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Autore: Brown_97    02/05/2014    1 recensioni
Un paesino come un'altro, o almeno così sembra. Quanti misteri può nascondere una siepe ben curata, una cassetta per le lettere ben dipinta?
Probabilmente nessuno, avrebbero detto in molti e così avrebbe detto anche Ronnie, prima di conoscere Chris. Grazie a lui finalmente riesce ad aprire gli occhi e a svelare misteri inquietanti che non pensava neanche esistessero. Ma alla fine la verità viene a galla, come un cadavere in un porto. Esempio lugubre.. ma piuttosto calzante. bhe divertitevi e spero vi piaccia. un bacione Brown
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La mascella mi crollò andando a sbattere contro il pavimento e dopo averlo perforato, aveva trapassato il globo risbucando in Cina, dove si guardava attorno destabilizzata.

Chris diede ancora gas, visibilmente a suo agio su quel bolide metallizzato, e a un tratto realizzai dove avevo già sentito quel suono. Ma certo! Era lo stesso che l'altra sera mi aveva mandata in confusione facendomi perdere la bussola, in senso metaforico s'intende. Un mistero in meno da risolvere: nella mia testa mi diedi un cinque immaginario. Poirot* si sarebbe attorcigliato i baffi fino a farsi sanguinare dall'invidia.

Rimaneva comunque un dato di fatto: lì sopra non ci sarei mai salita, mai e poi mai. Non con uno che fino a ieri aveva un gesso per tutto il braccio… ehi, aspetta ma che fine ha fatto il gesso? Apparentemente non c'era più.

-Salta su, andiamo a cercare un posto in cui parlare in pace.- mi invitò lui, girato di tre quarti verso di me, con una mano che batteva incoraggiante sulla sella e l'altra che stringeva il manubrio.

-Scherzi vero?- chiesi incredula.

Lui parve non capire, così cercai di spiegarmi  -Primo, fino a ieri non riuscivi a girare le pagine di una rivista senza fare smorfie per il dolore. Secondo, dove vorresti andare a parlare? In Canada? Terzo e ultimo, andare in giro per Hallow con una moto è come mettersi addosso un cartellone di tre metri. Giallo. Con quelle fastidiose lucette abbaglianti e una scritta a caratteri cubitali: 'Sono qui gente! Giudicatemi!'. Quindi niente da fare.- dissentii con convinzione.

Alle mie parole smise di battere sulla moto come se si aspettasse che mi ci acciambellassi sopra, neanche fossi un gatto. Mi parve di sentirlo sbuffare 'Sarà una cosa lunga' mentre scendeva dalla moto, metteva il cavalletto e ci si appoggiava, in un atteggiamento che faceva molto gangster. 

-Sai, l'avevo notato che eri cambiata, ma non pensavo fino a questo punto. Ti devi essere rammollita negli anni, prima non avresti mai rifiutato un passaggio fuori città. Che ne è stato della bambina che voleva l'avventura e la cercava sotto ogni sasso, dietro ogni angolo?-

Quel discorso, che era stato architettato alla perfezione per raggirarmi, aveva provocato la lotta di due metà del mio carattere che erano sempre state appositamente separate: la 'me bambina' libera da ogni morsa sociale e la me di adesso che, a causa di quella morsa, era in pieno soffocamento. Eppure nella mia testa solo un pensiero si concretizzò in parole.

-Fuori città, hai detto che mi puoi portare fuori città?-

Confermò con il sorriso vittorioso di chi è riuscito nel suo intento. 

Nonostante mi sentissi un tantino manipolata, lasciai correre: mi aveva appena offerto un biglietto per la felicità e gratis.. era gratis vero?

-Cosa vuoi in cambio?- chiesi troppo eccitata per sembrare davvero una dura come avrei voluto in quel momento.

