NOTTE
DI FUOCO
A
placebogirl
Trecentonovantotto…
Trecentonovantanove…
Quattrocento…
Mantenendosi
in posizione verticale coi palmi
appoggiati a terra, piegò leggermente le gambe per poi
imprimere una spinta
verso l’alto al bilanciere che teneva in equilibrio sulle
piante dei piedi.
Mentre quello volava in aria disegnando una traiettoria parabolica, lo
spadaccino si rimise in piedi per afferrare al volo lo strumento di
metallo prima
che cadesse a terra. Lo depose lungo un lato della stanza e si
tamponò le gocce
di sudore che gli imperlavano il viso e il petto. Un
gorgoglìo dalle parti del
suo stomaco, gli ricordò che era digiuno dal mattino e che
il suo corpo,
provato dai duri allenamenti, reclamava cibo. Zoro si passò
una mano sul viso,
sospirando.
Aveva
perso la cognizione del tempo ma supponeva
che fosse ormai notte perché nessun rumore riecheggiava per
la nave. Si sentiva
i muscoli indolenziti e la testa pesante. Non c’era da
stupirsi, d’altra parte,
si allenava da quella mattina. Quella maledetta, odiata mattina.
Percepì di
nuovo quel forte dolore al petto, come se qualcuno gli stesse
stritolando il
cuore, al ricordo dello spiacevole accaduto. Con un ringhio furioso
colpì la
parete del deposito, in cui si era rintanato per tutto il giorno. Si
sentiva
patetico. Lui, Roronoa Zoro, ex cacciatore di pirati al cui solo nome
la gente
fuggiva terrorizzata, che aspirava a diventare il miglior spadaccino al
mondo,
che era sopravvissuto a Mihawk, proprio lui stava male come un
ragazzino alla
sua prima cotta. Decisamente patetico.
Era
tutto iniziato a colazione. Durante la solita
rissa mattutina per accaparrarsi le briosche, rubate tanto dal vassoio
quanto
dai piatti altrui, Sanji era intervenuto, più furente che
mai, sbraitando di
lasciare qualcosa anche alla sua dea ramata. Solo in quel momento Zoro
aveva
notato l’assenza di Nami.
-Ma
dov’è?- aveva biascicato Rufy mentre si
infilava in bocca quanto più cornetti riusciva aiutato
dall’elasticità della
sua pelle gommosa. Si erano tutti voltati a guardare con aria
interrogativa
Nico Robin, immersa come sempre nelle pagine
di un libro. L’archeologa aveva appena sollevato
lo sguardo ceruleo dal
volume per rispondere, con un sorriso serafico, che aveva trascorso
tutta la
notte alzata a leggere e si era recata in cucina direttamente dalla
sala comune.
Ergo, non sapeva che fine avesse fatto la navigatrice.
Zoro
aveva consumato in silenzio la sua
colazione, o quello che ne restava dopo l’attacco di Rufy, e
si era poi diretto
verso la cabina delle ragazze con il proposito di accertarsi che la
mocciosa
stesse bene. Aveva indugiato qualche attimo fuori dalla porta prima di
convincersi a bussare.
-Mocciosa?-
aveva chiamato, cercando di non
percuotere troppo violentemente la porta, ma non aveva ottenuto
risposta.
Che
fosse stata alzata tutta la notte a disegnare
e fosse crollata addormentata all’alba? Era molto probabile,
si era detto il
verde, ma non riusciva a calmarsi, sentiva il bisogno di controllare
che la
ragazza stesse bene. Non sapeva nemmeno lui da quando era diventato
così
apprensivo nei suoi confronti. Forse dopo Little Garden, quando si era
ammalata
a causa del morso di quello strano insetto o forse da prima. Fatto sta
che non
riusciva ad andarsene. Aveva bussato di nuovo, tornando a chiamare la
rossa,
questa volta per nome. Ancora nessuna risposta.
-Nami,
andiamo, rispondi!- aveva insistito ancora
-Rispondi se no entro a controllare-
Silenzio
assoluto.
