CAPITOLO
3°: Ricordi dopo la tempesta.
<
Giungerà il giorno i cui voi dovrete raccontarmi la vostra storia, e in cui io
vi racconterò la mia. >
<
Sarò solo io a scegliere se
raccontarvela o no. In ogni caso, mi auguro che quel momento non arrivi
>
detto ciò, Morwen saltò in sella al suo stallone e si
allontanò veloce vero il Sole appena sorto, seguita con lo sguardo dall’elfo
pensieroso.
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Il
vento freddo di quel mattino riuscì a penetrare la maschera che la donna
portava, arrivano ad accarezzarle lievemente il viso. Un odore intenso di
pioggia accompagnò il soffio di vento, che costrinse Morwen
a frenare la corsa di Orthored (= il
dominatore/conquistatore). Lo stallone al comando dell’elfo si fermò sbuffando
e rimase ad aspettare scalpitante l’arrivo degli altri cavalli.
Nonostante
sembrava che Ombromanto non sentisse la fatica, gli
atri due cavalli erano stremati dai due lunghi giorni passati, in cui erano
stati costretti a galoppare senza sosta per miglia e miglia.
Aragorn
si fermò accanto alla donna, la cui testa era rivolta vero l’alto, ad osservare
le pesanti nubi che stavano ricoprendo il sole.
< Sembra che presto
verremo colpiti da un temporale > disse l’uomo, esprimendo a voce
ciò che la donna stava pensando.
< Propongo di
cavalcare ancora per un paio di miglia, se non sbaglio dovremmo arrivare così
in un boschetto, non troppo lontano da Edoras, dove
potremo trovare riparo dalla pioggia > disse Gandalf, con cipiglio
assorto, perso nel ricordo di tempi lontani.
< Il giorno è sorto
solo da poche ore, non vedo per quale motivo fermarci così presto. Perderemo
solo tempo >
protestò Morwen.
< Oh ma sentitela!
Strana ragazza, non so se il vostro mantello può proteggervi anche dalla
pioggia e dal freddo. Cavalcate pure da sola se desiderate, ma io non ho
nessuna intenzione di inzupparmi fino alle ossa, cavalcando per tutto il
giorno! >
rispose brusco il nano, guardando la donna in cagnesco. Era ancora contrario
alla compagnia della figura incappucciata, e non nascondeva la sua
disapprovazione.
< Morwen
ha ragione. Anche a me spiace dover perdere del tempo prezioso per colpa di un
temporale >
si intromise Legolas, prevenendo la donna ed evitando così lo scoppio di un
litigio fra lei e il nano < Eppure anche Gimli
ha ragione. Non ha senso prendersi tutta la pioggia, rischiando di stare poi
male. Inoltre, i cavalli sono stremati. Farli correre sotto la tempesta sarebbe
come mandarli al macello. Hanno bisogno di un po’ di riposo > aggiunse
l’elfo, sussurrando poi dolci parole all’orecchio dell’animale che cavalcava,
dandogli leggere pacche sul collo.
< Molto bene allora.
Procediamo fino al boschetto citato da Gandalf. Ma occorre muoverci, se
vogliamo scampare dal temporale > detto ciò, Aragorn spronò il
cavallo avanti, seguito da tutti gli altri.
Solo
Morwen rimase ferma, fissando il gruppo allontanarsi
al galoppo. Sospirò. Un vero peccato. Adorava così tanto cavalcare sotto la
pioggia.
Con
una scrollata di spalle, spronò Orthored a seguire
gli altri.
Il
temporale li sorprese prima di quanto avessero previsto.
Erano
arrivati a metà del tragitto che avevano deciso di percorrere, che il cielo
cadde sulle loro teste, o almeno così sembrò al gruppo.
L’acqua
si rovesciò sulla compagnia senza possibilità di scampo, chiudendoli in una
morsa di freddo e di gelo. Le nuvole rendevano il cielo grigio e il tempo cupo.
La luce del sole non riusciva a scalfire nemmeno lievemente la barriera di
nuvole, e l’acqua fitta impediva alla compagnia di poter vedere in lontananza.
Persino
Legolas e Morwen, sebbene fossero elfi, faticavano a
vedere più lontano di qualche metro.
Mulinelli
di vento e pioggia si insinuavano fra i cavalli, e più di una volta i
componenti del gruppo rischiarono di perdersi.
Dopo
quasi un ora passata sotto la pioggia e percorrendo un breve tratto di strada,
visto che erano costretti a procedere lentamente per non perdersi, trovarono
rifugio dietro un enorme masso, posto vicino ad una collina. Non si trattava di
un vero rifugio, ma l’enorme sporgenza della pietra consentiva un leggero
riparo dalla pioggia, permettendo al gruppo di scappare per un po’ alla furia
della tempesta.
