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Autore: gaccia    01/05/2014    7 recensioni
Che le probabilità siano sempre a vostro favore! Che la fortuna sia sempre a vostro favore!
Affidarci alla fortuna o alle probabilità non era la cosa più sicura, non quando gli Hunger Games, i giochi della fame, erano gestiti da Capitol City e dal crudele presidente Snow, non oggi, quando sono riapparsi gli Hunger Games della pace, rinati solo per essere uno spettacolo fine a se stesso, senza morti ne feriti gravi e con tanti soldi come premio per il vincitore.
La fortuna o le probabilità non erano mai a favore di chi partecipava. Mai.
Lo sa bene la figlia di Katniss e Peeta che trentadue anni dopo la terza edizione della memoria, i settantacinquesimi Hunger Games dove i suoi genitori erano sopravvissuti, entra nell'arena per i nuovi pacifici giochi ad affrontare quello che nessuno si sarebbe mai immaginato.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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ciao a tutti.

Eccoci con un nuovo capitolo. spero che questo spieghi tutto quello che è successo e il perché. Troveremo il colpevole… forse.

Premetto che questa idea è lo sviluppo di un pensiero di Elenri che ha subito trovato il mio consenso. Se non vi piace date la colpa a lei.

 

Grazie per tutti i commenti, il segnare questa storia nelle preferite, ricordate e seguite e anche chi mi ha segnalato per le scelte (sei matta! Ma ti ringrazio tanto).

 

Infine grazie a Elenri (Teresa) per questo banner che ha subito incontrato i miei favori. È troppo dolce la nostra CHYNA, non trovate?

 

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Credo di non aver mai sofferto tanto nell'attesa di qualcosa o qualcuno.

Le altre due squadre sono già rientrate e Apollo si è accomodato al tavolo ad aspettare con noi.

Sono quasi due ore che Johanna sta camminando avanti e indietro, Plutarch legge dei fogli sul tavolo, John e Shae si tengono per mano seduti davanti al video con le lucette intermittenti e io continuo ad avvicinarmi alla porta per poi farmi ricondurre sul divano da Paban.

«Arriveranno presto».

«Paban, l'hai detto esattamente due minuti fa! E non sono ancora arrivati» rispondo piccata.

«Non è continuando ad agitarti che torneranno prima».

«Ma se sono feriti... o peggio. Se hanno bisogno di aiuto?» ribatto.

«Chyna. Smettila. Tutti noi stiamo aspettando, senza fare l'isterica» sibila irritata Johanna.

«Mason, piantala. Siamo tutti agitati. Non sfogarti su di lei» dice Heavensbee, continuando a leggere i documenti.

Ognuno di noi cerca di reagire come meglio può, aspettando notizie, aspettando i propri cari.

 

Nessuno di noi parla per un'altra ora. Paban mi stringe le mani. Non mi stringe tra le braccia e gliene sono grata. Sarebbe troppo facile appoggiarmi totalmente, ma non sarei io. Non voglio crollare, ci sarà tutto il tempo dopo che avrò visto i miei famigliari sani e salvi.

Mi sembra di essere arrivata all'Eldorado quando sento uno scalpiccio concitato lungo il corridoio. Mi alzo in piedi e aspetto che la porta si apra. Non riesco a fare un passo verso l'entrata, aspetto e basta.

E in quel momento entrano.

 

Jayson e Grace sostengono Gale che è ferito al fianco. Ha una specie di fascia insanguinata sul torace ma non sembra troppo grave. Subito dietro ci sono Durin e mio padre che trasportano la mamma. Sembra ferita a un braccio. Man mano entrano anche gli altri componenti della squadra e cinque persone vestite con i colori sgargianti di Capitol City.

Sono arrivati gli Strateghi. E davanti a loro c'è il mio carnefice: Venatio Cruel.

 

Questa sortita ci è andata bene, non fosse per Gunther e Fenix, abbiamo avuto solo la mamma e Gale feriti. E un Vick incavolato nero che continua a insultare suo fratello. Supportato dalle battute al vetriolo di Johanna che è letteralmente furiosa con suo marito.

