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Autore: onepotatotwopotatoes    05/05/2014    3 recensioni
Libby, Montana.
Ciao sono Cassie e questa è la storia di come sono quasi morta. Non vi preoccupate, è molto divertente! Tutto è incominciato in un giorno d’inizio Settembre, quando io e Tundy prendevamo il sole in tranquillità. Il bosco era stranamente calmo, troppo calmo per essere normale. Persino il mio cane sembrava avvertire qualcosa che io non percepivo; era agitato e irrequieto. La sera stessa infatti scappò nel bosco e io lo inseguii. Quello che trovai lì, tra la nebbia e i tronchi d’albero, fu di certo la ciliegina sulla torta della stranezza: un ragazzo. Un ragazzo che non sapeva chi era, da dove veniva e perché era lì. L’unica cosa che sembrava ricordare era il suo nome: Harry.
Nota: Questa storia si svolge su tre piani: Il pov di Cassie, il pov di Emma e il pov di Jade.
Ho detto tutto, non mi resta che augurarvi buona lettura!
Genere: Fantasy, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era un giorno caldo, uno di quelli che terminano l’estate e precedono l’inizio della scuola . Il bosco di fianco a casa mia non era mai stato così silenzioso, come se tutti gli animali si fossero zittiti di colpo. Ero seduta a bordo piscina, con l’i pod in mano e la crema spalmata sul naso. Il mio cane Tundy, abbreviato di Thunderstorm ( il nome che mio fratello gli aveva crudelmente dato da piccolo), stava seduto in panciolle con il muso che sfiorava l’acqua senza avere nemmeno l’energia di muovere la coda. In realtà Tundy non aveva certo l’aspetto di una tempesta: era un semplice bassotto con il pelo corto e rossiccio, amava i croccantini di manzo e il suo dovere giornaliero era quello di portare il giornale a casa dopo aver aspettato il postino. Insomma uno di quei classici cagnolini da compagnia che si vedono nei film.
Tundy si stancò di rimanere sotto il sole cocente e mugolò annoiato, alzandosi e infilandosi sotto il mio sdraio. Sospirai avvilita, dato che anche io mi stavo annoiando a morte: le mie due amiche, quelle che avevo conosciuto al college, erano andate in vacanza e non sarebbero tornate prima del giorno dopo. Mio fratello e il suo migliore amico erano partiti per la Spagna in cerca disperata di “chicas” con cui passare un delizioso week end. Quanto a me, mia madre e mio padre avevano espressamente deciso di non lasciarmi partire perché ero troppo piccola.
L’unica compagnia che avevo era quindi un cane ormai ridotto ad un vegetale per il troppo caldo e due genitori rompipalle che non smettevano mai di ricordarmi i miei doveri scolastici.
Verso sera rientrai annoiata in casa, trascinando il piedi e con il morale a terra. Avevo bisogno di sfogarmi, di trovare qualcosa da fare, ma non potevo sapere che sarei stata così occupata nei mesi dopo da non avere neanche il tempo di cambiare i vestiti.
Dopo aver cenato in silenzio mi diressi in camera mia con Tundy alle calcagna. Mi stesi sul letto e fissai il soffitto della mia camera con aria assente. Il cellulare non dava segno di vita da due giorni ed il mio computer si era rotto quando il mio cane aveva avuto la brillante idea di metterci un topo sopra.
Tundy strofinò la testina contro il mio polso, sembrava irrequieto, come se volesse dirmi qualcosa.
-          Che c’è peste?- gli chiesi – non puoi mangiare altri croccantini se no diventi obeso e tu non vuoi essere un bassotto obeso vero?- suonava stupido ma Thunderstorm sembrò capire e piegò la testa da un lato, come per chiedere che cavolo centrassero i croccantini con la cosa che mi aveva appena comunicato. Gli sorrisi e gli grattai appena dietro alle orecchie, proprio come gli piaceva. Il bassotto guaì  e cominciò ad agitarsi muovendo le zampette sul posto.
