Storie originali > Romantico
Segui la storia  |      
Autore: Ines_11    05/05/2014    0 recensioni
Quando c'è un legame così forte e indissolubile tra due ragazze totalmente opposte, significa che ci hanno messo le mani gli dei. E quando ci si mettono gli dei, meglio lasciarli fare. Poi, se ci aggiungiamo anche l'amore, il desiderio, la gelosia, i litigi e, soprattutto, i ragazzi, la cosa diventa ancora più complicata. Che gli dei ci aiutino!
Dal primo capitolo:
----------------------------------
"Passi.
Lenti; veloci;
Semplici passi,
Semplici movimenti.
Voci, parole;
Suoni, rumori.
E...
Due paia di occhi;
Profondi,
Dispersi,
Che si cercano.
Uno sguardo infinito,
Un momento unico e letale,
Un segno del Destino.
Mille frammenti di consapevolezza,
Di rassegnazione,
Di profonda curiosità.
In un attimo,
Con uno sguardo,
Il destino di due Opposti si è unito,
Consolidato.
In un accordo silenzioso fatto di sguardi e occhi curiosi.
Il Destino...
Che strana cosa."
|| STORIA SOSPESA - non so quando la riprenderò e se lo farò ||
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Un passo. Un altro. Poi, un altro ancora. Due. Tre. Quattro.
Contavo i miei passi, tenendo la testa bassa, le spalle leggermente curve e lo sguardo puntato sulle scarpe di tela nera. Distratta. Persa nei miei stessi pensieri. Pensieri che, in realtà, non erano veri e propri pensieri. Era solo un continuo ripetere di numeri, un continuo contare. Quel giorno avevo pensato di distrarmi in quel modo; tanto ci sarebbe stato sempre qualcosa a distrarre la mia mente e a deviare i miei pensieri. Trentacinque, trentasei, trentasette, trentotto, trentanove. Per quale dannatissimo motivo stavo contanto i miei passi? Non lo sapevo nemmeno io. Però, in quel momento, non riuscivo a sollevare i miei occhi da terra, come se attratti da una calamita. Cinquantuno, cinquatadue, cinquantatre, cinquant...
-Ehi, stai più attenta!- La voce sconosciuta mi ringhiò in faccia con stizza.
Ovviamente, ero andata a sbattere contro qualche povero malcapitato. Come sempre. Questa volta si trattava di una cinquantenne dai capelli cotonati, di un
nauseante
biondo platino.
-Mi scusi- Sbuffai senza guardare in volto la donna. A quel punto questa poteva voltarsi completamente verso di me, bramando rispetto e chiedendo delle scuse educate e risentite; oppure se ne sarebbe andata infastidita, borbottando parole acide sui "giovani d'oggi". Quelle erano le due classiche opzioni. La donna mi squadrò e infine scelse l'ultima, andandosene impettita.
Sbuffai portando il capo all'indietro e liberandomi dei ricci che si contorcevano sulla mia fronte e intorno al viso. L'occhio però, purtroppo mi cadde sul display del cellulare che mostrava l'ora in caratteri bianchi e luminescenti. Le 8 e 24... Le OTTO... e VENTIQUATTRO.
Oh, porca puttana! Le otto e ventiquattro!!!! E' tardissimo!
Le lezioni erano già iniziate da ventiquattro minuti e io stavo ancora passeggiando tranquilla come se stessi andando all'alimentari a prendere il latte. Come se quello non fosse un normale giorno di scuola.
Iniziai a correre come una matta, schivando sempre per un soffio tutte le persone che mi passavano accanto. Meglio dell'ora di atletica. Ecco, già li vedevo, i giornalisti che si fiondavano su di me e iniziavano a tartassarmi di domande su come riuscissi a fare così bene lo slalom tra i passanti. Poi, sarebbero arrivati i giudici di gara che mi avrebbero consegnato la medaglia d'oro e io sarei diventata la campionessa olimpionica di corsa ad ostacoli.
Cazzo! Mi sono distratta di nuovo...
Scossi la testa evitando di pensare ad altre cretinate simili e mi concentrai solo sulla corsa. Arrivai di fronte all'edificio scolastico sudata, affannata e distrutta sia fisicamente che psicologicamente. Psicologicamente perchè ero già terrorizzata all'idea di vedere lo sguardo impassibile della professoressa di latino puntato severamente su di me e le risatine di quei compagni deficienti che mi ritrovavo in classe.
