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Autore: sesshydil    23/07/2008    5 recensioni
Lei: una rinnegata, con una terribile maledizione, costretta a vivere nella notte, lontana dal sole.
Lui: un elfo, forte e coraggioso, con un gran senso dell'onore.
Possono due persone così diverse stare vicine..o addirittura amarsi?.. Con una guerra in atto, tra armi e battaglie, una storia sta x nascere..
Genere: Romantico, Triste, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Legolas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4°:

CAPITOLO 4°: Salvataggio alla locanda.

 

L’elfa sorrise fra se e se, osservando quegli uomini intrepidi, coraggiosi e valorosi asciugarsi felici al tenue calore emanato dal fuocherello. Gandalf, grazie alla sua magia, era riuscito ad asciugare i ceppi di legno portati da Morwen ed aveva così acceso un bel fuoco che ardeva scoppiettante nella grotta.

In breve tempo, la compagnia, asciutta e rinvigorita, fu pronta per compiere l’ultimo tratto di strada che la separava da Edoras.

I cavalli correvano veloci sull’erba bagnata di pioggia, un tenero venticello faceva svolazzare i mantelli. Tutto era illuminato dalla tenue luce di un sole che aveva da tempo passato il mezzo dì e che tra breve sarebbe andato a dormire.

Gandalf, come sempre in testa al gruppo, si fermò con lo sguardo fisso d’innanzi a se, aspettando che gli altri lo raggiungessero. Il suo sguardo spaziò in un ampia pianura ricoperta da campi coltivati. Qua e la si intravedevano contadini immersi nel loro lavoro, gli animali da soma che lavoravano faticosamente: finalmente tracce della presenza di una città. Con un dito, indicò in lontananza una cittadina agli altri che erano fermi accanto a lui.

 

< Eccoci arrivati ad Edoras.> disse solenne. Nei suoi occhi si poteva leggere una ferma determinazione, per il compito che lo attendeva.

 

< Vedo un palazzo, situato nel punto più elevato.. il suo tetto sembra ricoperto d’oro!> esclamò Legolas.

 

< Quello è il palazzo d’oro di Meduseld, dimora di re Théoden Re del Mark, la cui mente adesso è vittima di un sortilegio. > spiegò lui con sguardo cupo.

 

< Un sortilegio.. vittima piuttosto delle false parole di un consigliere falso e servitore dei poteri oscuri. Quella serpe di Vermilinguo sta portando Théoden alla rovina. > per la prima volta, la voce di Morwen tradì un fremito di rabbia.

 

< Non saremo i benvenuti qui, attenzione a ciò che direte. > disse Gandalf spronando il cavallo.

 

< Certo che non saremo i benvenuti.. se portiamo con noi certe compagnie.. > esclamò Gimli osservando torvo l’elfa.

 

< Io ho passato molto tempo a Edoras nano, sicuramente il mio arrivo sarà meglio accolto di quanto non lo sarà il vostro. > e detto ciò, la donna incitò il cavallo al seguito di Ombromanto, seguita dagli altri.

 

***********

 

Come predetto da Gandalf, l’arrivo degli stranieri in città non fu dei più calorosi, anzi. Mentre percorrevano la strada che li avrebbe condotti al palazzo d’oro, furono seguiti da sguardi cupi e minacciosi, il silenzio regnava sovrano.

Solamente Morwen sembrava non attirare l’ostilità della gente, cosa che sarebbe parsa strana, visto che ella era l’unica con il corpo nascosto e l’aria minacciosa. Ma come aveva spiegato al nano, Morwen era conosciuta a Edoras, e la gente non prestava quasi più attenzione al suo abbigliamento inquietante e misterioso.

Venne infatti salutata allegramente dalle guardie che si trovavano davanti al portone del palazzo, con le quali ella scambiò qualche parola di convenienza.

Non altrettanto felici furono verso gli altri avventurieri, specialmente nel vedere Gandalf. Era convinzione che l’arrivo dello stregone portasse solo sventure e disastri.

 

< Non potete entrare nel palazzo armati. Per ordine.. di Grima Vermilinguo. > disse una delle guardie risolute.

 

< Bene, adesso a causa di quella serpe sono anche costretta a lasciar fuori le mie armi! Cose teme? Che abbia intenzione di uccidere il re? Razza di stolto! > esclamò indignata l’elfa, appoggiata dalle esclamazioni dei suoi compagni.