«Cosa è successo?» chiedo a Jayson mentre siamo attorno alla mamma.

«Siamo arrivati alla sala degli Strateghi e ci siamo scontrati con loro. C'è stato uno scontro a fuoco e questo è il risultato: due feriti nostri, cinque prigionieri e altri... morti» sospira infine.

L'idea che Fenix con il suo coraggio e il suo modo compassato o che Gunther con il suo modo di fare tutto fuoco, non entrino più in quella sala a pianificare i vari attacchi, mi fa stare male.

Quante vite ancora, si porteranno via?

 

«Bene, Venatio. Cosa ci racconti di bello? Perché tutta questa pantomina? Cosa hai in mente?» chiede Apollo alzandosi e piazzandosi davanti al capo stratega.

«Cosa? Io non ho niente in mente. Non so neanche perché sono stato portato qui» risponde tranquillo Cruel, facendomi innervosire parecchio.

«Cominciamo dall’inizio. Perché le armi vere nell’arena?».

«Sarebbe stato più realistico, ti pare?». China la testa di lato e fa un sorriso sardonico.

«Più realistico? Abbiamo rischiato la vita e altri di noi sono morti!» urlo io lanciandomi contro di lui come una furia. Le braccia di Paban e Vick mi trattengono da perpetrare il mio secondo omicidio nel giro di pochi giorni.

«Appunto. Le morti e il sangue rendono tutto più realistico» ribatte lui.

 

«Perché le trappole e gli ibridi?» chiede ancora Apollo.

«Per la stessa ragione. Sospettavamo che dopo il bagno di sangue i ragazzi non avrebbero più combattuto tra di loro e così ci siamo cautelati per farli fuori lo stesso» risponde Cruel. È freddo, lucido e assolutamente terrificante il tono che usa.

«Volevate far sollevare i distretti contro il governo?» sbotta Vick.

«Noi? Non siamo responsabili per quello che fa il popolo».

«Lascia stare. Non è abbastanza intelligente per aver orchestrato un piano simile» interviene Plutarch. «Io avrei potuto. Avevo i mezzi e le capacità ma lui no. Lui deve avere chi ordina. Giusto, Venatio. Sei sempre stato brillantemente mediocre».

Il silenzio copre le ultime vibrazioni sonore della sua stoccata.

Vedo il collo di Cruel ingrossarsi e diventare rosso di rabbia.

«Brillantemente mediocre? Tu dici? Grazie alla mia mediocrità Panem è di nuovo a ferro e fuoco. Finalmente la Paylor lascerà il posto da primo ministro e il potere tornerà a Capitol City! A chi lo merita. A chi ha perso tutto con la caduta di Snow e se lo riprenderà adesso. Portando ordine. Rispetto alla capitale come avrebbe sempre dovuto essere!» declama con voce stentorea.

«Ma non tu» dice papà tranquillo.

 

Tutti ci voltiamo verso di lui. Non sarà Cruel a prendere in mano le redini del potere? Perché avrebbe fatto tutto questo allora?

«No. Hai ragione, Peeta Mellark. Non sarò io». Un sorrisino sardonico increspa le sue labbra.

«Esattamente come dicevamo prima. Tu sei comandato da qualcuno. Dicci chi è!». Non è una domanda, è un ordine quello che ulula Apollo. La sua calma proverbiale si sta volgendo in rabbia contro il capo degli strateghi.

«Non c’è nessun capo. Siamo tutti uguali e stiamo lavorando per il bene di Panem». Sembra quasi una frase impostata per evitare di dire cose compromettenti.

«Tu non parteciperai al governo. Nessuno dei distretti potrebbe accettarti dopo quello che hai fatto negli Hunger Games della Pace» azzarda Paban. «E sappiamo tutti che per andare al governo, oggi come trent’anni fa, si deve avere il sostegno dei distretti, altrimenti ci troveremmo nella rivolta e tra i morti ancora una volta».

