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Autore: yokuccia    23/07/2008    5 recensioni
Questo voleva dire solo una cosa, che avevo dormito… ma i vampiri non dormono. Cosa ero? Forse quella capacità era insita in me, come Jasper, Edward e Alice. Si, ma cosa era? Cosa vedevo? Il futuro? Perché allora non vedevo il mio angelo al mio fianco? E poi c’era il mistero di Edward che non riusciva a leggermi nella mente e quella sensazione di calore come se fossi ancora viva. Quando la mia immagine si riflesse sullo specchio dell’anta appena aperta soffocai uno strillo. I capelli…i capelli erano di pochissimo più ramati di prima. Allora funzionava così, ogni volta che mi fossi concessa di dormire loro sarebbero diventati sempre più rossi. Mi lasciai cadere sulle ginocchia, terrorizzata. E se non fosse stato tutto così semplice? Se Edward si fosse disgustato di me? O ancora peggio …se avesse provato paura per ciò che stavo diventando? Non potevo permetterlo, lo amavo con tutta me stessa e il solo pensiero di non averlo più accanto mi mandava in pezzi.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Salve a tutti…dopo una luuunga assenza (gli esami mi hanno risucchiato anche l’anima, come ogni anno del resto -_-“) sono di ritorno, per farmi perdonare ne posterò due di fila…si, penso proprio di dovermi fare perdonare! L’ultimo commento di ROo Cullen (ammetto di aver riso nel leggerlo eh eh) me ne ha dato la certezza XD
Un grazie a tutti quelli che nonostante la lunghezza e la mia lentezza nel postare mi seguono ancora. Ce ne vuole di costanza ragazzi per sopportarmi, grazie grazie grazie...ormai siamo alla fine, tenete duro ancora un pochino >.<
Un forte abbraccio a tutti!

….

Non ce n’era bisogno, ma per aver un’ulteriore conferma aprii la mente ai pensieri che mi circondavano. I più erano concentrati ad osservare il bosco, spostavano lo sguardo in qua e in là freneticamente. “Pulito, ma per quanto ancora?” “Siamo troppo visibili, ci dobbiamo spostare.”
“Quanto ci mettono a finire?” A finire cosa?? Maledissi me stesso per le mie scarse capacità, perché ero in grado di leggere solo i pensieri che gli stavano passando per la testa in quel momento?
“Maledetta puttana! Resiste!” Mi focalizzai all’istante su quella voce.
Attraverso gli occhi del vampiro che aveva parlato la vidi. Era ancora lì dove l’avevo scorta, ginocchia al petto e le guance rigate di lacrime. Non avevo idea di cosa le stessero facendo, non vedevo nessuno accanto a lei, ma l’espressione contratta del sue viso mi diceva che stava soffrendo. Contrassi la mascella con odio e determinazione, l’avrei portata via da lì.
Scattai verso il casolare, o almeno ci provai; Cohen mi trattenne per una spalla impedendomi di spostarmi anche solo di un millimetro.
“E’ viva?” La sua voce non era più un’eco nella mia testa, probabilmente era dovuto al fatto che era tornato normale.
Annuii e quasi gli ringhiai contro le parole che mi uscirono. “E’ nel piano interrato, sta male e non le manca la compagnia.”
“Avverto gli altri, avremo bisogno di loro.” Intravidi solo con la coda dell’occhio alcuni pipistrelli allontanarsi da dove eravamo venuti.
“Io vado.” Mi trattenne ancora, quasi lo fulminai con lo sguardo.
“Non è prudente. Ho contato più di sette vampiri all’esterno, anche ammesso che riuscissi a tenerli a bada tutti tu dovresti vedertela con quelli all’interno e non ho idea di quanti ce ne possano essere. Come te la cavi in combattimento?”
Corrugai la fronte, avevo ucciso un solo vampiro in vita mia. C’era da calcolare quello che ero riuscito a fare con Isgard, ma non ero sicuro di riuscirvi di nuovo, non per lo meno se fossero stati più di uno.
“Lo supponevo. E cosa succederebbe se mentre siamo entrambi impegnati decidono di farla fuori all’istante perché si sentono il fiato sul collo?”
Dannazione! Aveva ragione, dovetti arrendermi alla logica. Il vampirates azzardò un sorriso tirato nella mia direzione.
“Sai riconoscere ciò che è giusto anche in una situazione come questa, è un pregio.”
Cosa è? Ero forse sotto esame? Aveva scelto il momento peggiore per irritarmi, lo ero già abbastanza di mio.
“Tranquillizzati, non ho detto nulla di male. Tu e il comandante perdete la testa per lei allo stesso modo, in un certo senso vi assomigliate.” Splendido, dovevo forse prenderlo come un complimento?

Cohen continuò a tenere sotto controllo la situazione all’esterno, mentre io chiudevo gli occhi e la osservavo. Capii che aveva qualcuno intorno, a non più di tre passi da lei, ma non riuscii a distinguere altro di nuovo. Sempre più frequentemente veniva raggiunta da violenti spasmi che le procuravano fremiti in tutto il corpo, allora si mordeva il labbro o si piantava le unghie nella carne nel tentativo di arginare il dolore. Guardarla così ed essere impotente era straziante, dentro di me urlavo e non riuscivo a calmarmi. Dio, fai che non l’abbiamo toccata, fai che non l’abbiano toccata.