 

< Mi spiace, Morwen, ma non possiamo fare altrimenti. > rispose la guardia.

 

< Molto bene, vorrà dire che non entrerò. E’ da tempo che non vedo dama Eowin, sarò felice di poterla incontrare. Sono certa che voi ve la caverete > disse poi incrociando lo sguardo di Gandalf, che dopo aver consegnato la spada, era pronto ad entrare. Con un lieve cenno di saluto verso gli altri, si dileguò in un corridoio laterale, lasciando gli altri stupiti.

 

********

 

L’elfa percorse sicura i vari corridoi che si incrociavano fra loro come un grande labirinto. Avrebbe potuto perdersi facilmente, se non li avesse conosciuti tutti alla perfezione. Li aveva percorsi un’infinità di volte, in tutto il tempo trascorso in quel palazzo. Ci tornava sempre volentieri, era uno dei pochi posti in cui si sentisse a casa. In parte era dovuto alle gentilezze e all’allegria della dolce dama Eowin, in parte, al fatto che li, a nessuno importava chi fosse e da dove venisse, nessuno aveva pregiudizi verso di lei. Allungò una mano a toccare le fredde pareti di pietra del palazzo, come le era stato insegnato: se mantieni una mano contro la parete, non puoi perderti. Le pareti sbucano sempre da qualche parte! Soleva ripeterle Eowin.

Persa nei suoi pensieri, non si accorse quindi di una giovane dona dai lunghi capelli dorati e la veste bianca che andò a sbatterle addosso.

 

< Dama Eowin!> esclamò appena l’ebbe riconosciuta.

 

< Morwen!> gli occhi della donna, dapprima preoccupati e ansiosi, si illuminarono di gioia nel riconoscere l’elfa.

Le due donne si abbracciarono felici. < Mia cara Morwen, quanto tempo è passato dalla tua ultima visita! >

 

< Ho viaggiato per lungo tempo, e devo ammettere di essere stanca.> rispose con un sorriso l’elfa.

 

< La tua camera è sempre pronta.>

 

< Ti ringrazio di cuore, Eowin. Ma prima di andare a riposarmi, vorrei sapere il perché della vostra corsa e della vostra preoccupazione. > rispose Morwen scrutandola attentamente.

 

< Ho appena saputo dell’arrivo di Gandalf e di altri viaggiatori con lui, e della loro visita al Re. Non posso lasciarlo solo, sono molto preoccupata! > disse la donna scrutando con ansia vero la porta che conduceva alla sala del trono.

 

< Non devi preoccuparti, mia dolce dama. I viaggiatori di cui parli sono miei compagni, e sono venuti qui con le migliori intenzioni. Non potranno che fare del bene a vostro zio. Venite a constatarlo con i vostri occhi! > la voce calma dell’elfa riuscì a tranquillizzare la donna, che prese con dolcezza la mano tesa di Morwen e con ella, si avviò dal Re.

 

La scena che si presentò ai loro occhi era incredibile, ed inaspettata.

Théoden, il Re del Mark, dopo parecchio tempo si ergeva di nuovo in piedi e stringeva in mano la sua spada, che per il momento era puntata al collo di un pallido uomo dagli occhi acquosi inginocchiato sul pavimento.

 

< Vi prego padrone..io sono sempre stato un bravo consigliere… risparmiatemi vi prego.. > implorò lui.

 

La rabbia del Re era palpabile nell’aria ma nonostante questo, ritrasse la spada e cacciò via il suo ex consigliere Vermilinguo.

Morwen sentì Eowin piangere al suo fianco, e con un sorriso, la vide correre ad abbracciare suo zio, finalmente libero dall’incantesimo che per lungo tempo lo aveva tenuto imprigionato. Davanti a lui si ergevano Gandalf e Aragorn, e un poco più indietro Legolas e Gimli, tutti con uno sguardo fiero e un sorriso felice sul volto.

Morwen osservò i suoi nuovi compagni di viaggio: osservò Aragorn, fiero e temprato dai lunghi anni di vagabondaggi, Legolas, dagli occhi pieni di coraggio e dalla bellezza abbagliante, il nano, ben fermo sulle gambe e pronto a lottare fino alla fine, e infine Gandalf, fragile come una foglia e al contempo duro come la roccia, da cui emanava un incredibile aura di potere. Per la prima volta, nel cuore dell’elfa balenò un guizzo di fierezza al pensiero che quegli uomini l’avevano accettata nel loro gruppo, ma subito cancellò il pensiero. Era facile essere accettati, quando gli altri non sapevano niente di te.