«Esatto» esclamo avvicinandomi al ragazzo del mare e fissando Cruel «Perciò se tutto questo fa parte di un piano… sapete già chi salirà al potere e questo è qualcuno che è dalla parte dei distretti».

 

Il capo degli Strateghi sorride e ci squadra uno a uno. «Non riuscirete mai a capire tutto il quadro».

Il quadro… il quadro di insieme…

Guardo mia madre e lei fissa me. Non so perché ma mi si spalanca la mente in quell’istante e forse anche a lei, visto che sgrana gli occhi come se avesse raggiunto la meta. Apriamo la bocca e all’unisono esclamiamo «Elki Cox!».

«Certo! Cox! Il capo della milizia!». Apollo sbatte la sua mano sul tavolo, come a dare più enfasi a quello che ha detto.

«Chi? Quella mezza sega? Non sarebbe capace a mettere insieme due lettere per fare un articolo» risponde Cruel sghignazzando.

 

Lui è convincente, chi lo è di meno sono i suoi colleghi strateghi. Uno in particolare, seminascosto dietro al capo che è diventato rosso ed inizia a sudare copiosamente.

«E’ Cox. Vero?» chiedo a quello. Lui abbassa gli occhi ma non risponde e per noi è più chiaro che se l’avesse urlato.

«No! Non è Cox. Non è lui, credetemi» comincia a gridare il capo degli strateghi, ma nessuno gli da retta. Siamo tutti tesi a capire le prossime mosse da attuare.

Siamo tutti così distratti che non ci accorgiamo neanche del salto che fa Cruel contro Durin, disarmandolo della pistola per poi voltarsi verso lo stratega traditore e freddarlo con un proiettile in fronte. «Idiota!» dice come elogio funebre, prima di venire disarmato da almeno tre di noi.

«Durin, accidenti! Potevamo avere altre informazioni!» protesta Plutarch, ordinando lo sgombero del cadavere.

«Adesso andate a medicarvi e voi accompagnateli. Io, Plutarch e… Vick faremo il punto della situazione. Ne parleremo insieme più tardi» ordina Apollo, indicando noi, la mamma e Gale con Johanna e altri combattenti.

Ho sentito una esitazione prima del nome di Vick. Probabilmente stava per dire Fenix, ma lui non c’è più.

 

Per arrivare all'infermeria di questo palazzo è cosa abbastanza veloce. Ormai abbiamo un medico in pianta stabile da noi, visto tutti i rappezzi che deve fare. Si mette subito a visitare la mamma, mentre spedisce Gale in ospedale. Lui è più grave e non è in grado di curarlo qui.

«Così... Elki Cox?» commenta Jayson, sedendosi accanto a Grace su una delle poltroncine per le attese.

«E' solo una sensazione, ma anche la mamma è della mia idea. Ho visto dei filmati che vengono dai distretti. Lui sta facendo comizi su come ci sia un'ombra che spinge il governo a comportarsi contro il popolo e che lui non ordinerà più ai suoi uomini di combattere contro persone inermi» spiego.

«In pratica non sta accusando nessuno ma si sta ergendo a difensore di Panem e così si farà amare e potrà acclamare il potere una volta che la Paylor sarà destituita o darà le dimissioni» ragiona Paban ad alta voce.

«Ho la sensazione che ormai alla Paylor rimaniamo solo noi» mormora Jayson.

«No. Ha la Ghiandaia Imitatrice al suo fianco e Panem non è tanto vecchia da avermi dimenticato» replica mamma, uscendo dalla sala medicazioni con un braccio appeso al collo e papà al suo fianco.

«Se lasciamo che Cox continui con il suo piano, rischieremo di trovarci di nuovo con un presidente simile a Snow. Dobbiamo trovare il sistema per far calare i consensi del capo della milizia o saremo tutti finiti». L'analisi di mio padre è quanto di più brutto riesco ad immaginare. Rievoca scenari terribili come i vecchi Hunger Games della violenza. I veleni che la facevano da padroni trent'anni fa.

