Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
Segui la storia  |       
Autore: ourlifesavers    03/05/2014    6 recensioni
Fuoco, fiamme scoppiettanti e fumo avvolgevano ormai completamente quella casa.
Il luogo appariva deserto, se non fosse stato per i quattro ragazzi che ammiravano soddisfatti il tetro spettacolo davanti ai loro occhi.
Erano certi che nessuno, eccetto loro, avesse assistito a quella scena, ma due occhi spaventati avevano visto tutto.
---------------------------------
Jiley fanfiction.
Scritta a quattro mani da: jileyheart e Neverlethimgo
'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.'
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Justin Bieber, Miley Cyrus
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic

 

Capitolo 17

 

Alexis
 

Aggrottai le sopracciglia, vagamente confusa sulla piega che quel discorso stava prendendo. Mi grattai distrattamente il mento, prima di scostarmi una ciocca di capelli dalla guancia e vidi notai Justin seguire con lo sguardo quel gesto, tanto che per un momento distolsi lo sguardo, quasi sentendomi in imbarazzo.
Mi schiarii lievemente la voce, «non capisco cosa tu stia dicendo Justin, sul serio.» mormorai.
Sospirò e poggiò entrambe la mani sulla spalliera del divano, avvicinandosi appena, «non dirmi che ti sei già dimenticata della nostra promessa.» abbozzò leggermente un sorriso.
Mi trattenni dal ridere, ma davvero non avevo idea di quello a cui si stava riferendo. Nonostante la scena potesse sembrare comica dal mio punto di vista, colsi una vena di delusione sul viso di Justin, il quale aggrottò lievemente le sopracciglia, «okay, magari non era una vera e propria promessa, ma la sera in cui siamo rimasti bloccati nel centro commerciale, ti ho detto che se mai un giorno fossimo andati in campeggio insieme, ti avrei insegnato a pescare.» aggiunse velocemente.
Come se fossi tornata indietro di qualche settimana, tutto tornò alla memoria e sentii quasi un'ondata di nervosismo percorrermi.
Trasalii appena, «ma noi non dobbiamo andare in campeggio insieme.» mormorai, sentendomi addirittura in imbarazzo.
Justin curvò le labbra in modo che il sorriso divenne quasi un ghigno, che non esitò a farmi avvampare, «beh, non ancora. Se te lo chiedessi, cosa mi risponderesti?» chiese con quella che sembrava nient'altro che una domanda retorica.
Aprii la bocca per rispondere, senza nemmeno pensarci, ma tutto quello che uscì fu un misero: «non lo so.»
Justin alzò gli occhi al cielo e fece il giro del divano, fino a fermarsi esattamente di fronte a me, così fui costretta e voltarmi verso di lui per non dargli le spalle. Si piegò sulle gambe e posò entrambe le mani sul divano, ai lati delle mie ginocchia per sostenersi e non perdere l'equilibrio. Aggrottai le sopracciglia, «Alexis, verresti in campeggio con me?» domandò con un filo di voce, «prometto che ti insegnerò a pescare e farò in modo che non sia così noioso come sembra e, cosa più importante, prometto che non ci saranno orsi.» aggiunse con un sorriso.
A quelle parole non potei evitare di sorridere a mia volta. Lo fissai per qualche istante, combattuta se accettare o no. Mi piaceva passare del tempo con Justin, ma Logan era costantemente nei miei pensieri, nonostante tutto.
Piegò leggermente la testa di lato, aspettandosi una risposta e in quel preciso momento la voce nella mia testa gridò “Logan è fuori città e ha detto chiaramente che prima di una settimana non tornerà”.
«Niente orsi?» mormorai.
Justin sorrise e scosse la testa, «niente orsi, promesso.» affermò.
Chiusi gli occhi un istante, prendendo un respiro profondo prima di annuire lievemente, «d'accordo.» risposi infine.
