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Autore: D a k o t a    03/05/2014    12 recensioni
Incentrata su nessuna ship, solo sull'amore di un padre per sua figlia, molto fluff, dunque. Ovviamente sto parlando di Klaus, e.. chi ha letto "Who is the woman in the picture?", ha una vaga idea del temperamento di Rachel, la bambina, che nella fanfiction ha già otto anni, e che identifico come la figlia di Klaus.
[Fluff!Come in tutto ciò che scrivo]
"In quei momenti lo assaliva la consapevolezza di non meritare quella bambina, e lo uccideva il dubbio che potesse pensare di non essere degna del suo amore.
Perché Klaus sapeva che non era Rachel a non essere degna di lui , ma era lui a non meritarla.
Guardò Cappuccetto Rosso, La Bella e La Bestia, La Sirenetta.
Lui non avrebbe mai potuto essere nient’altro che l’antagonista che animava e seminava discordia nelle sue fiabe. Il cattivo.
Il mostro.
In fondo, c’erano cose che Elijah non sapeva, ma c’erano cose che nemmeno Klaus sapeva.
Elijah non gli aveva mai raccontato quanto Rachel desiderasse un lieto fine e una seconda possibilità, anche per il lupo cattivo."
[Vincitore del "Premio Fluff" al contest "I miei gusti e le vostre storie" di Fefy_07]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3
Klaus si fermò quella mattina  davanti al letto della figlia, prima di svegliarla. Si bloccò, dopo aver appoggiato il vassoio con la colazione sul suo comodino. Ne vide i riccioli ribelli e color miele sparpagliati sul cuscino che un raggio del sole che filtrava dalla finestra faceva sembrare dorati. Era bellissima e non poteva fare a meno di pensare come tanto male potesse aver generato quella creaturina così pura. Le accarezzò la guancia come se fosse una bambola di porcellana, come se bastasse il suo tocco a romperla, a rovinarla. E fu proprio in quel momento che  la bambina aprì i suoi grandi occhi blu.
“Ciao, papà!”
Rachel gli regalò un sorriso raggiante. Era così felice di averlo trovato lì al risveglio, che si ritrovò a stringerlo forte e a schioccargli un bacio sulla guancia, ancor prima di pensarci. Si scontrò contro la barba dell’Ibrido, che la solleticò. Le scappò una risatina, mentre si sistemava sul letto.
“Buongiorno, tesoro”
Una strana sensazione aveva irradiato Klaus, quando Rachel si era avvicinata.
Uno strano senso di calore.
Non ricordava l’ultima volta che qualcuno l’aveva abbracciato con quell’intensità, con quel vigore, con quell’amore. Non ricordava nemmeno se qualcuno l’avesse mai fatto, fin da quando era bambino.
Sapeva però che era una delle più belle sensazioni che avesse provato.
Una carezza lenitiva per la sua anima scura, antica, tormentata.
Era ancora avvolto in quella strana sensazione di torpore, quando Rachel parlò di nuovo.
“Cosa ci fai qui?”
Aveva sentito la carezza delicata di Klaus che la credeva addormentata ed era felicissima di quel semplice gesto dal valore inestimabile. Sapeva, aveva capito che lui non era il tipo da grandi slanci d’affetto, ma il fatto che piano piano si lasciasse andare, non poteva non  farla sentire appagata.
“Ti ho portato la colazione”
Lei si tirò a sedere, sporgendosi in modo goffo  verso il comodino, dove era appoggiato il vassoio. Klaus sorrise di quel suo essere un po’ impacciata, senza dire nulla. Quel silenzio, però servì solo ad insidiare nuovi dubbi nella testa di quella bambina forte come un leoncino, ma fragile come una farfalla. Addentò il cornetto al cioccolato, prima di parlare.
“Ti dà fastidio quando ti abbraccio?”
In quel momento, fu la rabbia il sentimento che prevalse in Klaus, seguito a un grande senso di sconforto.
Era arrabbiato, ma non con Rachel.
Era arrabbiato con sé stesso perché glielo stava lasciando credere, turbando la sua sensibilità.
Le accarezzò il dorso della mano con la stessa cautela di prima, e la guardò negli occhi con fervore.
“Smettila di fare così, tu non dai fastidio a nessuno, tanto meno a me. Sono solo sorpreso.”
Si strinse le spalle ed era sinceramente emozionato. L’ascendente cha aveva quella bambina su di lui, lo impressionava. Con lei,  il muro e le barriere non funzionavano. Lei lo spingeva  a riflettere,  a mettersi in gioco, a sentirsi umani come lei, ed  era bello. Anche se non l’avrebbe ammesso mai. Rachel invece era felice di non averlo innervosito e pensò che se gli era piaciuto, l’avrebbe abbracciato più spesso.
