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Autore: Gdgemi    04/05/2014    0 recensioni
Raven è un ragazzo come gli altri, va a scuola, esce con gli amici... se non fosse per il dispositivo impiantato dentro di lui che gli permette di sfruttare e amplificare a proprio piacimento qualsiasi forma di impulso elettrico. Questa sua capacità lo fa rientrare nell'elenco dei Peace Maker, giovani modificati in macchine da guerra e sfruttati dall'esercito. Raven e compagni si estranea dall'esercito e decide di fondare un'organizzazione tutta sua e vivrà le sue vicende nella grande metropoli di Vanessa, città futuristica divisa in quattro fazioni...
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Capitolo 1: Incontro -
Un’insolita sensazione di caldo inondò i miei sensi. Iniziai piano piano a riprendere coscienza e cercai di sforzarmi di riaprire gli occhi. I miei occhi si aprirono in due micro-fessure. Non ero più nel buio vicolo bagnato dall’acqua piovana. Ero all’interno di una grande stanza luminosa, sdraiato su un divano. La stanza era arredata in maniera deliziosa con statuette a forma di fata e mobili antichi di pregevole fattura, accostati con televisori e consolle di gioco della massima tecnologia olografica “sviluppata nei 10 anni precedenti” che rovinavano il bel quadretto.

“Signore?” mi sentii chiamare da una dolce e infantile voce.

Alzai lo sguardo quel tanto che basta da riuscire a vedere una piccola sagoma a pochi metri con me. Era una bambina, non avrà superato i 10 anni e stava stringendo forte a se il suo peluche simile ad un coniglio. Aveva lunghi capelli neri e lisci con dei ciuffi simmetrici che le davano sul viso, coprendole leggermente la visuale, occhi nocciola stranamente familiari e caldi, con indosso un pigiama bianco con degli orsacchiotti ricamati sopra.
“Bel!” esclamò la bambina dopo aver notato che ero sveglio.

Rumori di passi  si udirono dall’altra stanza. Un’altra persona, stavolta un’adolescente, fece capolino dalla soglia della porta. Riuscii a mettermi a sedere, sforzandomi il più possibile. A quanto pareva quell’uomo in nero oltre ad avermi addormentato mi aveva anche privato di tutte le mie energie. Ciuffi di capelli neri scesero sul mio volto, oscurandomi la visuale del mio occhio sinistro. A pochi metri da me vi era uno specchio dove vidi la mia immagine riflessa. Era molto tempo che non mi guardavo allo specchio. Lunghi capelli neri, una volta legati in una piccola coda, cadevano ad altezza spalle, mentre davanti mi coprivano l’occhio, un’incolta barbetta era presente sul mio mento e un accenno di baffi presidiava sopra le mie labbra.

“Avevo proprio un’aria trasandata” pensai.
La ragazza di nome Bel mi guardò con i suoi profondi occhi verdi e si sistemò i suoi corti e spettinati capelli rossi, della stessa tonalità delle sue guance.

“Dove mi trovo?” dissi, chiedendomi anche se fosse educato domandarlo senza le dovute presentazioni.
La ragazza sospirò e mi rispose.
“Ti trovi nella nostra dimora, non lontano dal vicolo in cui ti abbiamo trovato neanche un’ora fa. Stavamo per chiamare l’ambulanza” aggiunse in tono sprezzante “…ma a quanto pare ti sei ripreso”
Non riuscivo a comprendere se il suo tono spavaldo fosse dovuto al fatto che fosse incredibilmente in imbarazzo o fosse semplicemente un’arrogante.
In quel momento la porta si aprì. Una giovane donna che doveva avere all’incirca 25 anni, con capelli castano chiari e i soliti occhi familiari color nocciola entrò nella stanza, sospirando lievemente con gli occhi chiusi. Quando li aprì, vide me, a sedere sul divano e sommerso dalle morbide coperte di pile che le due ragazze mi dovevano aver messo per non farmi prendere freddo.

“E questo chi sarebbe?” chiese con tono innocente, indicandomi con l’indice.

“Oh, sorellona Nee!” esclamò in tono molto infantile la bimba, che saltellando raggiunse la donna.

“Cosa mi hai comprato di bello alla fiera?” chiese lei, con un dolce e ansioso sorriso in faccia.

“Tanti dolcetti tutti per te” rispose la donna, rispondendo al sorriso “Ma dimmi, chi sarebbe il nostro ospite?”

“E’ un tizio che ho trovato disteso per terra nel vicolo vicino a casa nostra, era tutto bagnato e non riprendeva conoscenza, così ho deciso di portarlo qui e chiamare successivamente un’ambulanza, ma prima che lo facessi si è risvegliato” rispose la ragazza di nome Bel.

“Non è stato molto prudente da parte tua, sarebbe potuto essere un criminale!” brontolò la donna “Comunque, stai bene adesso? Qual è il tuo nome?” mi chiese finalmente.
A quella domanda seguirono qualche attimo di silenzio. Un nome.. che cos’era un nome, se non un codice di riferimento ad una persona o ad un oggetto? Io avevo più di un nome. Mi chiamavano PK4697, dove PK erano le iniziali del mio “creatore”, 46 il numero della “nascita” e 97 il laboratorio di appartenenza, poi mi chiamavano Peace Maker e infine,  quell’uomo mi diede il nome di..
“Raven” risposi, fissando ancora una volta gli occhi della donna.

