Disclaimer: Haytham Kenway, Desmond Miles, Connor Kenway e tutti gli altri personaggi appartengono alla Ubisoft e a
chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta
per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo.
Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto
rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è
ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla
stessa tramite permesso scritto.
"La vita dei morti è riposta nel ricordo dei vivi."
- Marco Tullio Cicerone -
Non dimenticare
Alcune volte non c'è nessuna storia da raccontare.
Alcune volte sono solo echi di voci ormai morte, ombre che non conoscono più la luce e fantasmi che mordono nel silenzio dei pensieri.
Desmond ha vissuto troppe vite - troppo dolorose, troppo vicine - per non cogliere la spietata allegoria che unisce lui e Connor, occhi di neve e acciaio a giudicare osservare soffrire.
"Figlio."
William gli appoggia una mano sulla spalla, un gesto che dovrebbe ricordargli l'infanzia e che invece lo spinge solo ad arricciare le labbra, affranto e irritato.
"Sai perché risorgiamo sempre?"
"Che cosa hai visto?"
L'Animus giace inerte sotto di lui, ma come spiegare che vivere è diventato lo sfogliare compulsivo e violento di un lettore pazzo?
Come, se il sangue che ti ruggisce nelle vene è quello di eroi, martiri, pirati e infine traditori?
"Dovevo ucciderti molto tempo fa."
Quando apre gli occhi è sempre quel momento che rivede - fuori sincrono nella retina, crudelmente aggrappato al cuore - e non trova alcuna consolazione nella risposta che quella notte gli ha regalato - la cenere di Fort George tra i capelli e nelle orecchie ancora il rombo dei cannoni.
"Addio, padre."
La speranza che per una volta - una soltanto - qualcosa potesse essere diverso - per lui, per suo padre, per Connor, per tutti - lo divora senza pietà.