Pioggia, pioggia che si mischia insieme alla musica nei miei auricolari. Tornare dopo così tanto tempo non è facile, tornare dalla propria famiglia che forse nemmeno si ricorda di te. La musica continuava a scorrere lenta, come un fiume calmo che appena sceso da questo treno si sarebbe trasformato in tempesta. Con me nel treno c’erano solo una vecchietta e un ragazzo punk dai capelli blu elettrico. Notò che lo stavo guardando e sentendomi a disagio ritirai subito lo sguardo da lui. La strada era ancora lunga, più lunga di quanto immaginavo. Chissà come avrebbe reagito la mia famiglia vedendomi di nuovo? Mi avrebbero di nuovo accolto con le braccia aperte ad accogliere il loro figlioletto scappato di prigione 2 anni fa? Credo di no. Il treno frenò all’improvviso, il punk scese e mi lanciò uno sguardo fulminante. Ricambiai lo sguardo, ne avevo visti tanti di questi tipi in prigione, ma nessuno avrebbe fatto la cosa che ho fatto io.
Il treno guidò a lungo mentre io continuavo a pensare alle mie sorelle e a mia mamma, ricordo il suo viso pieno di lacrime quando fummo in tribunale. Mio padre, si lui non mi degno nemmeno di uno misero sguardo. Era deluso, deluso dal suo ragazzo e immaginai, immaginai mio padre che si chiedeva dove aveva sbagliato con me? Ma in realtà, non aveva sbagliato lui. La gente mi ha cambiato, la gente mi ha fatto diventare una brutta persona, diciamo un criminale. Il treno frenò di nuovo, questa volta quello a scendere ero io. Presi il mio borsone e mi tolsi gli auricolari dalle orecchie sistemandomi i capelli, la ferrovia era affollata. Uomini, donne, bambini. Tutti che correvano per prendere posto e per andare, c’era chi veniva e c’era chi tornava.
Mi incamminai tra tutta quella gente, tutti mi guardavano. Odiavo avere tutti quegli occhi addosso, sperai di scomparire il più in fretta possibile. Camminai in fretta, tutte le luci di Londra brillavano nella notte e sorrisi, mi mancava questa atmosfera. Mi manca essere semplicemente a casa. Camminai a lungo, sentivo le gambe cedere sotto l’asfalto finchè non arrivai a destinazione. Oxford street 103.
Deglutì e mi avviai verso la porta, notai che andavo troppo di fretta e rallentai guardandomi intorno, i nani da giardino di papà e le siepi di rose di mamma, l’altalena dove una volta giocavo con le mie sorelle.
Scossi leggermente la testa al pensiero e buttai il borsone accanto a me e suonai alla porta. Sentivo il cuore a mille, mentre vedevo una luce spuntare da dentro e uscì lei, le cadde il piatto a terra facendolo rompere in mille pezzi. ‘’Zayn?’’ sussurrò a voce tremante, io annui sapendo ciò che mi stava aspettando.