Inutile
dire, che arrivati a quel punto, erano completamente bagnati. I mantelli si
appiccicavano ai corpi, e più che un riparo erano diventati un impiccio.
< Altro che
temporale!! Sembra la fine del mondo! > esclamò il nano, sputando
acqua.
< Dobbiamo
proseguire! Ormai manca meno di mezzo miglio al boschetto! > urlò
Gandalf, togliendosi i capelli dagli occhi.
Morwen si voltò con fatica a
guardare verso il punto indicato dallo stregone. In effetti, coperto dalla
pioggia, riusciva a distinguere a poca distanza i contorni di un bosco.
< I cavalli sono
sfiniti, non ce la fanno più! > urlò Legolas, costringendo la
donna a guardarlo. I biondi capelli erano incollati attorno al viso e al collo
dell’uomo, gli abiti erano zuppi, eppure i suoi occhi blu rispecchiavano calma
e determinazione. < Inoltre, questo
terreno accidentato nasconde trappole e insidie! Non possiamo rischiare di
perdere un cavallo! > terminò, rivolgendosi a Aragorn.
< Hai ragione
Legolas, ma non possiamo nemmeno restare qui. Il bosco è vicino, si può vedere
ad occhio nudo. Dobbiamo raggiungerlo! >
< Si ma come? > urlò rassegnato
Gimli.
Un
silenzio interrotto solo dallo
scrosciare della pioggia calò sui compagni. Sembrava non ci fosse
soluzione. Andare avanti, sembrava equivalere alla disfatta, eppure non
potevano nemmeno restare fermi.
< Riesco a vedere il
bosco, e la pioggia non è un problema, ne per me, ne per il mio cavallo. > disse
improvvisamente Morwen rompendo il silenzio. < Faremo così. > estrasse una corda dal
fagotto che portava sulla schiena. < Io starò in testa,
e legherò la corda al collo di Orthored. Voi starete
dietro, e farete lo stesso con i vostri cavalli. Grazie alla corda, non dovremo
temere di perderci e potremo proseguire più spediti. Inoltre, come ha
giustamente detto Legolas, il terreno è pericolo, dovremo perciò condurre i
cavalli per la briglia, per impedire così che si rompano disgraziatamente una
zampa. >
terminò lei.
< Fammi capire bene.
Stai proponendo di andare a piedi? Sotto questo diluvio? > l’attaccò
Gimli.
< Sarà faticoso per
tutti quanti, ma questa è l’unica possibilità > rispose
lei fissandolo glaciale.
< Però il tratto da
percorrere non è molto lungo..ce la potremmo fare > disse
Legolas pensoso. Gandalf e Aragorn annuirono.
< Molto bene, Morwen, faremo come dite. > disse
Aragorn.
Le
corde furono velocemente legate e la compagnia dovette così tornare sotto il
diluvio, con la donna in testa al gruppo.
Fu
una camminata lunga e difficile. Sia uomini che animali erano appesantiti dalla
pioggia, più volte scivolarono rischiando di rompersi qualcosa.
Solamente
Morwen e il suo cavallo sembravano immuni all’acqua.
Procedevano veloci e sicuri, conducendoli su terreni solidi e poco pericolosi.
Fu solo grazie a loro se dopo due lunghe ore di fatiche, riuscirono a trovare
riposo sotto gli alberi del bosco.
Due
alberi caduti di recente avevano formato una specie di grotta nel terreno,
sufficientemente grande per ospitare 4 cavalli e 5 uomini.
Stremati
e infreddoliti, presero posto sotto gli alberi, grati di poter sfuggire per un
po’ al temporale.
Accendere
un fuoco per scaldarsi era impossibile, per cui dovettero accontentarsi di
aggomitolarsi vicino ai cavalli, gli uni accanto agli altri. Persino stringersi
nei mantelli era del tutto inutile.
Si
addormentarono velocemente, stremati dalla fatica di quelle ore, cercando
rifugio nei propri sogni, sogni che parlavano di sole e di caldo.
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Solamente
Morwen parve non risentire del temporale. Mentre gli
altri si concedevano una pausa e un sonno ristoratore, lei rimase sveglia e
vigile, seduta all’imboccatura della grotta, accanto al suo fedele cavallo. Se
uno degli uomini fosse stato sveglio in quel momento, avrebbe visto la donna
togliersi la maschera e abbassare il cappuccio, permettendo così alla pioggia
di bagnarle il viso e i capelli. Se avessero poi osservato attentamente il suo
viso, avrebbero notato su di esso un esile sorriso, e gli occhi persi a fissare
la pioggia, la mente immersa in chissà quale lontano ricordo.
