ciao
a tutti.
Eccoci
con un nuovo
capitolo. spero che questo spieghi tutto quello che è
successo e il perché. Troveremo
il colpevole… forse.
Premetto
che questa idea è
lo sviluppo di un pensiero di Elenri che ha subito trovato il mio
consenso. Se non
vi piace date la colpa a lei.
Grazie
per tutti i
commenti, il segnare questa storia nelle preferite, ricordate e seguite
e anche
chi mi ha segnalato per le scelte (sei matta! Ma ti ringrazio tanto).
Infine
grazie a Elenri
(Teresa) per questo banner che ha subito incontrato i miei favori.
È troppo
dolce la nostra CHYNA, non trovate?
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Credo
di non aver mai
sofferto tanto nell'attesa di qualcosa o qualcuno.
Le
altre due squadre sono già
rientrate e Apollo si è accomodato al tavolo ad aspettare
con noi.
Sono
quasi due ore che
Johanna sta camminando avanti e indietro, Plutarch legge dei fogli sul
tavolo,
John e Shae si tengono per mano seduti davanti al video con le lucette
intermittenti e io continuo ad avvicinarmi alla porta per poi farmi
ricondurre
sul divano da Paban.
«Arriveranno
presto».
«Paban,
l'hai detto
esattamente due minuti fa! E non sono ancora arrivati»
rispondo piccata.
«Non
è continuando ad
agitarti che torneranno prima».
«Ma
se sono feriti... o
peggio. Se hanno bisogno di aiuto?» ribatto.
«Chyna.
Smettila. Tutti noi
stiamo aspettando, senza fare l'isterica» sibila irritata
Johanna.
«Mason,
piantala. Siamo tutti
agitati. Non sfogarti su di lei» dice Heavensbee, continuando
a leggere i
documenti.
Ognuno
di noi cerca di
reagire come meglio può, aspettando notizie, aspettando i
propri cari.
Nessuno
di noi parla per
un'altra ora. Paban mi stringe le mani. Non mi stringe tra le braccia e
gliene
sono grata. Sarebbe troppo facile appoggiarmi totalmente, ma non sarei
io. Non
voglio crollare, ci sarà tutto il tempo dopo che
avrò visto i miei famigliari
sani e salvi.
Mi
sembra di essere arrivata
all'Eldorado quando sento uno scalpiccio concitato lungo il corridoio.
Mi alzo
in piedi e aspetto che la porta si apra. Non riesco a fare un passo
verso
l'entrata, aspetto e basta.
E
in quel momento entrano.
Jayson
e Grace sostengono
Gale che è ferito al fianco. Ha una specie di fascia
insanguinata sul torace ma
non sembra troppo grave. Subito dietro ci sono Durin e mio padre che
trasportano la mamma. Sembra ferita a un braccio. Man mano entrano
anche gli
altri componenti della squadra e cinque persone vestite con i colori
sgargianti
di Capitol City.
Sono
arrivati gli Strateghi.
E davanti a loro c'è il mio carnefice: Venatio Cruel.
Questa
sortita ci è andata
bene, non fosse per Gunther e Fenix, abbiamo avuto solo la mamma e Gale
feriti.
E un Vick incavolato nero che continua a insultare suo fratello.
Supportato
dalle battute al vetriolo di Johanna che è letteralmente
furiosa con suo
marito.
«Cosa
è successo?» chiedo a
Jayson mentre siamo attorno alla mamma.
«Siamo
arrivati alla sala
degli Strateghi e ci siamo scontrati con loro. C'è stato uno
scontro a fuoco e
questo è il risultato: due feriti nostri, cinque prigionieri
e altri... morti»
sospira infine.
L'idea
che Fenix con il suo
coraggio e il suo modo compassato o che Gunther con il suo modo di fare
tutto
fuoco, non entrino più in quella sala a pianificare i vari
attacchi, mi fa
stare male.
Quante
vite ancora, si
porteranno via?