Quando riaprii gli occhi, Justin stava sorridendo come mai gli avevo visto fare da quando lo conoscevo. Si alzò in piedi così velocemente che sobbalzai appena, «passo a prenderti domani mattina allora.» disse, facendo nuovamente il giro del divano, dirigendosi alla porta per potersene andare. Toccò appena la maniglia della porta, in modo da aprirla, ma mi alzai velocemente da divano per raggiungerlo e lo fermai, prendendolo per un braccio, «aspetta, cosa? Domani mattina?» ripetei, aggrottando le sopracciglia e scuotendo appena la testa. Justin si strinse nelle spalle e si limitò ad annuire, «ma non so nulla, non so cosa portare, non so dove andremo, io-»
«Porta te stessa, andrà benissimo così.» sorrise, aprendo appena la porta e uscendo fuori, diretto verso la sua auto. Feci per fermarlo di nuovo, ma fu più veloce di me, «domani mattina alle sette sarò qui. Non fare tardi, chi dorme non piglia pesci!» sogghignò, facendomi un cenno con la mano e congedandosi. Salì in macchina e nel giro di un secondo, mise in moto e sparì, lasciandomi sulla soglia di casa con un'espressione inebetita.
Tornai dentro e mi sedetti sul divano, chiudendo gli occhi e pensando in quale disastro mi ero infilata.
Una manciata di minuti più tardi, l'auto di mia madre irruppe nel vialetto, distogliendomi dai miei pensieri – riguardanti soprattutto un possibile attacco da parte di qualche orso.
Entrò in casa e lasciò cadere la borsa sul tavolino all'ingresso, sbadigliando rumorosamente e stiracchiando le braccia sopra la testa prima di accorgersi di me, «oh, sei ancora sveglia?» domandò aggrottando le sopracciglia.
Annuii, alzandomi dal divano, «sì.» risposi. Anche se non credo che dormirò molto.
Mia madre sbadigliò nuovamente, «io sono esausta. Ci vediamo domani tesoro, buonanotte.» mormorò, avviandosi verso il corridoio, ma la fermai, seguendola e fermandola per il braccio, «aspetta, devo dirti una cosa.»
Un altro sbadiglio, «adesso? Non puoi aspettare fino a domattina?» domandò, sciogliendosi la cosa di cavallo.
Mi morsi il labbro e scossi la testa, «no, è meglio che te lo dica adesso.» risposi, al che si insospettì e sembrò svegliarsi leggermente. Mi fece cenno di poter continuare, «Justin – non so se ti ricordi di lui – ha avuto la brillante idea di andare in campeggio e mi ha chiesto se voglio andare con lui e-»
«Tu, in campeggio?» domandò con tono quasi divertito. Mi strinsi nelle spalle, realizzando che forse aveva pienamente ragione ad usare quel tono così sorpreso e poco convinto, seppure divertito, «pagherei per vederti, ma d'accordo, va' pure. Stai solo attenta, d'accordo? E ora ti prego, lasciami andare a dormire tesoro, buonanotte.» mormorò velocemente, aprendo la porta e chiudendola il secondo dopo per evitare che potessi dire altro.
Sbuffai e mi affrettai a spegnere la luce del salotto prima si salire le scale e chiudermi in camera mia.
Mi sedetti a gambe incrociante al centro del letto e reclinai la testa, fissando il soffitto per alcuni minuti, senza sapere cosa fare. Ripensai al Justin e al suo “porta te stessa” e mi ero quasi convinta a coricarmi, ma la vibrazione del telefono, rimasto sul comodino, mi fece trasalire.
Il nome di Logan lampeggiò sullo schermo, così sfiorai il tasto di risposta con l'indice, «pronto?» mormorai appena, per paura che, nonostante la distanza e il sonno, mia madre potesse sentirmi.
«Ciao.» rispose Logan dall'altra parte, con il suo solito accento inglese, che avevo imparato a riconoscere oramai.
Sorrisi appena, «credevo ti fossi dimenticato di me.» scherzai, indietreggiando, fino a poggiare la schiena alla testiera del letto.
