un coraggio che non credevi di possedere ma che ora tanto vale ostentare.
 
- Eh, cosa? - sembra non capire. Ha lo sguardo perso, la fronte corrugata, sembra sbiancato,  ma forse è solo l’impressione. Ecco, non avresti dovuto dirglielo. Adesso arriva il bello.
 
- Non sono disposto a ripeterlo.
 
- Stai scherzando? - domanda. Ha sentito fin troppo bene, come avevi supposto. E ti sembra quasi di vederli gli ingranaggi del suo cervello che si muovono frenetici alla ricerca di una soluzione più o meno logica.
 
Più meno che più. Non scherzeresti mai su una cosa del genere. E l’ha vista la tua faccia seria, ha visto la tua urgenza di impedirgli di sposare Mary e la tua conseguente reticenza a spiegargliene la causa. Anche un bambino, anche Lestrade, avrebbe capito che non stai scherzando.
 
- Vorrei poter dire di aver scherzando… Ma io non ti mento mai, John, al massimo ometto.
 
- Tu…? - sembra non aver afferrato.
 
- Al massimo ometto. - ripeti.
 
- No. Non questo. Quello di prima.
 
- Non ti mento. - ripeti di nuovo.
 
- No, quello di prima. - e anche questa te l’aspettavi.
 
- Non te lo ripeto. - ammetti, stancamente.
 
- Tu…?
 
- Non lo ripeto - ti alzi e te ne vai. Ti dirigi in camera, ti rendi conto che questo non potrà ostacolare John a seguirti, così fai marcia indietro, torni in salotto, prendi il cappotto al volo dall’appendiabiti e ti chiudi velocemente la porta di casa alle spalle.
 
***
 
Merda.
E adesso?
 
Alzi gli occhi a studiare la porta di casa chiusa da Sherlock circa venti minuti fa.
Per questi venti minuti sei sicuro di aver pensato di tutto, ma non sai perché quando prendi nuovamente coscienza del tuo corpo ti sembra di aver spento l’interruttore del cervello per tutto il tempo trascorso.
 
Sherlock. Ha detto che… e se n’è andato.
 
Senza ripetere. Senza spiegare.
Senza aspettare una tua reazione.
 
Che poi se avesse voluto vedere una reazione vera, tipo che tu dicessi qualcosa con un minimo di senso, avrebbe dovuto aspettare questi venti minuti. E Sherlock odia spettare. Lo annoia.
 
Ma il problema adesso non è Sherlock.
Sei tu.
 
Perché la cosa ti turba tanto?
Perché del resto non dovrebbe turbarti?
 
Il tuo miglior amico ha appena detto - appena, venti minuti sono venti minuti - che è innamorato di te.
Non ti ha detto di essere infatuato.
Non ha detto di essere attratto.
Non ha detto altro che “sono innamorato di te, John, e non da ora, da prima di Mary.”
 
Tre bombe ad orologeria.
Esplose addosso a te, sotto i tuoi occhi, nel tuo cervello. Tutte insieme.
 
Non da ora
Da prima di Mary
E la prima e la più terribile.
Sono innamorato di te John
 
Il tuo migliore amico, un uomo, un affascinante e geniale uomo, ma dannatamente uomo e dannatamente amico, è non infatuato, non attratto, ma innamorato di te.
E non da ora. Da prima di Mary.”
 
Ecco perché.
Perché il dissenso sul matrimonio.
 
Perché Mary è tutto quello che lui non sarà mai.
Perché Mary ha tutto ciò che lui non avrà mai.
 
Svegliarsi al tuo fianco ogni mattina, oppure abbracciata a te.
Sherlock che immagina di essere al suo posto.
Sherlock che immagina di dormire abbracciato a te.
 
La sua testa sul tuo petto. O viceversa.
La tua testa sul suo petto.
La dolce setosità delle lenzuola che avvolgono i vostri corpi nudi o vestiti…
Nudi. Probabilmente nudi.
 
Perché?
Perché sei…? Come sei…? Arrivato a tutto questo?
 
Associazione di idee. Semplice associazione di idee. Può capitare.
 
Ma “non da ora. Da prima di Mary” vuol dire che Sherlock ha taciuto. Per molto, forse moltissimo tempo.
Forse fin dall’inizio.
 