«Bene,
Venatio. Cosa ci
racconti di bello? Perché tutta questa pantomina? Cosa hai
in mente?» chiede
Apollo alzandosi e piazzandosi davanti al capo stratega.
«Cosa?
Io non ho niente in
mente. Non so neanche perché sono stato portato
qui» risponde tranquillo Cruel,
facendomi innervosire parecchio.
«Cominciamo
dall’inizio.
Perché le armi vere nell’arena?».
«Sarebbe
stato più
realistico, ti pare?». China la testa di lato e fa un sorriso
sardonico.
«Più
realistico? Abbiamo rischiato
la vita e altri di noi sono morti!» urlo io lanciandomi
contro di lui come una
furia. Le braccia di Paban e Vick mi trattengono da perpetrare il mio
secondo
omicidio nel giro di pochi giorni.
«Appunto.
Le morti e il
sangue rendono tutto più realistico» ribatte lui.
«Perché
le trappole e gli
ibridi?» chiede ancora Apollo.
«Per
la stessa ragione.
Sospettavamo che dopo il bagno di sangue i ragazzi non avrebbero
più combattuto
tra di loro e così ci siamo cautelati per farli fuori lo
stesso» risponde
Cruel. È freddo, lucido e assolutamente terrificante il tono
che usa.
«Volevate
far sollevare i
distretti contro il governo?» sbotta Vick.
«Noi?
Non siamo responsabili
per quello che fa il popolo».
«Lascia
stare. Non è
abbastanza intelligente per aver orchestrato un piano simile»
interviene
Plutarch. «Io avrei potuto. Avevo i mezzi e le
capacità ma lui no. Lui deve
avere chi ordina. Giusto, Venatio. Sei sempre stato brillantemente
mediocre».
Il
silenzio copre le ultime
vibrazioni sonore della sua stoccata.
Vedo
il collo di Cruel
ingrossarsi e diventare rosso di rabbia.
«Brillantemente
mediocre? Tu
dici? Grazie alla mia mediocrità Panem è di nuovo
a ferro e fuoco. Finalmente
la Paylor lascerà il posto da primo ministro e il potere
tornerà a Capitol
City! A chi lo merita. A chi ha perso tutto con la caduta di Snow e se
lo
riprenderà adesso. Portando ordine. Rispetto alla capitale
come avrebbe sempre
dovuto essere!» declama con voce stentorea.
«Ma
non tu» dice papà
tranquillo.
Tutti
ci voltiamo verso di
lui. Non sarà Cruel a prendere in mano le redini del potere?
Perché avrebbe
fatto tutto questo allora?
«No.
Hai ragione, Peeta
Mellark. Non sarò io». Un sorrisino sardonico
increspa le sue labbra.
«Esattamente
come dicevamo
prima. Tu sei comandato da qualcuno. Dicci chi
è!». Non è una domanda, è un
ordine quello che ulula Apollo. La sua calma proverbiale si sta
volgendo in
rabbia contro il capo degli strateghi.
«Non
c’è nessun capo. Siamo
tutti uguali e stiamo lavorando per il bene di Panem». Sembra
quasi una frase
impostata per evitare di dire cose compromettenti.
«Tu
non parteciperai al
governo. Nessuno dei distretti potrebbe accettarti dopo quello che hai
fatto
negli Hunger Games della Pace» azzarda Paban. «E
sappiamo tutti che per andare
al governo, oggi come trent’anni fa, si deve avere il
sostegno dei distretti,
altrimenti ci troveremmo nella rivolta e tra i morti ancora una
volta».
«Esatto»
esclamo
avvicinandomi al ragazzo del mare e fissando Cruel
«Perciò se tutto questo fa
parte di un piano… sapete già chi
salirà al potere e questo è qualcuno che
è
dalla parte dei distretti».
Il
capo degli Strateghi
sorride e ci squadra uno a uno. «Non riuscirete mai a capire
tutto il quadro».