 

Durin arriva di corsa. «Ragazzi! C'è una nuova conferenza pubblica di Cox... sembra che vogliano assalire il palazzo presidenziale!» annuncia.

Assieme torniamo di corsa nella sala dei video. Gli strateghi sono stati portati via e ci siamo solo noi. Mi sento l'ultimo baluardo a difesa della libertà.

Nello schermo un viso deciso e dal sorriso affabile tenta di spiegare la situazione politica di Panem senza far sembrare nessuno colpevole. Sono innocenti gli strateghi, sono innocenti i militi, sono innocenti i rappresentanti del governo, è innocente il presidente. E chi sono i colpevoli di tutto questo caos? Noi candidati mandati a morire, forse?

Il pubblico acclama eccitato ed io non stacco gli occhi dallo schermo.

All'improvviso si sente una voce seguita da decine di altre “Cox presidente! Cox presidente! Via la Paylor! Cox presidente!”

«Ecco! Ci siamo! È iniziata la sua parte conclusiva del suo piano. Adesso attaccheranno il palazzo presidenziale e deporranno la Paylor» dice Apollo.

«Cosa possiamo fare?» chiede Agrom, dando voce ai nostri pensieri.

Non possiamo cedere il potere a un soggetto simile. Un uomo che non ha esitato a complottare contro dei poveri ragazzi e mandarli al macello per scatenare una reazione a catena che ha portato a decine di morti e ben più feriti. Un potere malato.

«Dovremo combattere ancora. Dobbiamo rispolverare tutti i crediti che avevamo trent'anni fa. Dobbiamo trovare consensi anche noi» dice Plutarch.

«Combattere?» fa qualcuno.

«Combattere» conferma Apollo.

 

Vedo molte teste piegarsi a questa conclusione. Fissarsi le scarpe assorti nei pensieri più tristi. Combattere contro tutta la milizia di Panem è un suicidio. Siamo circa trenta persone e non riusciremo certo a fermare questo colpo di stato da soli. Dovremo trovare degli aiuti e i migliori arriveranno dagli abitanti dei distretti, dal popolo.

«Dovremmo inserirci nelle trasmissioni di Capitol City e trasmettere la nostra versione dei fatti» propone John.

«Avessimo ancora Beetee. Lui saprebbe come fare tutto questo. All'epoca della rivolta era un mago» commenta mio padre.

Stiamo cercando di trovare una soluzione e mi sembra di annaspare come un pesce nella rete, senza sapere cosa fare.

 

«Mettiamo alcune sentinelle nei pressi del palazzo presidenziale, per sapere quando inizia l'assalto» propone Plutarch.

«Dobbiamo essere precisi e finalizzati a dei chiari obiettivi. Se sappiamo chi o cosa dobbiamo colpire, basteranno meno persone e saremo più incisivi» precisa Apollo.

Le discussioni proseguono per altre ore estenuanti.

Alla fine si decidono le squadre. E a questo punto iniziano i problemi e i litigi.

Riuscire a convincere mamma e papà che vogliamo partecipare sembra un problema insormontabile. Si sono coalizzati per impedirmi di combattere. Per non parlare di Paban, che è ben felice di dar loro man forte. E Jayson che, non  solo si trova con lo stesso mio divieto, a anche con Grace che non vuole che lui partecipi, insultandolo quando lo nomina “piccolino”.

 

Non volendo disturbare gli altri ci siamo diretti in una stanza vicino a continuare le nostre discussioni.

«Jayson, non puoi venire anche tu. Sei troppo piccolo» protesta mia madre.

«Combatto con la spada, so tirare con l'arco e me la cavo con i fucili. E sono cose che mi hai insegnato tu. Perché adesso mi ritieni piccolo? Quando andavamo a caccia insieme non mi dicevi che ero troppo piccolo». Non ha tutti i torti. Inoltre ha dimostrato di sapersela cavare in molte situazioni spinose e di questi tempi, si cresce in fretta. Definirlo piccolo non è essere giusti.

