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Autore: Alexandra e Mac    03/05/2014    8 recensioni
Il Passato e il Futuro si mescolano in questo racconto che conclude la trilogia iniziata con Giochi del Destino. Per tutti coloro che hanno amato i personaggi storici da noi inventati.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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Capitolo IV

Cambiamento



Rientrò dalla corsa pervaso da una strana euforia. Accadeva sempre così quando, finalmente, i pezzi del puzzle cominciavano ad incastrarsi e il quadro, dapprima sfocato, cominciava ad assumere una forma più definita.

Prese il cellulare e compose un numero.

“Pronto” rispose una voce femminile dal piglio sicuro.

“Mamma!”

“Andrew, tesoro, finalmente! Sono settimane che sei sparito”

“Scusami mamma, avevo bisogno di staccare da tutto e da tutti. Papà come sta?”

“Bene, ma tu dove sei?”

“In Francia, con un nuovo progetto in testa”.

 “Raccontami tutto”.

Immaginò, dall’altra parte del mondo, la madre che si sedeva sulla sua poltrona preferita, nel salotto della casa dei suoi genitori in California, il quale traboccava, oltre che di volumi di vario genere, anche di tutte le prime edizioni dei romanzi del figlio, tradotte in varie lingue e autografate, nonché  dei premi da lui vinti durante la sua, seppur breve, travolgente carriera di scrittore.

“Sto pensando di scrivere un romanzo storico ambientato nell’Ottocento”.

“Come mai quest’idea?”

“Sono stanco di ciò che ho scritto finora: assassini, beghe da tribunale, spionaggio... Vorrei cimentarmi con qualcosa di diverso e di più impegnativo. Credo d’aver bisogno d’un cambiamento, per ritrovare l’ispirazione. E poi...” si fermò, indeciso se continuare.

“E poi cosa?” lo stuzzicò la madre.

Sorrise, ricordando com’era sempre stata capace di convincerlo, fin da piccolo, a raccontarle ogni pensiero che gli passava per la mente. Era stato fortunato: con entrambi i genitori aveva sempre avuto un rapporto speciale di intesa e di confidenza.

“Vedi... il passato mi ha sempre affascinato; fin da bambino mi è sempre piaciuto immaginare, ogni volta che mi trovavo in un posto nuovo, come avessero vissuto le persone nei secoli precedenti...”.

“Non me ne avevi mai parlato” disse la madre.

“Ricordi come mi affascinavano i racconti del passato? E quanto mi piaceva andare con papà, alla domenica mattina, in stazione? Lui sapeva che mi piaceva andarci e credeva che fosse per i treni, così mi ci portava appena possibile; i treni mi piacevano molto, è vero, ma quello che mi affascinava di più era immaginare la stazione com’era nei secoli passati, con le donne in abiti lunghi e cuffiette e gli uomini in redingote... e lo stesso mi accade, ancora oggi, ogni volta che mi trovo in qualche luogo nuovo...”.

“Allora forse devi tentare. Potresti mantenere lo stesso genere e ambientarlo a metà Ottocento, ad esempio” suggerì sua madre.

“Un giallo ambientato nel XIX secolo? Mhm... forse... è un ‘idea. Ma...”

“Ma tu avevi in mente altro” finì per lui sua madre oltre oceano.

“Non so... il fatto è che da un po’ rifletto sulla vita, sugli uomini... il destino di un uomo, alla nascita, è di appartenere ad un certo periodo storico... di nascere e magari vivere in un luogo piuttosto che in un altro; tutto questo non dipende da noi, ma dal destino: si incontrano persone... ma se fossimo nati e vissuti in un altro periodo, o in un altro luogo, avremmo conosciuto, amato, odiato, persone diverse... e anche questo non dipende da noi, ma dal nostro destino. Dal fatto che siamo nati proprio in un certo momento, in un certo periodo storico, in un certo luogo. Ogni uomo appartiene alla propria epoca... Spesso mi sono scoperto a desiderare di poter aver vissuto in un'altra epoca, per sapere cosa sarei stato, CHI sarei diventato. E poi ancora: il nostro spirito, la nostra anima... quando moriamo... è possibile che “rinasca” in altre persone, che riviva in altre epoche storiche? E cosa rimane di ognuno di noi, alla nostra morte? Il corpo muore, ma l’animo? Il pensiero? Quello che più mi spaventa, della morte, non è tanto non esistere più nella mia fisicità ma non esistere più come pensiero, come animo... perché è quello che determina un essere umano e lo distingue da un altro...”.

Si rese conto all’improvviso del silenzio di sua madre e si fermò.

“Scusami mamma... ho permesso ai miei pensieri di prendere il sopravvento”.

“E’ questo il reale motivo per cui scrivi?” gli domandò sua madre, interrompendolo.

Lui comprese all’istante il senso della domanda.

“Non lo so... forse sì, ora che mi ci fai pensare. E’ John Locke a dirci che il linguaggio è il segno convenzionale delle idee, lo strumento per mezzo del quale l’Uomo indica il proprio pensiero e con il tempo tale strumento si è perfezionato grazie all’ acquisita capacità di renderlo permanente trasferendolo su un supporto materiale, ossia scrivendolo. La lingua è ‘madre’ perché oltre a permetterci d’intrattenere rapporti con gli altri, prima di tutto ci consente di pensare noi stessi come individui, e quindi di esistere in quanto esseri pensanti. La lingua è sì una struttura logica, ma è anche un poderoso sistema emotivo, capace di suscitare sentimenti tanto quanto è in grado di trasmettere informazioni... Forse è sempre stato questo il motivo per cui scrivo e  per cui, fin da ragazzo, ho sempre scritto un diario: per ‘fermare’, nel tempo, i miei pensieri, il mio animo, la mia personalità ”.