Il
quadro… il quadro di
insieme…
Guardo
mia madre e lei fissa
me. Non so perché ma mi si spalanca la mente in
quell’istante e forse anche a
lei, visto che sgrana gli occhi come se avesse raggiunto la meta.
Apriamo la
bocca e all’unisono esclamiamo «Elki
Cox!».
«Certo!
Cox! Il capo della
milizia!». Apollo sbatte la sua mano sul tavolo, come a dare
più enfasi a
quello che ha detto.
«Chi?
Quella mezza sega? Non
sarebbe capace a mettere insieme due lettere per fare un
articolo» risponde
Cruel sghignazzando.
Lui
è convincente, chi lo è
di meno sono i suoi colleghi strateghi. Uno in particolare,
seminascosto dietro
al capo che è diventato rosso ed inizia a sudare
copiosamente.
«E’
Cox. Vero?» chiedo a
quello. Lui abbassa gli occhi ma non risponde e per noi è
più chiaro che se
l’avesse urlato.
«No!
Non è Cox. Non è lui,
credetemi» comincia a gridare il capo degli strateghi, ma
nessuno gli da retta.
Siamo tutti tesi a capire le prossime mosse da attuare.
Siamo
tutti così distratti
che non ci accorgiamo neanche del salto che fa Cruel contro Durin,
disarmandolo
della pistola per poi voltarsi verso lo stratega traditore e freddarlo
con un
proiettile in fronte. «Idiota!» dice come elogio
funebre, prima di venire
disarmato da almeno tre di noi.
«Durin,
accidenti! Potevamo
avere altre informazioni!» protesta Plutarch, ordinando lo
sgombero del cadavere.
«Adesso
andate a medicarvi e
voi accompagnateli. Io, Plutarch e… Vick faremo il punto
della situazione. Ne
parleremo insieme più tardi» ordina Apollo,
indicando noi, la mamma e Gale con
Johanna e altri combattenti.
Ho
sentito una esitazione
prima del nome di Vick. Probabilmente stava per dire Fenix, ma lui non
c’è più.
Per
arrivare all'infermeria
di questo palazzo è cosa abbastanza veloce. Ormai abbiamo un
medico in pianta
stabile da noi, visto tutti i rappezzi che deve fare. Si mette subito a
visitare
la mamma, mentre spedisce Gale in ospedale. Lui è
più grave e non è in grado di
curarlo qui.
«Così...
Elki Cox?» commenta
Jayson, sedendosi accanto a Grace su una delle poltroncine per le
attese.
«E'
solo una sensazione, ma
anche la mamma è della mia idea. Ho visto dei filmati che
vengono dai
distretti. Lui sta facendo comizi su come ci sia un'ombra che spinge il
governo
a comportarsi contro il popolo e che lui non ordinerà
più ai suoi uomini di
combattere contro persone inermi» spiego.
«In
pratica non sta accusando
nessuno ma si sta ergendo a difensore di Panem e così si
farà amare e potrà
acclamare il potere una volta che la Paylor sarà destituita
o darà le
dimissioni» ragiona Paban ad alta voce.
«Ho
la sensazione che ormai
alla Paylor rimaniamo solo noi» mormora Jayson.
«No.
Ha la Ghiandaia
Imitatrice al suo fianco e Panem non è tanto vecchia da
avermi dimenticato»
replica mamma, uscendo dalla sala medicazioni con un braccio appeso al
collo e
papà al suo fianco.
«Se
lasciamo che Cox continui
con il suo piano, rischieremo di trovarci di nuovo con un presidente
simile a
Snow. Dobbiamo trovare il sistema per far calare i consensi del capo
della
milizia o saremo tutti finiti». L'analisi di mio padre
è quanto di più brutto
riesco ad immaginare. Rievoca scenari terribili come i vecchi Hunger
Games
della violenza. I veleni che la facevano da padroni trent'anni fa.
Durin
arriva di corsa.
«Ragazzi! C'è una nuova conferenza pubblica di
Cox... sembra che vogliano
assalire il palazzo presidenziale!» annuncia.