«Sono solo preoccupati per te» interviene Grace.

«Non hanno capito che sono in grado di fare le stesse cose che fanno loro» ribatte mio fratello. «E Chyna? Anche lei vuole uscire con le squadre di attacco. Impedirete anche a lei di combattere?».

«Lei non esce di qui» puntualizza Paban.

«E chi dovrebbe andare? Tu, che non ti reggi in piedi?». Sta diventando un litigio in piena regola dove tutti sono contro tutti. «Diciamocelo. Tu sei meno efficiente rispetto alla sottoscritta. Non sei in grado di essere preciso e svelto come me».

Lui sbuffa ma non fa altro che ribadire il suo ordine. «Tu non esci».

Le lotte continuano con papà che vuole far restare la mamma, me e Jayson. Noi che vogliamo uscire e Grace e Paban che si oppongono.

«Smettila di fare il bambino, Jayson» urla Grace a mio fratello.

«Bambino? Ti faccio vedere io se questo è da bambino» sibila lui, prima di strattonarla tra le braccia e schiacciare la sua bocca su quella della ragazza.

Cala il silenzio. Finalmente Jayson è riuscito a far stare tutti zitti.

 

Quando i due si staccano, attendo ansiosa qualche reazione da parte di Grace. Tipo un ceffone o uno spintone, un urlo oltraggiato o semplicemente andarsene. Invece arrossisce e china la testa, fissando i suoi piedi. «Jayson, che fai?» mormora sottovoce. Sembra davvero imbarazzata, ma dal sorrisino che le spunta, anche molto contenta.

«Ti dimostro che non sono un bambino e spero proprio di averti convinto, altrimenti mi prenoto per quando questa storia sarà finita... ci sarà tutto il tempo».

Lei lo guarda e annuisce. «Non sei un bambino» conferma. Mi sa tanto che abbiamo assistito al primo passo di una bella storia.

 

«Non potete impedirmi di uscire con gli altri. Non posso rimanere ancora qui. Cox ha ucciso Christal e Alicia e Bor e Thabo e il mio amico Dick. Come faccio a dimenticarmi di Ilixo? E di Douce? Non posso perdonare un macellaio simile e voglio avere la possibilità di vendicarmi, o almeno di proteggere la libertà e impedire che succedano altre volte queste cose terribili».

Nessuno di loro mi può contraddire su questo. Ho diritto di andare al palazzo presidenziale e ho diritto di combattere per quello in cui credo. I miei genitori avevano la mia età quando si trovarono a lottare contro Snow e lo strapotere di Capitol City ed io voglio la stessa possibilità oggi.

Restiamo a guardarci tutti in cagnesco, fino a quando mio padre emette un lungo sospiro rassegnato.

«Tutti noi vogliamo partecipare e nessuno ci farà cambiare idea. È il nostro modo di amare e di proteggere chi amiamo... farete tutti attenzione e al minimo cenno di pericolo, vi ritirerete in un luogo sicuro. Questo è il mio accordo» propone.

«Accetto» dico precipitosa.

«Accetto» conferma mamma.

«Accetto» le fa eco Jayson.

«Anche noi» dice Grace indicando se stessa e Paban.

La contrattazione è finita. Possiamo tornare dagli altri e prepararci per la battaglia. Sento che è vicina e non vedo l'ora di avere Cox tra le mani. Non lo chiedo come mio trofeo personale. Ma se riuscissi ad ucciderlo personalmente, ne sarei estremamente felice e soddisfatta.

 

«Ragazzi! Stanno marciando verso il palazzo presidenziale!» grida Agrom.

È arrivato il momento.

Plutarch resterà alla base, cercando di coordinare le operazioni da qui.

Vengono distribuite le armi. Fucili e per me, mamma e Jayson, archi e faretre piene di frecce normali, esplosive e perforanti.

