Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Ehybastaldo_    06/05/2014    4 recensioni
Mi affrettai a seguirla, sfoggiando un sorriso quando mi ritrovai al suo fianco.
"Ti ricordi quando, all'inizio, pensavo ti chiamassi Sky?"
Scarlett continuò per la sua strada, senza degnarmi di uno sguardo, sostenendomi; ma notai la smorfia che assunse la sua faccia. Così mi precipitai ad aggiungere "Ti giuro! Ero serio!" ridacchiando, ma da solo.
Evidentemente era cambiato anche il suo sarcasmo.
Quando ormai eravamo al principio delle scale che ci avrebbero portati al piano inferiore, finalmente si girò verso me, parlandomi.
"Ti ricordi quando ti ho detto di andare a fanculo?"
Aggrottai la fronte, appoggiando la mano sullo scorrimano della scala, arrestandomi immediatamente.
Prima le donne; in questo ero ben conosciuto.
"Ti giuro! Ero seria!"
____________________ ____________________ ___________________
"Senti Harry. -Scar si voltò nella mia direzione, forse più nera in volto di me- Nemmeno a me piace questa situazione di tenere i figli di Mad e Liam per qualche giorno; ma vedi di collaborare o ti farò vedere io le stelle nel mio metodo personale." mi intimò puntandomi un dito dritto al petto.
Rimasi per qualche secondo senza fiato e senza parole, al dire il vero. Dovevamo tenere chi?
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



CAPITOLO 23.


