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Autore: AClaudia    01/05/2014    1 recensioni
"La testa gli girava come se dovesse improvvisamente alzarsi in volo e le gambe parevano fatte di pasta frolla. Afferrò pesantemente il corrimano per scendere i gradini, ma sembrava impossibile. Avrebbe salvato il suo compagno a qualsiasi costo. Sull'orlo dello svenimento, stava per accasciarsi su se stesso, quando una mano lo aiutò a rialzarsi..."
AGGIORNAMENTO!!: voglio proseguire questa storia e sto cercando qualche autore che voglia collaborare con me ;)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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"Diventerò un uomo..."






Un odore nauseabondo penetrava violento nelle sue narici. Così prepotentemente da risvegliarlo dallo stato catatonico in cui era piombato. Non si riusciva a capire cosa fosse, ma era comunque terribile. Mozzava il respiro.
Se la morte avesse un odore, pensò Boris, sarebbe stato proprio uguale a quello.
 
Polvere scura e densa ricopriva tutto attorno a lui.
Tutto era dir tanto poiché non c’era niente oltre a lui, alla specie di branda su cui era sdraiato e ad una massa indecifrabile ammonticchiata sul lato opposto. Il buio di quella fredda stanza murata in pietra era attenuato solamente dalla luce di una torcia proveniente dal corridoio.
Tra lui e la libertà si frapponevano delle robuste sbarre di ferro arrugginito.
 
Il giovane dai capelli chiarissimi aprì lentamente gli occhi. La vista era appannata e sentiva le palpebre pesanti come macigni.
Per quanto possibile si guardò attorno, cercando di mettere a fuoco qualcosa. Non c’era niente.
Solo fredde mura e che culminavano con un soffitto a volte senza alcuna apertura.
 
Alzando un po’ la testa osservò il pavimento intorno a lui, per quel poco che riusciva a vedere. Tutto nero. Ah, no, c’erano delle macchie. Macchie scure, rotonde, una vicina all’altra.
Sangue. Le osservò intontito.
Altri ragazzi prima di lui erano passati da quel carcere e avevano subito le stesse torture riservate a lui. Se non peggio.
Attimi terribili. Attimi infiniti. Aveva cercato di resistere. Si chiedeva come una mente umana potesse concepire tanta malvagità e scatenarla su un altro essere umano. Su un bambino di 12 anni.
Aveva gridato, e tanto. Tantissimo. Non solo per il dolore, anche e soprattutto per coprire le risate sadiche del suo boia. Colui che trovava appagamento personale nel fendere la sua pelle bianca con una lunga frusta tutta annodata.
Si era accasciato per terra, per quanto concesso dalle catene, e una lacrima aveva bagnato il suo viso.
 
Nel rivivere quei momenti sentiva il suo corpo riprendere possesso dei suoi arti, fino a quando sentì un bruciore lacerante alla schiena. In un attimo sentì di nuovo tutto il dolore, e lanciò un grido agghiacciante, con tutta forza che gli era rimasta in gola.
Bruciava, bruciava maledettamente. Sentì le lacrime scendergli copiose sulle guance e cadere per terra, mentre lui cercava in qualche modo di placare quel dolore.
 
Le sue ferite erano state curate in qualche modo, eppure erano ancora troppo vive. Strinse i denti più che poteva cercando di soffocare la sua sofferenza, rannicchiandosi nel suo povero giaciglio. Respirò pesantemente, fino a quando tutto quel tormento non sembrò essere almeno vagamente placato.
 
