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Autore: Black_in_Pain    01/05/2014    6 recensioni
Questa storia riprende da dove tutto si è concluso. Dove il libro ci ha lasciati. Semplicemente, una ghiandaia imitatrice che cerca di risanare le proprie ali e recuperare il suo canto, una volta ritrovata la libertà.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo tredici! Eccoci qui, vicinissimi (di un capitolo o due) alla conclusione. Ciò che ho scritto sta volta è estremamente tranquillo e serve alla storia per riempire alcuni buchi rimasti insospesi. Mi auguro che possa piacere comunque. Buona lettura. 
 

Confrono

Prima con Johanna, adesso con mia madre. Non avrei mai pensato che avere ospiti potesse mettere così a disagio. Io sto bene, percepisco la speranza farsi strada dentro di me, ma resto sempre e comunque la stessa: una persona solitaria, che ama il silenzio e le cose semplici. Niente interferenze, niente complicazioni.
Non voglio dire che considero  la mamma come un potenziale problema – è più facile che lo sia io per lei – eppure, non mi sento completamente tranquilla con la sua presenza che si aggira per la casa.
Io e Peeta siamo andati a prenderla stamattina presto, in stazione. Era già lì, che ci aspettava, chissà da quanto, chissà perchè. Ci è venuta in contro con un debole sorriso, che ho fatto fatica a ricambiare. Al contrario, il mio compagno, l’ha accolta nel migliore dei modi, mostrando un’aria serena e cordiale, tipica della sua personalità.
Ci siamo abbracciate, prima piano, poi, da parte sua, con foga e disperazione. Sono felice di non assomigliare per niente a Prim. Una minima uguaglianza le avrebbe fatto del male, ne sono certa.
Abbiamo camminato per un po’, parlando di tutto e niente, finche non abbiamo raggiunto il Villaggio dei Vincitori, dove un tempo abitava anche lei, insieme a me e a mia sorella. I suoi occhi, nel vedere la casa, si sono persi un momento. Devo ammettere che ho dovuto scuoterla non poco per farla ridestare. Naturalmente si è scusata e, sempre naturalmente, ho fatto finta che non importasse. 
Per ora i contatti tra noi sono stati questi. Nulla di più, nulla di meno.
Adesso che siamo qui, tutti e tre assieme, non ricordo il reale motivo di questa sua visita, ne tanto meno il perche io l’abbia invitata. E’ brutto, come pensiero, ma non posso farci molto, queste situazioni mi pesano parecchio.
E’ troppo presto per mangiare, troppo tardi per tornare a dormire, quindi ce ne stiamo sul divano a discutere di cose, a mio parere,  inutili e dispersive. Fortuna che c’è Peeta a tenere alto il tasso di attenzione. I suoi interventi ravvivano l’atmosfera, rendendola più calda e normale. Riesce a raccontare di tutto, soprattutto quando è sotto pressione e, per quello che intuisco, lo è a livelli abbastanza alti.
Mia madre è la stessa, se non peggio. Bhe, è presente, risponde e interagisce come un essere umano pensante, ma il suo atteggiamento è uguale a com'era in passato.
«Si trova bene al Distretto 4?» chiede Peeta, forse non trovando un altro argomento valido.
Lei sospira, piano. «C’è molto lavoro. Mi piace, davvero.»
Ovvio. Lavorare senza sosta equivale a non rimuginare su niente di doloroso. Provo pena e tristezza contemporaneamente.
«E voi come ve la passate qui?»
Io e Peeta ci osserviamo. Spero vivamente che la nostra telepatia funzioni anche in questo momento, altrimenti faremo la figura degli stupidi. O degli imbroglioni.
«Alla grande» diciamo all’unisono.
Sorridiamo e io sono così soddisfatta di lui. Il filo conduttore che ci lega è stato soddisfacente anche sta volta.
Mamma annuisce, contenta. «Mi fa davvero piacere.»
Il silenzio cala ancora, pare non voler lasciarci tregua oggi. Meno male che il tempo trascorre in fretta ed è già ora di mettere qualcosa sotto i denti.
Credevo che sarei stata io ad aiutare con il pranzo, invece è mia madre che si rimbocca le maniche e apparecchia la tavola, consigliando Peeta nelle pietanze da cucinare. Sbuffo, rimanendo in compagnia di ranuncolo, che per tutta la mattinata non ha voluto avvicinarsi a lei. Forse era convinto che gli avrebbe riportato Prim, una volta giunta qui, e invece si è sentito preso in giro di nuovo. Io lo capisco bene, ma non mi azzardo a toccarlo, irrequieto e alterato com’è.
Va a finire che mangiamo talmente velocemente da non avere nemmeno il tempo di instaurare un discorso decente.
Meglio. Tanto non avevamo più nient’altro da dirci, mi pare.
Conduco la mamma al piano di sopra, dove ho preparato una stanza pressa poco accogliente dove dormirà e farà ciò che le pare. E’ abbastanza vicina alla nostra, quindi non mi preoccupo. La aiuto pure a disfare il misero bagaglio che si è portata, giusto qualche abito e oggetto personale. Sono convinta di vedere dentro la sua valigia anche una vecchia camicia di Prim, stretta a una giacca consumata di papà, ma lei si affretta a nascondere il tutto, sorridendo svenevole.
La lascio sola, non potendo più sopportare il suo viso davanti a me. Le voglio bene, il nostro rapporto è migliorato, però non saremo mai una famiglia come le altre. Mai vicine, mai amiche.