Lo sentii sorridere dall'altro capo del telefono, «non potrei mai dimenticarmi di te, Alexis.» replicò e, involontariamente, avvampai, sentendo le guance in fiamme. Aveva la capacità di farmi arrossire anche con la frase più semplice.
«Dove sei?» domandai, sedendomi ancora più comodamente e allungando poi una mano per accendere la piccola luce sul comodino, alla destra del letto.
Si schiarì leggermente la voce, così aggrottai le sopracciglia, «non te lo posso dire.» rispose, abbassando notevolmente il tono di voce.
Inclinai appena la testa di lato, «perché non me lo puoi dire?» ribattei velocemente, sentendo delle voci farsi sempre più vicine, così tesi l'orecchio cercando di capire cosa dicessero, ma non ci riuscii, colsi solo qualche parola che, da sola, non aveva nessun senso.
«Perché de-» ma qualcuno chiamò il suo nome dall'altro capo del telefono, così si interruppe, lasciando la frase a metà, «devo andare ora. Ti chiamo appena possibile, mi dispiace.» e riagganciò, senza nemmeno il tempo di poter dire qualcosa o di poterlo salutare. Sapevo che non avrebbe richiamato. Sbuffai e spensi il telefono, dopo aver impostato la sveglia. Non avrei preso sonno, con il pensiero del giorno dopo, ma provai lo stesso a rilassarmi.
Spensi la luce, rimanendo completamente al buio e chiusi gli occhi, ma invano. Mi girai sul fianco, stringendo il cuscino, ma nemmeno così funzionò, così fissai il soffitto per un po'. Probabilmente mi addormentai perché, dopo quelli che sembrarono secondi, la fastidiosissima suoneria della sveglia mi fece trasalire, strappandomi al sonno – tutt'altro che ristoratore. Allungai una mano e sfiorai lo schermo del telefono, in modo che quell'orrendo suono cessasse al momento. L'ora sul display segnalava le sei e quaranta. Avevo sì e no venti minuti prima che Justin arrivasse e da quanto avevo avuto modo di conoscerlo, era una persona piuttosto puntuale.
Mi alzai velocemente dal letto, diretta in bagno per poter fare una doccia. Ci impiegai più tempo del previsto perché quando tornai in camera, mancavano appena cinque minuti alle sette.
Legai i capelli ancora umidi in una treccia scomposta e tirai fuori uno dei borsoni che avevo usato per il trasloco. Presi dall'armadio i primi indumenti che mi capitarono sotto mano e chiusi il tutto, infilando il cellulare in tasca e scendendo poi le scale, stando attenta a non fare troppo rumore e svegliare mia madre.
Come posai il borsone sul pavimento, il suono di un clacson, a pochi metri di distanza, suonò, facendomi sobbalzare e mentalmente imprecai, aprendo la porta, prima di chiudermela alle spalle e dare due giri di chiave. Justin scese dall'auto e si appoggiò alla portiera di essa, aspettando che lo raggiungessi.
«Sei fastidiosamente puntuale, te l'hanno mai detto?» borbottai, dandogli una leggera spinta sul braccio.
Tutto quello che fece fu stringersi nelle spalle e indicare con il mento il baule, «mettilo pure lì dietro.» mormorò, prima di salire in auto di nuovo. Alzai gli occhi al cielo, ma feci ciò che mi aveva appena detto, prima di fare il giro e salire al posto del passeggero.
«Non ho avuto nemmeno tempo di fare colazione, perché dobbiamo andare via così presto? – E no, risparmiati la pessima battuta del “chi dorme non piglia pesci”.» alzai leggermente la voce dopo che notai che si stava preparando a rispondere. Sbuffò appena, ma sorrise, allungando una mano nei sedili posteriori, prima di allungare verso di me un sacchetto di carta. Lo guardai scettica per un momento, ma il profumo di caffè mi impedì di poter borbottare altro.
«Grazie.» mi limitai a mormorare. Justin annuì e mise in moto la macchina, mentre estrassi uno dei due bicchieri di caffè dal sacchetto, stando bene attenta a non rovesciarlo in giro.