-          Basta Thunderstorm! Che cosa vuoi?- lui scattò in piedi e corse via – Thunderstorm, vieni qui!- lo guardai scappare in giardino, dritto verso il bosco scuro. Ormai era notte e fuori c’era un freddo pazzesco; era sorprendente come poteva cambiare la temperatura tra giorno e notte. Fatto sta che Tundy aveva appena deciso di farsi una gita e mi toccava andargli dietro se non volevo che qualche cinghiale lo uccidesse. Così presi torcia e cappotto e uscii di corsa, senza farmi vedere dai miei.
-          Thunderstorm!- urlavo, correndo a più non posso e seguendo le orme che il cucciolo aveva lasciato nel fango. Mi addentrai nel bosco, accendendo la torcia ed aguzzando lo sguardo, cercando di sentire ogni suono – vieni qui bello!- dissi ancora, ma con un fil di voce. Menomale che nel giubbotto avevo ancora dei croccantini, che mi erano rimasti in tasca quando avevo provato ad addestrarlo – guarda cosa ho qui..- dissi scuotendo la mano con i croccantini in bella vista – andiamo…andiamo Thunderstorm! Vieni qui!- gridai di nuovo, addentrandomi sempre di più. Ormai avevo raggiunto una piccola radura; la luce della torcia illuminava uno spazio limitato del bosco e quello che vedevo era muschio, felci, sassi, tronchi, ceppi e rametti sparsi qui e là. D’un tratto si alzò una nebbiolina leggera e mi ritrovai a brancolare nel buio con il cappotto che teneva a stento i battiti del mio cuore. Sentii dei rametti spezzettarsi e dei cespugli muoversi, ma quando mi girai convinta che fosse il mio cane, apparse uno scoiattolo non proprio contento di avere la luce della torcia puntata in fronte. Quello squittì nervoso e si arrampicò su un albero, sparendo poco dopo.
-          Oh, accidenti a te, stupido cane!- dissi ancora, girando su me stessa. Mi ero persa chi sa dove nel bosco vicino a casa mia. Da piccola andavo sempre a giocare nel bosco, ma ero accompagnata da un adulto oppure lasciavo dei segni sui tronchi in modo da ricordarmi dove passare. Si sentirono dei secondi scricchiolii, questa volta regolari, fruscii lontani e un gufo tubare. Ero terrorizzata, battevo i denti e avevo gli occhi fuori dalle orbite. Mentre i fruscii aumentavano e dei passi sembravano venirmi incontro, mi appiattii contro il tronco dell’albero più vicino, puntando la torcia contro il cespuglio di bacche che avevo davanti; ma mentre mi preparavo psicologicamente a non vedere più la luce del sole, uccisa da un assassino a piede libero, dal cespuglio apparve tutt’altro che un pazzo omicida: era un ragazzo più o meno della mia età. Aveva i capelli ricci e marroncini tirati verso l’alto e un po’ spettinati, portava una maglietta bianca macchiata di fango  e dei jeans neri tutti strappati e graffiati. Benchè avesse la torcia puntata in faccia non si parò con le mani e la luce non sembrò dargli fastidio. Dapprima incuriosita, lo guardai interrogativa e lui fece lo stesso. Sembrava non aver mai visto un uomo in vita sua perché mi studiò attentamente. Dietro i suoi polpacci, Thunderstorm lo annusava.
-          Ch-chi diavolo sei tu?- dissi con la voce rotta dalla paura. Lui mi guardò un po’.
-          Puoi abbassare la torcia?- disse dopo, con voce roca. Feci come aveva detto, tenendo la mano rigida lungo il fianco.
-          Chi diamine sei e che ci fai con il mio cane – dissi dopo aver recuperato un po’ di sanità mentale. Il ragazzo sembrò spaesato.
-          Non…non ricordo- disse, grattandosi la testa – io…mi sono svegliato qui- lo disse con una tale innocenza che sospettai fosse la verità. Sospirai, sentendo il cuore rallentare i battiti.