Raggiungo Peeta, che è già pronto ad accogliermi fra le sue braccia. Lo guardo, volendo fargli un milione di domande, ma alla fine non me ne esce neanche una. In compenso è lui ad interessarsi.
«Come ti è sembrata?»
Alzo le spalle «Indifferente.»
Lui arriccia le labbra, insoddisfatto. «Sei già stanca, non è vero?»
«Non sai quanto» confesso, appoggiando la testa sul suo petto.
Peeta mi abbraccia, dondolando lievemente. Sto davvero bene così, il resto è come svanito.
«E solo fino a dopo domani, poi tornerà tutto normale. Unicamente tu ed io» mi rassicura.
Questa promessa mi riscalda il cuore e penso di poter sopportare se dopo il nostro mondo comincerà a girare ancora nel verso giusto.
Il pomeriggio passa, in qualche modo. Io e mia madre andiamo in paese, dove incontriamo Sae che ci viene in contro. Tiene lo sguardo basso, davanti a me, e lo alza solo per guardare la mamma dritta negli occhi.
Non abbiamo più avuto occasione di chiarire certe situazioni che si sono venute a creare. Ho paura di non volerne più sapere di lei. Non sono veramente arrabbiata, ma è come se avesse tradito la fiducia di Peeta.
Lui si è sempre affidato alle sue cure, era addirittura una delle sue spie, ingaggiate per controllarmi.
A Peeta non l’ho detto, voglio che il suo cuore non provi più nessun tipo di rancore, verso nessuno.
Restiamo con lei per minuti lunghi e interi. Tanto che devo dare sfogo a tutto il mio dissenso per farle staccare l’una dall’altra. Fortunatamente, ci salutiamo in fretta e ugualmente veloci ci dileguiamo dalla sua bancarella. Andiamo a sederci su una delle panchine che affiancano la stretta strada e finalmente ci godiamo la pace di quel momento.
Entrambe vorremmo interrogarci e porci dei quesiti a vicenda, eppure, siamo così codarde da rimanere in silenzio. Quello che mi stupisce è che, alla fine, è proprio lei a parlare.
«State davvero bene come dite?» chiede, l’espressione preoccupata.
Alzo le spalle «Certo che potrei farti anch’io la stessa domanda, no?»
La mamma annuisce e sospira pesantemente. «Non ho più avuto notizie di Gale… E’ in salute?»
In salute? Sta scherzando spero. Perché non espone semplicemente ciò che vuole sapere veramente?
«Lo visto poco tempo fa, ma se ne andato abbastanza velocemente» spiego. «E’ diventato un uomo ormai e io ero troppo immatura per stare con lui, perciò ci siamo salutati senza rancore.»
Lei rimane a bocca aperta, con l’incredulità negli occhi. Come tutti è ancora convinta che io sia una donna forte e incredibilmente intelligente. Oltre a Peeta, pare che nessuno intraveda la vera me: una ragazza distrutta e terribilmente insicura.
«Ero convinta fin dall’inizio che non avresti abbandonato Peeta» aggiunge lei, accarezzandomi una guancia.
Permetto che la sua mano mi tocchi per molto tempo, finché decido che è il mio turno di espormi, di essere una figlia che ha bisogno di sua madre.
«Mi sembra incredibile… Adesso sto bene, ma ho il terrore che tutto svanisca e mi crolli davanti, miseramente» Lo confesso tutto d’un fiato. Senza pensarci troppo.
Lei sembra sbigottita da questa mia uscita, ma è intenzionata ad assecondarmi «L’incubo è finito, Katniss. E’ impossibile dimenticare, ma possiamo comunque provare a vivere come ci meritiamo. Se non cerchiamo di fare almeno questo, non siamo altro che schiavi soggiogati da un regno ormai distrutto.»
Credo che mia madre non abbia mai detto nulla di più incredibile di ciò che le è appena sfuggito dalle labbra. Sono sbalordita.
«Grazie» sussurro. Mi serviva solo questo.
Lei sorride e insieme torniamo al Forno, visto che Peeta ormai avrà finito il turno in panetteria.
«Ti piace davvero il Distretto 4, mamma?»
Lo sguardo esasperato che mi lancia è vagamente ironico. «Ciò che faccio ogni giorno da senso alla mia esistenza. Quindi credo significhi che mi piace.»
Non soddisfatta, continuo «Stai male spesso? Anche io ho i miei momenti bui, non ce ne dobbiamo vergognare.»
«Io non me ne vergogno. Sai, dopo tanti anni ho deciso che commiserarmi è inutile e difficoltoso. Per me e per chi mi ha conosciuta è stato uno strazio, e non voglio che accada mai più.»
Si sta riferendo a me e a mia sorella. Forse questo è il suo modo per chiederci scusa indirettamente. Devo ricredermi per forza. E’ una donna diversa, più concreta e fiduciosa. Si è sgretolata in mille pezzi e ha deciso di ricomporsi a modo suo, proprio come me. Non siamo perfette, ma nella nostra difettosità siamo originali.
Rimaniamo vicine, sfiorandoci con la mente. Se Prim fosse qui, piangerebbe di felicità. Questo è il suo sogno più grande. Una famiglia. Non so se anch'io lo desidero, però stare accanto ad una madre, senza preoccuparsi di doverle nulla e prenderle niente, è davvero la soddisfazione più grande.  

E' la fine di un altro capitolo... Questo è davvero misero e mio parere scritto molto banalmente. Credo che meglio di così non sarei riuscita a farlo, però. Naturalmente, sotto l'aspetto degli errori grammaticali ecc.. avrei potuto fare di più, ma mi auguro non sia così terribile XD E' molto semplice, davvero tranquillo e delicato, come capitolo. Spero di non avervi annoiato e ci vediamo nel prossimo, che probabilmente sarà l'ultimo! Un grande bacio e grazie <3
Pain.

 
  
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