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Autore: LeaRachelBlackbird_et_Ann    03/05/2014    1 recensioni
Essere donne non è facile.
Essere donne è bellissimo.
Le donne sono delicate come boccioli, forti come montagne, impetuose come burrasche, delicate come pioggerelle primaverili.
Le donne sono tante cose, le donne sono essere speciali.
Raccolta di OS dedicate a tutte le donne, sotto ogni aspetto.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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I miei genitori hanno litigato solo tre volte nella loro vita di coppia; ogni matrimonio è fatto di litigi, incomprensioni, ma anche rappacificamenti, di baci, di scuse.

Dopo aver litigato passavano qualche ora a ignorarsi, poi mio padre usciva di casa e tornava con una rosa. Mia madre lo aspettava già con il vestito buono e le perle al collo, uscivano a cena insieme, per festeggiare un altro ostacolo superato insieme.
Ammiravo questo dei miei genitori: sapevano chiedersi scusa, sapevano amarsi anche quando si urlavano contro, malgrado tutto; questo però l'ho capito da grande.

I miei genitori solo tre volte hanno litigato veramente nella loro vita di coppia e io, come ogni figlio quando sente i propri genitori litigare, mi andavo a nascondere.
Mi accucciavo nel mio angolino preferito, uno spazio solo mio perchè solo io riuscivo a starci, tra il letto, il muro e il comodino, talmente piccolo che dovevo stringere le ginocchia al petto. Mi accucciavo lì, rannicchiata e le mani sulle orecchie, aspettando che smettessero. L'ho fatto tutte e tre le volte.

Io posso ritenermi fortunata, perchè ero figlia di una coppia felice, per cui rannicchiata nel mio angolino mi ci sono ritrovata solo tre volte, ma quelle tre volte me le ricordo tutte.
E' incredibile come ci si ricordi cose così vecchie in maniera così vivida, riguardando quell'angolino non ci si crede che io un tempo riuscissi ad entrarci.
Mi rannicchiavo, le mani sulle orecchie, e piangevo.
Mi sentivo impotente, come se io non potessi fare niente, i miei genitori litigavano e io non potevo fare niente per impedirlo, perchè ero solo una piccola bambina, senza il potere di cambiare il mondo, nemmeno il mio piccolo mondo fatto di poche persone, allora mi rannicchiavo e aspettavo che passasse.

E passava.

Mia mamma e mio papà venivano in camera mia, mi prendevano in braccio, mi asciugavano le lacrime, mi baciavano la fronte e stringendomi fortissimo mi chiedevano scusa... eppure, ognuna di quelle tre volte che i miei genitori hanno litigato, mi sono sentita in colpa.
Credo che tutti i bambini con i genitori che litigano si sentano un pochino in colpa.

Tutti litigano per le cose che ritengono importanti e, in effetti, i miei genitori hanno litigato tutte e tre le volte per cose che riguardavano me; non sapevo bene per cosa, non di preciso, i bambini non sanno mai perchè i genitori litigano, i bambini sentono solo le urla e si sento in colpa e impotenti, per questo esistono gli angolini, per sentirsi meno impotenti, meno piccoli, meno colpevoli.

Poi però mamma e papà venivano e chiedevano scusa, allora io non mi sentivo più in colpa, perchè se mi chiedevano scusa, allora la colpa non poteva essere mia.

 

Dai miei genitori, nella mia vita, ho preso solo un ceffone: una notte uscii con degli amici, ci ubriacammo e mi addormentai a casa di altri.
Quando tornai a casa mia madre aveva passato la notte insonne a chiamare amici, ospedali... il ceffone arrivò non troppo inaspettato.
Erano spaventati per me, perchè mi amavano. Sul momento fece male, con il senno di poi capì il perchè del ceffone; mio padre me lo spiegò, la voce di chi si sente in colpa per quella sberla, ma che forse -forse- lo rifarebbe.

Dai miei genitori io, nella mia vita, ho preso solo un ceffone; imparai cosa vuol dire prenderli quotidianamente dopo.