-          Beh- riuscii a biascicare infine- come ti chiami almeno lo sai?- lui sospirò e corrugò la fronte.
-          H…Harry, credo- sollevai un sopracciglio, mi passai una mano nei capelli e sospirai guardandolo storto. Tundy intanto lo stava a studiando attentamente, la testina leggermente inclinata da un lato.
-          Strano- dissi – di solito Thunderstorm non è così amichevole con gli sconosciuti- Harry mi guardò e la sua espressione persa mi turbò – hai una casa? Un posto dove andare?- Harry scosse la testa.
-          Non che io ricordi- gli sorrisi.
-          Non sembri un assassino o uno stupratore- dissi poi guardandolo bene- ma non sono sicura di potermi fidare di te-
Lui mosse un passo verso di me e io lo fulminai, puntandogli di nuovo la torcia in faccia – che fai?-
-          Me ne vado- disse solamente, addentrandosi nel bosco.
Non poteva andarsene, non sapevo come tornare a casa e poi si sa, quattro occhi vedono meglio di due .
-          A-aspetta!- Harry si voltò e ritornò dove ero io.
-          Dimmi- non sembrava per niente violento, anzi forse era spaventato quanto me.
-          M-mi sono persa, mi puoi aiutare?- Harry guardò Thunderstorm.
-          Il cane non sa la strada?- Arrossii. In realtà Tundy non era mai stato un grande cane da orientamento. Spesso si perdeva al centro commerciale e mi toccava andarlo a recuperare.
-          No- dissi, abbassando lo sguardo – e i miei genitori si staranno preoccupando, è tardi- Harry annuì.
-          Va bene, ti porterò a casa- tirò su il naso e la luna si riflesse nei suoi occhi – da quella parte- disse dopo, addentrandosi nella foresta.
-          Aspetta! Come fai a saperlo?- lo avvicinai e illuminai il percorso con la torcia, mentre Tundy dietro trotterellava felice. Lui aveva lo sguardo confuso.
-          Non so…lo so e basta- decisi di non replicare dato che sembrava piuttosto sicuro di se stesso. Rimasi zitta per la maggior parte del tempo, facendo calare un silenzio imbarazzante. Mi soffermai ad osservare quello strano ragazzo che era appena spuntato dalla foresta come un fungo. Harry mi sovrastava di diversi centimetri; la sua altezza mi opprimeva ma sembrava allo stesso tempo rassicurante e protettiva. Cominciai a fantasticare sulle sue origini: e se fosse stato come il bambino del libro della giungla? Allattato e cresciuto da una lupa nella foresta? Io non l’ avevo mai visto ne in giro ne al college. La sua identità era misteriosa quasi come le sue origini, ma non mi sentivo di temerlo in alcun modo. Non sembrava una minaccia, piuttosto uno che ha perso qualcosa di importante ma non riesce a ricordarsi cosa.
Camminammo a lungo , ma proprio quando cominciavo a sentire le gambe far male, Harry si bloccò.
-          Siamo arrivati- disse. Anche se davanti a noi c’era un muro di alberi e foglie.
-          No, è impossibile questa non è casa…- poi intravidi la luce delle nostre lampadine e la piscina - …mia- Tundy abbaiò contento e corse via, facendo ondeggiare le orecchie. Harry mi guardò.
-          Bene, adesso sei a casa- disse sorridendomi.
Non me la sentivo di lasciarlo li da solo, dopotutto mi aveva aiutato a tornare a casa.
-          Senti- dissi, spegnendo la torcia – potresti dormire nel garage per sta notte – proposi, studiando la sua reazione alla mia ipotesi. Lui sembrò piacevolmente sorpreso.
-          Bene, che cosa è un girage?- risi.
-          Stai scherzando vero? Garage. È come un enorme sgabuzzino dove metti la macchina, ma mio fratello è andato via e adesso non c’è e quindi è libero. Ti porto un sacco a pelo e puoi dormire lì, almeno sino a domattina sei riparato. Non deve essere bello dormire da soli in un bosco spaventoso-  dissi poi, avviandomi verso casa. Harry esitò.
