Capitolo 6
Caleb esce
dall'Animus con un gemito.
La sessione di
quel giorno è stata particolarmente intensa,
però ormai è vicino all'Osservatorio... Roberts
gli mostrerà il luogo, forse
già nella prossima sessione.
Se non altro
potrà rallentare, una volta che avrà dato a
Oliver quello che vuole.
Si alza, ma ha
un mancamento momentaneo.
Ci manca solo
che svenga un'altra volta.
Chiude gli occhi
per un secondo, quando nelle orecchie gli
risuona un colpo di cannone seguito dalle grida della ciurma... l'odore
di
polvere da sparo bruciata riempie l'aria...
-Caleb, hai
finito per oggi?-
Apre gli occhi.
-Si, Melanie... -
Tenta di
sorridere.
-Stai facendo un
ottimo lavoro, siamo molto soddisfatti di
te... continua così e chi lo sa dove potrai arrivare! Allora
a domani, au
revoir!-
Caleb la saluta,
trattenendosi dal rispondere che se continua
così probabilmente finirà in un ospedale
psichiatrico.
Recupera la
giacca appesa all'attaccapanni e si dirige
all'ascensore, la testa piena delle immagini del mare.
Gli piacerebbe
davvero andare ai Caraibi, un giorno.
Immagina Jo, in
bikini, sdraiata sulla sabbia candida.
Si, gli
piacerebbe proprio.
Il trillo del
cellulare lo riporta alla realtà.
Legge il
messaggio e si incupisce.
Capita di rado
che Jo debba rimanere in ufficio oltre
l'orario, ma è una cosa che detesta.
Attraversa
l'Atrio con un cipiglio scuro in volto, e si gira
irritato quando si sente chiamare.
Non vede l'ora
che quella dannata giornata finisca!
Shaun lo
raggiunge.
Indossa un
cappotto di lana nero, e una sciarpa rossa.
Caleb trattiene
una smorfia... è proprio un inglese.
Tira su la zip
della sua più dignitosa giacca di pelle.
-Che vuoi,
Shaun? Ti avverto che oggi è stata una giornata
dura.-
-OhOh, non
c'è bisogno di essere così aggressivi... ti stai
lasciando influenzare dal tuo amico pirata? Comunque, volevo solo
salutare.
Incredibile! Uno cerca di essere cortese...-
-Si, scusa... ho
mal di testa e Jo deve rimanere in ufficio...insomma,
una giornata di merda-
-Ah,
così Jo deve fare straordinari... chissà di cosa
parlano
durante quelle loro riunioni al quindicesimo piano...-
Caleb si chiede
il perché di tutto quell'interesse... Quel
tizio gli piace sempre meno.
Il freddo della
strada lo colpisce, spingendolo a tirare su
il bavero.
-Ti
regalerò una sciarpa...- commenta Shaun.
-Tienitela, la
tua sciarpa... e invece dimmi chi siete tu e
Rebecca...-
Lo irrita questa
situazione.
Lo irrita non
sapere cosa sta succedendo.
Lo irrita
sentirsi manipolato.
E, cazzo, lo
irrita che Shaun sogghigni a quel modo.
-Cosa
c'è da ridere? Ti avverto, ho imparato a mettere KO un
avversario senza lasciare segni evidenti...-
Se ha sperato
che la minaccia intimidisca il barista allora
si è sbagliato alla grande... semmai il sorriso dell'altro
si allarga.
-Buon per te,
amico... buon per te... A domani.-
Caleb lo guarda
dirigersi dall'altra parte della strada,
fischiettando un motivetto che non riconosce.
Una folata di
vento particolarmente fredda lo fa
rabbrividire.
Deve togliersi
dalla strada, se non vuole ammalarsi.
Scende nella
metropolitana unendosi al flusso di persone che
torna a casa dal lavoro.
Mentre entra
nella carrozza si scontra con un uomo di mezza
età.
-Chiedo
scusa...-
Ha una voce
profonda, e chissà perché a Caleb è
famigliare.
Quando alza gli
occhi per rispondere rimane a fissare l'uomo
chiedendosi dove lo ha già visto.
Il segnale
acustico che avverte della chiusura delle porte lo
fa sobbalzare.
Fa un passo
verso di lui, ma è troppo tardi per scendere.