“Continui a scrivere il tuo diario?”

“Sì... infantile, vero?”

“Non direi proprio” disse sua madre ed egli colse una sfumatura nel tono di voce che non riuscì ad inquadrare: sembrava stupore misto a tenerezza, ma anche un accenno di rassegnata certezza, come se desse per scontato che lui non potesse farne a meno. “Tu non sei mai stato ‘infantile’, neppure quando eri un bimbo. Anche allora stupivi sempre tutti per le tue acute osservazioni “, aggiunse poi sua madre.

“Già... forse è proprio di questo che vorrei parlare nel mio romanzo: non so... è come un’esigenza che sta risalendo pian piano alla superficie. Ciò che ho scritto finora raccontava semplicemente delle avventure.”

“Non sminuire così i tuoi romanzi, caro”.

“Non fraintendermi, sono contento di ciò che ho prodotto finora; ma è sempre stata roba commerciale, quasi una sorta di preparazione, di allenamento, per un qualcosa di diverso. Il problema è che non so ancora bene cosa, ma lo scoprirò.”

“Ross che ne dice?” chiese la madre, con l’ombra di un sorriso divertito nella voce. Sua madre sapeva quanto gli fosse difficile convincere il proprio agente ad un qualsivoglia infinitesimale cambiamento; di certo già si figurava la battaglia verbale che avrebbe dovuto sostenere per un cambiamento così radicale. Probabilmente sorrideva nell’immaginare Ross in preda ad una crisi di nervi o in procinto di avere un attacco di cuore!

“Ross farà i capricci, come sempre, ma come sempre la spunterò io, lo sai. Devo avere la stoffa dell’avvocato, a furia di scriverne!” rispose, sorridendo a sua volta.

“Saresti stato un eccellente avvocato, io e tuo padre te lo abbiamo sempre detto, figliolo”.

“Lo sai com’è fatto Ross... per lui conta solo che io rimanga ben saldo sul viale del successo, ma a me questo non basta più. Per dirla tutta, il successo è stato piacevole e, soprattutto, inaspettato, ma non è mai stata la mia priorità, tu lo sai. E ora lo è ancora meno“.

“Cosa vuoi, adesso?”

“Voglio raccontare qualcosa di ‘vero’, mamma. Non so ancora bene cosa, ma so che ho la necessità di cambiare: cambiare genere, innanzitutto, ma forse non solo... Io scrivo perché amo scrivere. Scrivo per il gusto di farlo, se poi quello che racconto piace anche alla gente, tanto meglio. Ora sento che è giunto il momento di dirigermi altrove... Del resto siete stati tu e papà a dirmi sempre che nella vita bisogna fare solo quello in cui si crede e perseguire la propria strada fino alla fine”.

 “E allora fallo”.

“Tu che cosa ne pensi?”

“Andrew, sei tu che devi decidere cosa fare, la mia opinione è ininfluente” lo rimproverò lei con affetto .

“Per me è molto importante saperlo. I tuoi consigli sono sempre stati preziosi”.

“Lo senti davvero?” chiese.

“Sì, lo sento davvero. Ed è una sensazione molto forte”.

“E allora segui il tuo istinto, come ti ha sempre detto tuo padre”.

“E anche tu”.

“Certo, anch’io”.

“Grazie mamma. Ci sentiamo presto. Ti voglio bene.”.

“Anche io e tuo padre te ne vogliamo, Andy. A presto, tesoro”.

Spense il cellulare con una sensazione di pace. Anche se dentro di sé sapeva che la strada giusta era quella del cambiamento, parlarne con sua madre gli aveva fatto bene: ora era sicuro più che mai che il suo prossimo libro sarebbe stato un romanzo storico.

Ma ora più che mai gli serviva un esperto: qualcuno che conoscesse talmente bene la cultura, la vita e l’arte del XIX, secolo da rendergliela famigliare, come se fosse vissuto lui stesso nel 1800.

Era quello il segreto dei suoi romanzi: chi leggeva era subito rapito dalla perfetta descrizione dell’ambientazione e dei personaggi, al punto da immedesimarsi e avere la sensazione di vivere in prima persona tutte le avventure narrate.

Riusciva ad ottenere ciò solo con un’attenta ricostruzione ambientale, un procedimento che la sua mente elaborava, tramite documentazione fotografica e uno studio attento e preciso di fatti e luoghi, non appena l’ispirazione si concretizzava in una storia da raccontare.

Lui stesso, dopo aver delineato i punti salienti della trama, si lasciava catturare dall’ambientazione e per tutto il tempo in cui scriveva si trasferiva là, dove la vicenda si svolgeva; e se la sua prossima vicenda si fosse svolta nel XIX secolo, era pronto a fare i bagagli mentali e trasferirsi nell’Ottocento, ad inseguire i suoi personaggi, ovunque essi lo avrebbero portato.

Aveva bisogno di Ross, ora; tuttavia non aveva alcuna intenzione di intavolare una discussione. Riaccese il cellulare, ma invece di fare la telefonata, inviò un sms succinto, che non ammetteva repliche.

Trovami al più presto, in Francia, un esperto del XIX secolo”.

In fondo era anche grazie a lui che Ross poteva permettersi una barca ancorata a Martha’s Vineyard, con tanto di villa a seguito… che si guadagnasse quel privilegio, una volta tanto, facendo il proprio lavoro senza domandare e senza discutere.

  
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