-Allora
io entro eh!-
Aveva
lanciato un ultimo avvertimento prima di
afferrare il pomello e ruotarlo. Non era chiusa a chiave. Zoro era
entrato
puntando subito lo sguardo sulla scrivania, aspettandosi di vederla
addormentata
ancora seduta sulla sedia con le braccia sul ripiano di legno e il capo
abbandonato sopra di esse, ma si era sbagliato. Si era allora girato
verso il
letto e si era sentito gelare. Non si ricordava nemmeno che fosse
ancora sulla
nave figuriamoci trovarlo in quella cabina. Perché nel letto
sfatto di Nami,
nudo come mamma lo aveva fatto, il lenzuolo che gli copriva giusto le
parti
intime, dormiva beato nientemeno che il fratello del suo capitano,
Portuguese
D. Ace detto “Pugno di Fuoco”.
Dopo
Alabasta, Rufy lo aveva invitato a
trascorrere qualche giorno con loro sulla Going Merry prima di
rimettersi in
viaggio alla ricerca di Barbanera. Aveva dovuto insistere un
po’ ma alla fine
aveva accettato.
-Daiiii!!
Ci divertiremo!!- aveva detto Rufy. E a
quanto pare il ragazzo lo aveva preso in parola e non aveva perso tempo
a
divertirsi.
Zoro
aveva sentito il desiderio di afferrarlo per
il collo e strozzarlo mentre la rabbia e un cocente senso di sconfitta
si
facevano strada dentro di lui. Ancora tremante, non sapeva dove aveva
trovato
la forza di volontà per uscire dalla cabina senza commettere
l’omicidio che
avrebbe segnato la fine della sua amicizia con Rufy. Una volta in
corridoio un
rumore di acqua scrosciante proveniente da dietro la porta del bagno
aveva
attirato la sua attenzione, rivelandogli finalmente la posizione della
bella
cartografa. Stava facendo la doccia, attività che
normalmente non aveva la
priorità sulla colazione, almeno per lei, ma, evidentemente,
aveva sentito
l’urgenza di rinfrescarsi dopo la notte di sesso infuocato
con il fratello del
suo capitano. Era stato dopo aver formulato questo pensiero che aveva
sentito
per la prima volta la fitta al petto che lo avrebbe perseguitato, lo
sapeva con
certezza, per il resto dei suoi giorni.
Il rumore
dell’acqua era cessato di colpo, segno che la ragazza aveva
finito la doccia e
sarebbe presto uscita dal bagno per recarsi nuovamente in cabina a
vestirsi o,
più probabilmente, a dedicarsi ad un secondo round con il
suo nuovo amante.
Contemporaneamente a quella del bagno anche la porta della cabina aveva
iniziato ad aprirsi, annunciando il risveglio dell’ospite.
Zoro aveva raggiunto
la metà del corridoio in poche falcate ma, per quanto
veloce, non lo era stato
abbastanza per impedirsi di sentire lo scambio di battute tra i due
che,
dannato tempismo, si erano incrociati proprio nel corridoio.
-Ben
svegliato- lo aveva salutato Nami, con un
tono allegro e vivace.
-Uh
grazie! Tutto bene?- aveva risposto Ace con
voce assonnata.
-Sì
sì! Vai a fare colazione?-
aveva chiesto la rossa.
-Sì,
tu non vieni?-
-Il
tempo di vestirmi e arrivo-
-Okay!-
l’aveva sentito avviarsi lungo il
corridoio in direzione della cucina ma poi si era arrestato e
l’aveva
richiamata appena prima che entrasse in cabina -Ehi Nami! Grazie ancora
per
stanotte-
A
quelle parole Zoro aveva rischiato di perdere
il senno. Ringhiando come una belva inferocita era passato davanti alla
porta
aperta della cucina attirando l’attenzione dei suoi Nakama,
che si erano
guardati tra loro spaesati senza capire cosa fosse preso al compagno.
Senza
voltarsi aveva corso fino al deposito ci si era chiuso dentro
rischiando di
scardinare la porta nel chiuderla e aveva cominciato ad allenarsi senza
sosta,
nella speranza di riuscire a non pensare a ciò che aveva
visto e calmare almeno
un po’ la sofferenza che provava. Speranza vana
perché ora che aveva smesso di
contare le flessioni il suo cervello gli aveva prontamente riportato
alla mente
le immagini di quella mattina e il cuore aveva ricominciato a dolergli
terribilmente.