Presi un bel respiro e varcai il cancello della scuola, continuando per i corridoi vuoti e silenziosi. Passai davanti alle porte delle aule
rigorosamente chiuse ed evitai professori e bidelli che si aggiravano per il resto della scuola. Ricontrollai l'ora, tanto per autoumiliarmi ancora un pò. Le 8 e 36... Bè, ormai il dado era stato gettato. Mi avvicinai alla mia aula ed entrai, tenendo la testa china. L'intera classe si era voltata verso di me, lo sapevo, ma io preferii non alzare lo sguardo.
-Scusi il ritardo, prof- Dissi fugacemente, poi mi sedetti al mio posto veloce come un fulmine.
-E' inutile che ti scusi, signorina Sanna, ormai è una cosa abituale, giusto?- Rispose la bastarda esigendo una risposta ben precisa.
-Eh già, prof...- Sbuffai passandomi una mano sul viso.
-La giustificazione...- Continuò quella vecchiaccia spennacchiata.
-... La porto domani, si.
Terminai io la frase per lei, mentre sistemavo i quaderni sul ripiano. Mi voltai verso il mio compagno di banco che mi guardava di sottecchi con gli occhi ancora impastati dal sonno. Si appoggiò allo schienale della sedia e iniziò a dondolarcisi sopra, sbadigliando sonoramente come se si trovasse a casa sua.
-Tu hai dormito più di me, non è giusto- Borbottò insonnolito.
-No, mi sono svegliata alla solita ora. Ho fatto tardi per strada- Risposi senza guardarlo.
Lui ridacchiò: -Ti ha messa sotto una moto e poi sei resuscitata grazie alla magia delle tue fatine?
-Che?! Hey, quante canne ti sei fumato stamattina?
-Bah, solo un paio- Scherzò lui.
-Ah, ecco. Ma perchè devo stare vicino ad uno come te?- Mi lamentai, iniziando a ripassare svogliatamente.
-Perchè? Non ti sto simpatico?
-Non rispondo, non vorrei offenderti...
Simone, il mio compagno di banco, era uno di quei tipi che parlava con tutti e che stava simpatico a tutti. Starci vicino era piacevole, anche se la maggiorparte del tempo dormiva. Molti professori non perdevano neanche tempo a svegliarlo. Era inutile. Si limitavano a fare i conti a fine quadrimestre. Era anche abbastanza carino. Bel sorriso, luminosi occhi verdi e un divertente ciuffo sulla fronte, mezzo tinto di biondo che andava sempre a cadere su un'occhio. Non troppo alto e abbastanza magro, con un fisico asciutto e slanciato. Normale.
Si, normale...
Pensai continuando a guardarlo con aria assorta.
-Sono così bello?- Chiese lui, accorgendosi del mio sguardo insistente.
-Hey, Simone acchiappa, eh!?- Intervenne un ragazzo dietro di noi.
Ecco, quello era davvero un deficiente; e Simone purtroppo gli dava anche retta.
-Ovvio! Bè, c'è da dire che io ci sono abituato- Disse ridendo come uno scemo.
-Oggi, però, hai davvero superato te stesso... Guarda che bel bottino- Ammise l'amico lanciandomi un'occhiata fugace.
Che? Aspetta, mi stavano paragonando ad un... bottino di guerra?
-Senti, ma tu un pacchetto de cazzi tua no, eh?- Sbottai già abbastanza nervosa per come si stava svolgendo quella mattinata.
-Ahia...- Sussurrò quella seduta dietro di me, tanto per far pesare maggiormente la mia battuta al suo compagno di banco.
Solo allora la professoressa perse la sua poca e striminzita pazienza:
-Quel gruppetto laggiù! A quanto pare non avete bisogno di ripassare... Simone, immagino che, dal momento che stai parlando, tu sia abbastanza preparato per essere interrogato per primo, giusto?
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e io sorrisi cercando di non farmi vedere. Simone però mi vide.
-Hey, che ti ridi?- Disse, infatti.
-Noemi, a quanto pare vuoi essere interrogata anche tu!- Ammise allora la prof.
Io assottigliai gli occhi e cercai di non sentire le risatine sfacciate intorno a me.
Maledetto Simone.
Sibilai silenziosamente.

