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Autore: SilviAngel    05/05/2014    10 recensioni
Dal primo capitolo: “Lo so, mi manca solo il gilet, la giacca e le scarpe e sono pronto” borbottò Stiles guardando per la prima volta il compagno vestito di tutto punto e fasciato perfettamente da un completo grigio scuro che lo rendeva ancora più bello e affascinante del solito e sospirando continuò “Ora spiegami perché tu devi andare alla cerimonia vestito da figo e io devo sembrare un pinguino”
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Sceriffo Stilinski, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oggi Sposi'
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E anche questa piccola storiella è giunta alla fine.
Ringrazio chi ha letto, chi ha commentato e chi ha inserito la ff in una delle categorie di EFP.
Buona lettura e alla prossima.

 
Cap. 7
 
I giorni successivi al risveglio furono estenuanti, indaffarati e al tempo stesso dannatamente lunghi.
Derek e Oliver non vedevano l’ora di riavere Stiles a casa con loro e il convalescente non desiderava altro che fuggire da quel posto asettico e troppo bianco per poter tornare a cucinare per i suoi ragazzi e ricominciare a propinare test a sorpresa ai suoi alunni.
Per questi motivi, il figlio dello sceriffo, anche se avrebbe tanto voluto fare le boccacce a ogni medico che passava nella sua stanza, si costrinse ad assecondare ogni loro richiesta, mostrandosi docile e buono.
Dopo il risveglio era rimasto a letto ancora per circa ventiquattro ore e, solo passate queste e scongiurato ogni possibile ricaduta, gli era stato permesso muovere qualche passo lungo i corridoi.
 
Stiles aveva entrambi i polsi – uno ingessato e l’altro, la cui frattura era di gran lunga meno grave, solamente avvolto da un tutore arancione acceso – ancora completamente fuori uso e quindi aveva dovuto accettare di essere imboccato come un bambino piccolo.
Ecco spiegato il motivo per cui, dovette ricevere Scott e Kira con un discreto quantitativo di passato di verdura tra il mento e l’enorme bavagliolo indossato per sicurezza. Incidenti dovuti al fatto che Oliver aveva insistito fino allo sfinimento pur di aiutare il suo papi a mangiare.
Derek aveva cercato di convincerlo ad andare a cercare Melissa o a giocare con i robot che si era portato da casa, ma non c’era stato verso di convincerlo. Il bambino caparbiamente si era issato sul letto e poi si era seduto a cavalcioni delle gambe del padre, mentre il licantropo reggeva il piatto il più possibile vicino ai due, cosicché il piccolo potesse fare quanto desiderato con il minor danno possibile.
 
Ripulendosi con cura, Stiles sorrise ai nuovi venuti, a cui si erano aggiunti pochi minuti dopo Ethan e Danny “Ehi, che si dice fuori da queste mura? Mi sento tanto la principessa rinchiusa nella torre. Solo che a vegliarmi non c’è un drago, ma uno stuolo di mostri in camice bianco”
“Stiles” lo rimproverò bonariamente Scott.
“Oh amico, tua madre esclusa logicamente, lei è un tesoro, ma io voglio andare a casa, non ce la faccio più. Anche se forse dovrei aver paura di cosa potrei trovare una volta aperta la porta, sappiamo tutti qual è la propensione all’ordine di Derek”
“Guarda che ti ho sentito” urlò dal corridoio il compagno, apparendo nel vano delle porta.
“Continua a gridare in questo modo e ti proibiranno di venire a trovarmi” gli fece presente il professore sogghignando.
“Ci provino, non lascerò che accada un’altra volta” mormorò tra i denti e, benedicendo le chiacchiere allegre del figlio, si sedette accanto a Stiles, accogliendo poi tra le braccia Oliver.
“Scherzi a parte” esordì Danny “che ti hanno detto? Quando potrai uscire?”
“Dicono tra un paio di giorni, anche se questi rimarranno” e così dicendo sollevo le mani mostrando i polsi rigidi.
“Ah, no” scherzò il vecchio compagno di scuola “Vedi di far sparire quell’oscenità arancione, anche perché il colore alla cerimonia sarà il blu e stonerebbe da morire”
Il sorriso nacque e morì repentino sulle labbra di Stiles, ricordando quanto dolore fosse scaturito dal semplice annuncio di quel matrimonio e, cercando di distrarsi, provò con tutto se stesso a lanciarsi in battute idiote, tipiche della sua indole, anche se l’attimo di tristezza non era passato inosservato a Derek.
“Tranquillo sposino, mi hanno detto circa trenta giorni, quindi non ci saranno problemi” confermò alla fine l’occupante del letto.
 
