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Autore: Mirella__    03/05/2014    2 recensioni
Gioia è una ragazza solare, allegra, una ventiseienne che del mondo ha visto un po' e alla quale quel po' è bastato.
Dory è una tipa, qualcuno con cui ci si diverte e Jonathan, il suo ragazzo, la adora, chissà perché poi! Non riesco a capire come possa esistere qualcuno di così folle da beccarsi mille lividi pur di stare con qualcuno. Lei dovrebbe smetterla di farlo finire in tanti guai... prima o poi.
Alice è... beh, lei è Alice, la bellissima e schifosamente ricca ragazza desiderata da tutti e che, al tempo stesso, nessuno vorrebbe. La ragazza che quando passa davanti a una coppia è capace di creare litigi grazie al suo passo sensuale e al suo profumo di rose.
“L'hai guardata! Ti ho visto!” Dice lei.
“Ma no! Certo che no!” Si difende lui.
E io? Io chi sono? Io sono solo la burattinaia che tira i fili di questa storia complicata.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Angolo dell'autrice
Questo è l'ultimo capitolo che avevo già scritto, d'ora in poi non aggiornerò più una volta ogni due giorni, tuttavia una volta a settimana un aggiornamento è assicurato.
Buona lettura!


Quarto capitolo



Chiodo



Tyler si chiedeva come Jonathan potesse essere così bastardo. Lo aveva mollato durante la visione di “Harry Potter e i doni della morte” e nemmeno alla prima, ma alla seconda parte, facendogli vedere la battaglia finale tutto da solo.

Ora, non che Tyler non fosse conscio di quanto stronzo fosse Jonathan, ma lui considerava certe cose sacre e tali sarebbero dovute essere considerate anche dal suo compagno di stanza.

Quindi: era troppo chiedere che il mercoledì fosse la giornata del fantasy? Niente ragazze di mezzo, niente Dory che si lamentava di quanto i suoi capelli non fossero abbastanza lucenti, niente Gioia che si lamentava dell'impossibilità di mettere la sua maglietta preferita a causa dell'enorme e abissale scollo a v che avrebbe fatto andare in paradiso qualunque uomo etero.

Tyler era gay e, lettori miei, se pensate che in quel momento fosse geloso di Jonathan, vi sbagliate di grosso. Non che non ci avesse fatto un pensierino quando quel giorno di tre anni fa quel ragazzo castano aveva messo piede sulla soglia della porta, semplicemente si era accorto presto di quanto idiota fosse nonostante la sua indole bonacciona.

La sua ossessione riguardava tutt'altra sessione. Il suo primo e unico amore – tralasciando i vari primi e unici amori che ovviamente non contavano realmente - era il parrucchiere dai capelli del color del grano, abbelliti da una spruzzata di verde prato sul ciuffo che ricadeva accanto alla cicatrice sotto l'occhio destro.

No, non pensate nemmeno che “il parrucchiere” fosse una qualche sorta di malvivente per queste particolari caratteristiche; lui era semplicemente un tizio come tanti altri, forse un po' più coglione della media.
Per intenderci, lui era uno di quei tipi che cadono dal motorino mentre cercano di sistemarsi il piercing al labbro. E no! Non pensate che lo stesse facendo mentre il mezzo era in moto, il parrucchiere era semplicemente seduto sul suo bel sedile in pelle del suo cinquantino nuovo di zecca e suo nipote di a malapena cinque anni lo aveva chiamato per portargli le chiavi che, ovviamente, aveva dimenticato; tale possente scossone che solo la forza sovrumana di un infante poteva causare, fece terrorizzare il parrucchiere a tal punto che si alzò di scatto dal suo mezzo, inciampò goffamente nei suoi stessi piedi e cadde a terra di faccia.

Ora, mentre Tyler apriva la porta del negozio con un sorriso forzato sul viso, le nocche bianche dalla forza con cui serrava i pugni, voi potreste pensare che fosse così incazzato per chissà quale torto. L'amarezza della serata fantasy saltata era nulla al confronto.

Era arrabbiato a tal punto perché già si chiedeva a cosa si sarebbe dovuto sottoporre quella volta.

Si portò le mani alla zazzera colorata di verde, blu e giallo. Non riusciva a credere d'andare lì solo per lui ogni fine settimana per sottoporsi ai suoi malsani esperimenti.

Buongiorno,” salutò alle spalle del parrucchiere per poi andare a sedersi nella saletta d'attesa, senza aspettare una risposta che, lo sapeva, sarebbe arrivata soltanto qualche minuto dopo.

Si sedette sulla sua sedia, quella che aveva una targhetta col suo nome – sì, l'aveva chiesta espressamente al parrucchiere e mai nessuno aveva osato toccargliela – e sbatté furiosamente il piede a terra, ripassando mentalmente il colore che i suoi capelli avevano assunto nell'ultimo mese, ignorando le ragazze in attesa sedute poco più in là, che lo fissavano spaventate.

