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Autore: Gdgemi    04/05/2014    0 recensioni
Raven è un ragazzo come gli altri, va a scuola, esce con gli amici... se non fosse per il dispositivo impiantato dentro di lui che gli permette di sfruttare e amplificare a proprio piacimento qualsiasi forma di impulso elettrico. Questa sua capacità lo fa rientrare nell'elenco dei Peace Maker, giovani modificati in macchine da guerra e sfruttati dall'esercito. Raven e compagni si estranea dall'esercito e decide di fondare un'organizzazione tutta sua e vivrà le sue vicende nella grande metropoli di Vanessa, città futuristica divisa in quattro fazioni...
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Darkbright -
Prologo:
La pioggia batteva il ritmo della notte nella luminosa città di Vanessa. Nonostante il brutto tempo, la città era in fiera e una moltitudine di persone vagabondava fra mercatini vari e giostre allegre che con i loro colori attiravano i bambini che con occhi illuminati, seguiti dai loro genitori, sceglievano con cura le piattaforme da visitare. Poco più in là dell’assordante chiasso prodotto dalla musica che i giostrai usavano per intrattenere la gente, una giovane coppia stava passeggiando sotto un ombrello, tenendosi a braccetto.
Senza farmi sentire, scivolai silenzioso a pochi metri vicino alla coppia, sfruttando ad un cero punto i tetti bassi dei palazzi circostanti per non farmi notare. Il ragazzo aveva si e no 17 anni, con capelli corti e biondi. Mentre la ragazza, probabilmente della stessa età aveva dei lisci capelli castani raccolti in una coda. Il mio obbiettivo era lui. Essendo anch'io un loro coetaneo, la mia missione era doppiamente dura.
Arrivati al cancelletto di una villetta in una strada privata, i due si abbracciarono e si scambiarono un bacio. Dopodiché, la ragazza apri il cancelletto, sali con due balzi i quattro scalini che la separavano dalla porta ed entrò dentro la casa, lasciando da solo il giovane, rimasto immobile con sguardo vacuo mentre fissava ancora il punto dove aveva perso di vista la sua amata.
“Quello era il momento..” mi dissi, osservando nervosamente il piccolo foro sulla mia piastrina che mi penzolava dal collo, con su scritto solo i caratteri “PK4697”, risalenti al mio numero di matricola e il mio gruppo sanguigno, riportato poco più sotto.

Aspettai che il biondo si allontanasse il tanto che bastava da farlo uscire dalla visuale degli abitanti della via. Iniziai a muovermi verso di lui, non curante di nascondere la mia presenza. Dopo circa dieci passi, si fermò di botto ad una ventina di metri da me. La pioggia batteva sempre più forte mentre stavo trattenendo il respiro dall'eccitazione. Un movimento, sarebbe bastato un solo movimento brusco e gli avrei piantato un coltello dietro la nuca. Non accadde nulla e il ragazzo riprese la camminata.

