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Autore: Ranyadel    01/05/2014    3 recensioni
Quando incrociò il mio sguardo, sembrò incassare leggermente la testa nelle spalle e sollevò un angolo della bocca in un minuscolo sorriso. Quanto poteva essere… cucciolo?!
Ecco, era un cucciolo. Avevo deciso.
***
“Oh, Coralie ha una capacità particolare. Sa leggere gli occhi come nessuno” disse Carol.
***
“So… so capire come sono fatte le persone solo guardandole negli occhi e osservando come si muovono” dissi a bassa voce. “Ti psicanalizza con uno sguardo” Fece Manuela ridacchiando. Luke mi guardò sorpreso. “Sarei curioso di provare.”
***
"Di solito le persone hanno paura."
"Di cosa?"
"Di sé stesse."
***
"Vieni con me."
"Eh?"
"Coco, vieni con me. Venite con me, tutte quante."
"Ma io non..."
"Ti ho promesso che ti sarei stato vicino, e ormai dovresti aver capito che mantengo sempre le mie promesse."
***
"È che ho troppi fantasmi alle mie spalle e mostri nella mia testa per poter essere davvero felice."
"Oh, ma li vedo."
***
Una ragazza particolare, che sa leggere gli occhi.
Coralie.
Un ragazzo speciale, con occhi che la catturano e la intrigano, così semplici da leggere e allo stesso tempo così complessi da capire.
Luke.
Un amore nato da sguardi e gesti.
***
trailer: https://www.youtube.com/watch?v=nPR1CdGLUV8
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anything but ordinary.

“Luke, te l’ho detto, sono negata!” esclamai per l’ennesima volta. “Mi manda in confusione il fatto che tu sia mancina, nient’altro!” fece lui, cercando di capire come farmi mettere le dita.

Stava cercando da tutto il giorno di iniziarmi all’arte della chitarra, me, che come uniche esperienze musicali avevo avuto il flauto dolce delle elementari e delle medie e quello traverso, che avevo abbandonato dopo un anno perché ogni nota era un giramento di testa. La chitarra e il pianoforte mi avevano sempre attirato e Luke l’aveva capito appena mi aveva visto guardare il suo strumento. Si era messo in testa di insegnarmi e ormai, a mio parere, era per lui una sfida personale.

Come fargli capire, che ero negata?

Mi veniva da ridere ogni volta che lui si concentrava per capire come farmi mettere le dita. Era come tradurre una lingua. “Dammi almeno uno spunto sulla canzone!” mi disse. impallidì quando gli feci sentire Why. “Hai mai preso in mano una chitarra?” chiese. “Non precisamente.”

“Allora non è meglio iniziare con qualcosa di leggermente più facile.”

Darlin, non concedo altro.”

“Non la conosco.”

Gliela feci sentire e lui sembrò convinto. “Dovrebbe essere adatta” decretò.

 

Mezz’ora dopo, ero ancora all’inizio, ci mancavano solo le dita annodate alle corde. Luke stava perdendo ogni speranza. “Luke? Possiamo smetterla?” chiesi implorante. “Ok, facciamo un’altra volta” accettò lui. Ci alzammo, con evidente sollievo da parte di tutti e due, e decidemmo di uscire. Era passata una settimana da quando eravamo andati su quel palazzo, e continuavo comunque a pensarci. Avevo scattato un milione di foto come minimo e le avevo appese in camera mia.

Non ero mai stata una ragazza da foto, al massimo da qualche poster. Stare con quei ragazzi, però, mi aveva fatto venir voglia di avere dei ricordi permanenti, da poter guardare e vivere di nuovo.

Anche quel pomeriggio, io e Luke scattammo un sacco di foto. La mia preferita era quella in cui eravamo noi due, in un angolo della foto, con uno sfondo spettacolare: un’enorme nuvola da cui filtravano i raggi di un sole rossastro per il tramonto. Sembrava magica.

Magica, come ogni istante che passavo con Luke.

Sentivo di provare qualcosa di grande per lui. Non sapevo cosa significassero per lui quei baci che ci eravamo scambiati, ma per me erano stati indimenticabili.

Quegli occhi mi avevano catturato da subito, ma non avrei mai avuto il coraggio di dirglielo.

 

“Dove andiamo?” chiese lui. “Prima mi hai fatto provare a suonare la chitarra. Ora ti faccio provare io una cosa” dissi enigmatica, prendendolo per mano e mettendomi a correre per non perdere l’autobus che passava in quel momento.