Si riscosse dai suoi pensieri. Un urlo aveva accolto l’annuncio del re di un banchetto che si sarebbe tenuto l’indomani.

Era giunto il tempo di festeggiare un po’, dimenticando per breve tempo la guerra.

Con un lieve inchino rivolto al re, e un sussurro a Eowin affinché non la aspettassero per la cena, Morwen si ritirò nell’oscurità dei corridoi.

 

**********************

Era ormai notte quando Morwen uscì silenziosa come un ombra dalla sua stanza, percorse velocemente i vari corridoi e sbucò alla luce della luna, fuori dal palazzo che brillava lievemente nella notte.

Respirò l’aria della notte, dopodichè si allontanò dal palazzo incamminandosi velocemente verso il villaggio illuminato. Non si accorse che una figura la seguiva.

Morwen percorse sicura i vari vicoli che si snodavano per le case buie, l’oscurità non permetteva di vedere a pochi centimetri dal proprio viso, nonostante ciò non esitò nemmeno una volta, allontanandosi sempre di più dalla strada principale e quindi, dal palazzo.

Poco più di mezz’ora da quando aveva lasciato il palazzo, giunse in una piccola piazzetta quadrata, dalla quale quattro strade identiche si perdevano nell’oscurità. Al centro della piazza si ergeva una fontana circolare, ormai logorata dal tempo, nella quale le donne solevano lavare i panni tutte le mattine. Rimase a fissare come trasognata la fontana da cui l’acqua sgorgava limpida e il suo suono delicato riempiva dolcemente il silenzio della notte. Si strinse nel mantello e dopo un attimo di esitazione, alzò la testa e si diresse veloce verso la seconda strada a partire da destra.

Dopo pochi passi, arrivò ad una squallida locanda: i muri, pieni di crepe e con buchi sparsi qua e la, erano sudici e sembravano sul punto di crollare. Il nome della locanda, scritta con un colore rossastro molto simile al sangue, era illeggibile nella lieve luce che illuminava le finestre sporche.

Morwen appoggiò la mano sul battente della porta e diede una leggera spallata alla porta, che si aprì con un cigolio sinistro.

L’interno della locanda era arredato in modo molto semplice, con delle panche di legno e delle lunghe tavolate. L’ambiente era illuminato da molti candelabri, e solamente in prossimità del bancone si trovavano due lampade ad olio.

Si avvicinò silenziosa al bancone, dove l’oste, dopo aver osservato la figura incappucciata per un attimo, le servì il boccale di birra che aveva ordinato. Era un uomo sulla quarantina, con un grossa pancia flaccida e due grandi baffi sotto il naso. La barba mal fatta e gli occhi neri acquosi gli davano un aspetto sinistro e poco raccomandabile. Aveva trascorso la maggior parte della sua vita in quella locanda, e la prima cosa che aveva imparato era stato di non fare domande e di dare al cliente ciò che desiderava, e soprattutto, aveva imparato che era meglio restare fuori dai guai.

Così, rivolse solo un occhiata alla figura che andò a sedersi su una panca appoggiata al muro e seminascosta nel buio, e quando vide un gruppetto di uomini alzarsi e andarle in contro, distolse velocemente lo sguardo e, fischiettando, iniziò a pulire con uno straccio un bicchiere.

Morwen si sedette sulla panca, rilassando la schiena contro la parete fredda del muro e stiracchiandosi le gambe. Con uno sguardo, osservò un gruppo di uomini alzarsi e camminare nella sua direzione, quindi chiuse gli occhi e bevve una sorsata della birra. Quella locanda poteva anche essere un covo di banditi e poco di buono, ma la birra era la migliore della città.

Osservò l’uomo sedersi davanti a lei, dall’estremità opposta del tavolo. Aveva una barba ispida e nera, unta come i capelli, che arrivavano fino alle spalle ed erano lasciati liberi di cadere in modo scomposto sul viso. Numerose cicatrici gli deturpavano il volto, e gli occhi, di un marrone fangoso, brillavano di malvagità. I vestiti erano logori e sporchi, e lo spadone che portava al fianco, era incrostato di fango. Gettò solo un’occhiata agli altri suoi compagni, che di certo non ispiravano più fiducia del loro capo. L’elfo storse il naso: cielo quanto puzzavano quegli uomini!