-Parlare, te l'ho già detto.-disse mettendosi il casco e porgendomene un'altro. Diavolo, perché era così sicuro che sarei venuta? Dovevo nascondere meglio i miei pensieri, purtroppo avevo scritto 'libro aperto' in fronte, non ci sarei mai riuscita.

-Ah allora bhe, in questo caso, se insisti vengo.- buttai lì, come se gli stessi facendo un favore. In realtà, dentro di me stavo facendo capriole e ballavo la ola per la gioia. Afferrai il casco che mi porgeva e mi arrampicai sulla moto. Fu stranamente facile, forse per il fatto che sono stranamente alta. 

Mentre armeggiava con i pedali e le manopole, io non riuscivo a stare ferma. Fuori città, fuori da Hallow! Erano anni che non uscivo da qui, se non per andare a trovare la nonna. Mi sarei disintossicata da tutto: il sindaco psicopatico, il pastore e la vecchia terrorista, il giardiniere spione e da Kimmy Jee… Ma che razza di nome è? 

Finalmente la moto prese vita e cominciò a vibrare sotto di me, il motore ruggì forte mentre Chris mi comunicava qualcosa che non compresi ma non mi preoccupai me lo sarei fatto dire dopo.

Un attimo dopo eravamo in movimento, ma in due sensi completamente opposti: Chris e la moto partirono in avanti, mentre io venni sbalzata all'indietro. Vidi Chris tentare di afferrarmi la mano che avevo prolungato in avanti alla ricerca di un appiglio, che però non c'era Osservai la vita scorrermi davanti agli occhi e non so cosa fu peggio, se rendermi conto che era più noiosa delle lezioni del professor Howard o che alle medie ero effettivamente una bambina cicciona, nonostante mia madre giurasse il contrario. Per fortuna la seccante visione si interruppe quando precipitai sui sacchi della spazzatura, sì quelli dove poco prima stava il topo. Ehi aspetta cos'è quella cosa lì? Ah sì, la mia dignità.

Chiusi gli occhi e iniziai a mettere in pratica gli insegnamenti del professore di scienze: mossi leggermente ogni arto per verificare se rispondesse agli stimoli o meno. Ero arrivata al polso destro quando due mani mi afferrarono per le spalle e cominciarono a scuotermi violentemente.

Aprii gli occhi e vidi Chris a due centimetri della mia faccia che, con lo sguardo corrucciato dalla preoccupazione, mi agitava come non si dovrebbe mai fare con una lattina di coca. O con un essere umano. 

Quando si accorse che mi ero ripresa si scostò appoggiandosi sui talloni e mi fisso con aria truce e labbra contratte.

Cercai di rimettermi in piedi a fatica, massaggiandomi la spalla che era l'unica che aveva sbattuto contro il pavimento, e tutto senza l'aiuto del maldestro soccorritore.

-Perché sono caduta?- chiesi fissandolo con lo stesso astio.

Si rialzò lentamente tornando a sovrastarmi. -E' una domanda seria?- sbottò incazzato - Hai presente il principio di inerzia o oppure la gravità? A quanto pare no.Ti avevo detto di aggrapparti e tu hai anche annuito.- mi rinfacciò. 

Ahhh allora è questo quello che aveva detto. Bene...scoppiai a ridere come un'idiota. 

-Perché ridi, rimbambita? Potevi farti male! Anzi se non ci fossero stati quei sacchi ora ti starei portando in ospedale e… smettila di ridere. Non è diverten…- il suo cipiglio sostenuto si stava sciogliendo come neve al sole mentre cercava di non ridere a sua volta.

-Andiamo va.- disse dopo poco, mentre rialzava la moto che aveva lasciato cadere quando mi era venuto a soccorrere. -Questa volta ti reggerai?- chiese ironico salendo in sella. 