Qualche minuto dopo, eravamo dall’altra parte della città. Quando lui vide il nome dell’edificio, sgranò gli occhi. “Il Poligono? Davvero?” chiese stupito. “Ehi, non sono un angelo. Anche a me piacciono queste cose” dissi facendo spallucce con un sorriso. Lui ridacchiò e entrammo, finendo in pochi minuti in una stanza divisa in due: da una parte, tanti bersagli, a forma di uomo o a cerchi concentrici. Luke si mise gli occhiali protettivi e prese un fucile. Ragazzi, pensai scuotendo la testa. Impugnai una semplice pistola e inforcai gli occhiali, guardando Luke sparare. Centrò una spalla del manichino e mi guardò vittorioso. “Posso?” chiesi. Lui si spostò e io mi misi davanti a lui, sparando sei colpi molto vicini. Quando finii, soffiai sulla pistola, come se fossi in un film. Lui mi guardò esterrefatto: avevo fatto un buco nell’altra spalla, esattamente alla stessa altezza di Luke, e cinque nello stomaco. Il risultato era uno smile sorridente. Lui mi guardò esterrefatto. “Esattamente, quanti anni fa hai iniziato a sparare?” chiese. “Un sacco. E tu, con la chitarra?”

“Un sacco.”

“Vedi, siamo pari” dissi, tornando a puntare al manichino. Stavolta mirai al cuore e alla fronte. “Potresti uccidere qualcuno” commentò. “Chi ti dice che non l’abbia già fatto?” chiesi. “Coco, mi fai paura” mi disse. Io mi misi a ridere, terminando con un colpo in mezzo al collo. In quel momento, suonarono i cellulari. Messaggio da parte di Cristine, mia cugina (un’altra, non dalla parte di Carol) che abitava in Francia: “Ciao Coco, ti ricordi Daniel, il mio ragazzo? Ci sposiamo fra un mese!! *-* e siccome non ci vediamo da tanto, vorrei chiederti se vuoi venire… è qui, a Parigi, lo so che è lontano ma ti prego, ci tengo davvero!!! E vorrei chiederti anche se ti va di essere la testimone, come ringraziamento per esserci sempre stata per me <3 ti prego fammi sapere in fretta, l’invito è aperto anche a Carol, Manuela e Emmaline!!” spalancai la bocca, stupefatta. Cristine si sposava?! Ero troppo felice!! Notai con piacere che si era sforzata di scrivere in italiano… E rimasi basita nel leggere il nome di Emmaline. Cristine non sapeva niente di lei?! Non ci potevo credere. Vidi che anche Luke rimaneva sorpreso nel leggere un messaggio. “Mia cugina si sposa!” esclamai. “Un mio amico si sposa!” fece lui nello stesso instante. Ci guardammo sorpresi e, come se ci fossimo messi d’accordo, ci scambiammo i cellulari. “Sei cugina di Cristine?!”

“Sei amico di Daniel?!” chiedemmo di nuovo all’unisono. Ci mettemmo a ridere per quelle coincidenze, poi annuimmo. “Ci andiamo?”

“Certo.”

“Portiamo i ragazzi?”

“Pensavo fosse ovvio!” risposi. “Ok, andiamo a dirlo agli altri!” esclamò lui, esaltato. “Aspetta un attimo!” feci io. Mi voltai verso il bersaglio e feci un secondo smile, stavolta in faccia. “Ok, possiamo andare” dissi tutta allegra. “Metti giù quella pistola!” mi intimò lui bianco in volto. Io scoppiai a ridere e obbedii, pagammo e tornammo a casa. Nel tragitto in autobus, rispondemmo ai messaggi, e io dissi che Emmaline non ci sarebbe stata.

Quando arrivammo a casa, notai che c’era posta. Che noia, la solita pubblicità. La presi, tanto per portarla dentro, e iniziai a buttare l’inutile. Una rivista di un supermercato. Via. Un depliant di una pizzeria. Da parte. Pubblicità, pubblicità, pubblicità. Via, via, via. Mi bloccai all’ultimo, con le mani che tremavano. Un’altra lettera di Emmaline, nemmeno avessi invocato il diavolo. “Coco?” mi chiamò Luke. “Arrivo” dissi in fretta, posando la lettera sul mobile, accanto a quella precedente. Le avrei aperte quando mi fossi sentita pronta.