Viola, arancione, marrone ( si rifiutava definirlo castano quel colore più simile al tronco di un albero che ad altro), rosso, porpora, azzurro chiaro e.... iniziava a perdere il conto.

Adesso, non che il parrucchiere non fosse un bravo parrucchiere, semplicemente Tyler era la sua cavia e tale sarebbe rimasto fino alla fine dei suoi giorni: era una legge fondamentale, non sarebbe mai potuta essere cambiata.

Ehi, Tyler, scusami ma stavo sistemando una signora”. Gli disse una testa bionda caratterizzata da un vivace ciuffo verde che faceva capolino dalla porta socchiusa, “oggi sono sicuro che amerai il colore che ti voglio fare, quindi tieniti pronto, sbrigo le ragazze là e poi mi occupo di te. La mia fidanzata arriva tra un'ora, quindi non ci starò molto, promesso”. Lo salutò con un cenno del capo e sparì di gran carriera in un'altra stanza a prender tutto l'occorrente per continuare il lavoro.

Tyler, con la vitalità di un morto, mezz'ora dopo si era ritrovato a prendere una di quelle tendine che lui amava tanto definire “da ospedale” e se l'era spalmata malamente addosso, sedendosi con l'aria di chi era stato morso da un pitbull, anzi, sarebbe corretto dire che era lui a somigliare ad un pitbull, gli mancavano solo i denti scoperti e un filo di bava che scendeva dalle labbra per essere identico, anche se c'era da dire che se avesse avuto l'occasione di guardare il sedere del parrucchiere la bavetta avrebbe presto fatto la sua comparsa.

Il parrucchiere tornò, con un passo che sembrava sempre di fretta, e con un'occhiataccia lanciata al povero pezzo di stoffa appallottolato sul petto del ragazzo si avvicinò e mise tutto al suo posto.

Che colore oggi?” Chiese Tyler, non riuscendo a reprimere il tono da checca isterica che assumeva quando era di malumore.

Il parrucchiere ridacchiò serafico e iniziò ad accarezzargli i capelli e ad osservarli come se fossero stati creta da plasmare, in quei momenti il parrucchiere amava definirsi un vero e proprio artista. “Cos'è successo? Hanno interrotto “Dexter” dopo la fine della settima stagione?”

Tyler si morse le labbra e si irritò ancor di più e non solo perché sì, lo avevano fatto, ma anche perché non riusciva a capire dove potesse spingersi l'ottusità del biondo.

Ormai erano mesi che gli faceva il filo, eppure il parrucchiere sembrava non rendersene conto e un dubbio si stava instaurando nella mente del giovane: che il parrucchiere ignorasse volutamente quelle attenzioni speciali?

Qualcosa del genere,” mugugnò, grattandosi la guancia e puntando gli occhi sul riflesso del suo desiderio allo specchio.

Ti ho detto di passare allo streaming, almeno sei sicuro che quando inizi una serie la puoi finire in santa pace”.

Certo, certo,” Tyler si rilassò, mentre le dita esperte del parrucchiere iniziarono il loro dolce malvagio sulla cute tartassata da tutti quei prodotti chimici; non si aspettava di certo che l'altro capisse quanto fosse importante vedere una serie tv lì, in diretta nazionale, dove non si era da soli a guardare la propria trasmissione preferita, ma tutti i fan si riunivano nello stesso attimo ad ammirarla.

Come va con la ragazza?” Buttò lì, dopo qualche minuto di silenzio, giusto per sapere se la concorrenza perdeva colpi.

Bene,” si limitò a dire l'altro, ma aveva un'espressione persa nel vuoto, assorta in pensieri che sembravano, dal punto di vista di Tyler, faticare ad entrare in quella testolina sempre un po' nel mondo dei sogni. “Ad essere sincero sono confuso,” rivelò l'altro dopo qualche tempo. “Ultimamente lei sembra così impegnata...”

Tralasciando l'euforia che percorse Tyler dalle punte dei piedi a quelle dei capelli e che cercava di fargli urlare la sua gioia, io, narratrice, potrei dire che a quelle parole seguì solo un durevole mutismo da parte di entrambi.

Tyler si impegnava a non dirgli di mollarla per prendere lui, il biondo invece era fin troppo concentrato nel suo lavoro e fin troppo preso dai suoi pensieri per dar retta al ragazzo.



Gioia si stese sul letto e rotolò piano su un fianco, dopo poco sull'altro, lambiccandosi nel dubbio. Poi si guardò attorno, in cerca di un'idea folgorante, unica, mitica!

E ora che l'idea stava giungendo le pareva che allungare una mano ad afferrarla fosse estremamente faticoso, di conseguenza l'illuminazione fuggiva, lontana da lei, veloce come un flash.

Per concludere: non aveva la più pallida idea di cosa fare: Dio! Non rimorchiava più da almeno cinque anni!

Si morse il labbro e ridacchiò tra sé e sé. Dipendentemente dalla sua prossima mossa, le carte sarebbero potute essere svelate. Se si fosse fatta avanti in modo troppo esplicito avrebbe rischiato di spaventare Alice. Doveva conoscere meglio i gusti dell'altra.