Annuii mentre feci altrettanto e per dimostrarglielo gli cinsi il busto con forza e accidenti, il ragazzo non aveva un grammo di grasso. Si sentivano solo muscoli e muscoli. Wow pensai un tantino imbarazzata mentre rilasciavo di poco la presa. Per tutta risposta, Chris mi afferrò la mano che stava scivolando via e sibilò - Se cadi un'altra volta, ti lascio lì stesa.-. A giudicare dall'espressione dei suoi occhi verdi che vedevo riflessi nello specchietto, non stava scherzando.

 

 

All'inizio ebbi sinceramente paura che qualcuno ci riconoscesse mentre uscivamo dalla città, i caschi però sembrarono proteggere le nostre identità, almeno la mia. A Chris, come avevo già intuito, non gliene fregava niente di essere riconosciuto, ma tanto lui era il figlio del sindaco, nessuno l'avrebbe guardato male il giorno dopo. Per quanto riguardava me, era tutta un'altra storia. Quindi tenni il viso basso fino a quando non scorsi in lontananza il cartello che segnalava la fine di Hallow. Lentamente il peso che mi attorcigliava lo stomaco si sciolse e realizzai che andare in moto era davvero divertente. Il vento che ti scompigliava i capelli, la velocità e il senso di libertà e onnipotenza che ti inondava erano una piacevole novità. Anzi, molto più che piacevole. Mi immaginai io alla guida, pronta ad andare lontano, ad esplorare il mondo e la visione mi piacque più del dovuto.

Tenni gli occhi spalancati per tutto il tempo, non mi volevo perdere niente. Chissà quanto avrei dovuto aspettare per rivedere ancora il mondo esterno. Sospirai per la gioia e mi sentivo così leggera. Le campagne si susseguivano, cambiando continuamente scenari. Prima campi di fiori, poi terreni coltivati, infine qualche città in lontananza. Per la precisione superammo quattro città prima che Chris imboccasse la strada che portava al centro di una di queste. Quasi non feci in tempo a leggere il cartello: Rozenville. Mai sentita, riflettei mentre percorrevamo la via principale. Mi stupii subito e non potei evitare di guardare tutto e tutti. C'era qualcosa in quella città che non avevo mai visto: vita. Bambini che giocavano nei parchi, ragazze che camminavano a braccetto, piene di pacchetti e buste di oggetti appena acquistati. Nessuna indossava cardigan blu e pantaloni cachi, avrei messo la mano sul fuoco che non avrebbero saputo neanche dove comprarli. Per qualche motivo mi sentii del tutto sbagliata al loro confronto, al confronto di ragazze che non mi avevano fatto niente se non dimostrare quanto fossi diversa. La cosa strana è che non mi ero mai sentita in quel modo con Kimmy o qualche altra oca fatta con lo stampino della mia scuola.

Arrivati più o meno al centro, Chris rallentò fino a fermarsi e parcheggiò di fronte a un ristorante. Una volta scesa dalla moto, aspettai che facesse altrettanto e poi domandai allegra -Che vogliamo fare?-

-Mangiare per prima cosa, il tuo stomaco non ha smesso di brontolare per tutto il tempo.- mi accusò, indicando la mia pancia.

Feci spallucce consapevole che era vero. -Mi hai trascinata via prima di pranzo.- mi limitai a dire.

Decidemmo di andare nel ristorante di fronte che era carino, sebbene con troppi fiori finti, e un cameriere giovane ci fece accomodare a un tavolo appartato per poi prendere le ordinazioni.

Una volta che fummo soli, mi stravaccai sulla poltroncina e sorrisi felice. Ero al settimo cielo, letteralmente.

-Parliamo?- chiese Chris divertito guardandomi.

-Parliamo- acconsentii con gli occhi ancora sognanti.