Ma
quando si svegliarono, e il primo fu Legolas, vide semplicemente la donna
avvolta nel suo mantello nero e la maschera sul volto, seduta ad osservare i
lievi raggi del sole che penetravano attraverso le nubi.
L’elfo
si alzò in piedi e le si affiancò, guardando fuori. La pioggia aveva finalmente
smesso di cadere, e i primi raggi di sole attraversavano le nubi, illuminando
il bosco, facendo riflettere le gocce d’acqua intrappolate fra le foglie come
diamanti. Tutto attorno era silenzioso, non un rumore attraversava la foresta.
Sembrava di trovarsi in un meraviglioso incantesimo.
Poi,
improvvisamente, il canto di un uccellino ruppe il silenzio, seguito subito da
una risposta. In breve, il bosco tornò a vivere, pieno di rumore e allegria. Si
era alzato anche un leggero vento, che stava portando via le nuvole, lasciando
spazio a un meraviglioso tramonto. L’odore di erba bagnata arrivava intenso al
naso dell’elfo, che per la prima volta dopo molto tempo, si senti in pace e
rilassato, più che mai vicino alla sua casa nel Bosco Atro.
I
due elfi rimasero in silenzio per un po’, persi ognuno nei propri pensieri.
< Finalmente vi siete
svegliato >
disse poi lei, in un sussurro, come se avesse paura che alzando la voce quel
sogno meraviglioso sarebbe svanito, riportandoli nel mondo d’ombra.
< Ho dormito per
molto? >
chiese lui, osservandola.
< Solo qualche ora.
Vi siete svegliato giusto in tempo per la fine del temporale. > rispose
lei con una scrollata di spalle, dando una leggera pacca sul collo di Orthored perché si svegliasse.
< Voi non avete
riposato? >
< Non ne ho bisogno,
e in ogni caso, per me è molto più riposante stare in silenzio a guardare la
pioggia che cade.>
rispose lei alzandosi in piedi e stirandosi le gambe intorpidite.
Appena
fu sicura di essere lontana dalla vista dell’elfo, si sfilò i leggeri stivali
che portava, permettendo così ai piedi stanchi di rilassarsi sull’erba fresca.
Trasse un respiro profondo e, osservando il sole che scompariva dietro le
montagne, si tolse il pesante mantello, permettendo così al vento di
accarezzarla.
Andò
così in cerca di qualche ramo per accendere un fuoco, godendo della sensazione
dell’erba fra le dita dei piedi e del vento che le scompigliava i capelli. Al
collo, ondeggiava il ciondolo di Ailyan.
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Al
richiamo di Legolas, Aragorn si svegliò, e
l’impressione che ebbe fu di avere del ghiaccio al posto delle ossa. Dormire
con addosso i vestiti fradici aveva fatto si che il suo corpo si irrigidisse,
ed adesso ogni movimento gli costava un dolore alle giunture di tutto il corpo.
Non meglio erano messi gli altri, che lamentandosi, tentarono di alzarsi per
sgranchirsi un po’ le gambe. Solo Legolas sembrava stare bene, a parte il fatto
che aveva freddo, come tutti del resto.
< Dov’è Morwen? > chiese l’uomo, cercando con gli
occhi la donna.
< E’ andata a cercare
della legna per accendere un fuoco, poco tempo fa > rispose
l’elfo.
< Ottimo idea..> brontolò Gimli strizzandosi la barba, ancora fradicia.
< Penso che andrò a
cercarla. Un po’ di movimento non potrà che farmi bene > disse Aragorn con un sussultò, quando sentì le ginocchia
scricchiolare al tentativo di alzarsi.
Si
allontanò dalla grotta muovendo con fatica le gambe intorpidite. Ogni movimento
era un dolore, ma dopo breve tempo, il corpo iniziò a riscaldarsi e si sentì
meglio. Camminare era stata un ottima idea.
Girò
per un po’ cercando di trovare le orme della donna, cosa del tutto inutile, in
quanto un elfo non lasciava orme. Fu per fortuna, o per qualche strana ragione,
che Aragorn indovinò la strada presa da Morwen e trovò così i suoi stivali, il mantello e la
maschera.
Rimase
un attimo ad osservare il pesante mantello nero e la maschera argentata, che
rifletteva la tenue luce delle stelle. Era incredibilmente leggera, eppure
solida come l’acciaio.
Dopo
un attimo di riflessione, con un sorriso prese il tutto con se e continuò a
girovagare, cercando la donna, spinto dal desiderio di poterla finalmente
vedere…anche perché, era sicuro di aver capito chi fosse.