I giorni prescritti per accertamenti passarono e in una mattina dal tempo incerto, Stiles poté finalmente varcare la porta scorrevole dell’ospedale, anche se non sulle proprie gambe.
Derek era alle sue spalle impegnato a spingere la sedia a rotelle, mentre il piccolo Oliver seduto comodamente sulle ginocchia di Stiles chiacchierava a più non posso di ogni cosa gli passasse per la mente.
“Davvero, come tu sia riuscito a passargli la tua parlantina per me resta un enigma” rise il licantropo fermandosi e sancendo così la possibilità del compagno di mettersi in piedi.
“Che vuoi farci, sono più forte della genetica” e cambiando poi interlocutore “Forza cucciolo, a terra. Ora ce ne torniamo a casa”
Lasciata la sedia a rotelle alle cure di un infermiere, Derek rovistò nelle tasche dei suoi jeans recuperando le chiavi dell’auto e indicando poi agli altri due la direzione da prendere.
Stringendo forte tra le dita un lembo della T-shirt del suo papi, il lupacchiotto impacciato e spaventato dalla possibile risposta, quasi sottovoce, domandò “Ma vieni a casa con noi?”
“Sì, certo” rispose, posando leggero e senza fare sforzi eccessivi la mano sul suo capo, mentre il braccio di Derek si poggiava con delicatezza sulla spalla ancora un po’ dolorante.
“Ci puoi scommettere scricciolo” lo rassicurò ulteriormente il moro “Non lo lasciamo più scappare via” e, sorridendo a Stiles, fece scattare la chiusura centralizzata del SUV e l’intera famiglia vi prese posto.
 
I primi giorni a casa furono tremendi esattamente come Derek aveva ipotizzato.
Il professore aveva iniziato a lamentarsi affettuosamente appena messo piede nell’ingresso.
La casa era in disordine.
La casa era sporca.
La casa sembrava essere stata teatro di una atroce battaglia.
Alla fine però, Stiles sospirava felice perché era casa, la sua e di Derek, o meglio la sua e della sua famiglia e quindi si tranquillizzava e, per almeno una manciata di minuti, smetteva di schiavizzare il mannaro con le mille faccende necessarie.
 