 

< Bene bene! Guarda chi si fa rivedere da queste parti! > esclamò l’uomo con le cicatrici, chiamato Ordigh.

 

La donna beve un’altra sorsata dal suo boccale, senza dire parola, continuando a tenere gli occhi bassi: sembrava non si fosse nemmeno accorta che l’uomo avesse parlato.

 

< Guardami quando ti parlo! > urlò l’uomo, scaraventando per terra il bicchiere che la donna aveva appena posato sul tavolo. Il rumore del vetro infranto sul pavimento si confuse con le risate oscene degli altri uomini.

 

Lentamente, la donna alzò lo sguardo, e puntò gli occhi viola in quelli marroni dell’uomo, che sentì un brivido attraversargli la schiena: quegli occhi, sembravano due pezzi di ghiaccio.

 

< Non hai rispettato l’accordo! Dovevi ucciderlo, era questo il tuo compito! Non era così complicato! > riprese lui, tremando dalla rabbia.

 

< Mi è stato proposto un accordo più vantaggioso. Non mi servite più a niente voi > rispose lei tranquillamente, sfidando lo sguardo dell’uomo.

 

Al sentire quelle parole, l’uomo saltò in piedi afferrando il mantello della donna in prossimità del collo e la tirò a se.

< Dannata stupita! Un accordo più vantaggioso dici? Stupida donna! Speravi davvero di poter cambiare parte come se niente fosse? Ti sembro uno stupido? Tu avevi un compito e dovevi portarlo a compimento! Erano questi gli accordi dovevi rispettarli! > le urlò lui in faccia. < Avrei dovuto saperlo! Non ci si può fidare di una stupida donna! >

 

< Le donne non servono ad altro che a farci divertire in camera da letto! Solo quello dovrebbero fare.. pulire casa e aprire la gambe quando vogliamo!> esclamò un uomo con due grandi bassi rossi, suscitando le risate dei suoi compagni.

 

A queste parole, Morwen allontanò la mano di Ordigh e lo spinse lontano, facendolo ricadere sulla panca e infine per terra, dopodiché, con una velocità impressionante, estrasse la spada e con una rotazione del braccio la conficcò nel collo dell’uomo che aveva parlato.

Tutti rimasero un attimo in silenzio, osservando il corpo dell’uomo afflosciarsi privo di vita, l’ombra della risata ancora dipinta sul suo viso.

< L’accordo è rotto. > disse l’elfo freddamente.

Fu un attimo.

Un urlo proruppe dalla gola di Ordigh, che con uno scatto si alzò da terra e puntò in avanti la spada, in un goffo tentativo di affondo, che la donna deviò facilmente. A quel punto, tutti gli altri uomini estrassero le loro spade e si avventarono contro di lei.

Dopo aver parato diversi colpi e aver ucciso un altro uomo, Morwen fece un veloce calcolo della situazione: era da sola contro una decina di uomini infuriati, per di più in uno spazio ristretto che le permetteva poca agilità di movimento. Doveva andarsene, o quanto meno, cercare una postazione più favorevole al combattimento. Con uno sbuffo e un “ dannatissimi umani!”, la donna salì in piedi sul tavolo, colpì alle gambe uno ei due uomini e con una capriola si ritrovò al centro del locale. Almeno adesso aveva più facilità di movimento.

Parò l’affondo di un primo uomo, mandandolo a sbattere poi contro un tavolo e schivando appena un altro, che le si era gettato contro con una sedia. Girando su se stessa, riuscì a colpirne un altro. Un rapido movimento di polso le permise di evitare che le ferissero la spalla destra, però nel contraccolpo, la spada le cadde di mano, scivolando poco più avanti. Mentre la osservava cadere, sentì il freddo metallo contro la sua pelle, poi un dolore atroce le esplose dal fianco destro. Con una gomitata e un pungo atterrò l’uomo che l’aveva ferita, gli occhi che mandavano scintille. Con difficoltà, riuscì a recuperare la spada, ma nel frattempo riuscirono a ferirla alla spalla destra. Costretta a tenere la spada con la sinistra, si osservò in torno. Era accerchiata, ed era ferita: la cosa si stava rivelando più difficile di quanto avesse immaginato. Doveva riuscire ad andarsene. Certo, lei era superiore in destrezza e abilità a quegli uomini, ma in uno spazio così ristretto, inoltre ferita, non poteva combatterli. Il numero fa la forza dopo tutto.