Si immise sulla strada principale e accese la radio, mantenendo il volume piuttosto basso, quasi come un sottofondo.
«Non mi piace perdere tempo.» disse poi, interrompendo quel breve momento di silenzio. Lo guardai per un momento confusa prima di capire che era solamente la risposta alla mia domanda di poco fa.
Scossi appena la testa e mi voltai verso il finestrino, giusto in tempo per vederlo imboccare una strada davvero poco trafficata. Sospirai, quando mi accorsi che mi stava tendendo la mano. Incrociai il suo sguardo per un secondo, «quello non era solo per te.» sogghignò, facendo un cenno con la testa verso il sacchetto che avevo poggiato sulle gambe.
Scoppiai a ridere e gli porsi l'altro bicchiere. C'erano anche due muffin, «quale dei due preferisci?» domandai.
Justin si strinse nelle spalle, «scegli tu.» rispose, tenendo gli occhi sulla strada e aumentando notevolmente la velocità. Infilai la mano nel sacchetto e presi il primo che riuscii ad agguantare e glielo porsi. Allungò nuovamente la mano, «mmh, preferivo il cioccolato.» borbottò, dandogli poi un morso.
«Justin!» esclamai, colpendolo sul braccio. Scoppiò a ridere e poggiò il muffin tra le ginocchia, in modo da non farlo cadere, per poter svoltare a sinistra, tanto bruscamente che quasi rischiai di rovesciare il caffè, «scherzavo. Non mi piace il cioccolato.» mormorò, facendomi poi l'occhiolino, tanto da farmi arrossire.
Scossi appena la testa e mi sedetti comodamente sul sedile, prendendo un pezzo di muffin e bevendo un altro sorso di caffè, fino a che non fu del tutto finito. Continuai a guardare fuori dal finestrino, non avendo idea di dove stessimo andando e, forse, era meglio così.
«Sembra che tu non veda l'ora di uscire dalla città.» mormorai, quasi a me stessa che direttamente a lui.
Notai un guizzo sulla sua guancia, segno che la conversazione non stava prendendo una piega a lui piacevole, «già, sembra proprio così.» ribatté scocciato.
Aggrottai le sopracciglia e mi voltai completamente verso di lui, spostando la cintura di sicurezza, in modo che non mi desse fastidio sul collo, «mi dirai perché te ne sei andato per oltre una settimana senza avermi avvisato?» domandai, anche se potevo immaginare la sua risposta.
Justin si strinse nelle spalle, «è così importante?» ribatté, voltandosi appena e incrociando il mio sguardo, prima di svoltare un paio di volte a sinistra e fermare definitivamente l'auto in mezzo a quello che, apparentemente, sembrava essere il nulla più totale.
Mi limitai a scuotere la testa e lo vidi sganciare la cintura di sicurezza, prima di scendere dall'auto. Immediatamente feci lo stesso, affiancandolo mentre cominciava a tirare giù alcune cose dal baule, compreso il mio borsone.
Mi guardai intorno per qualche secondo e deglutii, «non verrà nessuno? Voglio dire, ci sarà altra gente poi o saremo completamente isolati?» domandai, sentendomi leggermente più agitata di quanto già non fossi.
Justin si limitò a sorridere, «è ancora presto, ma è una bella giornata, arriverà altra gente.»  rispose, iniziando a camminare, «nel frattempo, possiamo scegliere il posto migliore.» aggiunse.
Lo seguii in silenzio, prima che si fermasse accanto ad un albero piuttosto imponente. Lasciò cadere per terra ciò che teneva in mano e stiracchiò le braccia sopra la testa.
Lo guardai stranita e poggiai il borsone a terra. Justin scosse la testa, accennando un sorriso, «è qui che mio padre e io venivamo sempre ed è per questo che tendo a venire così presto. Non voglio che altri lo occupino.» disse, a mo' di spiegazione.  Mi morsi il labbro e annuii, senza sapere che cosa poter dire o aggiungere.
 