Quando lo conobbi mi fece subito una buona impressione: sempre sorridente, sempre con un argomento intelligente di cui parlare. Mi faceva l'occhiolino ogni volta che mi sorprendeva a guardarlo, facendolo con discrezione, in modo che lo vedessi solo io e io mi sentivo felice, perchè mi sentivo complice di qualche cosa che era solo nostro. Lui era così brillante, come aveva fatto a notare una donna mediocre come me?

Ci sposammo un anno dopo. Gli schiaffoni arrivarono dopo quattro anni.

I primi due anni sono stati tempi felici, eravamo complici in una felicità tutta nostra, così rosa, così dolce, che avvolgeva come una coperta calda.
I ceffoni arrivarono assieme al pignoramento della casa.

Il primo ceffone, il secondo della mia vita, arrivò pechè il riso era troppo al dente.
Sul momento fece male, con il senno di poi capì il perchè del ceffone.
Lui me lo diceva sempre che il riso lo voleva ben cotto che altrimenti gli rimaneva sullo stomaco, quindi aveva ragione lui.
Gli schiaffoni arrivavano quando sbagliavo, per farmi accorgere dell'errore, per rendermi una persona migliore, come lo schiaffone che i aveva dato papà. Lo faceva per me, perchè mi voleva bene.

Sul momento fece male, con il senno di poi capì il perchè del ceffone, ma non capii che in quel momento, io, ero morta. Lo capii solo dopo. Molto dopo. Troppo.

Ogni matrimonio è fatto di litigi, incomprensioni, ma anche rappacificamenti, solo che per me niente rose.
I nostri litigi erano molto diversi da quelli che avevo sentito tra mia mamma e mio papà: io sbagliavo, lui mi gridava contro e mi prendeva a ceffoni, poi il silenzio. Il suo modo di fare pace era possedermi, a sera tarda, dicendomi che era solo colpa mia.

Dopo un po' i ceffoni iniziarono ad arrivare anche quando non facevo niente, allora mi rannicchiavo, le mani sulle orecchie, e piangevo.
Mi sentivo impotente, come se io non potessi fare niente, mio marito si arrabbiava e io non potevo fare niente per impedirlo, mi sentivo solo una piccola bambina, allora mi rannicchiavo e aspettavo che passasse. Ma non passava, non veniva da me a prendermi in braccio, ad asciugarmi le lacrime e chiedermi scusa. Non ero una bambina. Ero sua moglie. Questa era una delle altre cose che capii troppo tardi.

Ero io quella che si sentiva in colpa, come da bambina, con il vago presentimento che la colpa fosse mia. Quale fosse, la mia colpa, non lo sapevo, ma se lui si arrabbiava un motivo ci doveva essere. Era colpa mia, perchè non riuscivo a diventare una persona migliore.

Dopo aver litigato usciva di casa.... ogni matrimonio è fatto di litigi, incomprensioni, ma anche rappacificamenti, solo che per me niente rose. No. Niente rose.

Tornava a sera tardi e io lo aspettavo truccata, le perle al collo, la cena pronta e il bagno caldo. Dovevo farmi perdonare, perchè se lui non mi chiedeva scusa, allora la colpa doveva essere certamente mia, quindi ero io a chiedere scusa. Perchè la colpa era certamente mia. Per me non c'erano rose, però lui mi perdonava e come sempre mi possedeva, rude e anche quel gesto divenne violenza... e anche questo lo capii dopo.

L'ultimo ceffone che mi diede arrivò al nostro anniversario: otto anni di matrimonio, quattro anni di ceffoni. Finalmente l'ultimo.

Ero in cucina, mi colse alla sprovvista: in pieno viso, tutte e cinque le dite. Non reagii in tempo e il bancone di marmo era troppo vicino. Dritto alla tempia.

Il referto medico diceva che ero morta sul colpo, ma a dire il vero non è che fosse molto importante: io ero morta molto prima, quando era arrivato il secondo ceffone della mia vita; quando mi aveva dato l'ultimo, io ero già morta da un pezzo e questo lo compresi a pochi centimetri di quello spigolo di marmo: una folgorazione, che mi fece accogliere quello spigolo come una salvezza e che mi impedì di afferrare il bordo del bancone per fermare la caduta.

Finalmente ci furono rose anche per me, rose bianche lanciate su una cassa di legno, inghiottite poi da manciate di terra.

   
 
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