Assieme
torniamo di corsa
nella sala dei video. Gli strateghi sono stati portati via e ci siamo
solo noi.
Mi sento l'ultimo baluardo a difesa della libertà.
Nello
schermo un viso deciso
e dal sorriso affabile tenta di spiegare la situazione politica di
Panem
senza far sembrare nessuno colpevole. Sono innocenti gli strateghi,
sono
innocenti i militi, sono innocenti i rappresentanti del governo, è
innocente
il presidente. E chi sono i colpevoli di tutto questo caos? Noi
candidati
mandati a morire, forse?
Il
pubblico acclama eccitato
ed io non stacco gli occhi dallo schermo.
All'improvviso
si sente una
voce seguita da decine di altre “Cox presidente! Cox
presidente! Via la Paylor!
Cox presidente!”
«Ecco!
Ci siamo! È iniziata
la sua parte conclusiva del suo piano. Adesso attaccheranno il palazzo
presidenziale e deporranno la Paylor» dice Apollo.
«Cosa
possiamo fare?» chiede
Agrom, dando voce ai nostri pensieri.
Non
possiamo cedere il potere
a un soggetto simile. Un uomo che non ha esitato a complottare contro
dei
poveri ragazzi e mandarli al macello per scatenare una reazione a
catena che ha
portato a decine di morti e ben più feriti. Un potere malato.
«Dovremo
combattere ancora.
Dobbiamo rispolverare tutti i crediti che avevamo trent'anni fa.
Dobbiamo
trovare consensi anche noi» dice Plutarch.
«Combattere?»
fa qualcuno.
«Combattere»
conferma Apollo.
Vedo
molte teste piegarsi a
questa conclusione. Fissarsi le scarpe assorti nei pensieri
più tristi.
Combattere contro tutta la milizia di Panem è un suicidio.
Siamo circa trenta
persone e non riusciremo certo a fermare questo colpo di stato da soli.
Dovremo
trovare degli aiuti e i migliori arriveranno dagli abitanti dei
distretti, dal
popolo.
«Dovremmo
inserirci nelle
trasmissioni di Capitol City e trasmettere la nostra versione dei
fatti»
propone John.
«Avessimo
ancora Beetee. Lui
saprebbe come fare tutto questo. All'epoca della rivolta era un
mago» commenta
mio padre.
Stiamo
cercando di trovare una
soluzione e mi sembra di annaspare come un pesce nella rete, senza
sapere cosa
fare.
«Mettiamo
alcune sentinelle
nei pressi del palazzo presidenziale, per sapere quando inizia
l'assalto»
propone Plutarch.
«Dobbiamo
essere precisi e
finalizzati a dei chiari obiettivi. Se sappiamo chi o cosa dobbiamo
colpire,
basteranno meno persone e saremo più incisivi»
precisa Apollo.
Le
discussioni proseguono per
altre ore estenuanti.
Alla
fine si decidono le
squadre. E a questo punto iniziano i problemi e i litigi.
Riuscire
a convincere mamma e
papà che vogliamo partecipare sembra un problema
insormontabile. Si sono
coalizzati per impedirmi di combattere. Per non parlare di Paban, che
è ben
felice di dar loro man forte. E Jayson che, non
solo si trova con lo stesso mio divieto, a anche con Grace
che non vuole
che lui partecipi, insultandolo quando lo nomina
“piccolino”.
Non
volendo disturbare gli
altri ci siamo diretti in una stanza vicino a continuare le nostre
discussioni.
«Jayson,
non puoi venire
anche tu. Sei troppo piccolo» protesta mia madre.
«Combatto
con la spada, so
tirare con l'arco e me la cavo con i fucili. E sono cose che mi hai
insegnato
tu. Perché adesso mi ritieni piccolo? Quando andavamo a
caccia insieme non mi
dicevi che ero troppo piccolo». Non ha tutti i torti. Inoltre
ha dimostrato di
sapersela cavare in molte situazioni spinose e di questi tempi, si
cresce in
fretta. Definirlo piccolo non è essere giusti.