Le settimane passarono e gesso e tutore vennero abbandonati, cosicché Stiles prese a dividersi tra la fisioterapia e ritorno a scuola. Non avendo voluto abbandonare i suoi studenti, aveva deciso di rientrare il prima possibile, almeno per seguire la classe dell’ultimo anno.
A causa di tutti questi impegni, una sera, al rientro dal proprio turno, Derek trovò il figlio dello sceriffo, seduto sul divano, avvolto dalla penombra e, raggiuntolo, si mise al suo fianco, venendo subito ricompensato dal peso leggero del corpo del compagno premuto contro il proprio.
“Che c’è che non va?” domandò premuroso il paramedico.
“Sono inutile. A scuola non sono in grado neppure di prendere un libro da terra. Qui a casa non riesco neanche a cucinare un uovo al tegamino e la fisioterapia va a rilento. Non ce la faccio più! Passo tutte le sedute a raccogliere palline e a far roteare legnetti”
“Smettila di lamentarti” lo riprese con tono leggero e deciso al tempo stesso il moro “Sei vivo ed è questo ciò che conta. Se penso che ora potresti non essere qui a lamentarti della tua giornata storta, mi manca il respiro”
“Lo so, ci penso anche io e hai ragione, ma oggi va così” lo interruppe Stiles accoccolandosi meglio al fianco di Derek.
“Sai conosco un esercizio molto piacevole, che potrebbe aiutarti a riprendere dimestichezza con i movimenti del polso. Potresti farlo su di me o addirittura su dite, mentre io me ne sto buono buono a guardare” suggerì malizioso il maggiore, chinandosi fino a poggiare le sue labbra sulla guancia di Stiles.
“Pervertito” lo prese in girò il giovane “Anche se non hai tutti i torti, è da quando sono tornato che noi non”
“Voglio che ti rimetti completamente, prima di approfittare di nuovo di questo adorabile corpicino. Inoltre se facessimo l’amore adesso, non riusciresti ad aggrapparti con forza a me e, fidati, ne avresti dannatamente bisogno”
“Promesse, solo promesse” scherzò Stiles e rimettendosi in piedi lo invitò “intanto portami a letto”
“Ai tuoi ordini” e cogliendo il castano di sorpresa, lo prese in braccio e ridendo come due ragazzini raggiunsero il piano superiore.
 
Erano a letto da pochi minuti, quando un leggero scalpiccio, a cui si erano abituati negli ultimi tempi, fece sorridere entrambi.
Oliver si infilò sotto le coperte in un baleno e in un battito di ciglia era di nuovo nel mondo dei sogni.
Il piccolo, prima dell’incidnete, raramente si svegliava nel bel mezzo della notte, per questo i due uomini, si stupirono nel constatare questa nuova abitudine e, una mattina a colazione, Derek domandò il motivo.
“Non lo so” tentò di spiegare il bambino “ma se mi sveglio ed è buio penso che papi non c’è e così vengo a vedere”
Stiles maledisse come non mai quella sconsiderata e sciocca azione che non aveva portato altro che dolore per tutti e cadendo sulle ginocchia abbracciò forte il figlio mormorando, mentre gli occhi divenivano d’un tratto lucidi “Non andrò più via cucciolo. Mai più”
“Ma posso ancora venire nel lettone anche se non vai più via?”
“Certo, ogni volta che vuoi”
 
Nonostante le maledizioni che Stiles di tanto in tanto lanciava ai suoi fisioterapisti o anche ai singoli oggetti che gli sfuggivano dalle mani, altro tempo passò e arrivò anche il termine della riabilitazione.
“Domani pancakes” esordì un pomeriggio il figlio dello sceriffo e, ritrovandosi addosso gli sguardi dubbiosi dei famigliari, aggiunse “oggi ho completato l’ennesimo ciclo di sedute e il medico ha detto che ho recuperato magnificamente e così domani si torna a una sana colazione”
“Hai qualcosa contro il mio modo di cucinare?” si finse offeso Derek, correndo a baciarlo e, mollandolo stranamente subito dopo nel bel mezzo della cucina, prese Oliver in braccio e dopo aver borbottato alcune parole sconclusionate, uscì di casa.
Pur meravigliandosi per il comportamento del lupo, Stiles si ritrovò ad alzare le spalle e a tornare alla correzione dei suoi compiti in compagnia del suo immancabile pastello rosso e blu. Se Derek aveva portato Oliver con sé, di certo non era andato incontro a un pericolo mortale.
I due tornarono solo un paio di ore dopo carichi di confezioni di cibo cinese da asporto.
“Da domani si torna a dieta” esordì il professore vedendoli entrare in casa carichi di cibo per nulla sano e, prendendo una delle buste, si incamminò verso la cucina.
La cena fu divertente e spassosa come era solito essere tra quelle quattro mura e quando quel piccolo terremoto di licantropo fu finalmente sotto le coperte, Stiles poté mostrare al compagno – nell’intimità della loro camera – la sorprendente ripresa dei suoi polsi, dovendo alla fine convenire che una presa salda alle spalle del moro fu assolutamente necessaria e ben più di una volta.
 