Un
nuovo gorgoglìo del suo stomaco affamato lo
riscosse. Aveva saltato il pranzo, lo stomaco troppo annodato per
riuscire a
ingurgitare alcunché e nessuno era più venuto a
disturbarlo fino all’ora di
cena, quando Sanji, preoccupato (strano a dirsi) per il comportamento
dell’amico,
si era offerto di portargli qualcosa dato che era chiaro a tutti che da
quella
stanza non aveva nessuna intenzione di uscire. Zoro aveva declinato.
-Allora
ti lascio qualcosa in cucina per dopo…-
aveva risposto cocciuto il cuoco prima di andarsene e lasciarlo solo
con il suo
dolore.
Uscì
dal deposito e decise di andare sul ponte a
prendere una boccata d’aria prima di recarsi in cucina e
mettere qualcosa sotto
i denti. L’aria notturna era tiepida, strascico del clima
estivo dell’isola che
avevano salutato da un paio di giorni appena. Alabasta! Era stato
proprio in
quel desertico luogo che la rivelazione più scioccante della
sua vita lo aveva
colpito in pieno. Sospirò ripensando a come si era sentito
di fronte a Nami,
bellissima nel suo abito da danzatrice del ventre. Per la prima volta
in vita
sua non aveva maledetto le perversioni del cuoco. Poi il panico che si
era
impadronito di lui quando aveva visto Mr. One calare sulla sua mocciosa
come un
falco deciso ad uccidere non aveva più lasciato spazio a
nessun dubbio. Dopo
aver sconfitto il suo avversario, mentre giaceva nella polvere con il
suono
della rivolta che gli rimbombava nelle orecchie, aveva avuto il tempo
di
pensare e aveva dovuto accettare, seppure riluttante, il fatto di
essere
innamorato di Nami. Si era beato del contatto con la sua pelle diafana
mentre
la portava in spalla fino al palazzo reale, anche se, a causa del suo
orgoglio,
aveva finto di essere infastidito dalla richiesta della ragazza.
Sospirò
di nuovo. La sorte era davvero bastarda.
Proprio nello stesso luogo dove lui aveva scoperto di essere ancora
capace di
amare avevano incontrato colui che nemmeno 24 ore prima gli aveva
rubato
l’oggetto del suo amore. L’aveva persa prima ancora
di averla avuta. E faceva
più male di qualsiasi dolore avesse mai dovuto sopportare in
battaglia.
A
capo chino e con le mani sprofondate nelle
tasche dei pantaloni, si avviò di nuovo verso il
sottocoperta per andare in
cucina a sfamarsi, infossando gli occhi sulle tavole di legno del ponte
che
scorrevano sotto i suoi piedi. Entrò nel regno di Sanji,
che, come lui, odorava
di spezie e tabacco a causa della sua prolungata permanenza quotidiana
in quel
locale, senza staccare gli occhi da terra finché non
urtò il bordo del tavolo.
Portò la sua attenzione su un vassoio appoggiato sul ripiano
di legno accanto
al quale un biglietto diceva “vedi
di
mangiare stupido Marimo”. Aggrottò le sopracciglia
notando che i piatti posati
sul vassoio erano vuoti eccetto per qualche briciola di pane. Scosse il
capo,
sconsolato. Rufy.
In
quel momento aveva avuto intenzione di
mangiare solo per necessità non certo per appetito, una
motivazione troppo
esile per convincerlo a prepararsi qualcosa a quella ora tarda e con
quell’indolenzimento generalizzato che lo pervadeva. Decise
quindi di dirottare
le sue attenzioni sul deposito dei liquori. Scelse del sakè
e cominciò a
tracannarlo direttamente dalla bottiglia. Normalmente si sarebbe
dedicato a
quel suo amato passatempo seduto tra i mandarini di Nami ma non avrebbe
sopportato di respirare quel profumo di agrumi, così simile
a quello della
mocciosa.