-          Grazie è molto gentile da parte tua. Non so nemmeno come ti chiami- io mi voltai e gli sorrisi.
-          Il mio nome è Cassie. Non ti devi preoccupare, non c’è alcun problema .Ma ora sbrighiamoci – lui annuì e mi seguì dentro casa. Per fortuna i miei stavano ancora dormendo e non si erano accorti di niente. Harry e io entrammo in casa in punta di piedi, cercando di non fare rumore. Passammo davanti alla cucina e su per le scale, sino in camera mia. Lì accesi la luce :
-          Bene – lo guardai un po’ – mio fratello dovrebbe avere all’incirca la tua taglia, ti porto un paio di pantaloncini ed una maglietta, aspettami qui-  feci quello che avevo detto e portai a Harry dei vestiti nuovi e puliti. Lui mi sorrise riconoscente.
-          Grazie ancora- mentre si spogliava mi voltai per dargli un po’ di privacy – fatto- disse dopo. Aveva decisamente un aspetto molto più normale senza quella maglietta tutta sporca e strappata.
-          Questa la butto?- lui scosse la testa.
-          No, è l’unica cosa che avevo quando mi sono svegliato. Per quello che ne so, potrebbe essere un indizio sul mio passato- mi tolsi il cappotto e appoggiai la torcia sulla scrivania, raccogliendomi i capelli da un lato.
-          Non ricordi proprio nulla?- lui scosse la testa ancora, con fare avvilito.
-          Non importa- gli sorrisi – per quello che so, una buona dormita è l’ideale- Harry mi guardò con aria confusa.
-          Non credo di poter dormire- disse, sedendosi sul letto e fissando i cuscini con aria malinconica.
-          Come no?- presi un paio di pantaloncini ed una maglietta a fiori dall’armadio.
-          Non…saprei- continuò lui, alzandosi poi dal letto di colpo – aspetta!- mi bloccai fissandolo interrogativa. Quel ragazzo mi sembrava sempre più strano. Si comportava da spostato. E se avessi portato uno svitato in casa? Mia madre e mio padre non l’avrebbero mai finita di rimproverarmi e probabilmente mi avrebbero rinchiuso in camera con le sbarre  alla finestra, stile  raperonzolo.
-          Che c’è?- chiesi sussurrando, guardandolo ancora come se fosse un alieno. Harry scosse la testa.
-          Nulla- mi sorrise – mi puoi dove dire dove è questo “ garage”? Vorrei dormire-
-          Ma mi hai appena detto che..-
-          Ci ho ripensato- mi bloccò lui, sorridendomi ancora – allora questo garage?- insisté, avvicinandosi un po’. Indietreggiai, sempre più convinta di aver invitato a casa un pazzo maniaco.
-          D-da questa parte- gli feci strada, stando attenta a non scontrare nulla. Tundy si alzò dalla cuccia e ci seguì incuriosito. Evidentemente anche lui non si fidava del nuovo arrivato. Nel garage era tutto buio e non si vedeva un accidenti.
-          Caspita- dissi – dove è l’interruttore?- cercai di tastare i muri, ma la mia velocità era pari a quella di un bradipo in letargo, dato che avevo il terrore di prendermi una capocciata in una mensola.
-          Come è fatto questo interruttore?- chiese Harry, quasi come se avesse davanti una visione completa del garage e non avesse la minima idea di che forma avesse un interruttore.
-          Uhm bianco, piccolo, rivolto verso l’altro come una piccola levetta e…-
-          Trovato!- disse lui, muovendosi nel buio con uno scatto repentino. Accese la luce in un batter d’occhio. L’interruttore stava esattamente all’opposto di dove ero io e in notevole distanza dalla porta. Come diavolo aveva fatto?

-          Beh- balbettai – ecco qui, buonanotte- mi eclissai velocemente, sbattendo la porta dietro le mie spalle. 

  
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