Passi.
Lenti; veloci;
Semplici passi,
Semplici movimenti.
Voci, parole;
Suoni, rumori.
E...
Due paia di occhi;
Profondi,
Dispersi,
Che si cercano.
Uno sguardo infinito,
Un momento unico e letale,
Un segno del Destino.
Mille frammenti di consapevolezza,
Di rassegnazione,
Di profonda curiosità.
In un attimo,
Con uno sguardo,
Il destino di due Opposti si è unito,
Consolidato.
In un accordo silenzioso fatto di sguardi e occhi curiosi.
Il Destino...
Che strana cosa.

-Che si fa allora?
-Senti... Ti andrebbe di uscire con me? Così per conoscerci...
-Oh, l'hai visto il nuovo video di Fedez?
-Hey, come ti permetti, coglione!

-Dai, ti piace non è vero?
-Ohi, Superman, non ti atteggiare troppo che finisci per diventare un imbecille!
-Cosa vuoi da me!? Lasciami perdere, cretino!
-Cazzo! Siamo in semifinale, rega!
-Oh mio dio!! Il concerto degli One Direction!

-Dammi un altro bacio, ti prego, solo un altro. Uno e basta!

-Dici sul serio?
-Dì, un pò, quante volte te la sei portata a letto?
-Oggi sei troppo bella, tesoro! Il mascara ti sta benissimo.
Voci, risate, frasi, discorsi inutili, grida. Ma quella era una scuola oppure un manicomio? Tutti quegli argomenti privi di significato. Privi di sostanza, privi di tutto. Erano solo tante cazzate.
A ricreazione era sempre così: non potevi fare due passi per il corridoio che subito venivi travolta dalla deficienza dei tuoi stessi compagni. Sul mio piano c'erano solo ragazzi di primo, secondo e terzo anno. Neanche a dirlo, sembrava che fossero tutti allo stesso livello di intelligenza... Sotto lo zero. Sbuffai. Si, niente di nuovo; sbuffavo sempre, facevo solo quello. Nella mia scuola mi annoiavo, non c'era nessuno abbastanza interessante per poterci fare un discorso serio. Anzi no, semplicemente non c'era nessuno degno di poter parlare con me. Mi dicevano che ero io ad isolarmi, che se mi lasciavo andare e mi aprivo un pochino con le altre persone avrei avuto più amici. La verità era che io non volevo fare amicizia con quelle persone. Già, mi mettevo su un piedistallo e mi sentivo superiore rispetto a molti miei coetanei. Ma del resto, non era forse la verità? Si, dannazione, come potevo parlare con ragazzine che impazzivano perchè avevano un biglietto per il concerto degli One Direction o con ragazzi che pensavano solo e solamente al sesso?
Dunque stavo bene così. Di amici veri, in quella scuola, non ne avevo e non li volevo. Fuori si: pochi ma decenti. Avevo scelto quella struttura perchè era una scuola affidabile, buona e con bravi professori. Dei compagni non me ne importava un bel niente.
La campanella suonò e i ragazzi si riversarono nelle stanze come tante piccole mosche. Io aspettai che il corridoio si svuotò del tutto per rimanere un attimo ferma a godermi quel dolce silenzio; poi entrai in classe anch'io e le mie orecchie si riempirono nuovamente delle voci rumorose dei miei compagni.
-Hey, Marika!- Mi chiamò una ragazza dai capelli dorati che scivolavano sulla sua schiena come una cascata brillante.
Sofia, si chiama Sofia... Forse.
Pensai, avvicinandomi alla tipa.
-Senti, sabato prossimo io compio quattordici anni. Hai voglia di venire alla mia festa? Ci sarà tutta la classe, più qualche vecchio amico delle medie.
Quattordici anni? Ancora non li ha compiuti? Io li ho fatti a maggio!
-Si, non so... Domani ti faccio sapere.
-Ok, fa con calma!- Esclamò con un enorme sorriso.  
Come cazzo fanno a sfoderare sorrisi del genere?!
-Si...- Mormorai allontanandomi da Sofia.
Le lezioni ripresero: un'ora di greco e una di scienze. Io presi un foglio stropicciato e iniziai a disegnare, a scrivere, a fare scarabocchi senza senso. Del resto, non avevo mai niente da fare confinata in quelle quattro pareti. Due ragazzi davanti a me avevano iniziato a scriversi bigliettini e a passarli ad altri compagni dalla parte opposta della classe. La tipa accanto stava al cellulare e continuava ad inviare messaggi pieni di cuori e faccine su whatsapp.
Quando si dice che non c'hai un cazzo da fare...
