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Autore: _Colours_ of the _Music_    30/04/2014    2 recensioni
Angel è una ragazza di diciassette anni dalla vita normale, tra scuola, casa e amici. Ma tutt'ad un tratto, a causa di problemi di salute, dovrà trasferirsi in una nuova scuola un po' speciale in cui farà la conoscenza di ragazzi che in un altro contesto sarebbero considerati "diversi".
Riuscirà ad abituarsi alla sua nuova vita? E a farsi nuovi amici? Ma soprattutto, cosa penserà della nuova condizione in cui dovrà vivere?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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Capitolo 7 - Arthur’s story

Finalmente si stava avvicinando la primavera. Mi sembrava che nella scuola e nei dormitori ci fosse molta più vitalità, se così si poteva definire.
-C’è qualcosa che non va, Angel?
-Eh? Ah, no… Va tutto bene, Arthur.
“Nonno Roma” – ormai mi ero abituata a chiamare così il dottore, che mi faceva sempre un sacco di domande ogni qualvolta ci incontravamo per i corridoi – mi aveva raccomandato tanto di non stare troppo fuori dai dormitori durante l’inverno, a causa della bassa temperatura. Ma l’ultima volta che lo vidi…


-Allora, Angel, come ti trovi qui? C’è qualche problema?
-No, va tutto benissimo… Mi sto ambientando bene.
-Perfetto! Sono davvero contento per te. Ah, visto che le temperature cominciano a salire, ti informo ufficialmente che puoi restare in giro quanto vuoi!
-... 
Definisca “quanto vuoi”…
-Ovviamente, non più in là del calar della sera.
-Lo immaginavo…
-So che per te è difficile, Angel. Ma ricordati che lo dico solo per il tuo bene.
-Ne sono consapevole.
-Ah, meno male. Sapevo che eri una ragazza intelligente! Ascolta, hai per caso parlato a qualcuno del motivo per cui sei stata trasferita qui?
-Veramente…
-Capisco… Voglio solo avvisarti che il tuo problema non è come quelli che hanno tutti gli altri, perciò devi agire con cautela. Spero che tu ne sia consapevole…
-… Posso andare, adesso?
-Sei testarda, huh? E va bene, scusa per averti trattenuta così a lungo.

