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Autore: Rory e Dedy    22/07/2008    2 recensioni
Cullato da queste considerazioni e accompagnato da un repentino cambio di posizione finalizzato alla ricerca di una posizione abbastanza comoda, il ragazzo s’addormentò quasi senza accorgersene.
Il nostro primo lavoro assieme...firmato Dena e DarkSelene. ^^
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Iori Hida/Cody
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Nove ore di volo stancherebbero chiunque, pensò Iori scendendo dall’aereo, mentre poggiava piede su suolo milanese

Un viaggio per conoscersi

 

Daisuke: Dopo tutti i complimenti che mi ha fatto, come non potrei essere io a ringraziare Padme Undomiel? Grazie di cuore anche per quelli che hai fatto alle autrici... continua a seguirci!

Hikari: Ma come, io faccio tanto per non sposare Daisuke e poi la cara HikariKanna, che sostiene di somigliarmi, vuole essere sua moglie? XD Sono contenta in ogni caso che ti piaccia in questa versione, e lo sono anche le autrici, che ti ringraziano per i complimenti!

Ken: Ringrazio io Kari89 che adora considerare il mio migliore amico un mattacchione! Dunque... sono contento in prima persona che l’intervista ti sia piaciuta, ma sono qui per riferirti che ovviamente lo sono anche le autrici! E ora è giunto il momento di lasciarvi alla lettura del sesto capitolo.

 

***

 

Capitolo sesto: A Milano

 

Nove ore di volo stancherebbero chiunque, pensò Iori scendendo dall’aereo, mentre poggiava piede su suolo milanese. Avrebbe dovuto intervistare un cantante di nome Yamato Ishida, ma la cosa non lo entusiasmava neanche un po’. Era stufo di quell’incarico, e non vedeva l’ora di tornare in Cina, per sbattere tutte le intervista in faccia al suo principale. Riflettendo sulle proprie intenzioni, giudicò decisamente più appropriato provare a ridimensionare i modi, onde evitare un licenziamento senza possibilità di replica.

Mentre la sua mente progettava un ipotetico approccio con il fantomatico Yamato, Iori viaggiava a bordo di un taxi che lo avrebbe portato presso il suo nuovo albergo.

Non aveva nessun motivo per sospettare l’inferno che lo attendeva...

 

Un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurri aspettava pazientemente la propria valigia dopo un viaggio internazionale, quando fu raggiunto in quell’aeroporto da una persona che conosceva bene. I due attesero ancora pochi istanti, prima di vedere la lussuosa valigia nera ed elegante del minore dei due.

Avevano pochi giorni per stare insieme, ma se li sarebbero goduti fino in fondo...

 

***

 

Alessandra sbadigliò rumorosamente prima di abbandonare il proprio letto. Aveva passato la notte dal ragazzo e ora non aveva più sonno, ma svegliarlo a quell’ora, se teneva conto che s’erano addormentati poche ore prima, era una pessima idea. Svegliare Yamato Ishida alle sei del mattino significava incorrere nelle sue ire, senza possibilità di sfuggirgli.

Pertanto decise di uscire dalla camera da letto, diretta in cucina.

Nel corridoio, s’imbatté in Takeru Takaishi, anche lui probabilmente alle prese con l’insonnia.

Oh, era bella Alessandra, con i suoi occhi verdi, i capelli biondi, il fisico perfetto, le labbra carnose... che quella mattina furono sfiorate da quelle del biondo cestista...

– Stavi andando anche tu in cucina? – chiese lei, allontanandosi.

Per rispetto al suo ragazzo o per paura di essere scoperta?

– Sì... – annuì Takeru, contrariato a quel distacco.

 

***

 

Erano le nove, Iori Hida era diretto a casa Ishida, ignaro del pericolo che di lì a poco avrebbe corso. Completamente all’oscuro dell’identità di colui che avrebbe rivisto in quella casa. In realtà, lui non conoscendo la parentela tra Yamato e Takeru, non poteva neppure immaginare la presenza di quest’ultimo a casa della persona che doveva intervistare.

Nella sua mente già s’erano delineate alcune delle domande che avrebbe voluto porre al cantante, quando un viso fin troppo noto gli aprì la porta.

Silenzio.

No, non poteva essere successo.

Non aveva visto bene.

Non era possibile.

Non ci credeva.

Non a quello.

Non a lui.

Non lì.

Quello, non poteva essere Takeru Takaishi.

No.