No. Dall’inizio no.
Ma comunque da prima di Mary.
 
Eppure hai avuto altre donne prima di lei.
Ma lui tranquillo… tranquillo per quanto può esserlo Sherlock.
Evidentemente non costruivano un pericolo per la vostra vita a Baker Street.
 
Così non ha parlato.
Non ha detto niente che potesse tradire i suoi sentimenti.
Temeva di perderti, ma non così tanto.
Aveva la situazione in pugno.
 
Poi Mary.
Che sgretola le tue incertezze.
Che sgretola le sue certezze.
 
Comunque non avresti doluto lasciarlo andare via così.
È stata un’idea, anzi un’assenza di idee, collettiva e balorda dei neuroni del tuo cervello.
Prendi il giubbotto dell’appendiabiti e le chiavi ed esci di casa. Per correre dietro a Sherlock.
Per quanto può servire venti minuti dopo.
 
***
 
Sei un idiota.
Un perfetto idiota.
Come cavolo t’è venuto in mente di dirglielo? Che cosa pensavi di ottenere?
Che ti dicesse che non avrebbe sposato Mary, anzi che l’avrebbe lasciata, che sareste stati voi due, insieme, per sempre, perché anche lui…
 
Patetico.
Stupida anche la tua fuga, la seconda in una giornata. Non puoi continuare a fuggire da John.
Sono mesi che cerchi di scacciarlo dai tuoi pensieri. Dai tuoi sogni. Dalle tue fantasie erotiche.
Senza riuscirci.
 
Sono mesi che cerchi di nascondergli quella verità che hai temuto potesse leggerti in faccia per tutto questo tempo.  Quella verità che oggi non sei riuscito più a nascondergli.
Gli hai detto tutto.
 
E lui è sbiancato. Non riusciva a crederci.
Non riusciva a capacitarsi più del fatto che tu, un altro uomo, o che tu, suo migliore amico, fossi innamorato di lui, il tuo coinquilino, assistente investigativo e blogger?
Mistero insoluto.
 
Cammini per strada.
Non sai dove stai andando.
Cammini e basta.
Vedi il parco, lì vicino.
 
Ma sì, forse è il caso di sedersi. È tutto il giorno che scappi da John. Vuoi una pausa.
Poi magari scopri che c’è un delitto al parco. Anche un bimbo che ha squartato un’anatra del laghetto per far spaventare gli altri bambini andrebbe bene. Purché ti distragga.
 
Ti siedi su una panchina.
Non ci sono delitti.
Solo mamme che guardano i bimbi giocare, gente che porta a spasso il cane, roba del genere.
Poco interessante.
 
Così guardi un punto fisso davanti a te.
Pensi a fare ordine nel tuo palazzo mentale.
Trovare i ricordi, le fantasie e cancellarle, una volta per tutte.
 
Senti che il cellulare squilla nella tasca del cappotto.
Forse è Lestrade per un caso.
 
Chiamata in corso da: John.
 
E certo. Questa te la dovevi aspettare, grande detective.
Anche se non prova per te niente più che affetto non ti abbandona.
È questo il bello di John.
 
Insomma… Sarebbe stato meglio se… scuoti la testa.
Non si può avere tutto.
 
Ma non gli rispondi.
Per dirgli cosa, poi?
 
Gli manderai un messaggio, quando il telefono smetterà di squillare. O aspetterai che sia lui a farlo.
Decisamente meglio.
 
 
Perché non rispondi?
 
Perché non mi piacciono le telefonate. SH
 
A me non piacciono le tue fughe rocambolesche.
 
Dovresti esserci abituato. SH
 
Dovresti smetterla.
 
Che mi volevi dire John? SH
 
Dove sei?
 
Non importa. SH
 
Dimmi dove sei se no me lo faccio dire da Mycroft.
 
Regents Park SH
 
E che ci fai tu in un parco?
 
Penso. SH
 
Ti posso raggiungere?
 
So che lo farai anche senza il mio permesso, quindi… SH
 
Arrivo.
 
***
 
Imbarazzo.
Imbarazzo nell’aria.
 
Tangibile. Impalpabile. Ingombrante.
Esasperante.
Vostro.
 
Causa delle vostre azioni.
Del suo ostinato tacere, del tuo ostinato non vedere.
E adesso dovete fare i conti con le conseguenze.
 