Persa nei suoi pensieri, si accorse appena in tempo dell’uomo che tentava di colpirla da dietro. Fece ruotare all’indietro la sua spada e la conficcò nello stomaco dell’uomo. Quando lo vide cadere su di se, capì che non ce l’avrebbe fatta. Tentò di schivare il cadavere dell’uomo ma non ci riuscì,e in un attimo si ritrovò a terra, il braccio che reggeva la spada intrappolato dal peso dell’uomo.

 

< Non permetto che mi si prenda in giro donna! > esclamò Ordigh puntando la spada contro il collo della donna.

 

Fu in un secondo che Morwen capì che era la fine. Non poteva farcela, non questa volta. Tuttavia, l’idea di morire non la turbò più di tanto. Lei non desiderava la morte, questo no, semplicemente non aveva alcun motivo per cui valesse la pena di vivere.

Vita o morte, per lei non faceva alcuna differenza. Anzi, forse con la morte, avrebbe finalmente trovato la pace, avrebbe potuto smettere di preoccuparsi, di temere.. avrebbe potuto smettere di ricordare.

Si dice che quando si sta per morire le immagini della nostra vita ci passino davanti agli occhi. Per l’elfo non fu così. Si era abituata a tenere i ricordi rinchiusi dietro una porta, e nemmeno il pericolo della morte riuscì a convincerla ad aprirla. Però, nella sua mente fredda e vuota, nella quale cercava di non conservare niente e nessuno, un volto le apparve. Dapprima lieve e indefinito, come avvolto da uno strato di nebbia. I lunghi capelli biondi, il viso bianco e dalla mascella severa, gli occhi di un blu profondo, pieni di orgoglio e coraggio.. il volto di Legolas emerse pian piano dalla nebbia, fino a riempire la testa della ragazza, fino a confondersi con la realtà.

Vide la spada avvicinarsi sempre di più alla sua testa e..

 

*************************

 

Dalla sua postazione, vide il gruppo di uomini alzarsi e dirigersi verso la donna. Non sembravano ben intenzionati. Si chiese cosa mai avesse a che fare Morwen con quegli uomini. Non si sapeva niente di lei.. ed eccola infatti che tramava con dei brutti ceffi, certamente per tradirli! Pensò l’uomo tremando di rabbia e svuotando con un sorso il bicchiere di vino.

Ma dovette ricredersi quando vide la donna affondare la spada nel corpo di uno degli uomini.

Bene bene! Pensò. Vediamo che cosa sa fare.

E tutto sommato, dovette ammettere che era davvero brava. Schivava i colpi con un’agilità incredibile, sembrava che lei e la sua spada danzassero. Di un ballo tutto loro, un ballo personale, un ballo elegante, un ballo portatore di morte. Era affascinante seguire il veloce guizzò di quella spada. La donna affondava, parava, si spostava, schivava e colpiva, senza mai perdere la concentrazione, senza mai tradirsi, senza lasciare lo spazio all’avversario per colpire. Era davvero brava, soprattutto se si teneva conto dello spazio stretto che limitava la possibilità di movimento, ma era chiaro che nonostante la sua bravura era in difficoltà. Gli aggressori erano troppi e lei era da sola.

Con un sussultò osservò la spada dell’uomo penetrare nel fianco della donna, ma con un sorriso la vide tirargli un pugno e cercare poi di recuperare la sua spada.

La osservò affascinato combattere anche con la mano sinistra, con un freddo contegno, nonostante fosse chiaro anche a lei che non poteva farcela.

Vide il corpo dell’uomo caderle addosso, e capì che non poteva lasciarla morire.

Era un’ottima guerriera, e stava dalla loro parte. Aveva combattuto bene, era da onorare per questo. Non era giusto che morisse così.

Vide l’uomo calare la spada...

 

***********************

 

Morwen vide la spada avvicinarsi sempre di più alla sua testa e…

L’uomo spalancò gli occhi e lasciò cadere la spada inerte per terra, a poca distanza dal volto della donna. Ondeggiò per un attimo, un rivolo di sangue gli colò dalla bocca e una macchia rossa si diffuse sul petto di Ordigh, dopodiché cadde a terra.