Iori Hida sbatté ripetutamente le palpebre, per costatare di stare sognando.

Ma quell’uomo non scomparve.

Takeru rimase lì di fronte a lui.

Era un incubo che s’avverava.

Takeru Takaishi era di fronte a lui.

 

Iori, Takeru e Yamato erano riuniti nel soggiorno di casa di quest’ultimo, mentre Alessandra preparava qualcosa da offrire all’ospite e nel frattempo ripensava al contatto di tre ore prima...

Le labbra di Takeru sulle sue...

Se lo avesse saputo il suo ragazzo, l’avrebbe sicuramente rispedita dove l’aveva conosciuta.

Era meglio stendere un velo pietoso sulla faccenda, e andare a chiedere all’ospite quanto zucchero gradisse nel caffè.

Dopo poco, i suoi passi risuonavano nel corridoio, mentre le voci dei tre conversanti le giungevano nitide in ogni sfumatura.

– Quando arrivai qui dal Giappone – stava dicendo Yamato – conobbi una ragazza che mi ha aiutato a inserirmi nel mondo della musica. Suo padre aveva, e ha tuttora, una casa discografica, e tutto ciò che ho dovuto fare, è stato corteggiarla un po’. Adesso lei è ai miei piedi, una serva perfetta, ed io ho la strada spianata davanti a me. –

Non credeva alle sue orecchie: quello che aveva appena udito non poteva essere vero.

– Signor Ishida, possiamo cominciare l’intervista? –

– Dica pure. –

A quella risposta, il giornalista si munì di carta e penna e attivò l’ormai celebre registratore.

– Innanzitutto, signor Ishida, può spiegare ai gentili lettori come è giunto qui in Italia? –

– Oh, per puro caso. Mia madre ha una sorella a Parigi e, molti anni or sono, mio fratello Takeru si trasferì da lei. Dopo qualche anno, quando abitavo ancora a Tokyo, decisi di andare a trovarli, perché desideravo fortemente vederli. Durante il mio soggiorno nella capitale francese, organizzammo un viaggio qui a Milano, dove conobbi Alessandra. Non ci volle molto perché realizzai quanto mi avrebbe fruttato frequentarla. –

La mano rapida di Takeru era riuscita a interrompere la registrazione appena in tempo perché fosse omessa l’ultima frase del fratello.

– Deficiente! – lo apostrofò – Sai quanta gente sta aspettando una tua frase sbagliata per screditarti?!? Idiota! –

– Possiamo continuare? – chiese cortesemente il signor Hida.

– Sì, mi scusi. – si ricompose Yamato.

– Credo proprio sia il caso di rifare l’intervista. Le sue precedenti dichiarazioni, forse, potrebbero essere facilmente equivocate, e la sua fama potrebbe risentirne. – spiegò pacatamente il giornalista, mostrandosi veramente disponibile, e stupendo Takeru.

L’uomo fece ripartire il registratore e afferrò un foglio bianco, prima di ricominciare.

La prima domanda fu: – Signor Ishida, Lei riscuote una notevole fama in molti Paesi, anche grazie al Suo cantare in tre lingue. Vuole spiegare, cortesemente, come si è trovato dal Giappone all’Italia e come mai canta in francese? –

– Certo. Sono di origini franco-giapponesi, essendo nato da madre francese e padre giapponese. Anni fa mia madre è ritornata in Francia, e io e mio fratello decidemmo di seguirla. Fu durante il nostro soggiorno a Parigi che organizzammo un viaggio qui a Milano. Dovevamo fermarci soltanto un paio di settimane, ma a me questa città piacque talmente tanto che decisi di restarci. – fece una breve pausa – All’epoca covavo un forte desiderio di emergere e mi accorsi che l’unico modo per accelerare i tempi, per farsi conoscere più facilmente nelle varie parti del mondo, era quello di cantare in diverse lingue. Credo sia naturale che la maggior parte della gente preferisca ascoltare le canzoni nella propria lingua. Dopo qualche anno, introdussi anche l’inglese, e così le lingue divennero quattro. Tuttavia, quest’ultima, è la lingua che uso di meno nelle mie canzoni, ma non c’è un motivo particolare. –

Iori annuì, prima di chiedere: – In via informale, mi ha detto che la sua ragazza l’ha aiutata ad affermarsi. Può spiegare brevemente come ciò è avvenuto? –