Sospirai senza nemmeno rendermene conto. Cosa che fece allarmare Arthur, seduto accanto a me.
-D’accordo che sei qui da – relativamente – poco, ma si capisce subito quando hai qualcosa che ti preoccupa, Angel…
-Non è niente, stavo solo pensando.
-Scommetto che se Gilbert fosse stato qui avrebbe risposto “tu pensi?!” completamente sconvolto.
-Come se facesse ridere.
Risposi con tono visibilmente poco serio, cosa che fece ridacchiare Arthur.
-Non è così male…
-Non mi dire che stai dalla sua parte!
-Può darsi…
-E-Ehi!!
Alla fine Arthur scoppiò a ridere. Per quanto riguarda me, non riuscivo a non pensare alla conversazione con Nonno Roma.
-Arthur, posso chiederti una cosa?
-Mh? Tipo?
-Ecco… So che è una domanda un po’ personale, ma… come hai perso la vista?
Nessuna risposta. Mi girai verso di lui e lo vidi improvvisamente rabbuiato. Mi sentii incredibilmente in colpa e distolsi subito lo sguardo.
-Mi dispiace… Se non vuoi parlarne ti capisco.
-Io non ho perso la vista… Sono nato così.
Seguì un minuto di silenzio. Nessuno dei due sapeva cosa dire. Frasi come “non volevo” o “scusa” non valevano più. Potevo solo stare zitta. Parlare avrebbe peggiorato la situazione. Ma l’atmosfera pesante mi rendeva nervosa e alla fine non potei tenere la bocca chiusa.
-Ecco, io…
-Va tutto bene.
-Ne sei sicuro?
Era palese che stesse mentendo.
-Sì.
Rispose solamente.
-… Sarà meglio tornare dentro, si sta facendo buio…
Lui si alzò e così feci anche io. Cominciammo a camminare, diretti verso i dormitori. Alcune volte dovetti avvertire Arthur degli ostacoli lungo la strada e questo non fece che appesantire maggiormente l’atmosfera.
Tuttavia arrivammo presto ai dormitori e accompagnai Arthur nella sua stanza.
-Beh.. Ci vediamo domani.
Non feci nemmeno in tempo ad aprire la porta.
-No, aspetta…
Così mi voltai verso di lui.
-Mi dispiace per prima.
-No, è stata colpa mia. Non avrei dovuto chiederti una cosa tanto person-
-Ho deciso…
-Cosa intendi dire?
-Ti racconterò tutto…
Mi allontanai dalla porta, lievemente sorpresa.
-Sei sicuro? Non sei obbligato, se non vuoi.
-Lo avresti scoperto comunque, prima o poi.
-Se ne sei convinto allora va bene…
Mi sedetti sul letto subito dopo di lui, sebbene non fossi sicura di quello che stava per accadere. Dentro di me pensai che non avrei mai dovuto iniziare quella conversazione.
-Vedi, io…
Lo sentii chiaramente sospirare, come se volesse prepararsi psicologicamente prima di proferire qualsiasi parola.
-Come ti ho già detto, sono nato così. Niente incidenti, o altro… Da un lato trovo che sia una cosa positiva.
Seguì una leggera risata ironica.
-Meglio non aver mai avuto la vista che averla persa, dopotutto. Ma non voglio star qui a parlare troppo di questo…
Ci fu un momento di silenzio.
-Sai, da piccolo ho sempre desiderato solo una cosa… Ogni giorno sentivo gli altri bambini che ridevano e scherzavano su cose che io non avevo mai potuto vedere. Ogni giorno i miei mi dicevano che ero proprio un bel bambino ma io non ho mai potuto vedermi. I miei genitori… Ah, i miei genitori, se solo sapessi come sono fatti…
Gli posai una mano sulla spalla.
-Tutto ciò che ho sempre voluto è poter vedere… Anche solo per pochi minuti… Scoprire tutti questi colori che sembrano essere così belli, poter finalmente sapere cosa sono il “blu”, il “giallo”, il “rosso”… Poter avere un colore preferito, come tutti gli altri…
-Arthur…
-Che tu ne abbia uno è scontato…
-Non devi abbatterti così, posso sempre..!
-Descriverlo? È questo che stavi per dire?
Feci per replicare, ma mi ero accorta che effettivamente aveva ragione…
-Non si può descrivere un colore, Angel… E’ impossibile, impossibile!
La sua voce cominciava a tremare, quasi come se fosse sull’orlo del pianto.
-Perché devo essere diverso dagli altri?! Perché? Tu… puoi dirmelo? Puoi spiegarmi perché devo vivere nel buio?!
Si prese la testa tra le mani.
-Io… non lo so, Arthur…
Sospirò sconsolato e si alzò.
-Nessuno può saperlo…
-Pero’…
Mi alzai e gli posai entrambe le mani sulle spalle.
-Io ti sono vicina. E sono sicura che anche Kiku e gli altri lo sono…
-Cosa farò se un giorno non ce la farò più a sopportare tutto questo? Cosa farò se non sarò più abbastanza forte? Deluderò te, deluderò Kiku… Non voglio più vivere nel buio, Angel…
In quel momento vidi chiaramente una lacrima scivolargli sulla guancia.
-… Non devi temere, Arthur. E sai perché? Perché qualsiasi cosa tu dica, non ti permetteremo mai di fare delle sciocchezze. Ti aiuteremo sempre, che tu lo voglia o meno.
Un sorriso amaro si dipinse sul suo volto.
-Che differenza fa?
-Fa molta differenza. Arthur… non sarai mai solo, questo lo so per certo. E sai una cosa? Credo che persino Alfred sarebbe disposto ad aiutarti, se tu glielo chiedessi.
Sospirò.
-Forse… forse hai ragione, ma…
-Ma?
-Il buio diventa sempre più buio… Secondo te sarò in grado di… vedere la luce, anche così?
-Certo che ce la farai. Devi fidarti di noi, di me. Pensi di potercela fare?
-Credo… Credo di sì.
Arthur era forte, non si sarebbe lasciato abbattere facilmente, sebbene le sue parole dicessero tutt’altro.
-Angel..?
Senza accorgermene ero rimasta in silenzio, senza dire o fare nulla. Probabilmente Arthur aveva pensato che me ne fossi andata.
-Sono qui.
-Posso chiederti un favore..?
-Qualsiasi cosa.
-Ecco, potresti… non dire niente a nessuno di questa discussione? Soprattutto a Kiku… Nemmeno agli altri, chissà Alfred e Gilbert cosa penserebbero. E cosa direbbero, anzitutto…
Senza volerlo scoppiai a ridere. Forse il motivo era l’estenuante silenzio in cui ero rimasta per tutto quel tempo, o più semplicemente avevo bisogno di alleggerire l’atmosfera. Mi sentii come se mi fossi improvvisamente tolta un peso. Ero sollevata e allo stesso tempo felice che Arthur si fosse confidato con me.
-E-Ehi, non ridere, è una cosa di massima importanza!
Ma non riuscivo a smettere.
-Ma cosa sta succedendo qui?
D’un tratto sentii la voce di qualcuno alle mie spalle. Era Alfred, che come al solito girovagava per la scuola senza una meta ben precisa.
Arthur sembrò riconoscere al volo quella voce e diventò rosso come un peperone dall’imbarazzo, mentre poggiava le mani su tutta la superficie della scrivania accanto a sé per cercare un pacchettino di fazzoletti.
Tentai di trattenere le risate e salutai tranquillamente Alfred, mentre sentivo le imprecazioni a bassa voce di Arthur.
Era stata una giornata normalissima, dopotutto...