Fu allora che rivide nella sua mente gli attimi terribili in cui la sua famiglia implose.
La violenza era stata l’inizio della sua discesa negli inferi. Rivide nitidamente se stesso alcuni anni prima, mentre piangeva terrorizzato dietro lo stipite della porta del salotto. Teneva in mano il suo giocattolo preferito, quella piccola trottola che da sempre aveva animato le sue giornate. Era diventato la sua ancora di salvezza, quando, per l’ennesima volta il padre era tornato a casa ubriaco.
Devastato.
E l’aveva fatto di nuovo.
Aveva picchiato la mamma. Aveva sfogato su di lei tutta la sua frustrazione, e lei non ce l’aveva fatta. Fu l’ultima volta che la vide. La sua adorata mamma. Colei che lo aveva amato nonostante tutti i problemi.
 
Maledisse quell’uomo.
Era colpa sue se ora si trovava li. A dover lottare.
Di nuovo piccole lacrime scesero timide lungo le sue guance. Era una ingiustizia a cui non poteva sottrarsi. Però avrebbe potuto fare qualcosa di più. Avrebbe potuto sfruttare l’occasione per diventare forte, molto forte. Il più forte. E un giorno avrebbe avuto la sua vendetta. Questo era diventato il suo obiettivo.
 
Strinse i pugni pensando a quanta strada già aveva fatto. Era uno dei migliori. Sarebbe cresciuto. Sarebbe diventato un vero uomo, e avrebbe ottenuto giustizia per sua madre. L’aveva giurato sul suo fedele beyblade e sullo spirito magico che da allora lo accompagnava nelle sue battaglie.
 
 
 
 



Era coricato da un pezzo, eppure Yuri non riusciva a prendere sonno.
Come aveva immaginato, sentiva urla soffocate provenire dai piani interrati di quel labirinto di pietra. Di Boris, di chissà quanti altri ragazzi, conosciuti o sconosciuti.
 
Già, c’era qualcosa che non quadrava. Gli pareva di vedere dei bambini mai visti prima che dopo poco tempo sparivano improvvisamente. Come delle visioni che non si sa da dove vengano né dove vadano. Magari vedo i fantasmi, si diceva. Eppure non ne era molto convinto.
 La cosa di cui era sicuro era che il monastero nascondeva qualcosa, molto di più di ciò che era concesso loro vedere.
 
Un vago senso di inquietudine lo invase, mettendolo a disagio, come se si sentisse in pericolo. Istintivamente strinse al petto il suo beyblade. Quelle mura non erano sicure per lui, né per chiunque altro in quel posto maledetto.
 
Fu allora che risuonarono nella sua testa delle note misteriose, quelle che poco tempo prima aveva sentito uscire dalla porta della chiesa. L’avevano fatto stare bene. Gli richiamavano qualcosa dal suo passato, che riuscì a lenire il suo tormento. Si sentiva come richiamato da quella melodia.
Si concentrò.
Ad occhi chiusi cercò di richiamare alla mente qualsiasi cosa legata a quella musica. Un titolo, un testo, una voce, un luogo, qualsiasi cosa, bastava ricordare. 
 
Nulla.
 
Eppure sentiva qualcuno vicino a sé…  e una parola… ah si… eccola… Libertà.
Quel brano era legato in qualche modo alla parola libertà. Come? Non lo sapeva, ma sorrise. Il fatto di aver ricordato qualcosa lo rese fiducioso. Col tempo magari avrebbe ricordato altro. I suoi occhioni azzurri si illuminarono di speranza.
 
Strinse al petto il suo bey e finalmente si addormentò.
 
 
 
 


E tutto accadde.
 
 


Un’esplosione tremenda scosse il monastero dalle fondamenta, facendo sobbalzare il giovane rosso e creando il caos più totale. Sentì un marasma di allarmi e di sirene che suonavano, voci concitate e passi svelti nei corridoi.
Cosa diamine era successo?
 
Come una gazzella Yuri saltò giù dal letto deciso più che mai a scoprire tutto. Voleva sapere, voleva conoscere, voleva avere occhi dappertutto.
Si buttò addosso i vestiti in fretta e uscì furtivo dalla sua stanza stando bene attento a non farsi sentire. In situazioni di emergenza come quella, le guardie avevano il preciso compito di controllare che i ragazzi non uscissero dalle proprie celle.
Sogghignò.
Era un maestro in questo, non l’avrebbero scoperto.  Conosceva i trucchi del mestiere, e soprattutto i passaggi segreti.
 