“Che fiaba leggiamo oggi?
Klaus sorrise.
“Non leggiamo, tesoro. Adesso ti prepari, e poi andiamo nel mio studio.”
Andiamo era una parola che a Rachel piaceva molto. Implicava un plurale, e  in quel determinato caso il plurale indicava lei e il suo papà. Quindi non poteva essere più bella. Però da una parte Elijah voleva che continuasse a leggere e lei non voleva contrariarlo.
“Zio Elijah vuole che io continui a leggere anche quando non c’è.”
Klaus era felice del modo in cui obbediva e seguiva ciò che le aveva detto, ma non aveva nessun’ intenzione di desistere e di cambiare ciò che aveva programmato. Del resto, quella perseveranza che caratterizzava Rachel non poteva essere tutta di Hayley e sapeva che non avrebbe  desistito fino a quando non l’avrebbe accontentata. C’era bisogno di un piccolo compromesso.
“Leggeremo stasera”
Rachel annuì felice, mentre la sua mente vagava alla ricerca di una fiaba da leggere. Ma prima c’era una nuova domanda, sicuramente più semplice da rispondere di quelle complicate che la bambina era solita porre all’Ibrido.
“Cosa ci andiamo a fare nel tuo studio?”
Klaus sorrise. Ciò che aveva in programma era semplice ma allo stesso tempo singolare, sicuramente intimo. Si trattava di mettere in pratica insieme quella passione che li univa, anche quando non erano insieme, anche quando - fissato e paranoico come non mai - la teneva alla larga. Dipingere era sempre stato per lui un mezzo di sfogo, ma da quando Rachel era nata era anche un ambiguo modo per sentirla vicina.
“Non hai detto che ti piaceva disegnare?”
Lei adorava disegnare, e non poteva che essere felice. Lanciò un ultimo sorriso a Klaus, già troppo pensieroso e già remissivo, per accorgersi che lui e quella buffa bambina non erano che due facce della stessa medaglia.
Lei doveva rendersi conto del fatto che lui l’amasse.
Lui invece di essere capace di amarla.
***
 

Erano lì da poco, Rachel gli aveva chiesto educatamente il permesso per entrare in quella stanza e lui avrebbe dovuto sgridarla perché sapeva che vi era già entrata.
Ma lui non faceva mai quella che doveva fare.
La disobbedienza di Rachel invece non era che l’ennesimo tentativo di cercare affetto. Aveva bisogno di  quel papà e se non poteva averlo voleva perlomeno immaginarselo.
Seguì Rachel con gli occhi, mentre era presa da quell’ esplorazione.
“Papà, che cosa rappresenta questo quadro?”
Klaus guardò il quadro, sentendo un fremito nel vederlo. Ricordava bene quando l’aveva dipinto, otto anni prima. Vi erano rappresentate due sagome, dai lineamenti non distinti, avvolte nell’ oscurità di una notte senza stelle. Una notte diversa, che non era destinata a cadere nell’oblio.
“La promessa di due amanti. Le circostanze non erano loro favorevoli, e non  potevano stare insieme.”
Rachel era curiosa e decise di andare a fondo a quella storia, mentre delicatamente sfiorava la tela con le dita, sotto lo sguardo attento e premuroso di Klaus. Probabilmente quel quadro era un po’ cupo e lei ci avrebbe aggiunto un po’ di colore, ma le piaceva anche così.
“E allora cosa si promisero, papà?”
Klaus tornò indietro di otto anni, mentre quelle immagini tornavano davanti a lui vivide come non mai. Lo turbavano e gli dava fastidio il fatto che lo turbassero perché lo rendeva vulnerabile, controllabile, ricattabile.
“Promisero che si sarebbero ritrovati”
Rachel decise che non avrebbe insistito ancora molto, notata l’accezione negativa nella voce dell’Ibrido. Ma un’ultima domanda doveva farla.
“Sì sono ritrovati, papà?”
Klaus avrebbe tanto voluto rispondere di sì, ma era come se Rachel riuscisse a sondarlo, a capirlo. Lei non poteva mentire con lui, ma nemmeno lui ci riusciva con lei.
“No. Ma forse, un giorno, si ritroveranno.”
Abbozzò un sorriso enigmatico e Rachel assentì, volando rapida al quadro successivo.  E ci rimase malissimo nel vedere ciò che vide.
Era delusa.
Si sentiva tradita.
Sicuramente sbagliata.
Fece per correre a tutta velocità via da quella stanza e non vedere più il dipinto. Klaus d’altra parte, era ugualmente ferito per quel rifiuto che non aveva affatto capito. Le si parò davanti, cercando di mantenere la calma.
