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Autore: Zodiac    02/05/2014    3 recensioni
Anno 2110 - Cento ragazzi vengono lanciati sulla terra;
Anno 1670 - Francia, caccia alle streghe;
Anno 2014 - America, San Francisco nel caos.
Tre epoche, tre storie, si intrecciano per lo stesso obiettivo: la salvezza dall'umanità.
[ Nota Bene: Le vicende sono frutto della mia fantasia. La Fanfiction segue solamente la trama generale della serie tv "The 100"]
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Anno 2014 - San Francisco, America


Un’attesa snervante.
Erano passati anni ormai dal loro ultimo incontro.
Erano migliori amici un tempo, fin dai primi giorni d’asilo.

Provava ancora una grande amicizia per lui, erano legati indissolubilmente. Lui le era stato vicino nei momenti peggiori, l’aveva sostenuta, apprezzata, difesa contro tutti e tutto. Da tre anni si trovava a vivere lontano da lei. Gli era mancato, è vero. Ma era riuscita a vivere anche senza di lui.

Lo stava aspettando seduta al bordo di una grande fontana che giganteggiava al centro di una immensa piazza dalla forma quadrata e dai colori argentei, circondata da una folta vegetazione.
Quello era sempre stato il loro luogo di incontro, di pettegolezzi, di lacrime e risate.


L’avrebbe riconosciuto ora? Chissà come era cambiato. Chissà cosa amava fare ora, di cosa adorava parlare.

Tutto d’un tratto, Cher notò un uomo scrutarla dal fondo della piazza. Non vi era nessun altro lì. La piazza era sempre stata vuota. Un anziano alto e snello, dalla testa sproporzionata rispetto al corpo, triangolare, coperta da capelli radi, crespi e grigi che scendevano fin oltre le orecchie appuntite. Occhi profondi e scuri. Un sorriso beffardo sul volto.

La ragazza fu percorsa da un brivido.
Il vento cominciò ad alzarsi, il sole ad essere coperto da qualche piccola nuvola solitaria.

Perché la fissava?
Non l’aveva mai visto da quelle parti. Non sapeva chi fosse né cosa volesse da lei.
Le metteva agitazione, tanto che avrebbe voluto lasciare la piazza e correre via, lasciando Frank solo al suo appuntamento.

Intenta a fissare di rimando l’anziano che non pareva avere intenzione di distogliere lo sguardo, trasalì quando due mani le toccarono improvvisamente i fianchi, cingendola poi in un caloroso abbraccio.

“Ecco la mio bionda!” urlò Frank mentre Cher, giratasi verso di lui, ricambiava l’affettuosa stretta.
Sotto la maglia color blu scuro, riusciva a sentire i suoi muscoli.
Non lo ricordava così in forma, e neanche così attraente.

I loro abbracci erano sempre stati la cosa più naturale che avessero potuto regalarsi.
Ora perché si sentiva così rigida, così insicura, così imbarazzata?
“Mi sei mancata così tanto, Cherry!” rivelò il ragazzo schioccandole un sonoro bacio sulla fronte.
“Sì, anche tu” rispose lei, evidentemente a disagio, mentre entrambi si liberavano da quel semplice abbraccio.

I suoi occhi verdi smeraldo brillavano sotto i grandi occhiali quadrati dalla montatura nera scura.
Le era mancata davvero, era evidente.
“Beh, tutto qui quello che sai dirmi dopo anni di distanza?” la canzonò lui, divertito dall’atteggiamento che la sua amica aveva assunto.
Quell’anziano continuava ancora a scrutarla. Ma ora vi era più di un soggetto che interessava i suoi occhi: ora anche Frank sembrava un oggetto di particolare interesse.


“Hai ragione, Frankie. E’ da così tanto che non ci troviamo uno di fronte all’altro. Vorrei esplodere e dirti ogni cosa. Come facevamo un tempo…” rispose la ragazza che, ogni tanto, controllava la misteriosa figura, ferma e immobile in quell’angoletto buio della immensa piazza.

Seduti uno accanto all’altro, Cher non riusciva a capacitarsi di come fosse impacciata con quello che un tempo era il suo migliore amico.
“Cosa non va, piccola?” disse alla fine Frank, notando che l’amica era particolarmente angosciata.
Era da tempo che non la vedeva così.