-In anzitutto, chiariamo una faccenda.- suggerì giocarellando con una medaglietta che portava al collo. Annuii non capendo a cosa si riferisse. -Che cosa ti è preso stamattina?  Sbaglio o mi hai chiesto se ti volevo sparare?-

Le guance mi si infiammarono dall'imbarazzo. A ripensarci ora, quella era stata un'azione del tutto inopportuna. Primo perché non avevo prove sufficienti per pensare che si volesse vendicare per essere stato cacciato sei anni fa. Secondo, perché le uniche prove che avevo me le aveva fornite Kimmy. Da quand'è che mi fidavo di lei? E poi questo era Chris, non mi avrebbe fatto del male. Certo, non assomigliava al mio vecchio Chris, ma era pur sempre lui.

Notando che non avevo nessuna intenzione di rispondere, interpretò male il mio silenzio. -E' per mio padre vero? Ti ha fatto qualcosa?- Chiese preoccupato sporgendosi in avanti.

-No, no non è per il sindaco Warren.- mi affrettai a dissentire. - E' che.. oddio, quant'è imbarazzante.. ma credevo che ti volessi vendicare perché ti avevano mandato via. Nessuno mi ha mai voluto dire dove tra l'altro, ma ho sempre sospettato fosse per colpa mia e poi ho sentito qualcuno parlarne e ..sto straparlando.- commentai alla fine frustata per non riuscire ad esprimermi come un essere con un cervello.

Alzai gli occhi su Chris e vidi che si era coperto il viso con una mano lasciando intravedere solo la bocca e gli occhi, che trasparivano da dietro le dita aperte. Le labbra gli stavano tremando e si dischiusero quando cominciò a ridere reggendosi la fronte. Lo osservai indignata, ma che gli prendeva? Tossicchiai per rendere noto il mio disappunto.

Quando si ricompose, era palese che si stesse sforzando per non ridere ancora.

-Avevi paura di me? Per questo mi hai chiesto se ti volevo far fuori?- domandò incredulo. Quando mi vide annuire commentò -Assurdo. Totalmente assurdo. Ronnie guardami, sono sempre io. Sono Chris.-

Il problema era proprio questo, lo stavo già guardando, ma non vedevo il bambino paffutello con cui rubavo nani da giardino e imbrattavo macchine. Vedevo un ragazzo, simile in tutto e per tutto a un uomo. Forte, in forma e indipendente. In comune con il ragazzino del mio passato, aveva solo il nome. 

Il cameriere si ripresentò portando le bevande e il piatto di carne che avevamo ordinato. Gli sorrisi quando mi versò l'acqua nel bicchiere, sopratutto perché era il diversivo perfetto in quel momento, in risposta ricevetti una strizzatina d'occhio. -Qualcos'altro signorina?- chiese servizievole, non calcolando in nessun modo Chris.

Risposi negativamente a questa e alle altre sette domande che mi pose (sì,le avevo contate) e non feci in tempo a rispondere anche all'ottava solo perché una coppia al tavolo vicino lo richiamò. Quando mi rivolsi verso Chris, lo vidi guardare scocciato fuori dal vetro della finestra che dava sulla strada, completamente perso nei suoi pensieri.

-Ehi- lo risvegliai muovendo la mano di fronte agli occhi verdi.- Avrei una domanda- Afferrai un boccone di bistecca e cominciai a masticare, dandogli il tempo per concentrarsi su di me.

-Dove sei stato negli ultimi sei anni?- chiesi curiosa di notizie. Avevo un disperato bisogno di non sentirmi più in colpa. Ed erano sei anni che mi sentivo questo peso in fondo allo stomaco. 

-Scuola militare, per la maggior parte del tempo.- rispose distratto. Io dal canto mio, mi strozzai con la carne. Cominciai a tossire e sputacchiare in giro. Alla fine, visto che non accennavo a smettere, afferrai di corsa il bicchiere d'acqua e lo svuotai in colpo. I sensi di colpa non erano mai stati più forti. Lo sentii chiedere vagamente uno 'stai bene?' ma mi sembrò provenire da un'altra dimensione.

