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Autore: trilli75    02/05/2014    6 recensioni
E’ una storia nata così, riguardando il primo episodio della serie, che ho sempre trovato un po’ misterioso, pieno di “non detti” e di emozioni che vengono lasciate intendere, ma mai esplicitate. Ho cercato di immaginare i pensieri che hanno mosso Oscar a compiere la sua “Grande scelta”, ma soprattutto quelli di Andrè che, a mio avviso, stava già comprendendo di amare la sua giovane compagna.
Il rischio di essere scivolata nel trito e ritrito c’è, ne sono consapevole.
In ogni caso, buona lettura : )
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo  1.

 

Aveva lavorato con impegno per tutta la mattina.
Si era svegliato al sorgere del sole e aveva spalancato la finestra, dopo che i primi raggi screanzati erano penetrati attraverso le persiane a solleticargli le ciglia. Aveva raggiunto velocemente la brocca d’acqua fresca e dopo aver riempito il catino di porcellana si era copiosamente rinfrescato e insaponato e così, in effetti, profumava abbastanza. Era necessario lavarsi più spesso, ultimamente: il suo corpo di adolescente era cambiato e anche il suo odore era diventato pungente; non che gli piacesse tanto, ma era così, doveva prenderne atto e lavarsi. Guardandosi allo specchio poi, aveva constatato che era proprio il caso di far sparire quella fastidiosa peluria sul volto, anche se l’aveva rasata solo due giorni prima: non voleva che il generale lo trovasse in disordine o forse era soprattutto per lei che lo faceva. “Che sciocchezze!” – aveva pensato – “Gli uomini si radono e basta!” Così aveva preso il pennello e il rasoio che la nonna gli aveva regalato – gli aveva sorriso, ed era pure un po’ arrossita, quando glielo aveva messo tra le mani e abbassando gli occhi gli aveva detto “Penso che questo ti possa servire, Andrè.”- e dopo aver formato un bel po’di schiuma si era spalmato per bene la faccia e aveva cominciato a sbarbare il viso: “Guarda quanto tempo mi tocca perdere per tre peli!”
Ma si era sentito molto uomo nel compiere quei gesti e questo l’aveva inorgoglito, lo aveva fatto sentire grande.
Poi si era legato i capelli, folti e scurissimi, con un nastro blu, si era infilato la camicia bianca di lino stirata di fresco, aveva finito di vestirsi in fretta e, divorando le scale due gradini alla volta era apparso in cucina, aveva abbracciato la nonna sorprendendola alle spalle e facendole prendere un gran spavento, si era fatto perdonare dandole un bacio sulla guancia e, infine, aveva fulminato la colazione in pochi, generosi bocconi.
“Dov’è Oscar, nonna?”
“Ha preso il cavallo che non era ancora giorno. Mi ha chiesto anche di preparare il pranzo da portare con sé, perché non tornerà prima di sera!”
“E che novità è questa?”
“Non lo so, Andrè. Ma sai com’è: quando decide di fare una cosa…”
“Sì, sì certo… lo so benissimo com’è!”
Un po’ deluso aveva lasciato la cucina e si era recato nella scuderia e quello, anche se lui non era nobile, era davvero il suo regno e ne era il sovrano incontrastato. Conosceva tutti gli spazi a memoria, sapeva dove si trovasse ogni attrezzo, ogni finimento, i ferri per gli zoccoli, i puntali per pulirli, le selle, le coperte per riparare gli animali in inverno e nelle notti umide: tutto era perfettamente organizzato e quel bel lavoro lo aveva fatto lui, anche se aveva solo quattordici anni. Aveva fatto tesoro di quanto gli aveva insegnato Gaston, l’anziano scudiero di casa Jarjayes, e ora era diventato un vero esperto in fatto di cavalli e sapeva anche cavalcare come un dio, modestamente. Anche se la vera dea era lei, quando cavalcava. Era talmente aggraziata e leggera e al contempo sicura e risoluta che il suo purosangue le obbediva sempre, anzi, diventava una sua estensione, una propaggine quasi alata: era davvero una forza della natura. Lei.
Aveva allontanato questi pensieri, anche se un sorriso ebete gli era rimasto incollato tra la bocca e gli occhi, si era tolto la camicia e, rimasto a torso nudo, aveva cominciato a lavorare: quella mattina avrebbe ferrato nuovamente tutti i cavalli, dopo aver ripulito loro gli zoccoli. Naturalmente era necessario anche nutrirli e abbeverarli quindi non c’era tempo da perdere, visto il caldo insolito che aveva investito Parigi e i dintorni in quel mese di giugno: lavorare tra mezzogiorno e le quattro del pomeriggio sarebbe stato impossibile. 
Così la mattinata era trascorsa velocemente e il lavoro, sebbene duro e faticoso, non gli era risultato pesante: gli piaceva molto e lo sapeva fare bene. Peccato solo per il cavallo di Oscar, Cesar.
“Pazienza” si disse “mi prenderò cura di lui stasera, oppure domani mattina: con le corse che sarà costretto a fare oggi, chissà come sarà ridotto al ritorno! Sarà sfinito!”