“Tre giorni fa mi trovavo in penitenziario da mio padre” cominciò lei. Sperava di sbloccarsi. Parlare le avrebbe fatto bene. Parlare di qualsiasi cosa.
“Un ragazzo della nostra età mi ha avvicinata. Mi ha chiesto di aiutarlo ad evadere. Che aveva qualcosa da farmi vedere” continuò Cher mentre, scordatasi per un momento dell’anziano canuto, non riusciva a distogliere lo sguardo da quei grandi occhi verdi che risaltavano grazie ai scuri capelli dell’amico.
Da quando erano diventati così ipnotici e affascinanti? pensò per un attimo. E’ il tuo migliore amico, Cher. Smettila.


“Non dovresti dare confidenza agli sconosciuti!” la schernì affettuosamente l’amico, ricordando le svariate volte che avevano sentito quella frase durante la loro infanzia. Gli adulti sapevano quanto amassero importunare la gente che non conoscevano.
“Beh, era un bel ragazzo” aggiunse lei rispondendo alla provocazione.
Entrambi si trovarono spensierati a ridere sotto il piacevole sole velato della mattina.

“Disse poi che aveva scoperto molte cose su mio padre. Cose che mi avrebbero particolarmente colpita. Me ne andai sconcertata lasciandolo lì, mentre un secondino lo riportava in cella” mentre Cher parlava, Frank la ascoltava minuziosamente. Non voleva perdere neanche un dettaglio, proprio come quando erano piccoli.
Lui ascoltava, lei amava parlare, poi le consigliava cosa era giusto fare. “Vorrei aver accettato. Ora non riesco a pensare ad altro. Il ragazzo sembrava sincero. Ed ora credo che non avrebbe rischiato così tanto” concluse. Dopo un breve silenzio, Frank rispose “ Sai, credo che aver detto una cosa del genere alla figlia di uno dei più grandi superiori del penitenziario sia davvero un gran bel rischio. Ma in fondo, cosa potrebbe sapere di più, che tu non sappia già?”.
Quella risposta la aveva tranquillizzata, per un momento. Ma nonostante ciò, il pensiero che quel ragazzo sapesse qualcosa di importante sul padre, il suo unico parente, la immobilizzava.


Improvvisamente, entrambi furono svegliati da una suoneria datata.
Era il telefono di Frank.
Dopo aver visualizzato lo schermo, il ragazzo si alzò e rispose alla telefonata dopo aver annunciato un Torno subito, devo assolutamente rispondere e aver aggiunto un sorriso.
Uno di quelli che farebbe sciogliere chiunque. Anche un pupazzo di neve sotto una gelida tempesta.


Ed eccola lì, di nuovo sola su quel gelido muretto di pietra.
Ed eccolo ancora lì, l’anziano scrutatore. Cominciava ad aver paura. Un altro brivido le percorse la schiena.
Guardò l’amico. Sorrideva. Sembrava felice. Lei non lo era. Da troppo tempo si chiedeva cosa volesse dire essere felice.

“Cher, tra poco arriverà Anastasia. Finalmente le due ragazze più importanti della mia vita si incontreranno!” annunciò Frank con un enorme sorriso dopo esser tornato alla grande fontana.
“E’ la mia fidanzata” aggiunse in risposta allo sguardo interrogativo dell’amica.


In quel momento, l’anziano misterioso catturava la scena con una fotocamera.
Accanto a lui, una donna sorrideva soddisfatta.



Anno 2110 – Terra


Nel folto della boscaglia, la nuova navicella, una delle settecento di cui disponeva l’Arca, dominava lo spazio circostante. Niente di rotto, apparentemente. L’atterraggio pareva essere avvenuto senza problemi.
Con successo.
L’equipaggio si ricompose.
“Cosa dovremmo fare, ora?” chiese Jeremy mentre si liberava della spessa e ingombrante tuta.
“Per il momento avvertiamo l’Arca del nostro arrivo” rispose Lydia.
La ragazza scuoteva i lunghi capelli scuri, cercando di ricomporsi. “State tutti bene?” aggiunse agli altri tre compagni. “Qui tutto perfetto” rispose Stephen con un sorriso dal retro della navicella.
Anche gli altri annuirono.
Tutto era sotto controllo. La navicella era funzionate. La radio trasmittente, anche.
Ora rimaneva la perlustrazione del luogo. Non sapevano cosa aspettarsi.
“Chi vuole essere il primo a metter piede sulla Terra?” chiese divertito Stephen mentre tratteneva lo sguardo sulle curve mozzafiato del perfetto corpo di Lydia. Nonostante la grande tuta, riusciva ad immaginarsi tutto. Ma aveva immaginato anche quell’occhiata  di disapprovazione che la ragazza gli aveva rivolto!? Jeremy, dopo aver riferito tutte le ultime indicazioni all’Arca, aggiustò i suoi occhiali, movimento che attuava quando visibilmente agitato, e scrutò l’ambiente circostante dal piccolo oblò. Si era fatto giorno. Avevano dormito lì, avevano preferito addentrarsi nella grande terra con la luce a loro favore.
Il sole dominava la volta celeste, nessuna nuvola osava avvicinarglisi.