 

“Ragazzi, preparate i bagagli, si va in Francia!” esclamai quando arrivarono gli altri. “E perché?” chiese Manuela stupita. “Cristine si sposa!” feci rimanere di stucco Manuela e Carol. “Con Daniel!” aggiunse invece Luke, lasciando sbalorditi Michael, Ashton e Calum. “Su, su, che ci facciamo ancora qui?! A fare i bagagli!” esclamò Carol esaltata.

Nel giro di tre ore eravamo pronti, coi biglietti prenotati per il giorno successivo. I ragazzi erano tornati a casa loro, a prepararsi, e per una volta Manuela, Carol ed io eravamo da sole. “Coco, prendi la siringa” disse Manuela. “Perché?” chiedemmo io e Carol all’unisono. “Perché vi sto per dare una notizia che potrebbe farti uscire di testa, Carol.”

“No, seriamente, mi trattengo” disse lei. Manuela sembrò dubbiosa, ma si fidò. “Io e Michael ci siamo messi insieme!” disse in un soffio, con un sorriso così raggiante e degli occhi così luminosi che poteva illuminare l’intera stanza. Io la guardai stupefatta, così come Carol. Le saltammo addosso, stritolandola in un abbraccio enorme. “Oddio, oddio, oddio, Splendore che bella cosa!” urlai esaltata. Carol mi imitò. Eravamo troppo felici per lei. “Si festeggia!” esclamò mia cugina.

Mezz’ora dopo, eravamo in salotto, con lo stereo al massimo, a ballare un valzer a tre molto improvvisato sulla musica di Hello Heartache, nonostante non fosse nemmeno adatta. Quando la canzone finì, rimanemmo qualche secondo deluse, prima di sentire le prime note di The best damn thing. Da un valzer molto esagerato passammo a saltare dappertutto come matte, cantando. Fu così per tutta la sera.

Era bello avere diciassette anni.

 

Il mattino dopo, ci trovammo davanti all’aeroporto con i ragazzi. Loro avevano quattro valigie e un borsone, più la chitarra di Luke. Noi: quattro valigie degne di un trasloco, tre borsoni, sei borse e una sacca. Mi venne da ridere.

Notai con piacere che c’era anche Madison, anche lei con mille bagagli. Si vedeva, che eravamo ragazze, e ne andai fiera.

Michael e Manuela, Ashton e Carol si salutarono con baci plateali, facendomi sentire molto, molto sola. A far diminuire questa mia sensazione, ci fu Luke, che mi abbracciò. “Ciao Coco” mi disse dolcemente a poco dal mio viso. Dal suo tono sentivo che stava sorridendo e questo mi fece sciogliere. Era troppo tenero, qualsiasi cosa facesse, anche quando non era intenzionale. “Ragazzi, mi dispiace interrompere questo bel quadretto ma dobbiamo ancora prepararci per il volo!” ci interruppe Calum, mentre Madison gli tirava una gomitata che voleva sembrare oltraggiata, ma che ai miei occhi era solo divertita. Ormai la magia era stata interrotta, così ci dirigemmo agli imbarchi e, mezz’ora dopo, finalmente sull’aereo. “Speriamo di non perdere nessun bagaglio!” fece Carol, ancora segnata da quando durante un viaggio le avevano perso il beauty-case. Oltre al danno anche la beffa: era finito alle Hawaii, dove lei non era potuta andare. Nonostante tutto, avevo riso fino a star male.

Noi ragazze ci sedemmo su quattro sedili da un lato, i ragazzi dall’altro. Ci aspettava un volo di un’ora e mezza, ma sentivo che non saremmo stati tranquilli nemmeno un secondo, se non per dormire. Fu proprio quello che feci per mezz’ora: mi misi gli auricolari nelle orecchie, con la playlist che usavo per addormentarmi, e reclinai di poco lo schienale, giusto per non dar fastidio al passeggero dietro di me. Madison mi prese il cellulare – chiedendomi il permesso – e sbirciò la playlist. “Wow, come fai a dormire con queste? Non ti inquietano, o ti intristiscono?” chiese. Io ridacchiai. “Con una cugina – non Carol, Cristine – che per dormire ascolta industrial metal, questo è una ninnananna. Una volta le ho chiesto di mettere una canzone carina e mi ha fatto sentire Schizo doll. Queste possono essere un po’ dark, ma hanno un effetto fantastico su di me.”