 “Stai facendo la cosa giusta, tesoro. Scappare da me è la cosa giusta”
Lei nel frattempo singhiozzava, senza nemmeno ascoltare.
Perché in quel dipinto aveva visto una bambina - doveva avere tre o quattro anni ed aveva tanti boccoli biondi. E lei non poteva accettare che suo papà avesse il tempo di disegnare un’altra bambina, quando non stava mai con lei.
“Tu hai un’altra bambina più bella! Preferisci stare con lei che con me!”
Klaus rifletté su ciò che aveva detto, profondamente irritato dal tono che quella ragazzina impertinente stava usando, ma troppo sensibile alle sue lacrime per riprenderla. Poi pensò a ciò che aveva visto e sospirò pesantemente.
 Poteva Rachel essere più insicura?
Poteva la sua lontananza star influendo in modo negativo sulla sua psiche, anziché positivo, come invece sperava?
“Non dire sciocchezze, Rachel. Non c’è nessun’altra bambina, non voglio altri bambini. Ho già te e non potrei desiderare altro. Ma fa' attenzione a come parli, signorina”
Quella frase  gli uscì fuori in modo un po’ brusco, leggermente minaccioso,  mentre la bambina affondava la testolina nella sua spalla, alla ricerca di conforto. Rachel però non era ancora sicura.
“Chi è la bambina del dipinto?”
Klaus si irrigidì, prima che un sorriso dolce e premuroso balenasse sulle sue labbra. Non riusciva a credere  che Rachel potesse pensare che ci fossero altre bambine e la sua continua ricerca di risposte, attribuendosi difetti che non aveva, era angosciante.
Stava sbagliando tutto, di nuovo.
 “Sei tu, quando eri più piccola.”
La bocca della bambina si spalancò in una O di sorpresa. Non credeva certo che Klaus l’avesse mai dipinta, quando la degnava a malapena di qualche sguardo. E invece lui l’aveva sempre fatto. Si era limitata a guardarla crescere da lontano e a rappresentarne le varie fasi, un po’ come -per paradosso- un insolito angelo custode. Lei non lo vedeva, ma lui c’era.
Le asciugò le lacrime con un fazzoletto, prima di sospirare.
“Andiamo di là. Dopo mangiato, voglio vederti disegnare qualcosa io.”
Rachel annuì, improvvisamente felice,  mentre Klaus la prendeva per mano, riportandola verso una tela.
Questa volta però, era bianca.
 ***
 
“Non guardare! Non finché non  ho finito! Perfavore, papà!”
La curiosità logorava Klaus, che si muoveva avanti e indietro solo per sbirciare un po’ cosa stava facendo. In quel momento, si trovava dietro alla tela, nel lato opposto rispetto a quello dove stava disegnando Rachel, che non riusciva a vedere nemmeno in viso.
“Amore, ti consiglio di sbrigarti. Non aspetterò ancora molto”
La pazienza non era decisamente il suo forte ed era un bel po’ che Rachel lo stava facendo attendere. La bambina sapeva di non potersi spingere troppo oltre. Aggiustò con il pennello gli ultimi rintocchi. Aggiustò con il verde l’ultimo albero e….
“Ta-dan”
Era emozionata e si dovette trattenere dal gridare. Klaus invece scoppiò a ridere appena la vide. La pittura blu le copriva buona parte del viso. Rachel corrucciò la fronte. Non capiva.
“Perché ridi, papà?”
Fortunatamente il pensiero che il suo disegno non le piacesse, non le aveva ancora sfiorato la testa, anche perché a lei sembrava davvero bello.
Oppure sublime, per dirlo con una di quelle parole complicate che era solito a usare Elijah.
“Perché sembra che tu abbia fatto un bagno nelle tempere, tesoro.”
Klaus era sereno, rilassato, ma Rachel si stava arrabbiando e incrociò le braccia sul petto, mettendo il broncio. Pensò che fosse semplicemente graziosa.
“Non è carino ridere delle altre persone.”
L’Ibrido roteò gli occhi per poi spostarli sul dipinto, facendosi serio o almeno provandoci. Rimase piacevolmente sorpreso nel notare che le lunghe tempistiche non erano nient’altro che un frutto dell’impegno che Rachel vi aveva messo. Sua figlia era una perfezionista, proprio come lui.
La tela rappresentava due cervi, uno piccolo e uno grande, in una radura.
“E’ bellissimo, tesoro. Diventerai sempre più brava.”
“Ma sono già brava, vero, papà?”
L’Ibrido annuì mentre Rachel saltellava felice, battendo le mani entusiasta. Era più bella che mai, così spensierata. L’Ibrido però voleva sapere anche perché aveva scelto di disegnare proprio due cervi, ma con Rachel sembrava ormai essersi instaurato uno strano contatto telepatico, infatti fu lei a precederlo.