– Conobbi Alessandra, la mia ragazza, poco tempo dopo il mio arrivo in Italia. In quel periodo, per cominciare a guadagnare, mi esibivo nei locali, e fu li che la conobbi. Il padre produttore discografico decise di puntare su di me, offrendomi la possibilità di cominciare la mia carriera, che mi ha portato a essere quello che sono. –

“È incredibile come sia riuscito a rigirare il discorso a proprio piacimento.” pensarono contemporaneamente Alessandra, Takeru e Iori, e immediatamente quest’ultimo pose la domanda successiva: – Lei crede in quello che fa, oppure è vero il luogo comune che vede tutti i cantanti stancarsi del proprio lavoro? –

– Da sempre io credo che chi intraprende la mia professione lo faccia perché nutra stimoli e passione per questo lavoro. Il semplice possesso di questi due requisiti non permette di stancarsi. Personalmente, io credo fortemente in ciò che faccio. –

Ricavare dell’altro da quell’intervista per Alessandra sembrava impossibile, perciò decise che sarebbe stato meglio recarsi a preparare un altro caffè, giacché il precedente si era raffreddato.

– Se adesso dovesse dichiararsi insoddisfatto di qualcosa, cosa mi direbbe? –

– Di essere insoddisfatto della mia vita sentimentale. –

Meno male che Alessandra non l’aveva udito.

– Signor Ishida, io non ho altro da chiederle, se non pregarla di fornire ai gentili lettori qualche curiosità sulla sua vita, a suo piacimento. –

– Beh, potremmo cominciare col dire che sono nato il 7 gennaio a Tokyo, ho conseguito la maturità classica qui in Italia, considerato che ci sono arrivato a 17 anni. In tutti questi anni mi sono appassionato al calcio italiano, tuttavia non ho una squadra che particolarmente mi sta a cuore. Simpatizzo per il Milan, ma d'altronde non sarebbe potuto essere altrimenti, giacché vivo in questa città. Oltre quella per la musica, ho la passione per le moto, ma adesso non so davvero cos’altro aggiungere. –

Fu così che si chiuse l’intervista, e poco dopo Iori lasciò quell’appartamento, con la mente già all’intervista successiva.

 

Intanto, a casa Ishida si stava consumando una tragedia.

– Sei il più grande bastardo che io abbia mai conosciuto! – stava urlando Alessandra contro Yamato.

– E perché mai? – chiese lui, non capendo a cosa si riferisse. Effettivamente, lui non sapeva che lei avesse origliato una parte delle sue dichiarazioni.

– E così io per te sarei stata solo uno strumento per arrivare al successo, eh? Ma sai che ti dico, stronzo? Il tuo successo te lo puoi continuare ad accudire in solitudine, perché tu in questa casa non mi vedrai mai più, giacché amo tuo fratello! –

Yamato non credeva a ciò che le sue orecchie avevano udito: Alessandra aveva conosciuto Takeru solamente la sera prima e già diceva di... amarlo? Ridicolo!

– E dimmi... – decise di giocare la carta dello scherno – ...sei anche ricambiata? –

– È stato lui a baciarmi, stamattina... idiota! –

Forse era quella l’unica frase che Alessandra, per il bene di Takeru non avrebbe mai dovuto dire. Yamato, ferito nell’orgoglio, disse imperativo: – Fuori da questa casa... entrambi... –

 

***

 

– Ma tu già conoscevi quel giornalista? – fu la domanda che Alessandra pose a Takeru, mentre i due si recavano, valige nel bagagliaio, a casa di lei.

– Mi intervistò qualche giorno fa a Nantes... credo stia facendo qualcosa per il suo giornale in giro per il mondo... –

L’espressione di Alessandra fu eloquente: – Tu... che ti lasci intervistare? – rise – Non ci credo neanche se lo vedo. – aggiunse poi, seria.

– Infatti mi sono preso gioco di lui, lasciandogli semplicemente un misero fogliettino su cui gli parlavo di me. –

– Sei il solito deficiente... –

– Ehi tu! Mi conosci solo da mezza giornata e già ti permetti di darmi del deficiente? –

– Che io ti conosca da mezza giornata è pura fantasia. Ti amo da sempre... seguo tutte le tue partite... –

– La devo prendere per una dichiarazione? – chiese lui con tono di scherno.

– Che cosa devo fare per dimostrarti quanto ti amo?! –

– Secondo te, cosa voglio? –

– Pervertito! –

E mentre quei due si scannavano affettuosamente, l’aereo per Bristol era decollato.

  
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