 

Justin

 
 
 
Non avevo idea del perché avesse accettato di unirsi a me in quella gita fuori porta, fatto sta che mi sentivo davvero bene lì con lei. Temevo – e ne ero abbastanza certo – che nei suoi pensieri ci fosse ancora quel bastardo di Logan, ma scossi la testa, cercando di dimenticarmene.
«Allora che si fa?» domandò, portando entrambe le braccia verso l’alto, stiracchiandosi.
Prima ancora di risponderle, afferrai da terra le due canne da pesca e tutto l’occorrente che la sera prima avevo preparato all’interno di uno zainetto.
«Seguimi.» abbozzai un sorriso e mi diressi verso una piccola altura a pochi metri da noi. Con la coda dell’occhio seguii i suoi movimenti: il suo sguardo era posato sulla superficie piatta del lago, camminava a passo lento e con le mani in tasca e mi diede l’impressione che fosse assorta in pensieri che, molto probabilmente, avrei preferito non conoscere.
Non appena raggiungemmo il punto più alto, mi voltai verso di lei e le porsi la canna. Mi guardò leggermente perplessa e, titubante, l’afferrò, «che dovrei farci?» domandò e non potei evitare di scoppiare a ridere.
«Fai esattamente quello che faccio io.» risposi. Tirai fuori dallo zainetto una piccola scatola in plastica, contenenti le esche, la aprii e, dopo avergliela mostrata, l’attorcigliai attorno all’amo.
La vidi arricciare le labbra ed assumere un’espressione alquanto schifata, «questo però lo fai tu, vero?» domandò preoccupata, ma scossi il capo, senza riuscire a togliermi il sorriso dalle labbra.
«Non prenderò in mano quell’essere ripugnante.» sbottò, indietreggiando di un passo.
«È soltanto un verme.» replicai, avvicinando la scatola a lei ed ecco che indietreggiò di nuovo.
«Che schifo, non osare!» urlò, lasciando quasi cadere la canna da pesca. Sbuffai e posai la mia canna a terra, facendole segno di passarmi la sua, «grazie.» disse soddisfatta. Ripetei quell’operazione ancora una volta e gliela ripassai.
«Ora devi fare in modo che l’amo raggiunga il punto più lontano, per cui spero che tu abbia almeno un po’ di forza nelle braccia.» sebbene non lo facessi con cattiveria, mi divertivo a prenderla in giro e, a differenza dell’ultima volta in cui avevamo passato un po’ di tempo insieme, mi sembrava decisamente meno acida e meno restia a starmi vicino.
«Oh, certo, faccio sollevamento pesi tutti i giorni.» mi fulminò con lo sguardo, ma scoppiò a ridere subito dopo.
«Almeno provaci.» ridacchiai, fissandola.
Sbuffò e, sorpassandomi, raggiunse il bordo di quella collinetta, portò entrambe le braccia dietro la testa e, subito dopo, le stese in avanti con  un rapido movimento. Tuttavia, l’amo non fece molta strada e si fermò solo a cinque metri da noi. La vidi arricciare le labbra delusa, per poi voltare il capo verso di me e dedicarmi un’occhiata di sufficienza, «un lancio da maestro!» esclamò retorica.
Risi di nuovo e questa volta fui io a lanciare. Il ronzio del filo riempì l’aria per qualche istante fino a che non vidi l’amo fermarsi quasi al centro del lago.
«Hai deciso di portarmi qui solo per umiliarmi?» dal suo tono di voce sembrava divertita, ma tentò comunque di mantenere un’espressione seria. Mi strinsi nelle spalle e le sorrisi, accorgendomi solo in quel momento di non aver fatto altro da quando eravamo partiti.
Poggiammo entrambe le canne a terra, impiantandole per bene nel terreno, e prima ancora che potessi sedermi sull’erba, udii nuovamente la sua voce.
«Quanto tempo dobbiamo aspettare?» domandò, incrociando le braccia al petto e guardando le canne da pesca.
Mi aspettavo una domanda del genere: la prima volta che andai a pescare, ricordo di aver chiesto la stessa identica cosa a mio padre almeno dieci volte nell’arco di mezz’ora.
«Potrebbe volerci tutta la giornata.» risposi atono, riportando la mia attenzione verso il lago, ma con la coda dell’occhio la vidi dischiudere le labbra, sorpresa.
Infine sbuffò e si sedette accanto a me, sfiorandomi la gamba con la sua prima di attirarle al petto.
Voltai di poco il capo, quanto bastava per riuscire a guardarla, ma senza che se ne accorgesse. I suoi occhi, azzurri come il cielo, riflettevano persino le nuvole ed il brillantino sul naso catturava anche il più piccolo spiraglio di sole non appena effettuava un movimento. Tutto d’un tratto la vidi assottigliare lo sguardo e si voltò di scatto verso di me, incrociando così i miei occhi. Sobbalzai appena, ma non sembrava essersi accorta che la stavo fissando.
«Che succede adesso?» domandò ed aggrottai la fronte senza capire, «quella cosa si sta muovendo.» rispose e seguii la traiettoria del suo sguardo, fino a posarlo sulla sua canna, la quale stava visibilmente oscillando.
«Hai preso qualcosa.» mormorai sorpreso, forse più di lei. Scattai in piedi e lei mi seguì, «tiralo su.» la incitai ed afferrò con entrambe le mani l’impugnatura della canna, ma era visibilmente troppo pesante per lei, così l’aiutai. Le circondai la vita con le braccia e poggiai le mani vicino alle sue, tirando con quanta più forza potei. Con uno strattone, seguito da un veloce riavvolgimento del filo, estraemmo dall’acqua non uno, ma due enormi pesci. Finirono al suolo accanto a noi e li liberai dall’amo, lasciandogli la possibilità di muoversi goffamente per gli ultimi secondi di vita.
«Posso ributtarli in acqua?» mi domandò, arricciando le labbra ed assumendo uno sguardo triste. Sbarrai gli occhi, «è solo che mi dispiace vederli annaspare così per sopravvivere.» aggiunse, stringendosi appena nelle spalle.
Scossi il capo e, dopo aver recuperato da terra un bastone abbastanza robusto, le dissi: «voltati.»
«Perché?» domandò, curiosa e preoccupata nello stesso momento.
«Fallo e basta.» ribattei. Alzò gli occhi al cielo, ma fece come le avevo chiesto e mi affrettai a colpire quei due pesci, mettendo finalmente fine alle loro sofferenze.
«Posso voltarmi adesso?» domandò con tono scocciato.
«Certo.» risposi.
Abbassò lo sguardo verso i due pesci, per poi riportarlo immediatamente su di me, «d’accordo, non voglio saperlo, ma è stato un bene che io non abbia guardato.» mormorò poi, alzando le mani in segno di resa.
 