“Sono Bambi e il Grande Cervo. Conosci la loro storia?”
“No. Ma puoi raccontarmela, se vuoi”
L’Ibrido non aveva certo familiarità con le fiabe ma aveva l’ambiguo sospetto che vicino a Rachel avrebbe sicuramente dovuto allargare i suoi orizzonti. Lei nel frattempo mise in ordine le idee.
“Allora papà, la mamma di Bambi muore. La uccide un cacciatore, allora dovrebbe rimanere con il papà, che si chiama Grande Cervo”
Klaus trasalì. Aveva già capito  che i soggetti del disegno non erano del tutto casuali e aveva paura di quello che stava per dire, e dell’inflessione che poteva avere su di lui. Rachel d’altra parte, non si sarebbe fermata.
“Dovrebbe rimanerci, ma non ci rimane. Lui lo lascia solo.”
Sapeva dove voleva arrivare, lo leggeva in quegli occhi innocenti, che avevano lo strano potere di farlo sentire colpevole.
“Sono sicuro che ci sia un motivo, se lo lascia solo. Forse vuole proteggerlo.”
Ed era palese che Klaus non stesse giustificando il Grande Cervo, ma sé stesso.
“Sì, c’è un motivo . Ma Bambi soffre lo stesso.”
Rachel aveva parlato sottovoce, con aria mesta e forse rassegnata,  ma a Klaus quel sussurro aveva gelato il sangue.
In quella frase c’era tutto.
Il bisogno di un’infanzia.
Il desiderio di essere amata e di volere accanto almeno l’unico genitore che poteva avere.
Una disperata richiesta di amore.
 ***
 
Quella sera, dopo il bagno e dopo la cena, arrivò il momento di metterla a letto. Non avevano parlato molto durante la cena, un  po’ sconvolti per quelli che si erano detti. Klaus era combattuto. Quella confessione lo aveva costretto a mettere in dubbio tutto. E se fra luce e buio vi fosse un equilibrio?
Sentì Rachel sopraggiungere alle sue spalle e infilarsi nel suo lettino.
“Quando torna zio Elijah, papà?”
Klaus fece un rapido calcolo, prima di rispondere.
“Fra quattro giorni”
 “Sono tanti quattro giorni?”
Klaus corrucciò la fronte con aria interrogativa. Elijah, il fratello nobile e di parola; il migliore dei  due, senz’altro. Un senso di amarezza lo prese, mista alla gelosia. Perfino Rachel non vedeva l’ora che tornasse tutto alla normalità. L’affermazione che di lì a poco avrebbe fatto del resto l’avrebbe spiazzato.
“Io non voglio che torni presto”
Rachel abbassò lo sguardo fissando il lenzuolo rosa anticato, imbarazzata. Se da una parte c’era il bisogno di avere anche Elijah vicino, dall’altra il suo ritorno la spaventava.
“Cosa stai dicendo, Rachel? Sei cresciuta con lui e non merita che tu dica certe cose.”
Una parte di Klaus era riconoscente a Elijah. Non l’avrebbe mai ringraziato, e non l’avrebbe mai detto ad alta voce, ma Elijah c’era per Rachel dove lui mancava.
“Quando lui torna, tu non mi guardi più.”
Quello che aveva sentito durante quel giorno poteva bastare. La strinse forte contro di lui, come se la stesse tenendo stretta per la prima volta. Promise  a sé stesso che sua figlia non avrebbe mai più versato una lacrima a causa sua. Lui non era Elijah e di sicuro avrebbe fatto più fatica a mantenere quella promessa, ma avrebbe fatto del suo meglio.
“Papà, resti con me fin quando non mi addormento?”
Rachel, lo guardò speranzosa, quando ancora non si era staccata da lui. Klaus annuì.
“Resto fin quando vuoi, tesoro”
Non avrebbe distrutto anche lei come aveva fatto con Rebekah.
E mentre la bambina appoggiava la testolina sul suo petto, si trovò a riflettere.
Luce e buio non potevano coesistere.
Ma forse, non doveva essere necessariamente il buio a prevalere.
 
 
Note dell’autrice.
Grazie per il calore con cui avete accolto questa fanfic e per il sostegno di cui ho davvero bisogno e scusatemi il ritardo. Siamo quasi a metà settimana, e nel prossimo capitolo abbiamo visite *--* Che dire…. Klaus si è finalmente accorto di avere bisogno di Rachel, e Rachel di avere bisogno di lui. Un’altra slide of life, diciamo, la quartultima….
Grazie a chi lascerà una recensione o mi leggerà.
Un bacio. Desy
   
 
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