“Chi c’è lì!” un urlo risvegliò quella giocosa atmosfera.
Una voce poderosa, maschile.
“Chi c’è!” urlò di nuovo.
“Apri il portello, Jeremy!” ordinò Jace, che fino a quel momento si era occupato della manutenzione e di un generale controllo di precauzione dell’intero veicolo. 
Il ragazzo obbedì.
Jace, Jeremy, Lydia e Stephen fissarono la grande porta aprirsi dal basso verso l’alto.

Bellamy, Clarke, Finn, Jasper e Octavia li osservarono stupiti.
Erano apparentemente ragazzi della loro età, eccetto Jace, che sembrava avere più anni. Una trentina, probabilmente.

“Siete vivi” sussurrò Lydia, con le lacrime agli occhi, esternando il pensiero di tutti.
La visione della terra, dei cinque ragazzi, era stata di grande impatto.
Cominciarono a ridere. La terra era davvero abitabile.

Corsero verso i cinque ragazzi, mentre questi arretravano spaventati e scossi.
“Chi siete?” chiese in modo burbero Bellamy.
“Cosa volete?” aggiunse Clarke.
Si davano forza, l’un con l’altro. L’avevano sempre fatto senza rendersene conto.


 
“Scommetto che tu sia il leader” disse sfrontatamente Stephen a Bellamy, che giganteggiava in quel piccolo gruppetto di ragazzini.
“Siamo i cinque prescelti che dovranno perlustrare la terra e riferire se sia di nuovo abitabile” aggiunse Jace.
“Siete quattro, però…” disse Jasper dopo un breve silenzio.
Nessuno riusciva a fidarsi, infatti.

I quattro ragazzi si guardarono. Dov’era finita Eve?
La ragazza, sbucando dal fondo buio della navicella, superò i ragazzi e si fermò davanti a Bellamy.
“E’ davvero un piacere conoscerti, leader” disse ironicamente Eve.
Era spavalda. I suoi occhi scuri incrociarono quelli altrettanto scuri del ragazzo.
Non aveva intenzione di andarci piano con quei cinque ragazzini.
“Ora, ditemi dov’è Murphy” disse con un tono deciso e rude, mentre il suo volto si trovava a pochi centimetri da quello di Bellamy.
Il ragazzo la scrutò.
Capelli chiari, corpo perfetto, atteggiamento da prima donna.
I suoi occhi erano decisi.
Nessuno dei due aveva intenzione di allontanarsi. Era una provocazione e non avrebbero mollato.
“Dov’è Murphy?” urlò, in risposta allo sguardo minaccioso di Bellamy.
“Con chi abbiamo il piacere di parlare?” chiese arrogantemente Clarke, mentre cercava con gli occhi un disperato aiuto dagli altri quattro nuovi arrivati. Sperava che almeno loro l’avrebbero fermata.
Non lo fecero in realtà. Sapevano quanto fosse importante Murphy per lei.
Ed era il giusto atteggiamento che meritavano, dopo il loro triste benvenuto.
“Non ho intenzione di giustificarmi con te, ragazzina” rispose.
Lo sguardo ancora ancorato a quello di Bellamy. “Non è qui” disse lui.
“Allora portami da lui, ora” concluse Eve.
Si staccò dal ragazzo, lo oltrepassò e si avviò verso la folta foresta. Non si girò a controllare se qualcuno la stesse seguendo. Non ce n’era bisogno. Avrebbe trovato Murphy, con o senza di loro.
Era lì per lui.
  
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