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Autore: tilia    01/05/2014    2 recensioni
Dalla storia:
[...] "Tu sei...tu eri morto!" esclamò puntandogli un dito al petto.
Adesso, non era più spaventata. Il suo stato d'animo era cambiato in un lampo. Non aveva mai creduto ai fantasmi e non avrebbe iniziato in quel momento[...]
Perchè a volte un sogno può diventare un incubo...
Genere: Drammatico, Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ritrovato
Perché capita a tutti di sbagliare e la battaglia più grande è il perdono, ma a volte è impossibile ottenerlo.
Allora è meglio mettere fine all'esistenza e...
...iniziarne un'altra.




"Ciao" sorrise

"..." non riuscì a esprimere nessuna parola. I suoi occhi erano sbarrati ed era impallidita talmente da sembrare da sembrare di cera. Barcollò appoggiandosi a peso morto contro la sedia nell'angolo.
"Ehi, stai bene?" chiese lui avvicinandosi preoccupato. Era un bel ragazzo capelli corti castani leggermente più lunghi sulla fronte, occhi di un colore scuro, doveva avere circa ventun'anni.
"Stai lontano!" urlò improvvisamente la giovane, mentre le lacrime iniziavano a sgorgarle lente lungo le guance rovinando la sua figura, già abbastanza, delicata. Era snella e alta. Sembrava fragile come il vetro, che, se qualcuno le avesse dato un colpetto, si sarebbe potuta rompere.
Il suo sorriso
, però, quando lo mostrava, esprimeva tutt'altro. Quando le sue labbra erano piegate all'insù, allora, l'intero viso risplendeva di luce nuova, viva e forte.
"Tu sei...tu eri morto!" esclamò puntandogli un dito al petto.
Adesso, non era più spaventata. Non aveva mai creduto ai fantasmi e non avrebbe iniziato in quel momento. Ora, era furiosa.
Le narici si allargarono e lo sguardo si assottigliò, mentre le guance s'imporporavano d'ira. Ecco, un'altra parte del suo carattere sconosciuta a molti, ma non per chi la conosceva bene. Quando s'infuriava era una furia, ma in quel caso era legittimo.

"Io...scusa, ma avevo bisogno di lasciarmi tutto alle spalle" spiegò il ragazzo abbandonandosi alla sua rabbia senza opporre resistenza, d'altronde se lo meritava.
Erano passati tre anni da quando aveva fatto credere a tutti che era morto in un incidente aereo.
In realtà, aveva perso il volo a causa del traffico, quando aveva scoperto la tragedia, aveva deciso che quella era la sua grande occasione. Doveva coglierla.
Aveva solo diciott'anni, troppa poca esperienza per capire quello che stava realmente compiendo, aveva preso i pochi oggetti cari ed era partito. Non sapeva ancora perché aveva agito così, ma continuò a trascorrere il tempo, senza che lui se ne rendesse conto.
Aveva una nuova identità, nuovi amici e fidanzata. Era un altro, insomma.
Aveva concluso la specializzazione, ora poteva lavorare. La scuola era terminata, ma in quel momento si rese conto di ciò che aveva fatto. Era troppo tardi. Aveva abbandonato la sua patria, famiglia, tutto.
Lo scandalizzava pensare che non gli dispiaceva, si sentiva un mostro, ma era la verità.

Erano già arrivate delle ottime proposte  di lavoroce si rese finalmente conto che erano trascorsi tre anni. Aveva temporeggiato, improvvisamente colto da quelli che sembravano sensi di colpa a scoppio ritardato o, forse, solo nostalgia di casa.

Si era ricordato della sorellina, che avrebbe compiuto diciott'anni quell'anno. Così di nuovo agì d'impulso e tornò.
Eccolo lì, a far prendere un infarto a Lucia con la sua entrata in scena, che sembrava uscita da film strappa lacrime.
In quelli per lo meno si piangeva, invece Lucia lo stava massacrando.
"Sei uno schifoso verme, che significa -avevo bisogno di lasciarmi tutto alle spalla-? Siamo, anzi, eravamo la tua famiglia!" urlò la minore colpendolo con la borsa che aveva riafferrato con l'intenzione di andarsene.
Erano a scuola, infatti, in una classe vuota. Era quella di Lucia, si era informato.  Quel giorno finalmente aveva trovato il coraggio d'ncontrarla, dicendosi più volte che era una pazzia e quando l'aveva vista infilarsi in quell'aula, l'aveva seguita.