Il treno parte.
Lo sconosciuto
rimane a guardare i fanali di coda finché non
si perdono nel buio del tunnel, poi si avvia verso la scala che porta
alla
superficie.
Jo non saprebbe
dire perché si trova li.
La luce della
luna entra dalla grande vetrata del suo
ufficio, mentre si sposta tra i file dell'azienda alla ricerca di
informazioni.
Dopo ore di
navigazione infruttuosa tra i file di cui è autorizzata a
conoscere il
contenuto deve arrendersi.
Non
c'è niente li... niente di sospetto o di losco... i file
sono trasparenti, completi e ordinati... anche troppo, ora che le hanno
messo
la pulce nelle orecchie.
Purtroppo lei
non ha le capacità di scavare più a fondo...
dovrebbe chiedere a Caleb di aiutarla, ma non vuole metterlo nei guai.
Sospira
appoggiandosi indietro nella poltrona e sbuffa.
Tutta la
faccenda è ridicola, e forse non c'è proprio
nulla
da trovare... forse è tutto uno scherzo della sua
immaginazione e Shaun la sta
prendendo in giro...ma non ci crede davvero... li c'è
qualcosa, e lei è
frustrata dalla sua incapacità di vederlo.
Esce velocemente
dall'ufficio, boccheggiando nell'aria
gelida.
Sono le dieci
ormai e sa che Caleb la sta aspettando sveglio...
la sua ultima chiamata è solo di mezz'ora prima.
Non sa cosa
dirgli.
Non sa ancora
cosa fare.
Non riesce a
pensare.
Si sente confusa.
Forse dovrebbe
prendere Caleb e andarsene da Montreal...
magari ai Caraibi.
Si avvia verso
il ciglio della strada per fermare un taxi
quando si accorge dell'uomo dietro di lei con un modo di paura che la
prende
allo stomaco.
-Lei
è la signorina Al Hammou, giusto?- le chiede.
L'uomo
è un signore distinto, con la voce calda e i capelli e
la barba corti e brizzolati.
-Chi
è lei, mi scusi?-
Si guarda
intorno e si rende conto che sul marciapiede non
c'è nessuno.
I passeggeri
delle auto in corsa sfrecciano via veloci senza
curarsi di quello che accade fuori dagli abitacoli caldi e confortevoli.
Jo lancia
un'occhiata all'ingresso dell'edificio valutandone
la distanza.
L'uomo si mette
di fronte a lei, bloccandole la visuale.
-Mi dispiace
molto disturbarla, ma dobbiamo parlare... noi
abbiamo degli amici in comune.-
Lei indietreggia.
-Ne dubito...-
risponde freddamente.
Lui si fa
impaziente.
Si vede che non
è abituato a chi discute i suoi ordini, e la
sua reticenza sembra irritarlo.
-Le assicuro che
non se ne pentirà... lei ha delle domande,
dico bene? Perfetto, io ho le risposte... sempre che lei voglia
sentirle...- la
guarda intensamente,
come sfidandola.
Il tono
è freddo e tagliente, la provoca di proposito.
E lei sa cosa
dovrebbe fare... dovrebbe cominciare ad urlare,
oppure scappare... oppure mandarlo al diavolo e tirargli un calcio
nelle palle.
Eppure si scopre
irretita, suo malgrado, dalla possibilità di
conoscere la verità... suo padre dice che la sua
è una pessima abitudine, che
farebbe meglio a non impicciarsi di quello che esula dalla sua
comprensione.
In
realtà sono molte le sue abitudini che non vanno a genio a suo padre
Prima
tra tutte Caleb.
-Voglio sapere
tutto...- dice risoluta.
L'uomo le
sorride soddisfatto e le fa cenno di precederlo
verso il furgone bianco parcheggiato più avanti e che lei
prima non aveva
visto.
Dà
due colpi alla portiera e quella si apre scorrendo,
rivelando la faccia gioviale di Rebecca.
-Benvenuta...-
la accoglie con un sorrise aiutandola a
salire.
-Già...-
dice Shaun dal posto di guida.- Benvenuta nella tana
del Bianconiglio.-
Note
di autore: amo Alice nel paese delle meraviglie, e
faccio battute del genere di continuo...qui e nella vita... perdonatemi.