Il mattino successivo, Stiles si svegliò, stiracchiandosi lento e morbido come un gatto, in un letto drammaticamente vuoto.
Lo scroscio dell’acqua indicò senza ombra di dubbio quale fosse la collocazione del compagno e, ricordando la promessa fatta il giorno prima, Stiles si trattenne a stento dal fiondarsi nella doccia assieme al moro, optando per rivolgere le sue attenzioni alla cucina.
Il licantropo, come oramai d’abitudine, si occupò di trascinare fuori dal letto il figlio e di renderlo presentabile per l’asilo prima di scendere di sotto, attirato come un orso dal miele.
Il profumo che proveniva dal piano inferiore era qualcosa di sublime e appena prima di varcare la soglia della cucina, Derek si chinò e posando la mano sulla spalla del bambino si raccomandò “Ricordati ciò che abbiamo detto prima”
“Tranquillo papà”
 
Entrati nella stanza, Oliver corse immediatamente al proprio posto osservando il genitore si avvicinava al suo papi per le smancerie del primo mattino.
Il piccolo era solito alzare gli occhi al cielo e storcere il nasino, concentrandosi sui suoi cereali, ma da quando erano tornati tutti e tre insieme, era felice di vedere i suoi due papà che si davano tanti baci e cercava di non disturbarli.
Derek si sporse oltre la spalla di Stiles per osservare cosa l’altro stesse facendo e, vedendo la ciotola colma di pastella, sorrise e lo salutò come si conveniva.
Dopo un’infinità di piccoli baci, il figlio dello sceriffo cacciò il compagno “Se non mi lasci continuare li mangeremo per Natale questi pancakes” e vedendo il mannaro prendere posto vicino al figlio, tornò a concentrarsi sulla frusta.
Per questo motivo, non vide Derek richiamare l’attenzione del bambino e sollevare il pollice di una mano.
“Papi” esordì Oliver, cercando di strizzare l’occhio al moro ed esibendosi in una buffa smorfia.
“Dimmi cucciolo” lo invogliò a parlare Stiles, senza però voltarsi.
“Girati”
“Dammi ancora un attimo. Queste frittelle non si cucinano da sole”
Vedendo però che il genitore non accennava a dargli attenzione, il piccolo tornò alla carica e nuovamente lo chiamò “Papi” continuando poi con voce squillante “Ci vuoi sposare?”
Stiles istantaneamente interruppe quanto stava facendo e si voltò di scatto trovando suo figlio in piedi sulla sedia con tra le mani una scatolina blu di velluto e Derek inginocchiato al fianco del bambino.
“Cosa? Io non” balbettò Stiles, convinto di essere preda di un’allucinazione o di essere ancora nel mondo dei sogni.
Il licantropo si mise in piedi e, dopo aver sollevato Oliver e averlo poggiato a sedere sul proprio avambraccio, si avvicinò al castano e ripeté le parole già usate dal lupetto “Allora, Genim Stilinski, ci vuoi sposare?”
“Davvero? Tu vuoi davvero… Oh mio Dio, sì!” riuscì finalmente a dire tra le lacrime e i sorrisi, facendosi accogliere dall’abbraccio dei due uomini della sua vita.
Stretto tra i corpi dei suoi papà, il piccolo Oliver lottò per riconquistare un poco di spazio “Io però non ho mica capito: cosa vuol dire sposare?”
“Vuol dire che faremo la festa” rispose Derek, ricordando il discorso fatto tempo prima con il figlio.
Il piccolo si illuminò, comprendendo finalmente cosa sarebbe accaduto “Così stiamo insieme sempre sempre?”
“Sempre” sussurrarono all’unisono Derek e Stiles l’uno sulle labbra dell’altro.
   
 
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