 La campanella era suonata da un pezzo,  ma Lucia aveva dimenticato un libro e non poteva permettersi di perderlo. Era diventata estremamente attenta a ciò che gli stava caro dal giorno, in cui credeva di aver perso il fratello.  Solo per ritrovarselo davanti non appena aveva tentato di uscire dalla classe.
Piangeva di rabbia, si sentiva tradita. Non sembrava una sorella che aveva appena scoperto che un parente era vivo, dopo averlo considerato deceduto. Era una sorella che aveva appena scoperto che il fratello l'aveva tradita e abbandonata, fregandosene della sua famiglia e dei suoi amici.
Aveva anche una fidanzata all'epoca dell'evento, le aveva spezzato il cuore apprendere dell'incidente. Sapeva che aveva pianto per giorni, ecco, in quel momento si sentiva furiosa anche per lei.
"Aspetta!" la pregò Alessandro rincorrendola e afferrandole un braccio
"Vattene io non ti conosco!" ribatté lei urlando e tirandogli una sberla in faccia. Il rumore fu assordante o almeno per lei.
Il ragazzo rimase immobile, scioccato dal gesto della sorella, non se lo sarebbe aspettato.
"Hai idea di quanto abbia pianto? Ho visto la mamma che si strappava i capelli dal dolore, il papà andare in depressione, i nostri parenti disperarsi e la nonna morire di crepacuore. Questo per colpa tua! Non ti conosco, tu non sei mio fratello, vattene!" gridò ancora Lucia con le lacrime agli occhi per la rabbia. Tremava, il suo rancore superava i limiti che poteva sopportare.
"Avevi dimenticato questo" sussurrò Alessandro porgendogli il libro "Buon compleanno" soffiò infine girandosi e andandosene, con un passo tranquillo. La sua voce non aveva tradito alcuna emozione, sembrava quasi essersi liberato di un grosso peso ricevendo quello schiaffo.
Finalmente aveva pagato per ciò che aveva fatto, si sentiva in pace in quel momento, adesso che aveva sentito tutto il rancore che la sorella provava per lui.
Lucia rimase a singhiozzare con il libro in mano in ginocchio, finché sentì dei passi di corsa dirigersi nella sua direzione.
"Oh, mio Dio, Tassi si sente male?" chiese la professoressa aiutandola ad alzarsi, ma la ragazza non rispose e continuò a piangere disperata.
"L'hanno picchiata? Chi è stato?" chiese la donna tentando di capire ciò che disperava l'alunna
"Ale...Alessandro" singhiozzò Lucia nascondendo il volto fra le mani.
L'insegnante Asiaghi a sentire quel nome rabbrividì, non si era dimenticata le macabre cause che avevano portato al decesso del fratello maggiore della studente. Magari compiere diciott'anni aveva riaperto una vecchia ferita.
"Signorina non c'è nulla di cui aver paura, suo fratello è morto" la consolò la donna stringendola in un goffo abbraccio tentando di tranquillizzarla
"No! Non è morto! Era qui, l'ho visto!" gridò lei staccandosi immediatamente
Povera ragazza sta delirando, pensò la professoressa
"Tassi è evidente che le hanno fatto uno scherzo di pessimo gusto, la prego suo fratello è morto da tre anni" spiegò riprendendo il suo solito cipiglio severo l'insegnante.
Asiaghi era una donna di mezza età e di quelle situazioni ne aveva già vissute parecchie, molti dei suoi capelli bianchi in mezzo a quelli neri scuri erano dovuti a studenti del genere. Chi i genitori, chi i parenti, chi i fratelli o le sorelle, tutti perdevano qualcuno almeno una volta nella vita.
Lucia si fermò, che si fosse immaginata tutto davvero?
Era lì, lo aveva colpito. Guardò la sua mano sinistra e la vide rossa, come se avesse dato uno schiaffo a qualcosa di duro, come una guancia. Quell'essere che era comparso davanti a lei non era suo fratello, era un mostro