Il sole era arrivato quasi nel punto più alto del cielo. Andrè aveva riposto tutti gli attrezzi e, siccome sentiva terribilmente caldo, aveva immerso la testa nella fontana al centro del cortile del palazzo dandosi così  una rinfrescata e aveva aspettato che il sole asciugasse tutta l’acqua che gli era rimasta addosso. Poi, una volta indossata la camicia, era andato a pranzare. Con la nonna.
“Ho sbrigato tantissimo lavoro stamane!”
“Bravo Andrè. Sei bravo davvero. E responsabile. Sembri più grande dell’età che hai!”
Il ragazzo aveva abbozzato un sorriso e aveva aggiunto:
“Dopo pranzo prenderò Alexander per fargli sgranchire le zampe! E’ giovane e forte e non vede l’ora di galoppare! Poi credo che mi cercherò una bell’ombra fresca e studierò un po’: il precettore ci ha riempiti di versi da tradurre! Naturalmente Oscar ha già fatto tutto! E io non posso essere da meno!”
L’anziana signora gli aveva sorriso: tra quei due c’era complicità ma anche una sana competizione e questo rendeva il loro rapporto frizzante e stimolante. C’era anche una grande affinità tra loro e così quell'amicizia a volte diventava esclusiva: un mondo a parte in cui nessuno poteva entrare e questa cosa preoccupava moltissimo la nonna di Andrè. Oscar era nobile e suo nipote non lo era affatto. Era stata la generosità del generale Jarjayes, il padre di Oscar, a far sì che il giovane venisse istruito come se fosse appartenuto alla nobiltà, ma la realtà era una sola e Andrè non doveva dimenticarla: lui e Oscar erano molto diversi. Molto.
Il ragazzo aveva addentato una mela ed era corso all’aperto per mangiarsela all’ombra di un tiglio.
Poi, in un attimo aveva sellato Alexander e si era lanciato al galoppo fuori dalla tenuta, nella canicola del mezzogiorno.
La nonna, ferma sulla soglia di casa, lo aveva guardato perplessa mentre si allontanava con un impeto da fare quasi spavento.
Dove stava andando a quella velocità? Chi andava a cercare?
*
L’aria calda gli scompigliava i capelli, mentre sferzava la faccia e asciugava il sudore che imperlava la fronte: era inebriante cavalcare in tutta quella luce così insolita per quei luoghi del nord, dove più spesso erano il grigio e la nebbia a ovattare il paesaggio. Ma era estate, l’aria era profumata ed era una bellissima giornata di sole. Andrè voleva godersi tutte queste cose belle e per questo stava galoppando a folle velocità. Stava conducendo il cavallo su un largo sentiero per lo più pianeggiante che si addentrava nella boscaglia e solo ogni tanto variava in un piacevole sali e scendi che si accentuava tanto più si spingeva nel verde della vegetazione. Le chiome degli alberi risplendevano luccicanti e, sotto le fronde, l’ombra assumeva un colore verde chiaro se c’era solo uno strato leggero di foglie e verde più cupo se i rami si sovrapponevano fino a formare una rete fitta, intricata e quasi impenetrabile alla luce. Andrè trovava questo contrasto di colori suggestivo e affascinante. Aveva rallentato l’andatura e si stava godendo la frescura del bosco che vibrava di vita in quella meravigliosa giornata di giugno. Ora sapeva dove si stava dirigendo. Sarebbe arrivato al laghetto ai margini della tenuta: un luogo delizioso dove gli alberi e gli arbusti arrivavano fin sulla riva e vi si specchiavano. Il cavallo avrebbe potuto abbeverarsi dopo la corsa e lui si sarebbe riposato un po’ per svolgere poi i compiti che gli erano stati assegnati. Certo sarebbe stato un po’ difficile concentrarsi: quel luogo era pieno di ricordi per lui tenerissimi. Avevano fatto il bagno insieme innumerevoli volte in quel lago, si erano spruzzati l’acqua a piene mani, avevano fatto la lotta fin quasi a rischiare di annegare, avevano gareggiato a chi nuotava più veloce, avevano buttato i vestiti all’aria e si erano asciugati al sole nelle giornate estive e calde, proprio come quella che stava trascorrendo. Era tanto tempo che non lo facevano più e Andrè si sorprese a domandarsi il perché. Un’ondata di tristezza aveva invaso il suo cuore. Cos’era quel turbamento? Quell’emozione trattenuta che non si poteva raccontare, che non avrebbe saputo a chi confidare?
Era sceso da cavallo e stava proseguendo a piedi tenendo saldamente le briglie del bellissimo animale che stava riprendendo fiato, dopo la poderosa galoppata, e ora non ne voleva sapere di staccarsi da una piccola radura tappezzata di erba fitta, verde e freschissima che aveva cominciato a strappare con i denti potenti e a gustarsi soddisfatto. Andrè allora, assecondandolo, aveva annodato le briglie attorno al tronco di un albero e si era seduto lì vicino. Stava osservando le acque del lago che riflettevano un cielo azzurrissimo e contrastavano con il sipario di rami e rametti che gli si paravano davanti impedendo così la vista diretta dello specchio d’acqua.