«Sono
solo preoccupati per
te» interviene Grace.
«Non
hanno capito che sono in
grado di fare le stesse cose che fanno loro» ribatte mio
fratello. «E Chyna?
Anche lei vuole uscire con le squadre di attacco. Impedirete anche a
lei di
combattere?».
«Lei
non esce di qui»
puntualizza Paban.
«E
chi dovrebbe andare? Tu,
che non ti reggi in piedi?». Sta diventando un litigio in
piena regola dove
tutti sono contro tutti. «Diciamocelo. Tu sei meno efficiente
rispetto alla
sottoscritta. Non sei in grado di essere preciso e svelto come
me».
Lui
sbuffa ma non fa altro
che ribadire il suo ordine. «Tu non esci».
Le
lotte continuano con papà
che vuole far restare la mamma, me e Jayson. Noi che vogliamo uscire e
Grace e
Paban che si oppongono.
«Smettila
di fare il bambino,
Jayson» urla Grace a mio fratello.
«Bambino?
Ti faccio vedere io
se questo è da bambino» sibila lui, prima di
strattonarla tra le braccia e
schiacciare la sua bocca su quella della ragazza.
Cala
il silenzio. Finalmente
Jayson è riuscito a far stare tutti zitti.
Quando
i due si staccano,
attendo ansiosa qualche reazione da parte di Grace. Tipo un ceffone o
uno
spintone, un urlo oltraggiato o semplicemente andarsene. Invece
arrossisce e
china la testa, fissando i suoi piedi. «Jayson, che
fai?» mormora sottovoce.
Sembra davvero imbarazzata, ma dal sorrisino che le spunta, anche molto
contenta.
«Ti
dimostro che non sono un
bambino e spero proprio di averti convinto, altrimenti mi prenoto per
quando
questa storia sarà finita... ci sarà tutto il
tempo».
Lei
lo guarda e annuisce.
«Non sei un bambino» conferma. Mi sa tanto che
abbiamo assistito al primo passo
di una bella storia.
«Non
potete impedirmi di
uscire con gli altri. Non posso rimanere ancora qui. Cox ha ucciso
Christal e
Alicia e Bor e Thabo e il mio amico Dick. Come faccio a dimenticarmi di Ilixo? E di Douce?
Non
posso perdonare un macellaio simile e voglio avere la
possibilità di
vendicarmi, o almeno di proteggere la libertà e impedire che
succedano altre
volte queste cose terribili».
Nessuno
di loro mi può
contraddire su questo. Ho diritto di andare al palazzo presidenziale e
ho
diritto di combattere per quello in cui credo. I miei genitori avevano
la mia
età quando si trovarono a lottare contro Snow e lo
strapotere di Capitol City
ed io voglio la stessa possibilità oggi.
Restiamo
a guardarci tutti in
cagnesco, fino a quando mio padre emette un lungo sospiro rassegnato.
«Tutti
noi vogliamo
partecipare e nessuno ci farà cambiare idea. È il
nostro modo di amare e di
proteggere chi amiamo... farete tutti attenzione e al minimo cenno di
pericolo,
vi ritirerete in un luogo sicuro. Questo è il mio
accordo» propone.
«Accetto»
dico precipitosa.
«Accetto»
conferma mamma.
«Accetto»
le fa eco Jayson.
«Anche
noi» dice Grace
indicando se stessa e Paban.
La
contrattazione è finita.
Possiamo tornare dagli altri e prepararci per la battaglia. Sento che
è vicina
e non vedo l'ora di avere Cox tra le mani. Non lo chiedo come mio
trofeo
personale. Ma se riuscissi ad ucciderlo personalmente, ne sarei
estremamente
felice e soddisfatta.
«Ragazzi!
Stanno marciando
verso il palazzo presidenziale!» grida Agrom.
È
arrivato il momento.
Plutarch
resterà alla base,
cercando di coordinare le operazioni da qui.
Vengono
distribuite le armi.