“Raven eh?” rispose Neela “è di certo un nome particolare.. bene, io mi chiamo Neela e sono la maggiore fra le tre sorelle presenti in questa stanza, la rossa si chiama Annabel e la piccolina Laura. Dimmi, hai un posto dove andare?”.

Memorizzai i nomi delle ragazze e come d'istinto cercai con la mano la mia piastrina che.. non c’era! Mi prese un attacco d’ansia per la possibilità di aver perso qualcosa di così prezioso, l’unico ricordo che avevo sul mio passato da "essere umano" e l’ultimo che il mio unico padre mi aveva lasciato al momento della sua morte. Iniziai a cercare nervosamente fra le coperte e sul divano ma niente, poi, il mio sguardo si posò su una sedia poco distante dallo specchio nel quale mi ero visto pochi minuti fa. I miei abiti erano perfettamente piegati e asciutti sulla spalla della sedia e la mia piastrina sporgeva dalla tasca della mia giacca. Trassi un sospiro di sollievo, mi alzai e mi infilai i miei indumenti, soffermandomi sulla piastrina, che fissai per qualche secondo fino a che non me la rimisi al collo.

“Ehi dico a te!” disse Bel “Neela ti ha fatto una domanda! Vedi di rispondere alla padrona di casa che gentilmente ti ha offerto la sua ospitalità! Se no ti butto fuori a calci in culo”.

Nonostante le sue brutte maniere, Bel era una ragazza di bell’aspetto, con un seno prominente che si aggirava verso la quarta taglia e delle curve ben accennate, senza la minima traccia di grasso in eccesso. Mi soffermai un secondo per osservarla meglio. Nonostante riconoscessi la sua femminilità, non capivo se provavo un’attrazione per lei, o fosse semplice disagio dato dai suoi modi da gorilla. Mi affrettai solo a rispondere:

“Scusate per il disturbo, ho già un posto dove tornare, ma grazie comunque dell’ospitalità.. tornerò a ripagarvi” conclusi in modo solenne, rimpiangendo soltanto dopo di non aver approfondito le conoscenze di quell’insolito gruppetto.

Però era vero. Sarei tornato in quella casa fatata, da quelle tre sorelle con gli occhi che mi suscitavano emozioni lontane e i modi barbari di Bel. Una parte di me si era già affezionata a loro.
Mi diressi verso l’uscita, ringraziando per il loro soccorso e per l’ospitalità.
Si erano ormai fatte le 21, una fredda aria invernale faceva rabbrividire l’intero quartiere, riducendo il poco calore ed entusiasmo che la fiera cittadina aveva portato.
Il mio telefono squillò in quel momento. Aprii la tasca del mio giubbotto di pelle e presi il cellulare. Guardai la scritta e lessi “linea criptata”.

“Pronto?”.

“Sono Balto” rispose la voce familiare del mio collega.

In quel momento ripensai a tutti gli eventi avvenuti nelle ore precedenti. La mia organizzazione si chiamava Oricalcum, un gruppo di Peace Maker "PM" mercenari separati dall’esercito ma non in conflitto con loro, che da la caccia ai PM che si sono uniti ad associazioni criminali o che sono diventati un pericolo per il Paese. La nostra scelta di non far parte direttamente dell’esercito è nel semplice fatto di non fidarci di quest’ultimi. Perciò, siamo divenuti dei mercenari ed eseguiamo gli ordini che vogliamo dei clienti che ci pagano meglio, se non riceviamo un’attenta descrizione dei motivi dell’incarico e dell’obbiettivo non accettiamo mai lavoro. Tuttavia abbiamo ricevuto il permesso di operare direttamente dallo Stato, ciò dunque ci mette su un piano totalmente diverso rispetto all'altro tipo di traditori.

“Cos’è successo al bersaglio?” mi chiese Balto.

“l’ho perso…” risposi, riferendo nel dettaglio cosa successe, dal potere del ragazzo, alla comparsa dell’uomo in nero.

“Ricevuto” continuò “la richiesta è comunque cambiata, non uccidere subito l’obbiettivo, ma scopri dove si trova e prendigli il Gear”.

La rimozione del Gear portava irrimediabilmente alla morte, quindi una sola cosa era certa. La vita di quel giovane biondo con la ragazza deve avere fine.

“Per farlo ti dovrai avvicinare al contatto, abbiamo scoperto la sua scuola, domani andrai li a tempo indeterminato.. sbrigati a tornare alla base” concluse Balto.

“Ricevuto..” bisbigliai, mentre chiudevo la chiamata.

Mi appoggiai ad un muro li vicino, guardando verso il cielo, che nel frattempo si era rasserenato e mostrava una luna malinconica che rispecchiava il mio stato d’animo.
“Chissà se le rivedrò ancora…” mi chiesi, guardandomi indietro, prima di riprendere il cammino verso la base.
  
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