"Andiamo, Tassi, le offro una camomilla, l'aiuterà a calmarsi" propose la professoressa indicando il bar dell'istituto. La ragazza annuì, poco convinta. Si tentò di asciugare le lacrime che ancora le rendevano lucide le guance e seguì l'insegnante.
"Signorina, vorrei che domani lei stesse a casa e si riposasse. Lo stress non le ha giovato nell'ultimo periodo, penserò io a mettere tutto in regola" dichiarò una volta seduta sulla sedia alta e scomoda del tavolino.
Non era legale commettere un'azione del genere, ma per un alunna modello come Tassi avrebbe compiuto un'eccezione, dopotutto lei aveva gli esami quell'anno e non sarebbe stato proprio il caso che subisse un crollo psicologico alla fine. Meglio prevenire che curare.
La ragazza annuì, ormai non connetteva più. Le parole che quella donna le stava dicendo erano come aria per lei. Stava ripensando all'odio che aveva provato nel rivedere il fratello vivo, dopo che lei per tre anni aveva pianto la sua morte, dopo che aveva subito un trauma talmente forte da costringere i suoi a portarla da uno psicologo per un anno intero. Si era sentita chiamare pazza. Si ricordava ancora quando si svegliava nel cuore della notte e chiamava disperata il fratello convinta che prima o poi sarebbe arrivato. Quel meraviglioso sogno si era avverato trasformandosi in un incubo.
"Vuole che le chiami qualcuno?" chiese gentilmente la professoressa appoggiandogli una mano sulla spalla per confortarla
Lucia scosse la testa. La sentiva leggera, ma allo stesso tempo come se le avessero pompato dentro troppa aria e stesse per scoppiare.
Il telefono squillò. Il suono della tromba risuonò per tre volte, prima che si decidesse ad afferrarlo e a leggere chi fosse.
-Anna-
Anna? Perché quella scritta le ricordava qualcosa?
"Pronto" rispose portando l'apparecchio all'orecchio
"Lucia, dove-diavolo-sei?!" urlò la sua migliore amica nel timpano che le mando numerose scariche di dolore che la costrinsero a spostare il telefono a qualche centimetro
Si era appena scordata di andare a prendere la sua migliore amica. Lei la stava aspettando davanti alla sua scuola ed era in ritardo di un'ora e mezza. Sapeva quanto Anna odiasse i ritardi.
"S-scusa, arrivo" balbettò spalancando gli occhi, mentre il suo cervello ritornava a trasmettere il segnale come un computer appena riavviato.
"Lucia, stai bene?" chiese immediatamente l'amica con tono di voce più calmo e decisamente preoccupato
"S...sì, cioè..." non riuscì a terminare la frase perché se ripensava a quanto era accaduto dirlo al telefono non le sembrava il caso. Avrebbe dovuto spiegare ad Anna che quel brutto porco di suo fratello era vivo e li aveva presi tutti per il culo, sparendo e scappando.
"Lucia, cos'è successo?" l'incalzò apprensiva l'amica
"Te lo spiego più tardi" tagliò corto la ragazza chiudendo la chiamata e mettendosi il cellulare in tasca. Si alzò di scatto dimenticandosi completamente della professoressa che la guardava con il suo solito cipiglio severo.
Appena si ricordò della sua presenza, imbarazzata ringraziò chinando leggermente il capo.
"Vada Tassi e si ricordi di riguardarsi, per domani non ci sono problemi" rispose la donna tornando a sorseggiare il suo caffè, che stranamente dava un intenso aroma di grappa, ma non era segreto per nessuno che la professoressa correggesse altro, oltre ai compiti.
***
Anna aspettava spazientita che Lucia si degnasse di arrivare. I suoi capelli erano arruffati, aveva cercato invano di fermarmeli con una coda, ma con scarsi risultati. Aveva lunghi capelli ricci castani, li detestava. Alla fine era scesa a patti fra la voglia di tagliarli tutti, dal primo all'ultimo, e quella di lasciarli così com'erano, convincendosi che esprimevano il suo carattere. Odiava i capelli ricci.