Oscar era lì. Adesso l’aveva vista, e quasi gli era mancato il respiro, e il cuore aveva preso a battere forte. Fortissimo.
“Forse perché non mi aspettavo di trovarla qui.” pensava tra sé cercando di giustificare tutta quell’emozione.
Era immobile e la osservava. Era sicuro di essere abbastanza lontano da non essere visto. Aveva avuto la precisa sensazione di assistere a un momento troppo privato e, dapprima, era prevalso l’impulso di andarsene ma poi, quasi incapace di muovere un solo muscolo, era rimasto, e non riusciva a smettere di fissarla ipnotizzato.
La ragazza si era appena alzata in piedi e la sua figura di tredicenne snella e slanciata si stagliava contro i riflessi dell’acqua. I folti capelli biondi le sfioravano il collo. Era scalza. Era ferma e calma e guardava il lago ma il suo sguardo era profondo, vagamente inquieto e sembrava spingersi ben al di là dell’acqua. Oscar aveva preso a slacciare lentamente i bottoni della camicia, uno a uno, senza curarsene troppo e continuava a concentrarsi in un punto non ben definito davanti a se, completamente assorta. Era di una bellezza mozzafiato.
Ora Andrè era certo di doversene andare ma il suo corpo sembrava non rispondere più e così stava continuando a starsene lì, immoto e profondamente turbato.
Oscar con la stessa metodica lentezza, stava slacciando i bottoni dei polsini. Sembrava non volersela togliere veramente quella camicia, ma poi con un gesto repentino e quasi rabbioso, l’aveva sfilata dai pantaloni ed era scivolata leggera, a terra, svelando la delicata rotondità del seno bianchissimo e pieno, anche se minuto. La ragazza vi aveva appoggiato sopra le mani, a coppa, e ora, scostandole leggermente lo guardava visibilmente inquieta, quasi con paura.
Il giovane era sconvolto: dalla reazione inaspettata e sconosciuta del suo corpo, dalla tensione che sentiva vibrare e non stava riuscendo a controllare, dal desiderio dirompente di correrle incontro e di abbracciarla, di coprirla di baci e di toccare quelle forme che stavano creando un così grande scompiglio dentro di lui. Ma a queste emozioni così profonde si aggiungeva lo sconcerto di sapere esattamente cosa stava passando nella mente e nel cuore della biondina che non riusciva a smettere di guardare, mentre tentava di deglutire senza riuscirci. Tutto quello che non avrebbe dovuto succedere, tutto quello che il generale Jarjayes non avrebbe mai voluto vedere, stava accadendo nel corpo della sua Oscar e nessuno poteva farci niente, nessuno poteva proteggerla dall’insensata idea del padre di educarla come un maschio, e di pretendere che vivesse per tutta la vita negando la sua natura, per non interrompere la stirpe del casato. Come doveva sentirsi sola in questo momento! Chi, se non lui, poteva comprenderla? Quanto avrebbe voluto stringerla forte a sè! Ma Andrè stava intuendo, in quel preciso momento, che quello non sarebbe stato l’abbraccio di un amico, sarebbe stato intriso di qualcos’altro, qualcosa che non riusciva bene a definire e di cui non comprendeva ancora la portata ma era qualcosa di grande. Qualcosa di immenso a cui non riusciva a dare un nome e che lo stava frastornando come il baluginare improvviso di un lampo che annuncia una tempesta.
“Mio dio, Oscar, sei bellissima. E non lo sai.” A questo pensava Andrè mentre la ragazza si sfilava i pantaloni, con gesti semplici e spontanei. Il suo corpo era armonioso e modellato dalle cavalcate giornaliere, dall’attività fisica, intensa e costante a cui il padre l’allenava, dai duelli che lei e Andrè sferravano ogni giorno. Lui la stava osservando avidamente: la vista della sua pelle color madreperla, delle natiche rotonde e piacevolmente invitanti, delle gambe toniche e lunghissime gli faceva avvertire un nodo alla gola che non riusciva a sciogliere. Più la guardava più il suo turbamento cresceva. Quando Oscar si era voltata verso la sua direzione e lui l’aveva vista, nuda e sublime, aveva dovuto chiudere gli occhi e soffocare un gemito perché si sentiva quasi svenire e al contempo si sentiva vivo e pulsante come non si era mai sentito: sensazioni fortissime si sprigionavano da un punto preciso del suo corpo, proprio sotto il ventre, e aveva l’impressione di non riuscire a controllarle perché erano impossibili da contenere. Sentiva il fiato corto, sentiva caldo, molto, stava sudando e non poteva trattenersi oltre così, mentre Oscar si tuffava ignara, nelle acque fresche del lago, Andrè, che aveva all’improvviso compreso chiaramente perché da tanto tempo non facessero più il bagno nudi insieme, era saltato in sella al cavallo e l’aveva lanciato al galoppo senza sapere bene dove andare.
Per il giorno dopo non avrebbe studiato.

 

  
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