“Che non si sia accorto di me? Che fosse solo un caso che…”
Non finii di pensare, che subito lo notai. Una vera e propria sfera d’acqua si era alzata da terra a 30 centimetri dalla mia posizione. Lo sapevo… lo scontro era già iniziato.
La sfera esplose con la potenza di una vera e propria bomba. Scattai più veloce che potei, aiutandomi con una verticale al momento dell’esplosione.
Mi guardai intorno. Lui non c’era più.
“Non poteva essere andato troppo lontano in quei pochi attimi” pensai.
Salii sul tetto del palazzo più vicino, sfruttando la mia destrezza  disumana non dovuta dal mio talento, ma da quel che ero. Già.. non ero ne un umano, ne un dio. Ero semplicemente un mostro, un mostro creato per uccidere ed obbedire agli ordini di qualche strambo superiore. Nel mio petto, giaceva nascosto il “Gear”, un meccanismo ultra-tecnologico che permetteva al suo utilizzatore, a seconda del tipo di Gear, il potere di spingere le proprie facoltà mentali e fisiche a livelli stratosferici, col semplice costo della libertà del possessore. Infatti chi entrava in possesso di quel potere, non aveva il diritto ne di scegliere cosa fare della propria vita, ne di avere un qualsivoglia sogno e addirittura, essere privato della propria umanità.
 “War-Machine”, ci chiamano i nostri creatori e successivamente, dall'esercito venimmo ribattezzati "Peace Maker". Esseri progettati solo allo scopo di uccidere o, alle volte, anche farsi uccidere pur di mantenere la finta pace del nostro tempo.
Avevamo solo un piccolo difetto: il nostro corpo da solo non sopportava il peso dei poteri del Gear. Qualsiasi potere a noi venga dato, durante il suo utilizzo viene riversato nei nostri corpi, provocandoci la morte dopo un utilizzo superiore ai tre minuti. Tuttavia, grazie ad una speciale tuta chiamata “proto-tuta” che veniva solitamente indossata sotto i normali vestiti, ma che nel mio caso era stata compressa in due braccialetti e due cavigliere espandibili grazie alle nuove tecnologie sperimentali dell’esercito, venivamo protetti dal nostro stesso potere grazie al suo particolare tessuto che veniva trattato in maniera diversa a seconda del Gear.
Noi non avevamo patria, non avevamo famiglia, amici e non sapevamo neppure lontanamente cosa fosse l’amore, non perché fossimo esseri senza emozioni, ma semplicemente, non abbiamo mai avuto una vita che ci permettesse di conoscere queste cose. Venivamo presi che eravamo poco più che bambini, deportati nell'area 97-D nella città segreta di ricerca chiamata “Yggdrasil” e all'interno venivamo “uccisi” e reincarnati in “Peace Maker”.
Mi ero allontanato parecchio dal centro della città mentre ero perso nei miei ricordi più orribili della mia vita, nonché gli unici che avevo. Avevo ormai perso di vista il bersaglio quando mi ritrovai in uno stretto vicolo e una sagoma nera mi si parò davanti.
Non ero certo di chi fosse. Era coperto da un lungo soprabito nero con un cappuccio. A causa della pioggia non riuscivo a vederlo bene e appena tentai di attivare la mia tuta e utilizzare i miei poteri per disfarmi del probabile nemico che mi si era presentato davanti, le mie palpebre iniziarono a diventare improvvisamente pesanti. Le gambe iniziarono a tremare e la vista si offuscò ancora di più. Probabilmente, quello era l’effetto del Gear del mio avversario.
Tentai debolmente di partire all'attacco , ma le mie gambe cedettero facendomi cadere al suolo fradicio. Riuscivo solo a vedere le scarpe del mio assalitore, blu con due strisce bianche… insolite da usare con il soprabito nero. Chi era quell'uomo? Da quale squadra proveniva? Perché mi stava attaccando?
“Ah già..” pensai.
Io ero un traditore ed era ovvio che alcune persone mi volessero morto. Da circa tre anni, avevo formato una piccola squadra mercenaria che dava la caccia ai “mostri” fuori controllo che uccidevano per diletto, senza diretto ordine di nessuno. Traditori, come me, che però si erano abbandonati alla violenza e alla criminalità senza alcun rimorso, invece di collaborare formando una forza autonoma ma non in conflitto con le forze armate.
I miei occhi si chiusero e la mia coscienza sparì dal buio vicolo in cui mi ero cacciato dopo aver incontrato l’uomo incappucciato. Non osavo nemmeno immaginare cosa mi sarebbe successo di li a poco.








-spazio autore-
Salve lettori! Eh si, sono riuscito a rientrare con questo account per farvi partecipi della storia di Darkbright! Chi ha letto la versione precedente si ricorderà che il protagonista si chiamava Klein e non Raven... beh, con il passare del tempo ho fatto dei cambi in qua e in la e ho modificato qualche piccolo errore da me commesso. Spero che vi godiate la storia!
  
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