IX – I Call It Love
Maybe I don't know what love is,
maybe I’m a fool.
I just know what I’m feeling
and it's all because of you.
Don't tell me I don't know,
I want the truth.
Cause they call it, we call it,
you call it, I call it love…
Lionel Richie – I Call It Love
maybe I’m a fool.
I just know what I’m feeling
and it's all because of you.
Don't tell me I don't know,
I want the truth.
Cause they call it, we call it,
you call it, I call it love…
Lionel Richie – I Call It Love
Edward dovette andarsene dopo mangiato perché aveva ricevuto una chiamata urgente da suo fratello, io e George dovevamo parlare.
Quindi dopo aver sistemato e salutato Edward ero andata da George, ero fuori dalla porta da qualche minuto, così decisi che era arrivato il momento di bussare.
-chi è?- chiese una voce scontrosa da dentro la camera.
-Bonnie.- risposi semplicemente.
Mi ero preparata mentalmente a quell’incontro, forse però, niente poteva prepararmi a quello che mi trovai davanti appena la porta fu aperta.
Un povero George in boxer con il viso rigato dalle lacrime, i capelli più disordinati del solito e le occhiaie, si scostò per farmi entrare e la camera era tutta in disordine; ho sempre pensato che la camera di una persona è ordinata quanto il suo spirito, ora, se la sua camera era disordinata in quel modo, come poteva stare dentro?
-stai bene?- chiesi entrando e chiudendo la porta.
-sì certo, avevo intenzione di organizzare un party tanto sono felice, vedi?-
-scusa… domanda stupida.-
-già.- disse sdraiandosi sul letto.
-senti George… mi dispiace per quello che ho detto quella sera, ma me le hai fatte davvero girare…-
-già, so di aver sbagliato, l’ho capita, ma non puoi rompere tutto proprio ora che ho capito che è solo te che voglio.-
-sei stato tu a rompere tutto.-
-non hai capito che ho detto.- attese osservandomi.
Riesaminai il discorso e…
-davvero hai capito di volere me?-
-sono stato un po’ di volte a letto con lei quel giorno, e malgrado tutto, non mi sentivo mai sazio, alla fine ho capito che non ero sazio perché non è lei che voglio nel mio letto, non voglio guardare lei quando mi sveglio al mattino, non voglio scherzare e ridere con lei. Semplicemente non è lei che voglio.-
Lo abbracciai senza dire altro perché tutto quello che era rimasto da dire era in quell’abbraccio, così bello, perfetto e completo.
-Ti amo George l’ho sempre fatto e sempre lo farò.-
-Ti amo anche io piccola.- mi rispose, appoggiando la testa sulla mia spalla.
Quel ‘Ti Amo’ non era uno di quelli semplici che ti escono quando ami davvero qualcuno, era uno di quelli che ci dicevamo quando eravamo piccoli, perché, ancora una volta, tornare bambini era stato fondamentale, essenziale.
Ma dovevamo dirci la verità, dovevamo capire se volevamo davvero andare contro tutto e tutti, perché, se fosse stato così, io non volevo far soffrire Jesy, e, soprattutto, non volevo soffrire io.
Quindi dopo aver sistemato e salutato Edward ero andata da George, ero fuori dalla porta da qualche minuto, così decisi che era arrivato il momento di bussare.
-chi è?- chiese una voce scontrosa da dentro la camera.
-Bonnie.- risposi semplicemente.
Mi ero preparata mentalmente a quell’incontro, forse però, niente poteva prepararmi a quello che mi trovai davanti appena la porta fu aperta.
Un povero George in boxer con il viso rigato dalle lacrime, i capelli più disordinati del solito e le occhiaie, si scostò per farmi entrare e la camera era tutta in disordine; ho sempre pensato che la camera di una persona è ordinata quanto il suo spirito, ora, se la sua camera era disordinata in quel modo, come poteva stare dentro?
-stai bene?- chiesi entrando e chiudendo la porta.
-sì certo, avevo intenzione di organizzare un party tanto sono felice, vedi?-
-scusa… domanda stupida.-
-già.- disse sdraiandosi sul letto.
-senti George… mi dispiace per quello che ho detto quella sera, ma me le hai fatte davvero girare…-
-già, so di aver sbagliato, l’ho capita, ma non puoi rompere tutto proprio ora che ho capito che è solo te che voglio.-
-sei stato tu a rompere tutto.-
-non hai capito che ho detto.- attese osservandomi.
Riesaminai il discorso e…
-davvero hai capito di volere me?-
-sono stato un po’ di volte a letto con lei quel giorno, e malgrado tutto, non mi sentivo mai sazio, alla fine ho capito che non ero sazio perché non è lei che voglio nel mio letto, non voglio guardare lei quando mi sveglio al mattino, non voglio scherzare e ridere con lei. Semplicemente non è lei che voglio.-
Lo abbracciai senza dire altro perché tutto quello che era rimasto da dire era in quell’abbraccio, così bello, perfetto e completo.
-Ti amo George l’ho sempre fatto e sempre lo farò.-
-Ti amo anche io piccola.- mi rispose, appoggiando la testa sulla mia spalla.
Quel ‘Ti Amo’ non era uno di quelli semplici che ti escono quando ami davvero qualcuno, era uno di quelli che ci dicevamo quando eravamo piccoli, perché, ancora una volta, tornare bambini era stato fondamentale, essenziale.
Ma dovevamo dirci la verità, dovevamo capire se volevamo davvero andare contro tutto e tutti, perché, se fosse stato così, io non volevo far soffrire Jesy, e, soprattutto, non volevo soffrire io.