Passammo il resto della giornata senza spostarci da lì, mangiammo ciò che avevo preparato la sera prima e parlammo parecchio. Nessuno dei due prese più alcun pesce e per ben due volte puntualizzò il fatto che lei, nonostante fosse la prima volta, aveva saputo fare meglio di me. Quando il sole era ormai prossimo a tramontare, montammo la tenda ed accendemmo il fuoco davanti ad essa.
Senza che quasi me ne accorgessi, il blu s’impossessò del cielo, smorzato soltanto dal chiarore di alcune stelle. Alexis era seduta proprio davanti all’ingresso della tenda, il fuoco scoppiettava davanti al suo viso, creando uno strano gioco di luci ed ombre. La quiete regnava sovrana, per cui sussultai lievemente non appena sentii il suono della sua voce.
«Mi sono divertita oggi.» mormorò, sorridendomi. Era ancor più bella quando sorrideva e, istintivamente, curvai anche io le labbra verso l’alto.
«Anche io.» ammisi, apparendo tranquillo, ma dentro mi sentii avvampare. C’erano pochissime persone sulla riva del lago, ma erano lontane da dove ci trovavamo noi. Ciò non fece altro che aumentare la voglia che avevo di stringerla tra le braccia, di baciarle le labbra, di averla finalmente mia.
«E poi, ammettiamolo, sono anche stata più brava di te, dal momento in cui tu non hai preso nulla.» sbottò divertita, assumendo un’espressione di superiorità.
«Ti direi che sei stata un disastro e che, se non fosse stato per me, non avresti preso nulla. Ma, essendo la tua prima volta, proverò ad apprezzare.» ridacchiai, ricevendo in tutta risposta un’occhiataccia da parte sua.
«Sei sempre molto gentile.» ribatté ironica.
«Sto scherzando.» le dissi poi.
 