Dopo
più di mezz’ora, e parecchi giri a vuoto, la trovò.
Era
intenta a raccogliere la legna da un albero caduto a causa di un fulmine, i
lunghi capelli ondeggiavano al vento, la pelle perlacea del viso sembrava
riflettere di un tenue bagliore in quella notte scura. Le vesti semplici, di
colore scuro a richiamare le tenebre, come era in uso per la sua razza,
lasciavano intravedere un fisico snello e asciutto, dalle forme leggere e
armoniose. Era alta, molto alta rispetto alle donne umane, e il suo viso
emanava una bellezza da togliere il respiro. Il suo portamento regale emanava
un aura di potere, e nei suoi occhi si poteva leggere una freddo distacco dal
mondo. Il tutto incorniciava la fanciulla, rendendola simile alle figure astratte
dei sogni. Bellissima quanto irraggiungibile, al tempo stesso fragile come i
petali di un fiore e dura come l’acciaio. Canticchiava con voce soave una
triste canzone, che parlava di una fanciulla e di un temerario cavaliere, e del
loro amore disperato. Aragorn rimase a fissarla
incantato per un attimo. Era diversa da tutti gli altri elfi che aveva
conosciuto.
< Come pensate di
accendere un fuoco su quei ceppi fradici.. Erdie?> chiese lui
infine.
La
donna sussultò sorpresa, lasciando cadere la legna e voltandosi di scatto verso
di lui.
La
sorpresa sul suo volto era evidente. Sorpresa per essere stata vista senza
maschera da lui, sorpresa per esser stata chiamata con quel nome.
< Come mi avete
chiamata? >
domandò lei, fissando l’uomo stupita ed incredula.
< Erdie.
La solitaria. Ho sentito spesso parlare di voi. E’ dunque esso il vostro vero
nome?>
< Erdie…
no, non è il mio nome.. solo una persona mi chiamava così..come fate voi a
saperlo?>
< E’ da tempo che
avevo indovinato chi eravate. L’odio per la luce del sole, la non fiducia verso
le persone, l’amore per la luna e per la pioggia.. Tutto mi ha fatto pensare
che foste voi. Come faccio a sapere queste cose.. semplicemente, conosco
qualcuno che vi vuole molto bene, e che mi ha spesso parlato di voi.> disse poi
lui, accarezzandosi il ciondolo che portava al collo.
La
donna si avvicinò lentamente all’uomo, con un misto di timore e curiosità
dipinta sul viso. Gli occhi viola di lei fissavano quelli grigi di lui,
tentando di leggere ciò che esso pensava. Aragorn
sostenne lo sguardo di quegli occhi, seppur con fatica. Essi lo affascinavano e
lo inquietavano al tempo stesso, eppur non riusciva a distogliere lo sguardo,
intrappolato suo malgrado dal fascino esercitato dalla donna.
Solo
quando furono a un palmo di distanza gli uni dagli altri, Morwen
distolse lo sguardo e lo fissò sul ciondolo che pendeva al collo dell’uomo.
Allungò delicatamente una mano, sfiorando con le dita sottili il ciondolo, e un
lieve sorriso le increspò le labbra, accendendo sul suo volto un ombra di
tristezza, quella tristezza che hanno di solito gli anziani ripensando alla
loro gioventù, o che ha una donna quando dopo molto tempo rincontra il suo
primo amore. Una tristezza dovuta al ricordo di periodi lontani, periodi
felice. Una tristezza fatta di dolce tenerezza.
< Arwen..> sussurrò
dolcemente. Tornò a fissare Aragorn. < Vi ha parlato di me? >
< Spesso. Mi parlava
spesso di voi… e si, conosco la vostra storia > disse lui
in risposta allo sguardo allarmato di lei <
Conosco la storia per come mi è stata raccontata da Arwen,
e io mi fido del suo giudizio. Voi non potete essere malvagia, se ella vi vuole
così tanto bene. >
terminò lui.
< Conosco molti
uomini che non la penserebbero come te. Ma in fondo, tu non sei un elfo, queste
faccende ti riguardano poco, nonostante tutto, Elessar.
>
rispose lei tristemente. Poi, sul suo viso comparve, improvvisamente, magnifico
e divino un sorriso, che illuminò il suo bellissimo volto. < A quanto pare, siete in rapporti molto intimi tu e la
mia dolce amica >
rise allora lei maliziosa, facendo lievemente arrossire l’uomo. < Arwen alla fine ha fatto di
testa sua, ha seguito il suo cuore, ed esso l’ha condotta a te… bene, non
potevo sperare di meglio per la mia Tinu (= piccola
stella) > disse in fine lei, tornando a fissare l’uomo negli occhi.