Erano passati solo pochi minuti, ma a me erano parse ore. Cavolo, quanto ci stavano mettendo? Ormai soffrivo con lei, tremavo con lei stringendo così forte il pugno da farmi diventare completamente bianche le nocche. Odio, furore e vendetta accompagnavano i miei pensieri come fedeli compagni, mi riempivano la testa cancellando tutto il resto. Quando mi alzai di scatto sorpresi perfino Cohen, ero stato troppo rapido anche per lui. Dovevo sembrargli un pazzo suicida.
Mi precipitai verso la prima entrata del casolare con la mente completamente rivolta ad un unico pensiero: al suo prossimo fremito sarebbe stata fra le mie braccia, l’avrei stretta e le avrei ripetuto di calmarsi perché ormai era al sicuro.
Il fattore sorpresa non durò molto, ma abbastanza per darmi il tempo di formulare una linea di attacco. Mi sarei curato solo di quelli che mi ostacolavano la strada, avrei individuato le loro menti nel mucchio e, come avevo fatto con Isgard, le avrei strette nella mia morsa. Sta volta non mi sarei limitato a dare uno strattone, no, le avrei stritolate e ridotte in briciole. Così avevo pianificato e così feci.
Lo trovai estremamente facile, qualcosa di naturale. Mentre avanzavo nei bui corridoi i vampiri che mi si paravano davanti cadevano come tante marionette dai fili recisi di netto. E io provavo piacere, soddisfazione nel vederli giacere privi di vita ai miei piedi per poi sgretolarsi fino a diventare polvere. Il rancore per averla allontanata da me mi saturava la mente, mi facevo paura da solo.
Ancora tre e avrei raggiunto la porta che conduceva al lurido stanzino dove la tenevano rinchiusa. Preparai la mente, ma prima che potessi fare alcunché percepii una lieve folata d’aria e, subito dopo, i miei avversari furono ridotti in tanti piccoli pezzi che si ammucchiarono sul pavimento.
Voltandomi potei scorgere Isgard raggiungermi in poche falcate, un cipiglio concentrato che sottolineava tutta la sua preoccupazione per la sorella.
“Potevi almeno cibarti mentre avanzavi, ti stai indebolendo.” Mi lanciò un’occhiata divertita, la migliore che avessi mai ricevuto da lui. “Da non credere, chi si sarebbe aspettato tanto da un bambino.”
Sorvolai sul suo ultimo insulto celato e mi avviai verso la porta con lui dietro, anche da lì si poteva già udire il respiro accelerato e affaticato di Bella. Facemmo irruzione nella stanza trovandoci davanti più vampiri di quanti immaginassi... no, non di quanti immaginassi ma di quanti ne percepissi. Isgard, pronto come sempre, eliminò i due che erano scattati verso di noi al nostro ingresso per poi abbandonarsi a una sequela di imprecazioni rabbiose. Non ero sicuro di capire.
Bella era sempre lì accoccolata in quell’angolo, anche dopo essere entrati non si era mossa, non aveva nemmeno alzato lo sguardo. I cinque vampiri che le stavano intorno a ventaglio sembravano volerla proteggere più che farle del male, le davano la schiena e rimanevano a fissarci immobili. Le loro menti erano vuote, o forse dovrei dire propriamente che ne erano privi. Non erano come Bella, da loro percepivo un senso di vuoto che mi inquietava. Avanzai di un passo tenendomi sempre a distanza di sicurezza, loro rimasero tante statue di cera dagli occhi spenti.
Avevo paura di fare qualche mossa falsa, ma mi premeva sapere come stava.
“Bella.” Provai a chiamarla, nessuna reazione. “Bella, Bella di qualcosa!” Perché non mi rispondeva?
“Non ti sente.” Era la voce di Ru, gli altri ci avevano raggiunto.
“Cosa cavolo…” Venni interrotto dalla voce rabbiosa di Isgard.
“Non sai nulla di lei! Come ti può volere come compagno! Merda!” Riprendendo a imprecare scaraventò dalla parte opposta della stanza una sedia malcapitata.
Le sue parole mi avevano fatto incassare un duro colpo. Era vero, chi ero io per reclamarla come mia quando fino a pochi giorni prima non conoscevo manco il vero colore dei suoi occhi? Non sapevo perché non mi sentiva, non sapevo perché se ne era andata, non sapevo…molte cose, ma su una ero sicuro: mi voleva accanto. Questo per ora mi sarebbe bastato, il resto l’avrei udito dalle sue labbra. Inghiottii il rospo e mi rivolsi a Ru.
“Cosa significa che non mi sente?”
“Non ti può sentire. Questi vampiri qui davanti sono già morti.” Stavo per controbattere dicendogli che la cosa era ovvia, ma alzò una mano per farmi segno di non interromperlo. “Per morti intendo fatti a pezzi e bruciati, dovrebbero essere cenere invece sono di carne e ossa. Maledettamente bravi in battaglia per quante volte li ammazzi si riformano all’infinito. Fen ne custodisce le anime facendo di loro una temuta elite di fedeli combattenti, noi li chiamiamo non-morti. Per tenerli in questo mondo deve mantenere aperta la porta che conduce nell’aldilà, ma come Rahel sta diventando umana. E’ sorprendente che non lo sia già. Sta impiegando tutte le sue energie per tenere aperto il collegamento fra i due mondi, la sua mente è chiusa a qualsiasi input esterno; l’ha fatto per proteggersi, ma così facendo non si rende conto che siamo qui. Se continua così quando diventerà umana non le rimarrà nemmeno la forza per respirare.”

[fine quarantaquattresima parte^^]


  
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