Un’improvvisa folata di vento mi fece rabbrividire e mi avvicinai maggiormente al fuoco. Ero di fronte a lei – volutamente. Se fossi stato accanto a lei, non so quanto tempo avrei potuto resistere.
«Sta iniziando a fare freddo, vieni qui.» mormorò, spostandosi di poco e lasciandomi così un po’ di spazio accanto a sé.
Contrassi la mascella, sapendo che il mio piano era ormai rovinato, ma mi alzai, feci il giro e l’affiancai, commettendo l’errore di incrociare il suo sguardo. Le sue iridi riflettevano le fiamme del fuoco e le sue gote sembravano esser diventate leggermente più rosee, ma forse era per via di quel gioco di luci.
«So che non sono affari miei, ma se fossi in te non mi fiderei di uno come Logan.» mi azzardai a dirle, abbassando poi lo sguardo.
«Non posso darti torto del tutto, ultimamente si comporta in modo strano, quasi come se volesse evitarmi, ma non capisco il perché.» ribatté, volgendo l’attenzione sulla sua mano, posata accanto alla mia, «ma ora non ha importanza. Non voglio pensare a lui visto che non ha esitato a lasciarmi da sola senza neanche una minima spiegazione. E poi sono qui con te.» aggiunse poi e sollevai di scatto lo sguardo, incrociando nuovamente il suo.
Trascorsero altri interminabili secondi in cui mi persi totalmente a guardarla negli occhi, abbassando solo di tanto in tanto l’attenzione sulle sue labbra. Quando sentii la sua mano sfiorare la mia, mi sporsi di poco in avanti e le mie labbra sfiorarono le sue. Socchiusi gli occhi e lei fece lo stesso, dandomi la possibilità d’intensificare quel bacio e renderlo finalmente verso. Posai una mano sul suo viso, attirandola maggiormente a me. Sentii poi le sue dita sfiorarmi il collo ed in seguito insidiarsi tra i capelli.
Man mano che quel bacio prendeva vita, allacciò entrambe le braccia dietro al mio collo. Feci scendere le mani suoi suoi fianchi, intimandola ad indietreggiare e così fece, fino a che la sentii abbassarsi e sdraiarsi quasi completamente sul fondo della tenda. Sovrapposi il mio corpo al suo, reggendomi con le braccia posate ai lati del suo viso. Poco dopo mi allontanai solo per riprendere fiato e notai che mi stava guardando. Le sue labbra erano socchiuse, ma gli occhi sembravano scrutare ogni mio particolare. Il respiro pesante la costringeva ad abbassare ed alzare visibilmente il petto e non potei evitare di posare lo sguardo sul suo seno, ma fu solo per un attimo.
Non ero pienamente in grado di realizzare ciò che stava accadendo, ero certo solo del fatto che non avrei resistito ad aspettare ancora. Non avevamo mai passato un’intera giornata senza litigare, o lanciarci frecciatine, era accaduto soltanto oggi e dal suo sguardo capii – o forse sperai – che ciò che desiderava fosse la stessa cosa che volevo io. Non si azzardò a proferire parola e, man mano che il tempo passava, sentivo il battito del cuore accelerare, tanto che non fui l’unico a sentirlo.
«Non mi era ancora successo di sentire così distintamente il battito cardiaco di qualcuno.» mormorò, con le guance leggermente rosse.
«Ah no?» sussurrai, realizzando solo in quel momento di avere la voce spezzata. Scosse il capo e mi attirò nuovamente a sé, facendo combaciare le nostre labbra e dando così vita ad un altro bacio. Sentii le sue mani scorrere lungo la schiena, fino a raggiungere l’orlo della maglietta. Lo sollevò quanto bastò per farmi intuire che avrei dovuto liberarmene al più presto, e non esitai ad accontentarla. Ribaltò le posizioni e mi presi la possibilità di fare lo stesso con lei. Le sfiorai volutamente la vita, entrando a contatto con il calore della sua pelle, e la guardai negli occhi di nuovo. Si spostò i capelli da un lato e si abbassò nuovamente per baciarmi, sdraiandosi completamente sopra di me. Il suo corpo era sovrapposto perfettamente al mio e si scostò soltanto per permettere ad entrambi di liberarsi dei pantaloni. Ora che eravamo coperti solo dagli indumenti intimi, il freddo si fece sentire maggiormente, ma lo ignorai, beandomi completamente del lieve calore che il suo corpo trasmetteva al mio. Con un rapido movimento le slacciai il reggiseno, facendola sussultare lievemente. Si staccò da me, guardandomi negli occhi, e mi ritrovai a chiederle il permesso solo utilizzando lo sguardo. Annuì appena, sollevando in modo quasi impercettibile gli angoli della bocca.
Non esitammo un solo istante di più a privarci anche degli ultimi indumenti rimasti e ribaltai nuovamente le posizioni, prendendomi quanto più tempo potei per guardarla. Passai in rassegna quasi ogni centimetro del suo corpo e lei fece lo stesso. Sentivo il suo sguardo addosso, non sembrava avere alcuna intenzione di scostarlo, ma la lasciai fare, fino a che non mi fiondai nuovamente sulle sue labbra e, quasi prendendola alla sprovvista, entrai in lei. Sin da subito seguì i miei movimenti ed ebbi la sensazione che tutto intorno a noi si fosse fermato. Tutto ciò che udii fu il suono dei nostri respiri spezzati, accompagnati dagli ansimi e da alcuni gemiti soffocati. Chiusi gli occhi, facendo nuovamente mie le sue labbra e raggiunsi il culmine, stringendo saldamente la sua mano nella mia.





