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Autore: samara89    05/05/2014    1 recensioni
Dato che la Ubisoft non si è sprecata a dare una storia di contorno al povero impiegato dell'Abstergo che idealmente "raccoglie il testimone", da qui il titolo, da Desmond ho pensato di crearne una io... spero che vi piaccia.
La storia è già tutta scritta e conta di dieci capitoli più uno di epilogo.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Genere: Azione, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rebecca Crane, Shaun Hastings, William Miles
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6

 

Caleb esce dall'Animus con un gemito.

La sessione di quel giorno è stata particolarmente intensa, però ormai è vicino all'Osservatorio... Roberts gli mostrerà il luogo,  forse già nella prossima sessione.

Se non altro potrà rallentare, una volta che avrà dato a Oliver quello che vuole.

Si alza, ma ha un mancamento momentaneo.

Ci manca solo che svenga un'altra volta.

Chiude gli occhi per un secondo, quando nelle orecchie gli risuona un colpo di cannone seguito dalle grida della ciurma... l'odore di polvere da sparo bruciata riempie l'aria...

-Caleb, hai finito per oggi?-

Apre gli occhi.

-Si, Melanie... -

Tenta di sorridere.

-Stai facendo un ottimo lavoro, siamo molto soddisfatti di te... continua così e chi lo sa dove potrai arrivare! Allora a domani, au revoir!-

Caleb la saluta, trattenendosi dal rispondere che se continua così probabilmente finirà in un ospedale psichiatrico.

Recupera la giacca appesa all'attaccapanni e si dirige all'ascensore, la testa piena delle immagini del mare.

Gli piacerebbe davvero andare ai Caraibi, un giorno.

Immagina Jo, in bikini, sdraiata sulla sabbia candida.

Si, gli piacerebbe proprio.

Il trillo del cellulare lo riporta alla realtà.

Legge il messaggio e si incupisce.

Capita di rado che Jo debba rimanere in ufficio oltre l'orario, ma è una cosa che detesta.

Attraversa l'Atrio con un cipiglio scuro in volto, e si gira irritato quando si sente chiamare.

Non vede l'ora che quella dannata giornata finisca!

Shaun lo raggiunge.

Indossa un cappotto di lana nero, e una sciarpa rossa.

Caleb trattiene una smorfia... è proprio un inglese.

Tira su la zip della sua più dignitosa giacca di pelle.

-Che vuoi, Shaun? Ti avverto che oggi è stata una giornata dura.-

-OhOh, non c'è bisogno di essere così aggressivi... ti stai lasciando influenzare dal tuo amico pirata? Comunque, volevo solo salutare. Incredibile! Uno cerca di essere cortese...-

-Si, scusa... ho mal di testa e Jo deve rimanere in ufficio...insomma, una giornata di merda-

-Ah, così Jo deve fare straordinari... chissà di cosa parlano durante quelle loro riunioni al quindicesimo piano...-

Caleb si chiede il perché di tutto quell'interesse... Quel tizio gli piace sempre meno.

Il freddo della strada lo colpisce, spingendolo a tirare su il bavero.

-Ti regalerò una sciarpa...- commenta Shaun.

-Tienitela, la tua sciarpa... e invece dimmi chi siete tu e Rebecca...-

Lo irrita questa situazione.

Lo irrita non sapere cosa sta succedendo.

Lo irrita sentirsi manipolato.

E, cazzo, lo irrita che Shaun sogghigni a quel modo.

-Cosa c'è da ridere? Ti avverto, ho imparato a mettere KO un avversario senza lasciare segni evidenti...-

Se ha sperato che la minaccia intimidisca il barista allora si è sbagliato alla grande... semmai il sorriso dell'altro si allarga.

-Buon per te, amico... buon per te... A domani.-

Caleb lo guarda dirigersi dall'altra parte della strada, fischiettando un motivetto che non riconosce.

Una folata di vento particolarmente fredda lo fa rabbrividire.

Deve togliersi dalla strada, se non vuole ammalarsi.

Scende nella metropolitana unendosi al flusso di persone che torna a casa dal lavoro.

Mentre entra nella carrozza si scontra con un uomo di mezza età.

-Chiedo scusa...-

Ha una voce profonda, e chissà perché a Caleb è famigliare.