Vide saettare per la strada il motorino nero dell'amica e sventolò una mano in aria per indicare dov'era.
Lucia arrivò di corsa togliendosi il casco rosa.  Anna appena lo vide storse il naso, detestava quel colore, ma la sua migliore amica lo adorava.
"Ciao" salutò lei mostrando un sorriso tirato. Nonostante avesse smesso da molto di piangere gli occhi erano arrossati, per quanto l'amica cercasse di nasconderlo era ancora sconvolta.
"Lucia, che cosa è successo?" domandò immediatamente Anna avvicinandosi e notando la stanchezza nel suo sguardo.
"Devo dirti una cosa" iniziò lei trattenendosi dall'iniziare a lacrimare ancora "A-Alessandro è vivo" ammise infine tutto d'un fiato crollando su una panchina vicino e nascondendosi il volto fra le mani
Anna spalancò gli occhi e rimase per qualche secondo immobile, credeva che Lucia avesse finalmente accettato quel fatto. Avevano entrambe quindici anni, quando era accaduto. Era stato uno shock anche per lei.
"Lucia..." tentò di calmarla Anna sedendosi accanto a lei "Lui è morto, non può essere vivo. Ricordi quello che ti ha detto la dottoressa? Non può tornare. Ci siamo promesse di andare avanti davanti alla sua tomba"
"No,no! Non hai capito! Era in classe, mi ha detto che aveva bisogno di cambiar aria per questo è fuggito! Mi ha ridato il quaderno, mi ha augurato buon compleanno, gli...gli ho tirato anche uno schiaffo!" urlò Lucia alzandosi di scatto sotto lo sguardo incredulo dell'amica che iniziava seriamente a credere che fosse impazzita.
"Ma..." azzardò Anna
"No! Era vivo guarda!" esclamò mostrandole la mano arrossata "Quel porco è vivo!" concluse alla fine rabbiosa
"Ok, stop! Raccontami cos'è successo con calma" la fermò prima che potesse continuare, imitando il simbolo della "T" con le mani. Aveva bisogno di comprendere quello che era accaduto prima di poter dare un giudizio
Lucia parve tranquillizzarsi e fece un profondo respiro.
"Allora..." iniziò riportando la mente a poche ore prima
"Aspetta, che ne dici da andare al Maggy prima?" chiese improvvisamente Anna avvertendo un brontolio del suo stomaco che protestava per la mancanza di cibo.
Lucia rimase interdetta per qualche secondo poi rise ritrovando un po' della sua vitalità. Il motto di Anna era che non si poteva ragionare a stomaco vuoto. Annuì e si diressero verso il Maggy.
Esso era un bar piccolo, ma estremamente accogliente. Tutti i buoni intenditori della città lo conoscevano e le due ragazze non erano da meno. Aveva degli ottimi panini, gustose pizze, focacce, bibite e tutto quello che si poteva desiderare.
La proprietaria si chiamava Margherita, da qui il nome del locale, una simpatica signora sulla trentina a cui piaceva cucinare e cantare, era sempre allegra.
Il Bar comparve dietro l'angolo come al solito i tavoli sotto il lungo gazebo rosso erano quasi tutti occupati a parte un tavolo in fondo nell'angolino più buio e appartato.
"Lì, potremo parlare in pace" propose Anna indicandolo "Vai ad ordinare, per me il solito, io prendo i posti"
Lucia annuì e andò verso l'interno del locale tappezzato di un delicato rosa salmone. Adorava quel posto, l'aria odorava di cibo e fiori (un'altra delle passioni della proprietaria).
Margherita come al solito si trovava seduta dietro al banco a prendere le ordinazioni non appena la vide la salutò allegra "Ciao, Lulu- quello era un soprannome che usava solo lei- Come va? Ti senti bene? Guarda che non hai una bella cera" concluse osservandola meglio. Doveva avere una faccia davvero terribile se anche lei se ne era accorta.
"No, sto bene" la rassicurò infine sorridendo forzatamente
Iniziò ad ordinare con maggior naturalezza possibile.