Sospirai, rassegnandomi all'idea di dover passare cinque interi anni con questa gente. Io non mi ambientavo facilmente, non volevo ambientarmi. Se fossi riuscita a trovare qualcuno di veramente stimolante per me, allora mi sarei aperta di più. Fino a quel momento, sarei stata completamente asociale. Mi veniva bene.
Suonò l'ultima campanella, quella dell'una. Tutti i ragazzi in poco tempo si riversarono in strada, affollando la piazzetta e inquinandola con le loro urla.
-Hey, bella, vuoi provare?- Un tizio di circa sedici anni mi si avvicinò con una sigaretta in mano.
Io sollevai un sopracciglio, scrutai attentamente prima il ragazzo e poi la sigaretta.
-Richiedimelo tra un anno esatto, grazie...- Risposi, sistemandomi meglio lo zaino sulla spalla e allontanandomi.
Era troppo presto, non volevo distruggermi i polmoni alla mia tenera età di quattordici anni. A che serviva poi? Era proprio per questo dubbio che sicuramente un giorno mi sarei ritrovata a fumare. Non per seguire gli altri, ma per seguire me stessa. Mi conoscevo abbastanza bene per capire che non avrei resistito alla mia curiosità e al mio desiderio di sentirmi, come dire, un pò trasgressiva.
E poi, una perfetta asociale deve avere rigorosamente una sigaretta in mano. Suonò il cellulare, vibrò nella mia tasca con insistenza. Noemi... Sicuramente Noemi.
-Ciao, superato il tuo cinquantesimo giorno di scuola?- Risposi.
-Si... No, aspetta! Hey, guarda che sti problemi ce l'avevo solo il primo giorno. Ti pare che adesso, ogni santo giorno, devi chiedermi com'è andata a scuola. Mi sembri mia madre!
-Tu almeno ce l'hai- Sbuffai io.
-Oh, sta zitta, non provare a fare la vittima con me. Tua madre, fra un pò, è più presente della mia- Rispose Noemi dall'altra parte del telefono.
-Noemi... amica mia, perchè quando mi chiami mi dici di tutto tranne il motivo per cui hai chiamato?
-Sei tu che te ne esci con frasi e domande senza senso!-
-Appunto- Sbuffai passandomi una mano sul viso. - Quindi... che vuoi?
-Festa di compleanno- Disse solo.
-What?
-Si, una di classe mia, compie quattordici anni. La festa la fa sabato prossimo, che faccio, ci vado? Ci sta tutta la classe.
-Oh, bè, io di certo non ti posso seguire. Sabato prossimo anche da me c'è una festa e anche qui ci sarà tutta la classe.
-Davvero? Wow, che coincidenza!- Esclamò lei, quasi emozionata.
-Oh, si! Che gioia...- Dissi sarcastica.
-Ohi, senti, sei già a casa?
-Quasi arrivata, perchè?
-Dai, ti raggiungo! Sono qui vicino- Disse lei, chiudendo la chiamata.
Noemi era una di quei pochi amici decenti che avevo. Era buffo, eravamo l'una l'opposto dell'altra eppure, dalla terza elementare, ci siamo rese inseparabili. Avevamo fatto le medie insieme ed infine, alle superiori, ci eravamo separate. Scuole diverse, stesso indirizzo. Lei era andata in un liceo vicino casa sua, io mi ero allontanata cercando, appunto, una scuola perfetta per me. Anzi, la scuola perfetta per me. Eravamo ancora così unite perchè lei viveva letteralmente a due passi da me... al palazzo di fronte, in pratica. E facevamo entrambe lo stesso sport: kung fu. Una disciplina più che uno sport, che io amavo con tutta me stessa. Che mi trasportava lontano da tutto e mi depurava dai pensieri più reconditi. Non avevo la più pallida idea del perchè Noemi, quel giorno di circa tre anni fa, aveva deciso di seguirmi in quella palestra a fare la prova di kung fu. Non mi sarei mai immaginata che avrebbe continuato quella disciplina, non avrei mai pensato che sarebbe stata così brava e soprattutto che le sarebbe piaciuto così tanto il kung fu. Ma era meglio non chiedere.
Arrivai davanti il portone di casa mia, una piccola palazzina di un colore rossiccio mezzo sbiadito dalla quale usciva sempre un nauseante odore di brodino di carne. Noemi era già lì davanti, con il suo I-phone in mano e il volto incollato sullo schermo. Alzò lo sguardo e mi vide.
-Hey, Marika, sono qui!- Esclamò correndomi in contro, con lo zaino che le sballottolava sul fondoschiena.
-Che bello!!- Dissi io ironicamente.
-Come va?
Guardai Noemi con un sopracciglio alzato.
-Mi dici perchè dovevamo vederci?
Lei puntò i suoi grandi occhi verdi su di me.