Dalla posizione in cui si trovava, non riusciva a capire ne cosa ne chi avesse colpito l’uomo. Sentiva solo che adesso c’era qualcun altro che stava affrontando gli uomini. Con il braccio libero spinse il corpo dell’uomo sotto cui si trovava il suo braccio, e con un veloce scatto del braccio riuscì a liberarsi. Si rialzò in piedi, la spada in mano.

Un’ascia era conficcata nella schiena di Ordigh.

Incredula, osservò la folla di uomini, fino ad incontrare gli occhi del suo salvatore, fino ad incontrare gli occhi di Gimli il nano.

Ancora stupita, lo vide un uomo e dirigersi poi velocemente verso di lei, estrarre l’ascia dal corpo dell’uomo e lo sentì dire: < ancora viva a quanto pare! > un guizzo divertito negli occhi, dopodiché si ributtò nella mischia.

Con un sorriso, l’elfo abbatté altri due uomini. Dopo qualche minuto, si guardò intorno: la locanda era piena di sangue e di cadaveri. Gli uomini erano tutti morti. Un sospiro di sollievo, dopodiché, afferrò il nano per un braccio e insieme a lui, si catapultò fuori dalla porta della locanda.

Con una breve corsa arrivarono alla piazza con la fontana.

Morwen si avvicinò silenziosa e appoggiò le mani sulle fredde pietre che formavano il cerchio nel quale l’acqua che zampillava dalla fontana si raccoglieva. Osservò il suo volto riflesso nell’acqua: portava ancora la maschera argentata. L’immagine di Legolas era ancora viva nella sua mente.

Per quale motivo mi è venuto in mente lui? Si chiese la donna, osservando l’acqua uscire dalla fontana, lasciandosi cullare dal dolce suono dell’acqua che scorreva.

 

< Si può sapere per quale motivo ti sei attaccata con quegli uomini? > l’aggredì il nano.

 

< Si può sapere perché eravate li? Perché mi avete seguita? > rispose lei innervosita dal tono del nano, voltandosi a guardarlo.

 

< La domanda l’ho fatta per primo io, ed ho diritto ad avere la risposta visto che per colpa tua ho rischiato la vita! >

 

< Non vi ho chiesto io di seguirmi e nemmeno di intervenire, avete fatto tutto da solo! >

 

< Avresti preferito che ti avessi lasciato morire? >  ringhiò Gimli, urlando.

 

< Sarebbe stato indifferente. Vita o morte, è indifferente per me > rispose la donna in un sussurro abbassando gli occhi e dando le spalle al nano.

 

Gimli osservò la figura incappucciata. Le sue parole l’avevano scosso profondamente. Quale persona poteva aver così poco a cuore la sua vita, o peggio ancora, restare indifferente davanti alla morte? Cosa nascondeva quella donna misteriosa? Quella frase, detta con una calma e una naturalezza estrema, priva di ogni sentimento, fece sbollire in lui la rabbia, e anche ogni forma di risentimento verso l’elfo.

 

< Cosa volevano quegli uomini? > chiese Gimli, con calma. 

 

< Avevamo un accordo, ma ora non più. > rispose lei semplicemente, come se questa fosse una chiara spiegazione e non ci fosse bisogno di aggiungere altro.

 

< L’accordo di cui parli.. prevedeva l’uccisione di Aragorn? > chiese dopo una breve riflessione il nano. < E cosa ti avrebbero dato in cambio? > chiese ancora lui, dopo che l’elfo ebbe mosso la testa in segno di affermazione alla sua domanda.

 

< Cosa mi avrebbero dato in cambio non è importante. Adesso io ho un accordo con voi, io combatto con voi. Ero venuta qui per chiarire la cosa… e direi che è stata chiarita. > concluse Morwen con un sorrisino.

Adesso che non doveva più combattere, la donna si accorse del liquido caldo che continuava a scorrerle lungo il fianco destro, scendendo giù fino alla gamba. Tentò di muovere il braccio destro verso il fianco ferito, ma un dolore acuto le impedì il movimento. Dannazione! Pensò lei, mentre la testa iniziava a girarle. Stava perdendo troppo sangue.

Con fatica, si appoggiò al bordo della fontana, tentando di prendere fiato, ma la maschera e il mantello che aveva addosso le impedivano di respirare facilmente. Se solo non ci fosse stato il nano avrebbe potuto togliersi il mantello e curarsi le ferite.. ma a quanto pareva, Gimli non era intenzionato ad andarsene.