-Sentiamo,
qual è il problema?- una voce alle sue
spalle lo fece sobbalzare.
Nami
era appoggiata al lavello accanto al frigo e
lo fissava a braccia conserte. Entrando in cucina Zoro non
l’aveva nemmeno
notata tanto era assorto nei suoi pensieri. Si perse alcuni istanti ad
ammirarla. Vestita solo con una maglietta a maniche corte, che le
arrivava a
metà coscia, era stupenda. Tanto bella che faceva male solo
a guardarla. Una
nuova scarica di dolore gli attraversò il petto.
-Che
ci fai in piedi a quest’ora, mocciosa?-
chiese lo spadaccino con tono freddo e distaccato, riattaccandosi alla
bottiglia.
-Ti
aspettavo- rispose la cartografa immobile
nelle sua posa. Zoro rimase spiazzato da quella risposta. Lo stava
aspettando?
Da quanto? Non sapeva nemmeno se sarebbe uscito dalla stanza eppure era
rimasta
sveglia lo stesso ad aspettarlo. Perché mai?
-Non
mi hai risposto comunque- continuò la ramata
ma Zoro, testardo, persisteva nel suo mutismo.
-Buzzurro!!-
si spazientì.
-Che
vuoi?- le ringhiò contro lo spadaccino.
-Ti
ho chiesto qual è il problema?-
-Io
non ho nessun problema, strega!-
-Ma
davvero?- si portò le mani ai fianchi la
navigatrice -Per questo sei stato chiuso tutto il giorno in deposito ad
allenarti, senza toccare cibo, perché non hai un problema?
Persino Sanji era
preoccupato e tu pensi di non avere un problema?-
-Ma
vuoi lasciarmi in pace una volta tanto? Sono
sicuro che hai qualcun altro da andare a importunare- le rispose secco,
incapace di trattenere la provocazione. La ramata tuttavia
sembrò non
coglierla. Si limitò a fissarlo per qualche secondo, per poi
sospirare e
voltarsi ad afferrare qualcosa con la mano destra mentre teneva la
sinistra
ancora sul fianco. Coprì la distanza che la separava dal
tavolo e posò davanti
al verde un piatto su cui troneggiava un panino dall’aria
decisamente
invitante.
-Mangia-
ordinò riportando anche l’altra mano al
fianco.
-Non
ho fame!- disse mettendo il broncio. Nami
fece uno sforzo per non scoppiare a ridere. Sembrava proprio un
moccioso.
-Zitto
e mangia!- s’impuntò.
-Mocciosa
ho detto che non ho fame!-
-Zoro
dannazione! Qualche giorno fa ti sei
battuto contro un tizio fatto di lame e hai fatto da scudo umano
beccandoti due
proiettili e oggi ti sei allenato tutto il giorno, contro il parere di
Chopper
tra l’altro, senza toccare cibo! Non me ne frega niente se
non hai fame, il tuo
corpo ha bisogno di nutrimento quindi ora siediti e mangia quel panino
se non
vuoi che aumenti ancora il tuo debito!!-
-Strozzina!-
ringhiò il verde, fintamente
infastidito, mentre un debole calore gli riscaldava il petto nel vedere
Nami
che si preoccupava per lui.
Sbuffando
posò la bottiglia di sakè accanto al
piatto, si sedette e addentò il panino masticando piano.
Accidenti se era
buono! Ora che stava mettendo un po’ di cibo nello stomaco si
rese conto che
aveva una fame da lupi e in meno di un minuto finì il suo
inaspettato spuntino.
Nami intanto si era seduta di fronte a lui e lo guardava gustarsi il
panino che
lei gli aveva preparato, soddisfatta. Era stata in pensiero tutto il
giorno.
Dopo che aveva sentito quel ringhio rabbioso e il tonfo di una porta
che veniva
sbattuta, era corsa fuori dalla cabina e Sanji le aveva detto che Zoro
si era
chiuso nel deposito e non voleva vedere nessuno. Lo scrutò
preoccupata, notando
che aveva il volto tirato e gli occhi cerchiati da occhiaie violacee.