- Sherlock. - chiami. Anche se sei seduto su quella panchina da più di cinque minuti.
 
Cinque minuti di silenzio, che lui continua a non interrompere.
 
Ti fai coraggio. Evidentemente Sherlock sente di aver parlato pure troppo. Tocca a te dire qualcosa. Anche se non sai bene cosa e come dirlo.
 
Così inizi, sperando di non sbagliare:- Io non ti giudico diverso da mezz’ora fa quando non lo sapevo. Tu sei una delle persone più importanti della mia vita, io…
 
Sherlock distoglie i suoi occhi chiari da te e fissa lo sguardo sull’albero di fronte alla panchina, combatte per non tormentarsi le mani. Maschera l’imbarazzo con il sarcasmo: - Hai usato questa mezz’ora per scriverti il discorso?
 
- No. - ammetti. Ed è vero. Hai avuto il cervello svuotato. Inabile a formulare un discorso di senso compiuto e soprattutto a ricordarselo.
 
- Infatti, si vede. - dice, guardandoti di nuovo in faccia.
 
- Insomma, Sherlock, mi fai parlare?
 
Si mette le mani nelle tasche del cappotto. - Volevo risparmiarti… - esordisce.
 
Ma non gli fai terminare la frase: - Non puoi buttare la bomba e poi non voler sentire il rumore dello schianto.
 
Sherlock si sforza di non far trapelare emozioni dallo sguardo che ti rivolge, e tu intuisci solo la delusione e l’amarezza che lui non ostenta neanche in un momento come questo, mentre dice:- Lo schianto l’ho avvertito fin troppo nitidamente, prima. La tua faccia.
 
- Io… non… non me l’aspettavo. Non puoi biasimarmi.
 
- Io non ti biasimo. - sussurra, e vedi nel suo sguardo un sorta di tenerezza sommersa. Come hai fatto a non accorgertene prima?
 
- Resta che non avrei dovuto parlarti. Adesso le cose tra noi precipiteranno sicuramente… non potrai sopportare che… - non ha la forza di ammetterlo di nuovo e passa avanti - andrai a vivere da Mary… Hai già fatto la valigia? - incalza.
 
- No. Non l’ho fatta.
 
- È solo questione di tempo.
 
Purtroppo lo sai anche tu. Ma non è questo il momento di dargli ragione.
 
- Non ti lascio, Sherlock. - scandisci.
 
- Perché? - chiede, quasi stupito del fatto che tu controbatta su qualcosa che lui ha decretato vera.
 
Gli indirizzi uno sguardo esasperato che lo esorta, tuo malgrado, ad argomentare.
- Non hai nessuna ragione per restare ad affrontare il silenzio che si creerà tra di noi. La vedo già la tua paura che io possa starci male per tutto quello che fai e non fai. Non vedremo più film stupidi sul divano perché avrai il terrore che addormentandoti potresti appoggiarti a me e che io possa fraintendere. Non sopporterai di andare a cena e di essere scambiati per una coppia, e dopo la prima volta in cui arrossirai dalla punta dei capelli a quella dei piedi, deciderai che ordinerai solo il take away. E lo stesso gesto di portarmi il the la mattina in pigiama diventerà inconcepibile. Ti sentirai soffocare negli angusti nascondigli in cui aspettiamo che il criminale da catturare esca allo scoperto… non sarà più la nostra vita, John. Sarà la nostra vita epurata da tutto quello che la rendeva speciale e se tu non puoi sopportarlo, ebbene, sono io che non ce la faccio.
 
Cazzo. Ha esposto tutto quello che tu hai pensato ma che ora dovresti disgraziatamente fingere di non aver pensato. Ne sarai capace?
 
- Non è così, Sherlock. - obietti, a voce troppo bassa per poter essere convincente.
 
- Ah no? - e immagini che dietro quel tono di sfida ci sia la speranza, per una volta, di essersi sbagliato.
 
- No. - negare non serve. Lo sai benissimo che per lui sei un libro aperto. - Non posso negare di non aver pensato a queste cose, vagamente, ma indiscutibilmente, ma… - vedi lo sguardo di Sherlock incupirsi - Ma non me ne frega niente. - tenti di recuperare - Io non ti posso lasciare, Sherlock. Non posso lasciarti in mezzo a questa tempesta e abbandonare la nave e chi s’è visto, s’è visto. Tu mi hai salvato la vita, Sherlock!
 