“Ovvero?”

“Va in trance” disse Manuela, che aveva ascoltato tutto. “Che forza, quindi ti metti in contatto con i morti o cose del genere?!” mi chiese entusiasta Madison, facendomi ridere. “No, semplicemente dormo ma non dormo, non so spiegarlo. Cioè, sogno, ma sento comunque la musica, e quando finisce la canzone mi sveglio e non ricordo nulla, se non che mi lasciano sconcertati. È strano e bellissimo.”

“Madison, non farci caso, a volte è più inquietante lei di Cristine” disse Carol. Io le feci una linguaccia mentre Madison guardava di nuovo le canzoni. Le scorrevano sotto gli occhi titoli come Together, Forgotten, Nobody’s home e cose del genere.

Il mio tentativo di dormire durò poco, circondata di pazzi com’ero. Ad un certo punto aprii gli occhi e vidi che i ragazzi si stavano facendo una foto. Curiosa, schizzai in piedi per vederla. Luke e Michael erano in primo piano, con dietro Calum e Ashton. Scoppiai a ridere per la faccia di Ashton, sembrava molto il folletto di Harry Potter. Calum e Michael erano venuti bene, non potevano lamentarsi. Luke… oddio, la voglia di prenderlo e ricoprirlo di baci era tantissima, da quanto sembrava un cucciolo. Praticamente lo costrinsi a passarmi la foto, facendolo ridere. “Dormito bene, prima?” mi chiese. “Ho sognato, non mi ricordo cosa. So che era strano” dissi con disappunto. Lui ridacchiò. “Riprova, se ti va.”

“Manca troppo poco” dissi piano, tornando ad appoggiarmi al mio sedile quando la hostess mi guardò male. Mi trattenni dal ridere quando Manuela la imitò, esagerando.

Era bello divertirsi così con gli amici. Essere così strani… era un modo come un altro per sentirsi vivi. Alcuni si drogavano, altri si alcolizzavano, altri ancora si tagliavano. Noi ci divertivamo a uscire dagli schemi. Un modo come un altro, ma a mio parere migliore di tutti gli altri. Era bello sapere di essere unici.

Chiusi gli occhi e canticchiai con un filo di voce: “I’d rather be anything but ordinary, please.”

 

Poco dopo, arrivammo in aeroporto, prendemmo i bagagli – fortunatamente erano tutti al loro posto – e superammo le soglie dell’aeroporto. Io mi guardai attorno e sospirai. “Casa dolce casa” dissi, con una punta di malinconia. “Abitavi qui?” chiese Ashton. Io annuii sorridendo a tutti i bei ricordi che mi invadevano. “Facciamo una sorpresa a Cristine e Daniel, o andiamo in hotel?” domandò Madison. La guardammo e ci mettemmo a ridere. “Maddy, tu davvero vuoi andare in giro con mille bagagli?!” chiese Manuela. Lei si guardò e fece un sorriso innocente. “Fate come se io non avessi detto niente” fece candidamente. Prendemmo un taxi e arrivammo all’hotel che avevamo prenotato. Mentre stavamo mettendo a posto tutto – io e le ragazze in una camera, i ragazzi nell’altra – mi venne in mente una cosa piuttosto importante. Sgranai gli occhi e chiamai gli altri. “Ehm, ragazzi, c’è una cosa che dovrei dirvi, prima che Cristine vi spaventi. Il suo stile è gothic, molto dark. Mi ha sempre detto che il suo matrimonio avrebbe rispecchiato il suo stile, quindi sarà piuttosto tetro, niente vestiti bianchi frufru e cose del genere. Vi prego di non terrorizzarvi” dissi cauta. “Quindi sarà una cosa tutta in nero, cupa?” chiese Michael. Io annuii. “Che cosa fantastica!” urlò Manuela esaltata. Gli altri la imitarono e io sospirai sollevata. “Ok ragazzi, dopo finiamo di mettere a posto, adesso andiamo a trovare Cristine!!” esclamò Carol. Tutti annuimmo e uscimmo dall’hotel, cercando la casa di Cristine, mentre la torre Eiffel ci faceva da sfondo.







*Angolo autrice*

Ecco la foto, grazie a tutti!!

Ciaoo

Ranya


  
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