-Cavolo, si vede che c'hai proprio voglia di vedermi, eh? Così, per parlare della festa. Ma se ti gira, guarda, lascia perdere.
Io ridacchiai, quanto era bello offenderla in quel modo. Se la prendeva per ogni piccola cosa.
-Dai, scherzavo... Com'è andata a scuola?- Dissi appoggiandomi al muretto di fronte casa mia e tirando fuori il mio cellulare.
-Una merda! Sono arrivata con mezz'ora di ritardo perché mi ero distratta per strada, un tipa per poco non mi denuncia perché le sono andata addosso e quella stronza della Bortini mi ha interrogato a latino per colpa di quell'altro deficiente di Simone!- Disse rapidamente mangiandosi le parole.
-E quanto t'ha messo?
-Boh, credo "non classificato" o robe del genere... Bè, almeno anche Simone ha fatto la stessa fine.
Mi misi a ridere, mentre girovagavo su facebook e vedevo le miriade di foto che si facevano quelle di classe mia. Quelle cretine mi avevano intasato la bacheca di selfie!
-Te? Hai trovato qualcuno degno della tua presenza?- Chiese Noemi sbirciando nel mio cellulare.
-Si, certo! Ho trovato la mia anima gemella. Una ragazza stupenda, è la mia best friend... stasera vado a casa sua a dormire, ci truccheremo e poi pubblicheremo su facebook un video dei saluti in reggiseno. E poi, faremo le 4 a vederci tutte le puntate del Grande Fratello!- Dissi ironicamente, mimando una voce infantile.
Noemi scoppiò a ridere.
-Oh, mio dio, ti ci vedo! Tu in reggiseno che saluti mezza scuola in un video!- Esclamò continuando a ridere come una matta.
-Certo, poi, io co tutte le tette che mi ritrovo- Continuai sarcastica.
Guardai il seno di Noemi. Povera ragazza: solo quattordici anni e già una terza abbondante. Io... bè, avevo a malapena la seconda, però non me ne vergognavo, anzi, ne andavo fiera. Nessun sguardo famelico puntato sul mio petto, nessun peso che mi curvava la schiena.
-Non guardarmi così...- Si lamentò.
-Guarda che non ce ne hai così tanto di seno, eh?- Dissi per rassicurarla.
-Si, nonostante ciò, tutti i ragazzi quando gli parlo manco mi ascoltano, s'incantano solo sul mio petto! E mi da troppo fastidio. Penso che non troverò mai un ragazzo decente che si innamori di me per come sono di viso o di carattere. Sono tutti interessati solo alle mie tette... Che pezzi di merda!
-Ma che te ne frega dei ragazzi, Noemi, a quest'età quelli vogliono solo scoparsi noi povere femminucce. Per questo io gli sto alla larga...
-Certo, anche io vorrei stargli alla larga, peccato che il mio seno sia di un altro parere!- Sbottò infine, scendendo dal muretto.
Quando si parlava dei maschi andava a finire sempre così. Penso che non ci sia ragazza più contraddittoria di Noemi: desiderava i ragazzi e allo stesso tempo li odiava con tutte le sue forze.
-Comunque, che fai? Tu ci vai sabato a quella festa?- Chiese poco dopo, rimettendosi lo zaino in spalla.
-Boh, forse si... Voglio vedere fino a quanto può andare lontano la stupidità dei miei compagni. Però ci devo pensare, non vorrei sprecare così il mio tempo. E poi mi toccherà cacciare pure dei soldi per il regalo.
-Capisco... Bè, io invece ci vado. Mi sono rotta di autoisolarmi, i tempi delle medie sono finiti!- Esclamò Noemi sorridendo soddisfatta.
Alle medie aveva sofferto molto per il ruolo isolato che aveva avuto in classe. Lei era sempre stata una persona molto aperta e ritrovarsi completamente esclusa da quella mandria di ragazzini in preda alle loro crisi ormonali l'aveva resa molto depressa. Alla fine era diventata una perfetta asociale e sfigata in tutta la scuola. Appena finito l'ultimo anno scolastico, però, lentamente le era tornato il sorriso. E infine, al liceo aveva trovato un ambiente più adatto a lei. Tutti cretini e uguali ai precedenti, secondo me, ma lei diceva di trovarsi bene e, allora, congratulazioni.
-Come vuoi...- Dissi infilando il cellulare in tasca.
-Oh, giusto! Io devo andare a chitarra... è la lezione di prova. Vabbè, ti saluto- Replicò lei velocemente, allontanandosi senza neanche darmi il tempo di salutarla anche con un solo cenno della mano.