«Katniss, abbiamo cercato di trovare qualche cosa che ti facesse assomigliare alla Ghiandaia Imitatrice. È una delle poche carte che possiamo giocarci» dice Apollo, indicando una tutta nera con macchie bianche sulle maniche.

Tremo leggermente. Avremo bisogno di tutto l'aiuto possibile. E l'unico aiuto in cui possiamo sperare è l'appoggio dei distretti e del popolo di Panem.

 

Usciamo alla spicciolata diretti verso il centro della capitale. Sotto i mantelli abbiamo le armi. Io sono in compagnia di Paban, Jayson e Grace. Mamma e papà sono già usciti. In gruppetti da tre o quattro persone non diamo nell'occhio. Nessuno fa caso a noi e man mano ci uniamo alla folla che si sta avvicinando al palazzo presidenziale.

Mi guardo attorno e vedo i miei compagni vicini e distanti, fare piccoli gesti per segnalare le loro posizioni. Siamo sparsi nella piazza e controlliamo tutte le vie di accesso. Ci sono parecchi militi, ma non sono con la divisa completa. C'è a chi manca l'elmetto, a chi il giubbetto, come se con questa dimenticanza, fossero più connessi alla gente comune.

 

«Vorrei tanto ci fosse Haymitch» sento sospirare mia madre alle mie spalle, coperta da una coperta drappeggiata come un mantello.

«Anche io» conferma mio padre.

Zio Haymitch era il mentore dei miei genitori nelle edizioni degli Hunger Games nelle quali hanno partecipato ed era l’unico che riusciva a comunicare con mia madre senza neanche parlare. Sembrava avessero una connessione mentale quei due e se devo essere sincera, manca molto anche a me. Sono sicura che tra lui e la mamma, avrebbero scoperto molto tempo prima tutto il piano di Cox.

«Eccolo» mormora Paban.

 

Ci voltiamo leggermente e vediamo l’agitarsi delle teste nella piazza attorno a un punto che si muove in obliquo verso il portone principale del palazzo. Sembra l’onda del mare che va a infrangersi sulla battigia. Man mano le teste si agitano, si voltano, e poi tornano quiete mentre l’oggetto della tensione avanza.

«Cox! Cox! Cox!» sentiamo scandire dagli spettatori.

Anche accanto a noi le persone agitano le braccia e inneggiano al capo della polizia.

«Vorrei trapassargli il cuore con una freccia esplosiva e far scoppiare il resto del suo corpo in modo che non ne resti nessuna traccia» sibilo con odio. Sento odio puro nel mio cuore contro quell’uomo che ha ucciso i miei compagni. Che ha ucciso la dolce Christal e il suo amore Bor. E Alicia. E Ilixo. E Thabo, il dolcissimo Thabo dalla pelle di ebano e dal sorriso così aperto. E Douce. E il mio caro Dick. Loro avevano diritto di vivere e invece sono morti. Piano terrificante di quel essere che vuole il potere su Panem. Lo voglio morto.

«Calmati, Chyna. Non reagire in questo modo. Tua madre non ha pensato ed è stata isolata per anni come una pazza, non vorrai fare la stessa fine? La storia non deve ripetersi» mi risponde Paban stringendo con forza il mio braccio e facendomi tornare alla realtà.

Non dobbiamo farci prendere dalle emozioni.

Abbiamo studiato un piano che implica sangue freddo. Se ci facciamo prendere dalla frenesia della vendetta, creeremo il caos e non varrà a nulla il nostro tentativo di salvare Panem da una dittatura peggiore di quella di Snow. Perché sono convinta che sarà peggiore. Lui ha agito nell’ombra. Ha fatto uccidere, ha giocato sulla mente del popolo. Ha seviziato e ucciso il nostro libero pensiero, convincendoci che lui fosse il bene. Snow non è mai riuscito a fare tanto. Se ne fosse stato in grado, oggi sarebbe ancora qui.