***
Anna intanto stava avanzando diretta nel loro solito angolino, ma con sua grande sorpresa nascosto nella penombra vide che c'era un ragazzo sulla ventina intento a guardare la strada. Non si accorse di lei era girato di spalle, ma notò che c'erano due sedie libere, magari non gli sarebbe dispiaciuto se avessero preso metà del tavolo.
Imbarazzata domandò con un filo di voce "Vi diamo fastidio se io e una mia amica ci sediamo qui?"
"Fate pure" rispose con voce incolore perso in chissà quali pensieri
Si sedette il più lontano possibile dall'individuo e aspettò che arrivasse Lucia
Lo sconosciuto indossava dei jeans scuri con una giacca lunga sbottonata, sotto si notava un maglione rosso cupo. Doveva essere uno di quei lavoratori che passavano in città per qualche giorno e poi ripartivano. Il Maggy con i suoi prezzi bassissimi era una della mete favorite. Margherita era solita vantarsi che aveva sempre rivisto una seconda volta tutti i clienti che erano passati nel suo bar. Sorrise, quel tizio non sarebbe stato da meno.
"Eccomi, scusami il ritardo, ma non voleva più lasciarmi andare" arrivò Lucia portando un enorme vassoio con su due panini e delle bibite.
Lo sconosciuto si voltò di scatto non appena sentì la sua voce e spalancò la bocca senza tuttavia emettere alcun suono.
Anna afferrò in tempo il vassoio prima che finisse a terra, ma non appena sollevò lo sguardo per chiedere spiegazioni lanciò un urletto di sorpresa.
Quella faccia non poteva dimenticarla, quegli occhi e il colore dei capelli era tutto identico, quello era Alessandro
"L-Lucia" sussurrò il fratello stupito
"Oh, cazzo" interruppe Anna sbalordita. Appoggiato il vassoio sul tavolo e lo afferrò. No, decisamente era vero. Il ragazzo non si mosse guardando prima lei, poi la sorella.
Anna finalmente si decise che quella non era un'allucinazione, a meno che no fosse collettiva e materiale, ma dubitava seriamente che potesse esserlo. Lo lasciò e continuò a guardarlo, come si osservano i fantasmi bianchi con le catene, con gli occhi sbarrati.
"Che cazzo ci fai qui, bastardo? Mi sembrava di averti detto, che non ti volevo più vedere!" sbraitò furiosa Lucia attirando l'attenzione di tutti i clienti del locale.
"Ma..." tentò di protestare Alessandro alzando le mani in segno di difesa
"Ma un cazzo, vattene, non voglio più vederti, brutto stronzo!" continuò Lucia puntandogli il dito contro. Le sue guance era diventate rosse e sembrava stesse per esplodere.
"Ascoltami bene" iniziò lui prendendole il braccio serio "Non volevo incontrarti, sei stata chiarissima. Stavo solo pranzando, prima di andare in Aeroporto e tornarmene a casa" spiegò alzando leggermente la voce.
Anna rimaneva lì, imponente di fronte alla conversazione fra i due fratelli. Allora Lucia non era impazzita, aveva davvero detto la verità. Aveva avuto ragione a chiamarlo porco, li aveva davvero abbandonati fregandosene.
"E allora vattene, cazzo, mi stai rovinando solo la vita!" sbraitò la ragazza furiosa liberandosi con uno scatto il polso e mettendosi a correre nella direzione opposta.
Non voleva più saperne di lui, né del suo tradimento. Per lei esisteva solo la verità che l'aveva abbandonata, poco importava se era era fuggito o morto. Lucia correva senza fermarsi un secondo, voleva solo raggiungere il suo motorino e andarsene da lì. Attraversò sulle strisce pedonali, sentì indistintamente uno stridio di freni e qualcuno l'afferrò giusto in tempo per impedirle di finire contro il parabrezza di un auto. Rimbalzò sul vetro e poi sull'asfalto avvolta fra le braccia di qualcuno.
Il guidatore aveva urlato "Oh, mio Dio! Siete impazziti?"
"Lucia, stai bene?" domandò Anna correndo dall'amica e aiutandola a rialzarsi