Quando alza gli occhi per rispondere rimane a fissare l'uomo chiedendosi dove lo ha già visto.

Il segnale acustico che avverte della chiusura delle porte lo fa sobbalzare.

Fa un passo verso di lui, ma è troppo tardi per scendere.

Il treno parte.

Lo sconosciuto rimane a guardare i fanali di coda finché non si perdono nel buio del tunnel, poi si avvia verso la scala che porta alla superficie.

 

 

Jo non saprebbe dire perché si trova li.

La luce della luna entra dalla grande vetrata del suo ufficio, mentre si sposta tra i file dell'azienda alla ricerca di informazioni.

Dopo  ore di navigazione infruttuosa tra i file di cui è autorizzata a conoscere il contenuto deve arrendersi.

Non c'è niente li... niente di sospetto o di losco... i file sono trasparenti, completi e ordinati... anche troppo, ora che le hanno messo la pulce nelle orecchie.

Purtroppo lei non ha le capacità di scavare più a fondo... dovrebbe chiedere a Caleb di aiutarla, ma non vuole metterlo nei guai.

Sospira appoggiandosi indietro nella poltrona e sbuffa.

Tutta la faccenda è ridicola, e forse non c'è proprio nulla da trovare... forse è tutto uno scherzo della sua immaginazione e Shaun la sta prendendo in giro...ma non ci crede davvero... li c'è qualcosa, e lei è frustrata dalla sua incapacità di vederlo.

 

Esce velocemente dall'ufficio, boccheggiando nell'aria gelida.

Sono le dieci ormai e sa che Caleb la sta aspettando sveglio... la sua ultima chiamata è solo di mezz'ora prima.

Non sa cosa dirgli.

Non sa ancora cosa fare.

Non riesce a pensare.

Si sente confusa.

Forse dovrebbe prendere Caleb e andarsene da Montreal... magari ai Caraibi.

Si avvia verso il ciglio della strada per fermare un taxi quando si accorge dell'uomo dietro di lei con un modo di paura che la prende allo stomaco.

-Lei è la signorina Al Hammou, giusto?- le chiede.

L'uomo è un signore distinto, con la voce calda e i capelli e la barba corti e brizzolati.

-Chi è lei, mi scusi?-

Si guarda intorno e si rende conto che sul marciapiede non c'è nessuno.

I passeggeri delle auto in corsa sfrecciano via veloci senza curarsi di quello che accade fuori dagli abitacoli caldi e confortevoli.

Jo lancia un'occhiata all'ingresso dell'edificio valutandone la distanza.

L'uomo si mette di fronte a lei, bloccandole la visuale.

-Mi dispiace molto disturbarla, ma dobbiamo parlare... noi abbiamo degli amici in comune.-

Lei indietreggia.

-Ne dubito...- risponde freddamente.

Lui si fa impaziente.

Si vede che non è abituato a chi discute i suoi ordini, e la sua reticenza sembra irritarlo.

-Le assicuro che non se ne pentirà... lei ha delle domande, dico bene? Perfetto, io ho le risposte... sempre che lei voglia sentirle...-  la guarda intensamente, come sfidandola.

Il tono è freddo e tagliente, la provoca di proposito.

E lei sa cosa dovrebbe fare... dovrebbe cominciare ad urlare, oppure scappare... oppure mandarlo al diavolo e tirargli un calcio nelle palle.

Eppure si scopre irretita, suo malgrado, dalla possibilità di conoscere la verità... suo padre dice che la sua è una pessima abitudine, che farebbe meglio a non impicciarsi di quello che esula dalla sua comprensione.

In realtà sono molte le sue abitudini che non vanno a genio  a suo padre

 Prima tra tutte Caleb.

-Voglio sapere tutto...- dice risoluta.

L'uomo le sorride soddisfatto e le fa cenno di precederlo verso il furgone bianco parcheggiato più avanti e che lei prima non aveva visto.

Dà due colpi alla portiera e quella si apre scorrendo, rivelando la faccia gioviale di Rebecca.

-Benvenuta...- la accoglie con un sorrise aiutandola a salire.

-Già...- dice Shaun dal posto di guida.- Benvenuta nella tana del Bianconiglio.-

 

Note di autore: amo Alice nel paese delle meraviglie, e faccio battute del genere di continuo...qui e nella vita... perdonatemi.

  
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