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Autore: xstylesmilex    02/05/2014    1 recensioni
mi chiamo Giada e ho sempre amato scrivere anche perché di fantasia ne ho da vendere.
La vita di Jade non è affatto facile tra prese in giro, problemi con le compagne, amori complicati e strade intraprese che non la porteranno a un lieto fine. Ma se vuoi sapere di più, leggi la storia.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jade andiamo svegliati devi andare a scuola!
Si mamma, solo due minuti …
Ed è così che ricomincia un nuovo anno scolastico fatto di nuove delusione e nuovo dolore. La scuola, dopotutto, dovrebbe essere quel posto in cui puoi mandarti i bigliettini per discutere del ragazzo che la sera prima in discoteca ti aveva baciato e magari ti aveva anche lasciato il numero, invece di seguire una noiosa lezione di biologia; la scuola per le normali 15enni è stare a decine di minuti nel bagno per chiacchierare e raccontarsi i segreti tra migliori amiche, è fare piani per la sera o per il giorno dopo, è truccarsi davanti allo specchio di nascosto dai tuoi genitori e struccarti prima di tornare a casa, è guardare quel ragazzo che tanto ami e spettegolare su di lui, è ridere a crepapelle per una battuta fatta dal compagno di classe buffone; ma per me non è così, la mia vita a scuola non si avvicina neanche lontanamente a quella descritta qui. Io sono diversa dal resto delle 15enni, io amo Lana del Rey, che tutti considerano una depressa, io passo ore a leggere libri che parlano d’amore sperando di trovare la storia che faccia per me, io passo ore ed ore a casa,sotto le coperte, con il sacchetto dei pop-corn in mano a guardarmi un bel film,invece di uscire il sabato sera armata di tacchi,minigonna e soldi per le bevute; il mio accessorio preferito non sono i bracciali, le collane, gli orecchini, sono le cuffiette;  la mia migliore.. beh su di lei non posso dire niente perché nemmeno esiste. Durante il mio primo anno di liceo non sono riuscita a trovare una persona, che sia UNA, che riesca a capirmi e ad apprezzarmi nonostante la mia diversità; ma alla fine cosa importa? Il proverbio dice:”meglio soli che male accompagnati”, quindi non ho niente di cui preoccuparmi; chi ha inventato questo detto probabilmente avrà vissuto delle esperienze che l’hanno portato a questa conclusione, perciò non sono solo io quella strana, quella diversa.
E mentre sono immersa nei miei pensieri e nelle mie preoccupazione per l’incombenza inevitabile del primo giorno di scuola, il tempo passa e non mi sono ancora preparata, anzi, a dirla tutta non ho nemmeno fatto colazione. Scendo giù in cucina, di corsa, ancora in pigiama, mi siedo per dieci secondi a tavola (il tempo di bere una tazza di latte e ingurgitare una fetta di pane e nutella); appena finito di mangiare saluto mio fratello, Ashton,soprannominato da tutti Ash, che invece di sbrigarsi per non arrivare in ritardo se ne sta lì, sulla sedia della cucina tranquillo a guardare Dragon Ball a 17 anni.
Mentre mi stupisco del comportamento di mio fratello, risalgo le scale di corsa evitando di cadere. Mi fiondo in camera mia, scelgo le prime cose che trovo nell’armadio(una maglia dei Nirvana e un paio di jeans chiari), mi infilo ai piedi le mie Dottor Marten’s nere per correre in bagno a lavarmi i denti e truccarmi.
Alle 8:05 sono pronta, peccato che la campanella suoni alle 8:10. Corro nuovamente giù per le scale per dare velocemente un bacio a mia mamma e incamminarmi, o meglio per correre, verso scuola. L’unica cosa che mi consola è sapere che mio fratello arriverà tardi perché era più indietro di me, ma sfortunatamente e incomprensibilmente, lo trovo ad aspettarmi davanti alla porta con la cartella in spalla.
Andiamo zanzara?” dice ridendo; forse per la mia aria stupita nel vederlo lì, bello e pronto.
Ti ho detto che non devi chiamarmi zanzara!
Certo come vuoi, zanzarina, hahaha
È inutile che ti vanti della tua altezza con me stupido…” ma non mi fu permesso finire la frase visto che mamma, con un sonoro “SMETTETELA-E-FILATE-A-SCUOLA”, ci cacciò di casa a calci nel fondoschiena.
In quei pochi minuti di confusione mi ero totalmente scordata dove stavo per finire, chi stavo per rincontrare e cosa avrei dovuto sopportare per un altro anno intero. Mio fratello, non so come, parve notare nei miei occhi quel filo di paura e preoccupazione, quindi mi strinse a sé in un abbraccio sussurrandomi che se qualcuno avesse osato torcere un capello alla sua zanzara, li avrebbe sistemati lui a suon di pugni. Risi dolcemente a quella sua affermazione e mi incamminai verso scuola con il suo muscoloso braccio attorno alle mie spalle. Volevo troppo bene a mio fratello.

  
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