Angolo dell’Autrice
Wow, mi stupisco della mia velocità (?)! Anyway, buonasera a tutti (o buongiorno, se state leggendo di mattina o pomeriggio manonimporta) ~
Bene, inizio subito con il dire che.. questo capitolo l’ho voluto incentrare completamente su Arthur, perché a mio parere la cecità è una delle peggiori “condizioni” in cui un uomo si ritrova a vivere. Uhm, a dir la verità speravo in un risultato migliore. Voglio dire, avrei voluto che fosse più drammatico, ma a quanto sembra non riesco ad esprimere molto bene i miei sentimenti nello scritto. Avrei voluto raccontare di più sulla vita di Arthur prima che finisse nella scuola, ma poi ho finito con il dilungarmi – forse troppo – sulla tristezza che prova. Ma dico, io non riuscirei a sopravvivere se un giorno diventassi cieca a causa di un incidente o quant’altro. Ho cercato in tutti i modi di esprimere al meglio i sentimenti del nostro povero inglese, ma questo è il risultato, I’m sorry T_T
Comunque sia, da questo momento in poi ci saranno (salvo eccezioni) i capitoli in cui si racconterà della vita dei personaggi, che si intitoleranno “Nomedelpersonaggio’s story” (?).
Beh, mi dispiace se vi ho delusi, ma vi giuro che ho provato di tutto, anche ascoltare le canzoni più tristi che conosco mentre digitavo.
Per finire ringrazio Mary-chan (Mary99Grace) per aver recensito il capitolo precedente e invito quelli di voi che sono riusciti coraggiosamente ad arrivare fino a qui (?) a recensire!
Ommioddio, a momenti quest’angolino diventa più lungo del capitolo :’’
Beh, io termino qui! Thank you all ~
Alla prossima!
  
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