 




Ci sono anche io :)


Siamo terribilmente in ritardo, è vero - forse un po' meno dell'ultima volta, ma abbiamo comunque fatto passare molto tempo. Quindi per questo ci scusiamo, è vero anche che però l'interesse da parte vostra è diminuito, tanto, e questo ci motiva un po' meno ad aggiornare.
Ora, noi sappiamo che non è il massimo della vita dover aspettare così tanto per un capitolo, però è anche vero che entrambe abbiamo ben due storie a testa da portare avanti oltre a questa e che i vari impegni ci costringono a non concentrarci come vorremmo ed essere celeri negli aggiornamenti.
Ne abbiamo parlato ed entrambe cercheremo di fare del nostro meglio per velocizzare il tutto, però vorremmo vedere da parte vostra un po' d'interesse in più, anche perché se scrivessimo per noi stesse, non ci sarebbe nemmeno bisogno di aggiornare costantemente la storia, no?
Visto e considerato che questo capitolo è decisamente più lungo e corposo degli altri, ci aspettiamo (o perlomeno speriamo) di ricevere qualche commento (negativo o positivo che sia) da parte vostra.
Detto ciò, speriamo che vi sia piaciuto!


Ringraziamo chi ha recensito e chi segue questa storia ♥

Un bacione,
Giulia e Federica.

Per sapere quando aggiorniamo, seguiteci su twitter: Giulia (@Belieber4Choice) Federica (@breathinjiley)
Vi lasciamo anche ask per qualsiasi cosa: Giulia e Federica.

 

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber / Vai alla pagina dell'autore: ourlifesavers