Avrebbe
pagato non so quanti Berry per sapere che cosa lo stava tormentando a
quel
modo. E detto da lei non era cosa da poco.
-Alla
faccia del non ho fame!- commentò con un
sorriso, vedendo la voracità del compagno. -Te ne preparo un
altro?-
Zoro
la guardò sorpreso e poi annuì piano. La
seguì con lo sguardo mentre si alzava e tornava verso il
frigo. La guardò
estrarre gli ingredienti e tagliare il pane, stupendosi della cura che
stava
mettendo nella preparazione di quel pasto tanto semplice quanto
speciale,
almeno per lui. Prese una sorsata di sakè prima di
mormorare.
-Credevo
avessi di meglio da fare che stare qui a
prepararmi la cena- Nami gli dava ancora la spalle ma
percepì il tono mogio del
ragazzo.
-Che
intendi dire?- chiese dopo qualche istante
girandosi e porgendogli nuovamente il piatto. Lo spadaccino prese un
morso e lo
gustò lentamente prima di decidersi a rispondere.
-So
tutto Nami- mugugnò.
Nami
aggrottò le sopracciglia perplessa. Ma di
che stava parlando? Glielo chiese.
-Lo
sai benissimo, non serve che fai la recita
con me- rispose secco.
-Buzzurro
davvero non capisco!-
-Umpf…
come vuoi, se non vuoi parlarne e
continuare a fingere per me va bene!- soffiò il verde,
infastidito.
Rimasero
in silenzio per qualche minuto, Zoro
mangiava e Nami si arrovellava il cervello cercando di capire di cosa
stesse
parlando quello stupido ominide. Fu di nuovo Zoro a spezzare il
silenzio.
-Pensi
di andartene con lui?- chiese tenendo gli
occhi fissi sul tavolo. Se avesse detto di sì sarebbe stato
già abbastanza
doloroso senza il bisogno di guardare i suoi occhi che si illuminavano
all’idea.
-Ma
lui chi, Zoro?- sbottò la ramata, al limite
della sopportazione.- Non so di cosa tu stia parl…- Aspetta
un attimo. Aveva
detto “pensi di andartene”. Aveva detto proprio
così. Quel “lui” si riferiva a
qualcuno che evidentemente aveva in programma di lasciare la Going
Merry. E
c’era solo un persona che era di passaggio sulla loro nave.
-Buzzurro-
lo richiamò assottigliando lo sguardo
-Sei entrato in camera mia, stamattina?- chiese con fare minaccioso. Il
ragazzo
bofonchiò qualcosa afferrando la bottiglia di
sakè.
-Allora??-
insistette picchiettando sul tavolo
con le unghie curate.
-Sì-
mugugnò alla fine lo spadaccino.
-Brutto
cavernicolo scemo e rincretinito!! Come
ti sei permesso???- disse sporgendosi oltre il tavolo per picchiarlo.
Zoro
cercò di ripararsi con scarso successo dai
cazzotti della sua Nakama mentre tentava di spiegare, inascoltato, le
sue
ragioni.
-E
poi, se questo è il motivo della tua sfuriata,
mi spieghi perché anziché chiuderti nel deposito
non sei venuto a parlare con
me?- disse mettendo fine alla pioggia di pugni e tornando ad
appoggiarsi allo
schienale.
-E
cosa c’era da dire scusa? La situazione mi
sembra più che lampante- borbottò il verde.
-Lampante
un corno! Non hai capito niente!-
-Oh
ma per favore!! Io non sono Rufy, okay? So
benissimo che significato ha un uomo nudo nel tuo letto!-
-Punto
primo, Ace non era nudo ma sono contenta
che tu lo pensassi perché significa che hai evitato di
sollevare il lenzuolo
per controllare. Punto secondo, credimi buzzurro hai frainteso tutto.
Lo sai
che Ace soffre di narcolessia no?-
-Narco-che??-
Nami
sospirò.
-Che
si addormenta di botto e dove capita- spiegò
atona.
-Ah..
sì… ma che c’entra adesso?- chiese
allarmato.