-Scuola militare?- ripetei in un gemito. In tanto Chris mi guardava come se potessi svenire de un momento all'altro. Purtroppo ero troppo cosciente per svenire.

-Non fare quella faccia- mi confortò appoggiando il gomito sul tavolo e poi la guancia sul palmo della mano.-Mi piaceva stare lì, altrimenti non ci sarei stato così a lungo- mi svelò. -Anzi ci ritornerei volentieri, se non fossi bloccato in quella città del cazzo.- in qualche modo questa rivelazione aggiustò il male che sentivo dentro da quando era partito. Non ce l'aveva con me, non ce l'aveva mia avuta. Eppure ero confusa e scandalizzata, non aveva senso quello che stava dicendo e non avevo mai sentito nessuno imprecare.

-Aspetta un attimo, hai detto davvero quello che ho sentito?- cercai di fare un po' di chiarezza, che a quel punto era necessaria.

-Non hai fatto veramente una domanda del genere. Ti rendi conto che non ha senso, vero? Forse quando sei caduta hai preso una botta in testa e ora parli sotto l'effetto di un trauma cranico.- analizzò perplesso scrutandomi con preoccupazione. Finta preoccupazione, mi stava prendendo in giro, il bastardo.

-Ah ah, molto divertente ma ti dispiace spiegare?- Chiesi risentita.

Si prese tutto il tempo necessario e poi parlò, a quel punto cominciò a raccontare la storia più interessante che avessi mai sentito. Forse fu per le espressioni o le pause giuste, forse fu perché era stranamente sereno mentre ne parlava, fatto sta che non potei non ascoltare tutto.

Era stato portato a una scuola militare di un'altro stato dal padre, con lo scopo di scontare lì la sua punizione e di passarci un anno. I primi tempi erano stati difficili, o almeno lui disse così: 'difficili'. Eppure dalla smorfia che gli appariva sul volto, era chiaro che difficili non rendeva neanche lontanamente l'idea. I suoi compagni non lo avevano accettato perché era troppo più piccolo di loro e lo maltrattavano. La situazione cambiò in modo inaspettato quando si azzuffò con uno di quelli che lo tormentavano maggiormente. A quanto pare stava per perdere, nel momento in cui uno dei suoi superiori era entrato nel dormitorio e gli aveva separati. L'uomo era infuriato e esigeva qualcuno da punire, così Chris si prese la responsabilità, perché l'altro, che aveva già avuto dei richiami, sarebbe stato cacciato e rispedito dal padre. E non poteva proprio tornare a casa perché, a sentire Chris, quell'uomo era violento. Le conseguenze erano state allenamenti più lunghi per tutto il mese seguente e pulire il dormitorio ogni sera, ma aveva ricevuto in cambio il rispetto dei suoi compagni, in particolare di quel tipo che aveva salvato.

- Che razza di faccia da merlo quel bambino presuntuoso.- commentai con rabbia.

-Faccia da merlo? Sarebbe un'insulto?- chiese interdetto. 

Confermai astiosa -Sì e non sai cosa gli farei se ce l'avessi qui..-

-Ehi, non ti scaldare così velocemente. Quel 'faccia da merlo' è il mio migliore amico e il suo nome è Aaron.- mi interruppe lui sulla difensiva.

Ah, bene. Aggiungiamo non-sense al non-sense.

Lo invitai a riprendere il racconto e mi disse che alla fine dell'anno di punizione il padre era venuto a riprenderlo, ma lui si era opposto. Infatti, gli piaceva stare lì perché aveva stretto amicizie importanti e ricevuto la stima dei suoi superiori. Così il suo istruttore, in particolare, aveva convinto il sindaco a lasciargli continuare la formazione militare.

-Com'è che adesso sei tornato, allora?- domandai mentre affondavo il cucchiaino nel dolce così invitante. Cream Caramel, gnam.