Dobbiamo smascherare Elki Cox per quello che è. E lo faremo qui, in piazza con le telecamere che stanno riprendendo tutto in diretta e i vari microfoni che John e Shae hanno piazzato su di noi per avere l’audio più ampio possibile. Deve essere tutto chiaro, senza ombre, senza dubbi. E lui sarà inchiodato alle sue colpe e noi saremo liberi.

 

Improvvisamente il punto dove si trova il capo dei militi, sembra iniziare ad avanzare velocemente e, a pochi passi dal portone di ingresso del palazzo presidenziale, questo si spalanca completamente consentendo l’entrata trionfale del traditore della patria.

Subito le ante si richiudono e il popolo continua ad inneggiare al finto salvatore.

«Cox! Cox! Cox!». È assordante.

Passano alcuni minuti. Sappiamo che Apollo e alcuni uomini fidati, tra cui i più addestrati Durin e Agrom, sono all’interno del palazzo, entrati attraverso dei passaggi segreti lasciati aperti appositamente dalla Paylor in persona.

Se fossero riusciti ad attaccare il capo dei militi, appena entrato, la rivolta sarebbe finita ancora prima di iniziare e senza alcun ferito.

Purtroppo niente può essere così semplice.

 

Dopo parecchi minuti di attesa ecco che finalmente Elki Cox appare sul balcone presidenziale, quello da dove la Paylor faceva i discorsi nelle occasioni di feste e proclami.

«Popolo di Panem!» un boato accoglie il suo inizio.

«Eccomi, a difendere la vostra vita… Ho sempre preso questo impegno, da quando mi sono arruolato nei militi… E adesso sono qui per continuare a difendere la libertà dall’oppressione e dal tradimento… In questo momento… con il vostro sostegno… depongo la presidente Paylor e la arresto per crimini contro il popolo!». A ogni interruzione scoppia un boato più forte. Tutto il pubblico in piazza inneggia verso Cox.

 

«Guarda lì» mi sussurra Jayson indicando una persona con un lieve cenno della testa. Osservo meglio e vedo che è il primo che urla accanto a noi ed è quello che da sempre il via alle voci acclamanti di questo lato della piazza.

«E’ sicuramente uno d’accordo con lui» rispondo sottovoce.

Probabilmente ci sono altri mischiati nella piazza che incitano alle ovazioni. Così come c’erano quando avevano lanciato i sassi contro il palazzo presidenziale più di un mese fa.

 

Ed ecco che trascinano fuori la Paylor, legata e con un vistoso livido sulla guancia rugosa e rossa.

Lei si agita e i suoi capelli color ferro, si sciolgono dal lato destro del viso, coprendo lo zigomo colpito. «No! Lasciatemi! Non sono io la colpevole!».

Di nuovo l’uomo accanto a noi urla il suo “Buuuu!” lungo e acuto, seguito da altri in varie parti della piazza.

«Non possiamo aspettare troppo» dice Grace.

«Aspetta. Vediamo cosa fa lui» risponde mio padre che ci ha raggiunti.

 

Le nostre armi sono ancora ben coperte e nessuno ci sta guardando.

Cerco di ricordare il punto esatto dove ci dobbiamo posizionare prima di rivelarci. Noi tre saremo sotto lo sguardo di tutti ad attirare l’attenzione. Mentre Apollo metterà ai ferri Cox e noi parleremo al popolo.

Mia madre Katniss, la Ghiandaia Imitatrice è la sola che possa catalizzare tutta l’attenzione della piazza. Mio padre al suo fianco per ricordare gli sfortunati innamorati ed io per rappresentare chi ha perso più di ogni altra persona a Panem. La candidata più famosa degli ultimi Hunger Games della Pace.

Controllo ancora una volta l’arco, sfioro la faretra al mio fianco e controllo il microfono che ho appuntato al petto e che è collegato a due grossi amplificatori posizionato ai lati della piazza, in modo che le mie parole vengano udite da tutti anche se parlo piano.