- Anche tu. Siamo pari. Non farti scrupoli.
 
- Non sono scrupoli, Sherlock, è riconoscenza, amicizia, non ti posso lasciare.
 
- Non voglio la tua pietà. - dice, sprezzante, guardandoti dritto negli occhi.
 
Reggi lo sguardo. - Non merito il tuo disprezzo.
 
- Hai ragione. Scusami. - sussurra, come fa sempre quando è costretto a delle concessioni. E abbassa gli occhi. E se non fosse Sherlock Holmes vedresti un’ammissione di sconfitta, di resa in questo gesto. Ma è Sherlock Holmes e niente può sconfiggerlo, e men che meno tu, l’ordinarissimo John Watson.
O almeno lo speri.
 
Scusami.” Echeggia per alcuni secondi il suono della sua ultima parola.
E fissi la sua faccia, il suo sguardo solitamente tagliente, le sue sopracciglia di solito corrugate, inarcate ad esprimere tutto il suo disappunto… ora tutto incupito, serio.
 
- È ovvio che accetto le tue scuse. - gli dici, con tono rassicurante. E lo abbracci.
 
Lo abbracci senza pensarci.
Senza preoccuparti.
Senza riflettere sulla convenienza di quel gesto.
E al diavolo tutto. Non è importante.
 
Solo Sherlock.
Sherlock che ha bisogno di te.
Che non abbandonerai perché disgraziatamente ha avuto la brillante idea di innamorarsi proprio di te.
 
Anche se la domanda te la poni, te la sei posta mentre lo raggiungevi, e te la porrai forse per tutta la vita… ma perché con tutte le persone che esistono sulla faccia della terra doveva innamorarsi proprio di te?
 
***
 
John che ti abbraccia.
Vorresti registrare tutto perché la razionale ed esasperante consapevolezza che questi momenti, mai troppo frequenti, adesso saranno sempre più rari, sovrasta la sensazione di benessere che ti pervade completamente il corpo e l’anima.
 
L’odore di John.
Il suo cuore che batte forte, puoi sentirlo, o magari, lo immagini solo, oppure è il tuo che batte per due.
Il calore del suo corpo premuto contro il tuo in quest’abbraccio insperato.
John.
 
Benedetto John, perché mi fai questo?
 
Vorresti chiederglielo, ma ti limiti a pensarlo.
Ti scosti per primo dall’abbraccio.
Meglio sapere quando avrà termine la beatitudine che non precipitare nell’abisso del tartaro senza preavviso.
 
Ti fai sfuggire un:- Grazie. - di cui ti penti subito.
 
- Di cosa? - fa lui.
 
- Di non essere corso via a gambe levate.
 
- Non mi chiamo Sherlock Holmes. - scherza.
 
- Tanto meglio. È molto più utile un John Watson che un secondo Sherlock Holmes. - affermi, cercando di stemperare la tensione che si è creata tra voi oggi.
 
John corruga involontariamente la fronte: - È un complimento?
 
- No, è una costatazione. - rispondi.
 
E ne sei fin troppo convinto.
 
A cosa ti sono servite le tue brillanti facoltà mentali se non sono sufficienti a conquistare l’uomo che ami?
 
 
Angolo autrice:
salve! Parto col dire che avrei dovuto postare questo capitolo domani, ma non sarò a casa per tutta la giornata, quindi ho deciso di aggiornare oggi.
 
Ringrazio tutte le dodici persone che seguono la storia, non mi aspettavo un numero così alto nel giro di poco tempo. Un ringraziamento speciale va a chi ha anche recensito, avere un parere con cui confrontarsi è sempre positivo.
 
Ma veniamo al nostro capitolo di oggi, cosa ne pensate?
 
A me personalmente questo capitolo piace molto perché finalmente ci sono i pov alternati di Sherlock e John. Forse John avrebbe dovuto dimostrarsi un po’ più sconvolto e meno disponibile al confronto, forse non avrebbe dovuto abbracciare Sherlock con quello che gli aveva detto ma… no, secondo me John non può smettere di voler bene a Sherlock perché ha ammesso di amarlo.
Spero che abbiate apprezzato!
 
Alla settimana prossima :)
 
lady dreamer.
  
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