Fucili e per me, mamma e Jayson, archi e faretre piene di frecce
normali,
esplosive e perforanti.
«Katniss,
abbiamo cercato di
trovare qualche cosa che ti facesse assomigliare alla Ghiandaia
Imitatrice. È
una delle poche carte che possiamo giocarci» dice Apollo,
indicando una tutta
nera con macchie bianche sulle maniche.
Tremo
leggermente. Avremo
bisogno di tutto l'aiuto possibile. E l'unico aiuto in cui possiamo
sperare è
l'appoggio dei distretti e del popolo di Panem.
Usciamo
alla spicciolata
diretti verso il centro della capitale. Sotto i mantelli abbiamo le
armi. Io
sono in compagnia di Paban, Jayson e Grace. Mamma e papà
sono già usciti. In
gruppetti da tre o quattro persone non diamo nell'occhio. Nessuno fa
caso a noi
e man mano ci uniamo alla folla che si sta avvicinando al palazzo
presidenziale.
Mi
guardo attorno e vedo i
miei compagni vicini e distanti, fare piccoli gesti per segnalare le
loro
posizioni. Siamo sparsi nella piazza e controlliamo tutte le vie di
accesso. Ci
sono parecchi militi, ma non sono con la divisa completa.
C'è a chi manca
l'elmetto, a chi il giubbetto, come se con questa dimenticanza, fossero
più
connessi alla gente comune.
«Vorrei
tanto ci fosse
Haymitch» sento sospirare mia madre alle mie spalle, coperta
da una coperta
drappeggiata come un mantello.
«Anche
io» conferma mio
padre.
Zio
Haymitch era il mentore
dei miei genitori nelle edizioni degli Hunger Games nelle quali hanno
partecipato ed era l’unico che riusciva a comunicare con mia
madre senza neanche
parlare. Sembrava avessero una connessione mentale quei due e se devo
essere
sincera, manca molto anche a me. Sono sicura che tra lui e la mamma,
avrebbero
scoperto molto tempo prima tutto il piano di Cox.
«Eccolo»
mormora Paban.
Ci
voltiamo leggermente e
vediamo l’agitarsi delle teste nella piazza attorno a un
punto che si muove in
obliquo verso il portone principale del palazzo. Sembra
l’onda del mare che va
a infrangersi sulla battigia. Man mano le teste si agitano, si voltano,
e poi
tornano quiete mentre l’oggetto della tensione avanza.
«Cox!
Cox! Cox!» sentiamo
scandire dagli spettatori.
Anche
accanto a noi le
persone agitano le braccia e inneggiano al capo della polizia.
«Vorrei
trapassargli il cuore
con una freccia esplosiva e far scoppiare il resto del suo corpo in
modo che
non ne resti nessuna traccia» sibilo con odio. Sento odio
puro nel mio cuore
contro quell’uomo che ha ucciso i miei compagni. Che ha
ucciso la dolce
Christal e il suo amore Bor. E Alicia. E Ilixo. E Thabo, il dolcissimo
Thabo
dalla pelle di ebano e dal sorriso così aperto. E Douce. E
il mio caro Dick. Loro
avevano diritto di vivere e invece sono morti. Piano terrificante di
quel
essere che vuole il potere su Panem. Lo voglio morto.
«Calmati,
Chyna. Non reagire
in questo modo. Tua madre non ha pensato ed è stata isolata
per anni come una
pazza, non vorrai fare la stessa fine? La storia non deve
ripetersi» mi
risponde Paban stringendo con forza il mio braccio e facendomi tornare
alla
realtà.
Non
dobbiamo farci prendere
dalle emozioni.
Abbiamo
studiato un piano che
implica sangue freddo. Se ci facciamo prendere dalla frenesia della
vendetta,
creeremo il caos e non varrà a nulla il nostro tentativo di
salvare Panem da
una dittatura peggiore di quella di Snow. Perché sono
convinta che sarà
peggiore. Lui ha agito nell’ombra. Ha fatto uccidere, ha
giocato sulla mente
del popolo. Ha seviziato e ucciso il nostro libero pensiero,
convincendoci che
lui fosse il bene. Snow non è mai riuscito a fare tanto. Se
ne fosse stato in
grado, oggi sarebbe ancora qui.