"Io...credo di sì" rispose dopo essere riuscita a rimettersi seduta e controllato di non aver nessun osso rotto. Guardò a fianco a sé e vide Alessandro che si allontanava zoppicando leggermente, doveva essere stato lui a salvarle la vita.
"State tutti bene? Oh, mio Dio che paura, nulla di rotto? Chiamo un'ambulanza?" li tempestò la donna che stava al guidante dell'utilitaria
"No, signora. La prego controlli la sua auto, non vorrei che le avessimo ammaccato il cofano, io e la mie amiche stiamo bene, stia tranquilla" rispose per loro il ragazzo avvicinandosi e sfoderando il suo migliore sorriso, nonostante fosse sbiancato paurosamente. A Lucia non era sfuggito che le aveva chiamate amiche, non aveva accennato al fatto che era sua sorella.
"Solo un graffio, non si nota neanche, ma vi prego lasciate che chiami almeno l'ambulanza, non vorrei che..." Alessandro non la lasciò continuare "Non si preoccupi, adesso le riporto a casa e mettiamo solo un po' di ghiaccio, non è successo nulla"
Non aveva proprio voglia di ritrovarsi in uno scandalo. La vittima di un incidente aereo torna misteriosamente in vita, già s'immaginava i titoli dei giornali. Niente ospedale, altrimenti sarebbe stato costretto a dare i suoi dati e se i genitori di Lucia, che poi erano anche i suoi, fossero venuti a recuperarla non ci avrebbero messo molto a riconoscerlo.
La sorella si era rimessa in piedi constatando che, a parte qualche piccolo dolore alla schiena, dove sarebbe uscito un bel livido, non si era fatta molto male.
L'automobilista continuò per un altro minuto, poi finalmente Alessandro riuscì a convincerla ad andarsene. I curiosi si erano già dispersi da un pezzo, avevano notato che non c'era sangue e, quindi, avevano reputato la faccenda non interessante.
I tre si allontanarono in silenzio carico di tensione. Fu Anna a romperlo con un innocente "E adesso?"
"Io me ne vado" borbottò Alessandro "Quanto a te, mi sta bene che da oggi in poi non siamo più fratello e sorella, ma fai attenzione quando attraversi la strada e gradirei che non dicessi ai tuoi genitori che sono vivo" sottolineò quel "tuoi" per ribadire il concetto
"Ah, certo" esclamò amara Lucia fulminandolo con lo sguardo "Per te è semplice parlare, tu non andrai come ogni anno al tuo anniversario di morte, tu non li vedrai  trattenere le lacrime, solo per dimostrarsi forti davanti all'ultima figlia che è rimasta loro, non li vedrai chiedersi dove hanno sbagliato e guardarmi quasi con pietà perché io sono l'unica ormai"
La tristezza era venuta fuori in quel torrente di parole e lo aveva riversato in faccia al fratello; era come se fossero un rigurgito acido di un boccone mai digerito del tutto.
Alessandro rimase impassibile e rispose "Mi rassicuri con il tuo odio, perché finalmente mi sto sentendo in pace con me stesso. Inventati quello che vuoi con loro, anche che hai avuto una apparizione paranormale del mio spettro, io non sono più Alessandro, ormai quel tizio è morto di lui rimangono i dati scritti sulla lapide, so di aver fatto un errore e non ti chiedo di perdonarmi, rimaniamo solo amici" si raddrizzò un po' e guardò davanti a sé sorridendo leggermente "Lucia, sono venuto qui anche per un altro motivo... io fra un anno mi sposo" annunciò facendosi improvvisamente raggiante. Doveva aver trovato la ragazza giustaa, quella che si definiva l'anima gemella. Riprese lentamente scurendosi un po'.
"Volevo riparare gli errori che ho fatto in passato, ma ho capito che è impossibile colmare la mie colpe, allora ti chiedo di aiutarmi a farmi perdonare ricominciando una vita migliore, ero tornato per chiudere quella precedente che avevo lasciato in sospeso, spezzarla, reciderla"