L’esplosione aveva causato un piccolo incendio nella parte nord del monastero, innalzando un vortice di fumo nel cielo di Mosca. Sapeva esattamente dove andare.
 
In quella zona c’erano stati pochi giorni prima, quando il monaco aveva concesso loro di poter ammirare uno spettacolo più unico che raro.
Il leggendario beyblade nero, costruito da Rasputin in persona, in azione. Il sogno di ogni ragazzino racchiuso in un oggettino al di là di un vetro indistruttibile. O così doveva essere.
 
Più si avvicinava alla sala, più il caos dilagava. Guardie che correvano da una parte e dall’altra, che urlavano ordini, che cercavano di nascondere chissà che cosa. Una di loro stava uscendo di corsa, il volto teso, portando in braccio un fagotto, che Yuri riconobbe essere un ragazzo.
Kei.
Sgranò gli occhi. Era morto? Era svenuto? Cosa diamine era successo?
 
Prese allora un cunicolo nascosto che lo condusse ad una feritoia nella parete della sala da cui poteva osservare indisturbato la scena. Rimase a guardare, interdetto. Non riusciva a collegare i fatti.
La stanza era piena di fumo, ma non capiva cosa avesse causato l’esplosione. Una parete della sala era stata parzialmente abbattuta, e la teca in ci era stato riposto il meraviglioso bey nero era aperta. Cercò in giro con lo sguardo.
Del bey nero nemmeno l’ombra. Certamente le guardie l’avevano già messo al sicuro.
Ma cosa c’entrava Kei? Che domanda stupida. Si diede dello scemo mentalmente. Il suo acerrimo rivale desiderava con tutte le sue forze quel bey, lo si vedeva chiaramente. Voleva diventare il più forte, ed era disposto a tutto pur di farcela.
Dunque Kei aveva cercato di impossessarsi del bey ed invece era stato sopraffatto dalla sua potenza.
Si, probabilmente era andata così.
Non riusciva a crederci. Kei avrebbe subito una punizione al di fuori di qualsiasi immaginazione a causa della sua bramosia. Sempre se fosse sopravvissuto.
 
Comunque fosse, questa cosa avrebbe concesso al rosso un bel vantaggio. Ripercorse tutta la strada fino alla sua cella nel più breve tempo possibile. Tutto era tornato alla calma in quell’ala, dunque lui non era stato scoperto. Si reinfilò il pigiama e si buttò nel letto, con la netta sensazione che il giorno successivo sarebbe stato tutto diverso. 










Note posticce:
Innanzi tutto un ringraziamento speciale a chi ha trovato 5 minuti per fermarsi a leggere questa storiella. Spero sia almeno minimamente di vostro gradimento!
Nel primo capitolo non ho lasciato note, e me ne scuso, sicuramente ci avreste capito un pò di più in questo marasma. Ora mi sento in dovere di spiegarvi alcune cose, anche perchè si sta complicando sempre più.
Allora intanto specifico che Yuri è sempre stato uno dei miei personaggi preferiti, quindi eccolo protagonista! Si sta parlando ( ma lo avrete sicuramente capito...) della vita al monastero moooolto prima del primo campionato. Questo flashback (poco flash e molto back) è necessario per gli avvenimenti futuri, anche se è quasi completamente inventato.
L'unico evento reale è il momento in cui Kei esce di scena per via dell'esplosione e perde la memoria.
Per tutto il resto, spero che presto ci troviate un senso...e ovviamente potete lasciare tutte le recensioni che volete, mi fanno certamente piacere! Anche per dirmi che è una strepitosa ca***ta (dato che lo è...).
Ciao a tutti!
  
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