 

Notando la sua difficoltà, il nano le si avvicinò lentamente. < Scusami. Avevo dimenticato che eri ferita >

Morwen scosse la testa, facendogli capire che non era niente di grave, che ce la faceva.

 

< Non ti preoccupare. Mi vuoi dire perché mi hai seguita? >

 

Anche nel buio della notte, l’elfo vide le guancie del nano imporporarsi.

< Beh ecco io.. beh.. si insomma.. ti ho seguita perché.. perché speravo che finalmente ti saresti tolta questo dannato mantello! Non sopporto più di non sapere chi sei, specialmente non sopporto di non poterti guardare in faccia..no no!! > esplose lui infine.

 

Una risata. Una risata cristallina, una risata soave.

Gimli alzò lo sguardo e vide la donna scossa da un tremito incontrollabile. Stava ridendo. Gimli pensò che non aveva mai udito una risata più bella.

< In fondo mi hai salvato la vita. >

Il nano sgranò gli occhi per lo stupore quando, dopo un attimo di esitazione e sempre continuando a ridere, la donna lasciò cadere a terra il mantello e lentamente si sfilò la maschera.

 

Il nano restò a contemplare a lungo il viso della donna. Era impossibile decifrare i suoi pensieri.

Morwen sostenne l’esame in silenzio, lasciando che il nano la osservasse.

Dopo un po’, il nano scosse la testa e si mise a ridere.

 

< Ed è solo per questo che indossavate quella stupida maschera? > disse lui scuotendo la testa e osservando il volto della donna.

 

< No, direi che non c’entra niente > rispose lei con un sorriso, accarezzandosi la guancia sfigurata. < Comunque, siete soddisfatto ora? >

 

< Mmm abbastanza.. ma lo sarò di più quando saprò anche il vostro nome! > rispose lui tendendole la mano e aiutandola ad alzarsi.

 

< Mi sembra giusto > disse lei con un lieve sorriso, e, appoggiandosi al nano come sostegno, si incamminarono vero il castello, parlando..

 

**********************************************************************

Tadam!! Ed eccomi finalmente tornata!!!  Con il computer a posto finalmente!!

XD mamma mia che lungo questo capitolo ci ho messo un sacco a scriverlo!

Spero che ne sia valsa la pena e che vi sia piaciuto!! Allora è stato chiarito il perché lei avesse tentato di uccidere Aragorn? Spero di si.

E finalmente Morwen si è presentata a Gimli, e si può dire che fra loro nascerà un’amicizia…

Dunque: Aragorn sa già tutto su di lei, e adesso anche Gimli ( o almeno una parte, in fondo Morwen non ha racconta mai tutta tutta la sua vita).. beh a quanto pare gli unici rimasti che non sanno niente.. sono Legolas.. e tutti voi!!

XD

Ma come sono cattiva ihih!

No non vi preoccupate..nel prossimo capitole verrà tutto spiegato.. o almeno una buona parte!!!

Per cui, non perdetevi il prossimo capitolo!

 

                                                            

RINGRAZIAMENTI:

 

Eleniel483: mi fa davvero piacere sapere che la storia ti piace così tanto è un onore per me e ti ringrazio molto per i complimenti!! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto!! Un mega bacio alla prossima!

 

Chichetta99: ciao e la prima volta che commenti! Mi fa davvero piacere!! ^^ mmm dici di avere delle idee su Morwen? Sarei proprio curiosa di sapere cosa pensi!! Spero di non deluderti in seguito e che questo capitolo ti sia piaciuto! A presto.

 

Illidan: Ciao!! Sisi Erdie si legge come si scrive. In effetti si, è stata lontana da Gran Burrone per molto tempo ( anche secondo il criterio degli elfi).. anche se non per sua scelta.. ma non svelo niente! ^^ comunque spero che ti sia piaciuto il capitolo! Visto? Gimli e Morwen hanno finalmente fatto pace, e tra loro sta per nascere una bella amicizia.. insomma non potevo mica farla litigare con tutti i personaggi della storia ^^ alla prossima ciao!!

 

Un grazie e un abbraccio anche a tutti coloro che mi seguono..commentate e continuate a seguirmi!! Ciao!

 

 

 

 

 

 

  
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