-Sono stato ferito durante un'esercitazione.- mi rivelò. Alzai gli occhi di scatto sconcertata. Il cream caramel poteva aspettare.- e mio padre ne ha approfittato per riportarmi qui.- disse alzando le spalle, in un gesto di rassegnazione.

- Come è successo? E' per questo che avevi il gesso?- domandai con la voce stridula.

-Sì, ma ti prego cambiamo argomento, abbiamo parlato solo di me. Di te che mi dici? Come te la sei cavata senza il mio supporto?- stava cercando di rimanere leggero nel tono, ma risultava troppo forzato e per di più aveva ancora una strana ombra negli occhi.

-Ah be, mentre tu ti divertivi, io qui affrontavo l'inferno- scherzai cercando di allentare un po' la tensione.

-Ah sì?- Chiese ironico.

-Non so se l'hai notato ma Hallow è sempre più inquietante.-continuai scherzosa, ma vidi la sua espressione diventare seria come se avesse preso sul serio le mie parole.

Si guardò intorno circospetto poi si sporse verso di me e sussurrò -A proposito volevo chiederti una cosa. Lo sai della morte dei signori Davies, quelli che gestivano la biblioteca?-

-No, non lo sapevo- Confermai leccandomi le dita dal dolce.-Tu come lo sai?- chiesi distratta.

-Ho sentito mio padre parlarne al telefono con qualcuno, a quanto pare la notizia non è ancora trapelata.. ehi ma perché non sembri neanche un po' scioccata?- Chiese confuso.

-Erano vecchi.- spiegai con un'alzata di spalle, come a sottintendere qualcosa di ovvio. -Prima o poi sarebbe successo.-

Corrucciò la fronte cercando di capire se stessi scherzando. -Non erano così vecchi- rimarcò.- Infatti, non sono morti di vecchiaia. E' stata una fuga di gas.-

-Ah, gli incidenti domestici! Sono letali- commentai facendomi più seria.-Quest'anno ce ne saranno stati almeno un paio.- Verificai contando sulla punta delle dita per avere conferma.-Sì, prima il signor Hall e poi la nuova insegnante.-

-Ti sembra una cosa normale?- 

Perché sembrava una domanda retorica? Per me era veramente normale, per tutti a Hallow era normale. Per questo non risposi, limitandomi a fissarlo.

-No, non lo è.- riprese lui alla fine. -C'è qualcosa che non va in quel posto.. la gente è strana, i ragazzi sono strani.-

Allora non ero l'unica a pensarlo! Non ero del tutto malata di mente.

-Perché stai con me in questo momento? Io sono come loro.- ragionai pensierosa.

-Tu sei diversa.- mi contraddisse. - mio padre, invece, lui è.. strano.- Sembrava preoccupato mentre rigirava la medaglietta che portava al collo.

Non mi parve il caso di dirgli delle minacce al porto, era già abbastanza provato ma dovevo fargli capire qualcosa.

-Tuo padre, non so bene come dirlo, ma credo che sia immischiato in qualche giro strano.- evitai il suo sguardo in un primo momento ma poi decisi di incrociare i suoi occhi. C'era solo traccia di dolorosa consapevolezza.

-L'hai visto fare qualcosa? E' per questo che ti ha convocata nello studio della preside?-

Annuii appena facendogli capire che preferivo non parlarne.

Scosse la testa turbato e poi sbuffò -Quel posto è un covo di matti- 

Io non potei fare a meno di replicare. - Ben tornato nel paese delle meraviglie, Alice.-

 

Quando lasciammo il ristorante mi accorsi di quanto tempo fosse effettivamente passato. Ci dovevamo sbrigare a tornare a casa o sarebbero stai guai.

Mentre Chris montava sulla sella, io mi guardai intorno per un'ultima volta. Fissai sconsolata un negoziante cominciare a chiudere l'inferriata dell'outlet di vestiti e mi venne un'idea. Chiesi a Chris di aspettare un secondo ed entrai dentro il negozio. Ne uscii 5 minuti dopo con una busta piena di vestiti nuovi di zecca, non di colore blu e neanche cachi. Ora che sapevo di non essere come gli abitanti di Hallow, volevo che lo sapessero anche loro.