-Ciao...- Mormorai più a me stessa che a Noemi, dato che si era già liquidata.
Presi le chiavi e aprii il portone d'ingresso. Salii le scale con la mia solita e pacata flemma ed entrai in casa sbuffando. Vidi mio fratello Francis seduto sul divano a gambe incrociate che mangiava convulsamente un panino davanti allo schermo di un computer che teneva a malapena sulle sue gambe tremanti. Appena mi vide voltò di scatto la testa verso di me con i suoi occhi neri spalancati e tutto rosso in volto.
-Marika?!- Chiese più a se stesso che a me.
Io sollevai un sopracciglio divertita.
-Si può sapere che stai combinando?- Risposi cercando di sbirciare sullo schermo del computer.
-No, ferma!- Francis prese il computer e lo voltò verso di lui, impedendomi di vedere. -Senti, ma tu non dovevi mangiare per strada?
-Ahm... a dire il vero la cosa è stata annullata tre giorni fa e ve l'ho anche detto.
-L'hai detto ai nostri genitori, mica a me!- Esclamò quel cretino sempre più adirato.
-No, Frà, l'ho detto l'altro ieri a pranzo e c'eri pure tu!
Francis rimase in silenzio a guardarmi tenendo gli occhioni spalancati e mi guardava con un faccino carico di delusione. Che fallito!
-Scusa se ho interrotto la tua eccitante visione... Ma devo nutrirmi anch'io, quindi dato che sei tu il fratello maggiore preparami un panino- Dissi interrompendo quel silenzio, gettando lo zaino a terra e andando in bagno.
-Che? Hey, ma che visione eccitante! E il panino preparatelo da sola, cretina!- Esclamò lui spalancando la porta del bagno e beccandomi con un assorbente in mano.
-Deficiente, chiudi quella cazzo di porta! Maniaco!- Urlai lanciandogli la cartigenica in testa.
-Ohi, scusa, non pensavo... E poi smettila di prendermi per un pervertito, alla mia età è normale vedersi i porno!- Urlò Francis dalla cucina.
-Si, se li vedono solo gli sfigati che come te non hanno mai avuto esperienze sessuali!
-Ah, bè, perché tu invece sei un espertona, eh?
-No, ma io ho solo quattordici anni.
-E io sedici, non c'è poi molta differenza!
-Comunque, dì un pò, preferisci le lesbiche, le mature, o le milf?- Dissi ridacchiando uscendo dal bagno.
-Ma che te ne frega scusa!
-Ah, giusto, magari erano solo hentai...
-Sta zitta e mangia 'sto coso- Disse il ragazzo infilandomi in bocca un panino colmo di prosciutto.
-Grazie- Dissi solo e andai verso il salone dove solo e abbandonato sul divano c'era il computer di mio fratello.
Aprii il pc e vidi la schermata poco adatta ai minori di diciotto anni.
-Hey, ancora non ero uscito!- Urlò ancora Francis correndo dalla cucina. -Questa non è roba per te- Aggiunse poi, sogghignando.
-Non c'è da vantarsene, eh?
No, mio fratello non era un pervertito oppure uno sfigato in amore che si consolava nei video porno. Era solo un maschio sedicenne ed era tremila volte più stupido di me, quindi non ne facevo un dramma. E poi, aveva ragione, a quell'età chi non ne aveva mai visto uno? Lo vidi prendere una borsa e infilarci dentro più roba possibile, poi mettersi il suo basso elettrico a tracolla.
-Dove vai?- Chiesi conoscendo già la risposta.
-A fare le prove.
Già, lui e la sua band. Rock, punk, metal, tutta su quel genere. Il mio genere. Forse l'unica cosa su cui andavamo d'accordo io e Francis erano i nostri gusti musicali. Il problema era che lui e i suoi amichetti si erano improvvisati cantanti e musicisti, andavano a fare le prove quasi ogni giorno e saltavano la scuola, a volte, perché li rendeva più... non so, fighi, forse. Poi, da quando Francis era tornato a casa con i capelli, un tempo neri, tutti cotonati, biondi e appiccicosi di gel, pensai che aveva perso quel briciolo di intelligenza che gli rimaneva. Ormai non si levava il gel neanche per andare a dormire. Mentre un suo amico si stava facendo crescere i rasta e li aveva tinti di un rosso acceso. E io dovevo avere a che fare con certa gente.
-Ciao!- Disse mio fratello uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Io mormorai un "ciao" sconnesso e mi abbandonai alla lettura del mio libro preferito, con le cuffie all'orecchio e la musica che rimbombava nella mia testa.