In base a questo ragionamento decise che quella sera stessa avrebbe messo in tv un vecchio film che trattava il rapporto tra due donne: così, giusto per vedere le sue reazioni.

Un paio di ore più tardi, Alice, povera vittima inconsapevole di quel test, si era seduta e aveva iniziato a gustare i manicaretti dell'amica, dando di tanto in tanto un'occhiata alla tv, inarcando più volte le sopracciglia a causa di alcune scene per i suoi gusti un po' troppo spinte.

Questo da te non me lo sarei mai aspettato. Sei bisex? O lesbica?”

Gioia rise di cuore e la osservò, premurandosi di mantenere un'espressione sconcertata. “Io? Io lesbica? Alice, cara mia, ti sbagli di grosso”.

Allora perché stiamo vedendo un film dove le protagoniste sono due lesbiche e fanno sesso almeno una volta ogni quarto d'ora?”

Gioia arrossì a quelle parole e fece spallucce, “un'amica me lo ha consigliato, diceva che i personaggi avevano un certo spessore psicologico, ma... ecco, non vedo tutta questa introspezione ad essere sincera”. Si stupì delle sue stesse parole, grazie a Dory stava diventando incredibilmente brava con le menzogne, le venivano con una spontaneità unica.

Alice scosse la testa e annuì tra sé e sé, pensierosa. “Quell'Andrea, la protagonista, ecco, credo che abbia i suoi motivi per comportarsi da sgualdrina”. Detto questo, Alice si alzò e si avvicinò a Gioia, costringendola tra lei e il bancone della cucina.

Sentendo il freddo marmo dietro di sé, Gioia fu percorsa da un brivido, o forse era dovuto alla vicinanza del corpo dell'altra? Ma no, certo che no, Alice le piaceva su un piano fisico, ma non così tanto da procurarle i brividi!

Alice continuò il suo discorso, avvicinando le labbra all'orecchio dell'altra e concedendole un ulteriore fremito. “Una donna tradita vuole semplicemente il suo riscatto, vuole far vedere che a lei non mancava niente, che a confronto dell'amante del marito lei era di più, che poteva avere chi voleva e quando voleva”. La voce melodiosa di Alice carezzava l'udito di Gioia, era morbida come la seta, ridotta ad un sussurro che si insinuava in lei e le trasmetteva calore, era una sensazione che non provava da tanto.

Gli occhi si erano socchiusi, Gioia non capiva più il senso di quel che Alice le raccontava, percepiva solo tratti di parole, troppo incantata dalla musica che ormai l'aveva ammaliata.

Allora? Non lo pensi anche tu?” L'ennesima risata argentina, quella odiosa risata che Gioia aveva imparato ad odiare.

La ragazza tornò bruscamente in sé e si scostò prepotentemente dalle braccia che l'avevano costretta in una prigione, allora si rese conto di cosa Alice le avesse appena detto e gli occhi iniziarono a bruciare e il naso a pungere.

I... io non devo dimostrare niente a nessuno,” maledetto Alex! Non riusciva a pensare a lui come non riusciva a pensare al suo tradimento, la rabbia crebbe nel suo cuore spezzato e Gioia aveva bisogno di liberarsene, per questo quando il suo sguardo carico d'odio si posò nuovamente su Alice, si sentì incredibilmente bene. “Tu non saresti una conquista di cui vantarsi”. Pronunciò quelle parole in modo lapidario, schietto.

Sapeva che Alice era all'oscuro del suo passato, ma poco importava, se Gioia perdeva il controllo allora la causa era Alex e il primo individuo senziente era utile solo per riversargli addosso tutto il suo rancore.

Alice rimase interdetta a quella sua reazione, era l'ultima cosa che si aspettava, non capiva il motivo per cui Gioia avesse perso le staffe. Forse avrebbe dovuto conoscere qualcosa in più su di lei. Non si era offesa per le sue parole, in un momento di rabbia si dicono cose che non si pensano e andiamo! Alice era troppo perfetta per non essere una conquista di cui vantarsi.

Spense il televisore, quella serata non l'avrebbero passata guardando un film.

Sentì uno strano nodo allo stomaco quando ripensò allo sguardo addolorato della coinquilina, ma quella sensazione svanì appena si diede dell'idiota.

Non aveva alcun motivo per rifletterci su. Certo che aveva avuto una fortuna! L'unica che non aveva dato di matto al suo primo test era una pazza lunatica.

Rise fra sé e sé: forse per voler capire bisogna avere l'apertura mentale che solo la follia concede.

Tuttavia gli occhi feriti di Gioia le apparvero all'improvviso in un replay della situazione appena vissuta e la fecero rattristare. Che qualcuno le avesse spezzato il cuore come a quell'Andrea? Ma allora non sarebbe dovuta essere lei offesa per prima visto che stava venendo utilizzata come un chiodo che scaccia un altro chiodo?

Adesso si sentiva un chiodo.

Sì, un chiodo pesante, arrugginito e incastrato... già, incastrato, ma non da Gioia.
  
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