Si
allontanò allora da lui volgendogli la schiena ed andando a recuperare la legna
che aveva raccolto.
< Vi sarei grata se
non parlaste a nessuno del nostro incontro, specialmente, vi sarei grata se
continuaste a far finta di non sapere niente di me. > disse lei
tornando a fissarlo, con le braccia cariche di legna.
< Come desiderate, Morwen, anche se vi assicuro che potreste fidarvi anche
degli altri nostri compagni.>
< Forse. Gandalf già mi conosce, e per quanto riguarda il nano e
l’elfo.. no, meglio di no. Non desidero litigi.> disse lei
scuotendo la testa. < In ogni caso,
adesso mi pento di aver tentato di uccidervi qualche giorno fa, ma vi assicuro
che è stata un’azione del tutto insignificante, per me priva di significato. La
vostra vita per me non era cosa di riguardo. Ma adesso che so che a voi
appartiene il cuore della mia amica.. oh, se sapesse l’accaduto mi
strozzerebbe! >
sorrise lei. < Suvvia, sarà meglio
tornare indietro. Vi prego di raccontarmi di dama Arwen,
mentre torniamo indietro. E’ da molto tempo che ne la vedo ne ricevo sue
notizie. >
L’atteggiamento
verso l’uomo era completamente cambiato al sapere che esso era l’amante di Arwen. Ascoltava rapita l’uomo raccontarle della vita a
Gran Burrone, rievocando in lei immagini di un passato ormai lontano ed adesso
doloroso. Era molto tempo che non parlava così a lungo con qualcuno.
Poco
prima di tornare alla grotta, ringraziò Aragorn per
le notizie che le aveva dato, ed anche per la chiacchierata, con la preghiera
di salutare Arwen da parte sua, appena l’avesse
rivista. Non rispose però all’affermazione dell’uomo, che sosteneva che sarebbe
potuta andare lei stessa a salutarla. Scuotendo la testa, si rimise gli stivali,
il mantello e la maschera e tornò alla compagnia, con in cuore una grande
dolcezze e l’immagine di due bambine, una dai capelli corvini e l’altra dai
capelli blu, che ridevano cavalcando felici lungo i verdi prati.
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Tadam eccomi
tornata!! Anf vi chiedo perdono per il ritardo, ma
purtroppo il mio computer si è guastato ed ho dovuto portarlo a riparare.
Sfortunatamente, è andato tutto perduto: tutti i documenti, tutte le immagini,
tutto! E non ho nemmeno una connessione a Internet adesso! ( aggiorno da casa
di una mia amica )
Vi
chiedo quindi perdono per il ritardo, e temo che per un po’ mi sarà difficile
aggiornare, ma farò del mio meglio. Comunque, questo capitolo è venuto
lunghissimo, spero che così sarò perdonata almeno un po’.
Dunque!
Aragorn sa tutta la storia della nostra misteriosa
donna.. bene bene, presto, anzi prestissimo, saprete
tutto anche voi!
Inoltre,
lei e Arwen sono amiche da molto tempo.. tranquilli,
presto tutto sarà spiegato!! Spero di avervi incuriositi!!
Attendete
il prossimo capitolo, preannuncio che nei prossimi 2 capitoli quasi tutto verrà
spiegato..non abbandonatemi quindi XD
RINGRAZIAMENTI:
Illidan: No, non ho
idea di quale videogioco sia XD non so proprio niente di videogiochi.
Io
sapevo solamente che Morwen =Nera Fanciulla, è formato da mor
< morn = “nero, scuro” e wen
< gwen < gwend =
“ragazza, fanciulla”
Comunque,
mi fa piacere che la storia ti piaccia, e comunque come vedi Morwen non c’è l’ha con tutti.. insomma per quanto riguarda
Aragorn hanno “fatto pace” però direi che la verità
l’hai abbastanza intuita… vacci piano però, che con le tue intuizioni rischi di
svelare il seguito della storia XD
Comunque,
per quanto riguarda Gandalf, non è che proprio lo
odi..ah non posso dirti niente, presto capirai! Mentre Gimli..beh
elfi e nani non vanno d’accordo, tra le loro razze c’è sempre stata lotta… ma
vedrai che anche loro chiariranno! A presto ciao!!
Alice: Mi fa davvero piacere XD sapere
che la storia ti piace così tanto che commenti..beh per me è un vero piacere
^__^ spero che continuerai a leggere un bacio
Grazie
anche a tutti gli altri che mi seguono!!!