Erano le sei passate, il sole era scomparso e io morivo di sonno già da un po'. Per di più, per il fatto che la moto fosse così confortevole e che le spalle di Chris sembrassero così comode, non potei non appoggiarci sopra la guancia e cadere in una sorta di stato comatoso. Mi risvegliai quando Chris si scosse, attirando la mia attenzione. Indicò due grossi camion che ci precedevano, bianchi senza una scritta sopra. Mi chiese qualcosa ma il vento portò via le sue parole. Riuscii comunque a immaginare la domanda: voleva sapere dove si stessero dirigendo i veicoli. Mi avvicinai al punto del casco dove immaginavo si trovassero le orecchie e urlai forte -Riforniscono Al, quello della carne.-

Passavano per la città almeno una volta al mese, a volte vedovo che venivano scaricati e ricaricati di grosse casse, luoghi dove, in teoria, non andrebbe tenuta la carne.

Chris indicò ancora, questa volta più in basso, dove ci sarebbero dovute essere le targhe. Eppure delle targhe non ce ne era ombra. Mi insultai mentalmente, perché non l'avevo mai notato?

Ormai eravamo rientrati ad Hallow e Chris non gli si staccava di dosso. Era determinato a scoprire dove andassero. Come previsto si fermarono difronte alla macelleria di Al, mentre noi ci infilammo in un vicolo laterale. Spense la moto e mi aiutò a scendere, poi portandosi un dito alle labbra mi indicò di non fare rumore. Lo seguii fino all'angolo che dava sulla strada principale, dove i camion erano parcheggiati. Uomini sconosciuti erano intenti a scaricare le casse dal retro per portarle all'interno del negozio. Mi sporsi un po' e notai Al, il proprietario, che osservava la scena dallo stipite della porta, scrutando nervoso il trasporto delle casse. Una sigaretta gli spuntava a penzoloni dall'angolo della bocca, fumo nero e acre si levava nell'aria pulita. Rimasi a bocca aperta, non avevo mai visto nessuno fumare ad Hallow, pensavo non fosse consentito, come non era consentito in ugual modo andare al porto e possedere tivù e computer privati.

Non appena gli uomini terminarono di scaricare, risalirono sui camion e senza dire una parola ad Al, se ne andarono così velocemente come erano venuti. 

A quel punto Chris mi afferrò un braccio e mi scostò dall'angolo. -Aspettami qui, nascondo la moto dietro a quel cassonetto e torno subito. Mi raccomando non ti muovere.- Ricalcò le parole.

Lo tenni d'occhio mentre spostava la moto senza accenderla per non fare rumore, e scompariva nella curva del vicolo, non prima di essersi assicurato che non mi fossi mossa. Ricambiai con un sorriso ingenuo e poi velocemente ritornai a osservare la strada. Al si stava affrettando ad abbassare l'inferriata, le mani gli tremavano come foglie al vento. Perché era così spaventato? 

Sentii dei passi alle mie spalle e mi sbrigai a voltarmi appoggiandomi al muro con espressione fintamente scocciata.

Chris veniva verso di me con una mano che agitava stancamente i corti capelli ricci e l'altra che trasportava i miei pacchetti. 

-Cosa può significare una cosa del genere?- chiese più a se stesso che a me, dopo avermi raggiunta. 

-Un'idea ce l'avrei.- proferii attirando la sua attenzione e dandomi una certa aria. -Mi pare ovvio che non contengano carne quelle casse, non sono il luogo adatto per trasportare cibo, figuriamoci uno che va male subito.-

-E' quello che stavo pensano anch'io. Dobbiamo scoprire cosa c'è in quei recipienti… non so, magari potrebbe essere connesso con le strani morti che stanno avvenendo. E di cui tu non eri nemmeno accorta.- aggiunse dopo poco, per dimostrami che non avevo sempre tutto sotto controllo. D'altra parte chi ce l'ha?