Dobbiamo
smascherare Elki Cox
per quello che è. E lo faremo qui, in piazza con le
telecamere che stanno
riprendendo tutto in diretta e i vari microfoni che John e Shae hanno
piazzato
su di noi per avere l’audio più ampio possibile.
Deve essere tutto chiaro,
senza ombre, senza dubbi. E lui sarà inchiodato alle sue
colpe e noi saremo
liberi.
Improvvisamente
il punto dove
si trova il capo dei militi, sembra iniziare ad avanzare velocemente e,
a pochi
passi dal portone di ingresso del palazzo presidenziale, questo si
spalanca
completamente consentendo l’entrata trionfale del traditore
della patria.
Subito
le ante si richiudono
e il popolo continua ad inneggiare al finto salvatore.
«Cox!
Cox! Cox!». È
assordante.
Passano
alcuni minuti. Sappiamo
che Apollo e alcuni uomini fidati, tra cui i più addestrati
Durin e Agrom, sono
all’interno del palazzo, entrati attraverso dei passaggi
segreti lasciati
aperti appositamente dalla Paylor in persona.
Se
fossero riusciti ad
attaccare il capo dei militi, appena entrato, la rivolta sarebbe finita
ancora
prima di iniziare e senza alcun ferito.
Purtroppo
niente può essere
così semplice.
Dopo
parecchi minuti di
attesa ecco che finalmente Elki Cox appare sul balcone presidenziale,
quello da
dove
«Popolo
di Panem!» un boato
accoglie il suo inizio.
«Eccomi,
a difendere la
vostra vita… Ho sempre preso questo impegno, da quando mi
sono arruolato nei
militi… E adesso sono qui per continuare a difendere la
libertà dall’oppressione
e dal tradimento… In questo momento… con il
vostro sostegno… depongo la
presidente Paylor e la arresto per crimini contro il
popolo!». A ogni
interruzione scoppia un boato più forte. Tutto il pubblico
in piazza
inneggia verso Cox.
«Guarda
lì» mi sussurra
Jayson indicando una persona con un lieve cenno della testa. Osservo
meglio e
vedo che è il primo che urla accanto a noi ed è
quello che da sempre il via
alle voci acclamanti di questo lato della piazza.
«E’
sicuramente uno d’accordo
con lui» rispondo sottovoce.
Probabilmente
ci sono altri
mischiati nella piazza che incitano alle ovazioni. Così come
c’erano quando
avevano lanciato i sassi contro il palazzo presidenziale più
di un mese fa.
Ed
ecco che trascinano fuori
Lei
si agita e i suoi capelli
color ferro, si sciolgono dal lato destro del viso, coprendo lo zigomo
colpito.
«No! Lasciatemi! Non sono io la colpevole!».
Di
nuovo l’uomo accanto a noi
urla il suo “Buuuu!” lungo e acuto, seguito da
altri in varie parti della
piazza.
«Non
possiamo aspettare
troppo» dice Grace.
«Aspetta.
Vediamo cosa fa lui»
risponde mio padre che ci ha raggiunti.
Le
nostre armi sono ancora
ben coperte e nessuno ci sta guardando.
Cerco
di ricordare il punto
esatto dove ci dobbiamo posizionare prima di rivelarci. Noi tre saremo
sotto lo
sguardo di tutti ad attirare l’attenzione. Mentre Apollo
metterà ai ferri Cox e
noi parleremo al popolo.
Mia
madre Katniss,
Controllo
ancora una volta l’arco,
sfioro la faretra al mio fianco e controllo il microfono che ho
appuntato al
petto e che è collegato a due grossi amplificatori
posizionato ai lati della
piazza, in modo che le mie parole vengano udite da tutti anche se parlo
piano.