"Bursting through a blood red sky
A slow landslide
and the world we leave behind
It’s enough to lose your head,
disappear and not return again…
When I fall to my feet
Wearin’ my heart on my sleeve
All I see just don’t make sense
You are the port of my call
You shot and leavin’ me raw
Now I know you’re amazing

‘Cause all I need
Is the love you breathe
put your lips on me
and I can live underwater,
underwater, underwater!
Underwater!"

-------------------------------------------------------

"Esplodendo in un cielo rosso sangue
Una lenta frana
E il mondo che ci lasciamo alle spalle
È quanto basta per perdere la testa
Scomparire e non tornare più…
Quando cado a terra
Parlando con il cuore in mano
Capisco che non ha alcun senso
Tu sei il mio porto di scalo
Spari e mi lasci scorticato
Adesso so che sei incredibile

Perché l’unica cosa che mi serve
È l’amore che respiri
Metti le tue labbra sulle mie
E potrò vivere sott’acqua
Sott’acqua, sott’acqua
Sott’acqua"

-Underwater, Mika-


Salve, carissimi lettori ^^
Sono Ines, molto piacere. Mi presento con una nuova e bella fanfiction da scrivere. E quando dico che è bella sappiate che non è un modo di dire :P. Dovrei dire solo un paio di cosette riguardo alla storia, a partire dal titolo. Per chi non lo sa, i Kami sono gli dei giapponesi, dato che nel Giappone la popolazione è scintoista. Quindi il titolo tradotto sarebbe "Erano stati gli dei ad unire i nostri destini". Se ho messo Kami però c'è una ragione. Le ultime due lettere dei nomi delle due protagoniste, Marika e Noemi, formano proprio la parola Kami. Inoltre, se invertiamo le due coppie il nome si trasforma in Mika, che è un cantante u.u Infatti, il cantante preferito delle due ragazze è proprio Mika. Bene, scusate il lungo monologo xD Se avete delle incomprensioni non esitate a chiedermele sulle recensioni. Spero che recensiate e mi facciate sapere cosa ne pensate. Cercherò di aggiornare il prima possibile ;)
Ines <3


  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Ines_11