Non voleva mica lamentarsi del fatto che Pugno di Fuoco si era
addormentato nel
bel mezzo della sua prestazione sessuale vero? Perché nel
caso, grazie tante ma
non voleva sentirlo.
-Beh
vedi, ieri sera appena uscito dalla doccia
si è ritrovato Rufy e Usop
che lo
inseguivano per fargli il solletico, credo, o che so io, e lui ha fatto
in
tempo a infilarsi solo i boxer prima di nascondersi in camera mia. Mi
ha
letteralmente implorata di non mandarlo via, sembrava terrorizzato. Io
stavo
lavorando alle cartine e gli ho detto di restare pure, quando mi sono
girata di
nuovo verso di lui, ronfava alla grande. Avevo il turno di vedetta e
Robin mi
aveva detto che sarebbe stata a leggere tutta la notte così
ho deciso di non
svegliarlo, l’ho coperto un po’ con il lenzuolo e
me ne sono andata. Tutto
qui.- concluse il suo racconto
stringendosi nelle spalle.
Zoro
l’aveva ascoltata fissandola incredulo,
mentre lentamente il dolore al petto era andato scemando fino a
scomparire del
tutto. Improvvisamente si sentiva di nuovo pieno di energie. Non era
andata a
letto con Ace. Nami non era andata a letto con Ace! La sua mocciosa non
era di
Ace!! Avrebbe voluto balzare al di là del tavolo prenderla
tra le braccia e
baciarla fino a toglierle il fiato ma si trattenne, un po’
per orgoglio un po’
per paura di ricevere un cazzotto fumante.
Nami
intanto aveva notato un miglioramento non
indifferente nell’aspetto del compagno, che si era
improvvisamente rilassato e
ora ghignava soddisfatto senza un apparente motivo. Di fronte a quella
reazione
così eloquente la ramata decise di buttarsi. Rapida si
alzò, fece il giro del
tavolo, prese tra le mani il viso di Zoro e lo baciò. Il
ragazzo rimase
interdetto qualche secondo prima di afferrarla per la vita e rispondere
al
bacio, approfondendolo fino a poter assaggiare appieno il sapore della
cartografa. Si staccarono ansimanti mantenendo il contatto attraverso
le loro
fronti unite, guardandosi negli occhi, felici come non mai, i cuori che
battevano all’impazzata.
-Era
da Alabasta che volevo farlo. Quando ti ho
trovato riverso nella polvere e ho visto che nonostante tutto stavi
bene, avrei
voluto gettarmi tra le tue braccia e baciarti- mormorò la
rossa, ancora
ansante. A quelle parole Zoro si sentì il cuore esplodere di
gioia.
-E
adesso- proseguì con un sorriso malizioso la
ragazza mentre con l’indice accarezzava il petto dello
spadaccino -occupiamoci
di te…-
-Che
vuoi dire?- le chiese, ghignante e curioso.
-Beh…-
fece lei piegandosi verso il suo orecchio
-…oggi ti sei comportato da moccioso. La cena te
l’ho preparata. Adesso è ora
di farti il bagno…- soffiò facendo tintinnare i
suoi tre pendagli.
Si
staccò da lui, correndo fuori dalla cucina e
lungo il corridoio, direzione bagno, mentre rideva felice con Zoro che
la
inseguiva liberando un sommesso ringhio di piacere. Aveva
l’impressione che
quella notte non sarebbe stato solo il pugno di Ace a essere di fuoco.
Angolo
dell’autrice:
Salve
a tutti, people! Sempre che ci sia qualcuno
che ha letto! XD Ci tengo a fare solo un paio di precisazioni.
Innanzitutto so
che in realtà Ace saluta i Mugiwara ben prima della fine di
Alabasta ma mi sono
concessa una piccola licenza poetica. Seconda cosa, perdonate il
pessimo
finale. So che è orrendo ma è la mia prima FF,
faccio appello alla vostra
clemenza. XD
Place:
se sei connessa, te la dedico perché senza
di te non avrei saputo come usare l’HTML e soprattutto
perché eri così felice
quando hai saputo che avrei iniziato a pubblicare che mi hai fatto
venire
voglia di iniziare il prima possibile!!
Piper.