Anna non riuscì a trattenere una lacrima, era tutto così dannatamente triste. Lucia era rimasta ad ascoltarlo ed aveva annuito quasi impercettibilmente. Finalmente suo fratello era morto del tutto, adesso anche lei poteva ricominciare.  Era duro da ammettere, ma ora era finalmente morto.
"Ciao Lucia, auguri ancora per il tuo compleanno" sorrise il ragazzo salutandola con la mano e incamminandosi verso la direzione del parcheggio, dove probabilmente c'era la sua auto.
Anna e Lucia non si mossero. Ormai potevano dire di non conoscersi più. Addio Alessandro.

Il ragazzo
non si girò mai, finché non entrò nel sotterraneo, dove c'erano i posti per le automobili, solo allora si concesse di lasciarsi sfuggire un leggera lacrima, che scivolò rapida lungo la guancia e cadde a terra senza rumore.
Prese la macchina che aveva noleggiato, era di un blu cupo, l'esatto scenario dei suoi pensieri in quel momento. Prese le chiavi e mise in moto.
Il rombo riuscì a distrarlo un po' e si concentrò sulla guida.

Era appena uscito dal parcheggio, pagato il biglietto, e stava tranquillamente andando verso la stanza d'albergo che aveva noleggiato a recuperare il suo piccolo bagaglio e finalmente dopo sarebbe potuto tornare a casa dalla sua fidanzata. Jane,gli mancava, ma mai quanto Lucia negli ultimi tre anni.
Improvvisamente un'incosciente si lanciò in mezzo alla strada costringendolo ad inchiodare sbarrando gli occhi, non era possibile due volte in una giornata!
"God" si lasciò sfuggire "Are yuo idiot?" gridò dimenticandosi la sua lingua natia e uscendo dal veicolo irritato.
Spalancò ancora di più gli occhi, quando si ritrovò davanti Lucia che ansimava piegata in due, aveva corso per raggiungerlo e farlo fermare.
"Ma allora è un vizio, quello rischiare di farti investire?" chiese sarcastico alzando le braccia al cielo e domandando silenziosamente perché Dio gli aveva dato una punizione così grande per il suo peccato.
"Lucia ma sei scema?!" sopraggiunse Anna anche lei ansante per la corsa fatta per raggiungere l'amica.
"Sì, adesso zitti e ascoltatemi!" esclamò recuperando la sua solita grinta "Tu! Non ti ho perdonato per quello che hai fatto, ma hai detto che Alessandro è morto e tu sei quello nuovo, vero?" domandò in cerca di conferma
"Sì, ma..."
"Zitto e non interrompermi! Allora, se tu sei il nuovo Alessandro...sei il mio nuovo fratello e spero che ti comporterai meglio di quello vecchio, ci vorranno almeno vent'anni perché possa perdonarti, ma possiamo iniziare così" disse correndogli incontro e abbracciandolo sotto il suo sguardo incredulo.
Anche Anna la guardava come se fosse una folle, poi, però, capì che infondo era quello che l'amica aveva sempre voluto dall'inizio di quella storia, voleva riabbracciare suo fratello.

Lucia scoppiò a piangere disperata stringendolo sempre più forte, quasi temesse che scomparisse ancora. Alessandro dal canto suo non si staccava, continuava a coccolarla e ricambiare l'abbraccio tentando di calmarla. Quando fu più tranquilla sorrise bisbigliò "Grazie"
"In cambio mi devi invitare al matrimonio" ribatté la ragazza ritrovando un po' del suo carattere.
"Ok, ti prometto che riceverai mie notizie" le assicurò lui rimettendogli una ciocca di capelli dietro l'orecchio
"Anna, vieni accompagniamolo all'aeroporto" disse Lucia trascinando l'amica con sé sul motorino ridendo felice "Per controllare che lo prenda questa volta" aggiunse guardandolo sottecchi.







Per A. e L.
Grazie




__________
Piccolo angolo dell'autrice:
Sono un po' dubbiosa sulla scrittura, secondo voi era buona?
Comunque, spero vi sia piaciuto.
Se volete lasciate un commento, tanto per sapere se ho sbagliato qualcosa. Ve ne sarei eternamente grata =)
Altrimenti grazie della visita.

Grazie mille!
Alla prossima
Tilia=|=




  
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