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Autore: J E N J O O    01/05/2014    1 recensioni
Jen crede di essere una ragazza normale, come tutte le altre. Abita a Londra e viene nascosta da tutti. Vive con sua zia senza sapere il perché, non sa le sue origini, non sa niente della sua vita. Non sa di avere un fratello in Nuova Zelanda, imprigionato, e di avere una cosa magica dentro sé. Non sa cos'è veramente. Non sa che la sua vita può cambiare non appena verrà a saperlo.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The boy
 
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E' brutto essere trattati come bestie. Tutto questo succede a me. E' da molti anni che mi tengono rinchiusi in questa cavolo di villa. Mi fanno prendere lezioni private per non andare a scuola. Mia zia mi dice sempre che quando avrò diciotto anni sarò libera. Ora che ne ho diciassette sono sempre la stessa Jen, chiusa in camera sua, senza amici e senza una famiglia. Le uniche persone che vedo sono mia zia Geneviev e la sua servitù, che passa sempre da camera mia per la cena. Non so com'è il giardino, l'erba, i prati. Eppure ho tutte le qualità degli adolescenti.

Ho i capelli di un nero impenetrabile e gli occhi azzurri così chiari che credo possano diventare trasparenti. Non ho mai ricevuto regali in tutta la mia vita.

Mi pongo sempre la domanda “perché non ho dei genitori?” ma la risposta non è mai arrivata.

Zia mi permette di guardare fuori dalla finestra solo di pomeriggio, dopo le lezioni private che mi fanno la servitù. Vedo sempre passare per la strada ragazze con delle amiche, o due persone per mano, magari portano a spasso un cane...

Io mi sento così sola, esclusa da tutti, dal mondo.

Come un'eclissi, solo che non è il sole a sparire via, ma io.

Per me non c'è luce, vera luce. Al di fuori di questa casa non conosco nessuno. Non conosco nemmeno il mio passato. Dove vivevo prima?

L'unico chiaro e nitido ricordo che ho, è quando mi sono svegliata in un letto d'ospedale, con le gengive che pungevano come se dei denti crescessero all'infinito.

Avevo sette anni. Aprii gli occhi trovandomi davanti un infermiera dal viso preoccupato, che mi guardava dentro la bocca. Boh, era un'infermiera o una dentista?

Dopo questo piccolo controllo mi fecero uscire. Una donna era in lacrime che parlava con un dottore. Non riuscivo a sentire cosa si dicevano così ci rinunciai aspettandola. Quando tornò da me mi diede un bacio sulla fronte e se ne andò. Poi arrivò mia zia, mi prese per mano, e mi accompagnò a casa sua rassegnata, osservando la donna sparire dietro l'angolo di una porta d'ospedale.

Di questo ricordo non mi è chiaro soltanto chi era quella donna. Mia mamma? Non lo so. Non so se ho avuto una mamma.

Beh, sì, sono nata da una mamma, ma da lì mi ha istruito mia zia. Alcuni dicono che la vita porta un mistero con sé. Forse il mio è proprio quello.

Sento bussare alla porta e dico un leggero “avanti” cortese.

Non entra né la zia né la servitù. E' un ragazzo alto, dai capelli biondi e gli occhi color nocciola. Mi sorride appena e si siede sul fondo del letto, in parte a me. Mi mette la sua mano sulla mia e la stringe con affetto. Sembra che debba dire una cosa molto importante, dalla sua pelle che sbianca ogni minuto che passa. Cerca le parole adatte per dire quello che pensa. Io non lo conosco neanche, eppure sento di conoscerlo. Vedo che prende fiato, apre la bocca per parlare, ma non dice una cosa importante. O perlomeno non dice quello che mi aspettavo di sentire.

“Ciao”

  
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