Noi tre siamo equipaggiati in questa maniera.

Il cuore mi batte fortissimo, e per un attimo la vista si annebbia e poi tutto diventa scuro, per poi tornare brillante e luminoso. Maledizione! Sfrego la fronte come a voler diradare la nebbia dalla vista. Fortuna che nessuno se ne accorge.

 

Lentamente, come se fossimo spinti dalle persone attorno a noi, ci spostiamo verso il punto dove c’è un piedistallo vuoto, lasciato lì a ricordo del punto dove Snow venne ucciso durante la rivolta dei distretti di trenta anni fa.

È abbastanza grosso per sostenere noi tre senza restare pigiati e nello stesso tempo ci permette di essere più in alto rispetto a tutti gli altri cittadini. Per ora ci sono solo un paio di ragazzini seduti lì sopra, ma quando arriveremo noi faremo il vuoto.

Nel frattempo altri ribelli come noi, si disporranno attorno per difenderci da eventuali attacchi di militi infiltrati tra la gente.

È pericoloso ma è l’unico modo che abbiamo per fermare quel pazzo che ha fatto precipitare Panem di nuovo nel caos e nella guerra.

 

«Uccidila! Uccidi la Paylor!» grida qualcuno e altri si accodano a questa richiesta folle.

Ormai non c’è più tempo. Dobbiamo agire subito o sarà troppo tardi.

«Ci deve essere un processo!» risponde Cox con un sorrisino compiaciuto sulle labbra.

«E’ colpevole! Uccidetela!» risponde la piazza assetata di sangue.

Lentamente vedo un fucile levarsi tra le teste che popolano la piazza e puntare verso il balcone. Probabilmente un cecchino assoldato dal capo dei militi che ha il compito di uccidere la Paylor prima del processo. Ucciderla ora.

Cox risulterebbe innocente. Aveva difeso la presidente perché voleva un processo, ma senza imputato la colpa sarebbe tutta della defunta, lui il difensore degli oppressi e, probabilmente, assumerebbe il potere con il beneplacito della piazza.

Non deve andare così. Non può andare così.

 

In quel momento vedo mia madre iniziare a correre e lanciarsi sul piedistallo, mentre mio padre zoppica cercando di starle dietro.

In un attimo lei è in piedi al centro della pietra, sopra tutti gli altri.

Sembra che abbia attirato tutti gli sguardi su di sé. Toglie la coperta con un solo gesto e la lascia cadere sul selciato della piazza, facendo ammirare la sua tenuta nera con strisce bianche.

Imbraccia l’arco e afferra una delle frecce della sua faretra, la incocca e la punta contro il balcone presidenziale. Contro Cox.

«Sono Katniss Everdeen! La ragazza di fuoco! Sono la Ghiandaia Imitatrice! E sono qui per difendere la libertà di Panem!» urla a gran voce.

Gli amplificatori aumentano il suo tono a dismisura, azzittendo per un attimo qualsiasi persona nel raggio di tre isolati.

Poi la piazza esulta. Esulta e inneggia all’eroe che non è più Elki Cox. L’eroe è mia madre.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

ed eccoci qui. Penultimo capitolo.

pienissimo di eventi, tensione e un pochino di paura.

Siamo alla resa dei conti. La domanda è, riuscirà Katniss a non essere impulsiva come trenta anni prima? Riuscirà a far capire a tutti le sue ragioni? Oppure ucciderà Cox come aveva fatto con la Coin?

 

Come si dice? Lo saprete alla prossima puntata.

L’ultima. Come avevo promesso 30 capitoli.

 

Lasciatemi le vostre impressioni, sono curiosissima di sapere quello che ne pensate.

 

Non vi lascio alcuno spoiler questa volta. Tutto deve essere avvolto dal mistero. Cosa succederà lo sappiamo solo io e la mia fida chiavetta usb.

 

Vi auguro una buona festa e, ringraziando per l’attenzione, vi rimando alla prossima settimana.

Baciotti

 

  
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