Noi
tre siamo equipaggiati in
questa maniera.
Il
cuore mi batte fortissimo,
e per un attimo la vista si annebbia e poi tutto diventa scuro, per poi
tornare
brillante e luminoso. Maledizione! Sfrego la fronte come a voler
diradare la
nebbia dalla vista. Fortuna che nessuno se ne accorge.
Lentamente,
come se fossimo
spinti dalle persone attorno a noi, ci spostiamo verso il punto dove
c’è un
piedistallo vuoto, lasciato lì a ricordo del punto dove Snow
venne ucciso
durante la rivolta dei distretti di trenta anni fa.
È
abbastanza grosso per
sostenere noi tre senza restare pigiati e nello stesso tempo ci
permette di
essere più in alto rispetto a tutti gli altri cittadini. Per
ora ci sono solo
un paio di ragazzini seduti lì sopra, ma quando arriveremo
noi faremo il vuoto.
Nel
frattempo altri ribelli
come noi, si disporranno attorno per difenderci da eventuali attacchi
di militi
infiltrati tra la gente.
È
pericoloso ma è l’unico
modo che abbiamo per fermare quel pazzo che ha fatto precipitare Panem
di nuovo
nel caos e nella guerra.
«Uccidila!
Uccidi
Ormai
non c’è più tempo. Dobbiamo
agire subito o sarà troppo tardi.
«Ci
deve essere un processo!»
risponde Cox con un sorrisino compiaciuto sulle labbra.
«E’
colpevole! Uccidetela!»
risponde la piazza assetata di sangue.
Lentamente
vedo un fucile
levarsi tra le teste che popolano la piazza e puntare verso il balcone.
Probabilmente
un cecchino assoldato dal capo dei militi che ha il compito di uccidere
Cox
risulterebbe innocente. Aveva
difeso la presidente perché voleva un processo, ma senza
imputato la colpa
sarebbe tutta della defunta, lui il difensore degli oppressi e,
probabilmente,
assumerebbe il potere con il beneplacito della piazza.
Non
deve andare così. Non può
andare così.
In
quel momento vedo mia
madre iniziare a correre e lanciarsi sul piedistallo, mentre mio padre
zoppica
cercando di starle dietro.
In
un attimo lei è in piedi
al centro della pietra, sopra tutti gli altri.
Sembra
che abbia attirato
tutti gli sguardi su di sé. Toglie la coperta con un solo
gesto e la lascia
cadere sul selciato della piazza, facendo ammirare la sua tenuta nera
con
strisce bianche.
Imbraccia
l’arco e afferra
una delle frecce della sua faretra, la incocca e la punta contro il
balcone
presidenziale. Contro Cox.
«Sono
Katniss Everdeen! La ragazza
di fuoco! Sono
Gli
amplificatori aumentano
il suo tono a dismisura, azzittendo per un attimo qualsiasi persona nel
raggio
di tre isolati.
Poi
la piazza esulta. Esulta e
inneggia all’eroe che non è più Elki
Cox. L’eroe è mia madre.
---ooOoo---
Angolino
mio:
ed
eccoci qui. Penultimo capitolo.
pienissimo
di eventi,
tensione e un pochino di paura.
Siamo
alla resa dei conti.
La domanda è, riuscirà Katniss a non essere
impulsiva come trenta anni prima? Riuscirà
a far capire a tutti le sue ragioni? Oppure ucciderà Cox
come aveva fatto con
Come
si dice? Lo saprete
alla prossima puntata.
L’ultima.
Come avevo
promesso 30 capitoli.
Lasciatemi
le vostre
impressioni, sono curiosissima di sapere quello che ne pensate.
Non
vi lascio alcuno
spoiler questa volta. Tutto deve essere avvolto dal mistero. Cosa
succederà lo
sappiamo solo io e la mia fida chiavetta usb.
Vi
auguro una buona festa
e, ringraziando per l’attenzione, vi rimando alla prossima
settimana.
Baciotti