-Dovremo cominciare a investigare, sei con me? - mi propose con aria di sfida. Quanto si capiva che era proprio felice in quel frangente, gli occhi non gli smettevano di brillare.

-Come sempre, Watson- promisi appoggiandogli il palmo della mano sulla guancia. Lo vidi rimanere confuso per un attimo, poi farsi improvvisamente astioso non appena mossi la mano per dargli uno schiaffetto.

In uno scatto fulmineo, piegò le ginocchia e mi afferrò la vita. I suoi occhi sorrisero spietati, non appena incrociarono i miei colmi di panico. Che mi stava per fare?

A quel punto mi sollevò in aria, caricandomi sulle spalle. -Lasciami andare, psicopatico!- sussurrai irritata per non svegliare tutto il quartiere.

-Ah ah niente da fare. C'è bisogno che qualcuno ti ricordi chi è il più forte, saputella.- Però a quel punto mi rimise giù e io in tutta risposta gli mollai un calcio sullo stinco, a cui non fece neanche una piega, anzi si accigliò.

-Se questo è il massimo di cui sei capace, ti conviene trovarti una guardia del corpo.- osservò divertito.

Lo ignorai e cominciai a avviarmi verso casa. 

-Ci vediamo domani, Sherlock.- lo sentii urlare da dietro. Alzai il pollice nella sua direzione come conferma, senza smettere di camminare.

Sì, era giusto in fondo: lui Watson e io Sherlock. 

Avevo sempre amato i misteri e questo era comprensibile anche dall'intera collezione di Agatha Christie che tenevo nascosta sotto un asse del pavimento della mia camera. Finalmente ce ne era uno tutto per me, da risolvere cercando indizi e prove. Sarebbe stato divertente. Annuii anche con il capo per renderlo più reale. Poi mi ricordai delle persone che avevano perso la vita e del tremore nelle mani di Al.

Forse divertente non era il termine giusto.

 

 

 

Angolo tutto per me:

Salve salvino (ahah mitico Ned!). 

E' la prima volta che vi scrivo l'angolo dell'autrice perché volevo avere bene la trama in mente prima di chiedervi cosa ne pensaste. Quindi adesso ve lo chiedo: cosa ne pensate? 

Questo capitolo è più lungo degli altri, penso che vi servirà molta pazienza per finirlo ma se alla fine non sarete troppo stufe di me, raccontatemi qualsiasi cosa vi passi per la mente. Mi raccomando voglio sapere le vostre prime impressioni, quelle originali. Sarebbe di grande aiuto e mi farebbe molto piacere!

Bene ora passiamo a un altro ordine del giorno: gli asterischi, ne troverete alcuni sparsi qua e là per la storia per specificare qualcosa. Per quanto riguarda Chris e la storia militare, chiedo venia per qualsiasi sfondone abbia tirato. Non ne so molto e ho provato a documentarmi ma sono pessima con le ricerche, quindi scusatemi. In più potreste confondervi con qualche incongruenza numerica ( a cui provvederò subito) ma intanto cerco di chiarire qui. Chris e Ronnie erano amici fino a undici anni, quando Chris è stato spedito all'accademia militare, dove è rimasto sei anni. Ahah ok sono confusa anch'io ma prima non era plausibile.

Un bacione a tutti, Brown.

 Note: 

* Poirot, era un detective privato delle saghe di Agatha Christie l'autrice preferita di Ronnie. L'uomo in questione era piccolo e con due folti baffi che amava attorcigliarsi mentre rifletteva. Ronnie lo prende un po' in giro ma in realtà è gelosa di non poter fare altrettanto.

 

 

  
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