#SCARLETT
 
“Vuoi una mano?” alzai lo sguardo e fissai Mad alla fine della scala scrutarmi da capo a piedi, con una mano reggeva Maya aggrappata al suo fianco, nell’altra teneva saldamente il borsone dell’occorrente per i bambini vista la mini gita –se così poteva essere definita- che stavamo per affrontare.
Mi aggrappai saldamente alla ringhiera del cornicione e “No, grazie.” risposi sinceramente. Volevo diventare indipendente e non poter disturbare nessuno dato il mio piccolo incidente. Non sarebbe stato quello a buttarmi giù, né tantomeno a tenere occupati gli altri per conto mio.
“E poi ci sarei io, qui.” la voce leggermente rauca e ancora impastata dal sonno di Harry mi arrivò alle spalle. Mi ricordava vagamente la scena di qualche settimana prima, quando, la sera prima del matrimonio della mia migliore amica con Liam, lui si era offerto gentilmente di farmi scendere dalla rampa di scale per prima, ricordandomi quando, la prima volta che ci eravamo conosciuti, credeva mi chiamassi davvero Sky e non Scarlett. Lui era stato gentile, a modo suo, come se dopo anni di silenzio tutto quel periodo che io avevo speso in lacrime e porte sbattute potesse essere cancellato dalla mia memoria con un solo sorrisino e un gesto cordiale.
E aveva ragione: quando mi ero voltata e l’avevo trovato con delle stupide quanto belle fossette al centro esatto delle sue guance leggermente rosee per il caldo –come adesso, in quel momento-, la mia rabbia verso di lui, verso tutto quel periodo che avevo odiato la lettera ‘H’, i ricci, gli occhi verdi anche su qualsiasi altro ragazzo, era come se era svanito. La rabbia verso Harry Styles era andata a farsi benedire insieme a tutti quei messaggi infiniti che avevo scritto con l’intento di inviarli allo stronzo che mi aveva fatto soffrire, ma che poi avevo subito cancellato, dandomi della stupida per quello che avevo appena fatto. Volevo davvero riallacciare rapporti con una persona –la migliore, allora dicevo- che mi aveva abbandonato da un giorno all’altro senza una motivazione, senza il bisogno di chiamarmi anche con la più banale delle scuse?
“Già.” fissai distrattamente lo sguardo di Harry, di un verde molto acceso e lucidi quel pomeriggio. Forse era dovuto al fatto che, rientrando a casa insieme a tutti gli altri, li avevamo aiutati a sistemare la roba nelle camere che avevo a disposizione nella mia casa, avevamo pranzato tutti insieme, messo a letto i bambini e poi avevamo deciso di fare lo stesso, gli altri per il volo infinito dall’America all’Inghilterra non previsto, io ed Harry perché, dopo la mia sfilata andata a male, la caviglia slogata e l’umore sotto i piedi, un po’ di sano riposo ce lo meritavamo entrambi.
Ci eravamo sdraiati sul mio letto, e mentre lui decideva di abbassare le tapparelle per rendere la stanza più buia possibile, io impostavo una sveglia per un’ora dopo, giusto per non perdere le prove dei ragazzi. Da quello che avevo capito a tavola durante il pranzo, quel pomeriggio avrebbero dovuto girare le ultime scene del loro ultimo singolo, che sarebbe uscito il Novembre a venire insieme a tutto il cd a cui avevano lavorato durante il concerto, le interviste e tutte quelle cose che li tenevano sempre troppo lontani da casa.
“Qualcosa non va?” la voce, adesso preoccupata, di Harry mi risvegliò dal mio stato di trance. Mi costrinsi a sorridere e scuotere la testa. Cosa non andava adesso?
Avevo tutto: la mia migliore amica, Harry, nuove persone fantastiche… Doveva essere tutto perfetto, se non ci fosse stato di mezzo l’incidente con la caviglia.
“Vuoi che ti porti in braccio?” sorrisi di più alla richiesta di Harry che sembrava davvero preoccupato dal mio improvviso silenzio inspiegabile. Eppure il silenzio molte volte diceva molte cose; di sicuro, lui e Mad se n’erano accorti.
In quel secondo Liam si bloccò al fianco di Harry, in braccio aveva l’altra peste che non aveva intenzione di svegliarsi.
“Tieni, Liam.” senza poter ribattere o fare qualcosa, Harry si abbassò di poco, stringendomi dietro le cosce e caricandomi sulle spalle.
“Harry!” urlai. Ma inutili furono le mie proteste, perché il riccio cominciò a scendere le scale con poca fatica, con me sulle sue spalle piegata come un vecchio sacco di tela, tra le risa dei due sposini.
Uscimmo di casa in quella posizione. Ormai avevo rinunciato anche ad urlare. Liam aveva le mie stampelle tra le mani, oltre il figlio, e Mad stava cercando di chiudere la porta di casa mia a chiave, quando ormai eravamo tutti fuori l’abitazione.
Mi girai appena quando Harry si arrestò in mezzo al giardino, facendomi incuriosire. Davanti al cancello c’erano appostate due auto nere con tanto di finestrini oscurati. Saremmo passati inosservati, ovviamente.
Io, Harry, Niall, Eleanor e Louis ci ritrovammo tutti sulla prima auto, che adesso andava ad un andatura normale verso una destinazione che non potevano dirmi. ‘Segreto professionale’ continuava a scherzare Niall, rivolgendomi strani occhiolini che non davano per nulla fastidio ad Harry, seduto al mio fianco e col braccio sopra le mie spalle. Anzi, gli dava pure man forte, tenendomi all’oscuro di tutto. Anche Eleanor lo sapeva!
Nell’altra auto, quella dietro la  nostra, invece, c’erano Liam, Mad, i suoi figli e il povero Zayn, che aveva provato a salire sulla nostra auto, ma era rimasto con la schiena piegata in avanti, senza sapere dove potersi accomodare. Alla fine si era visto costretto a rinchiudersi nello stesso abitacolo insieme ai due bambini che, ero sicura, si stavano dando alla pazza gioia con i loro soliti concerti canori.
Il viaggio non durò molto, per mia fortuna. Per quanto cercassi di non pensare al mio piede, stare per molto tempo seduta non era una cosa comoda per me. Ma sperai che nessuno si fosse accorto delle mie smorfie di dolore quando l’auto prendeva un fosso o frenava di botta.
“Tieni.” Harry mi passò le stampelle e quando alzai lo sguardo, davanti a me c’era un palazzo in cemento grigio scuro con tante finestre e un’immensa porta di legno a due ingressi.
“E’ un teatro?” chiesi. Analizzai attentamente l’ambiente al mio fianco e notai che un enorme cancello nero ci richiudeva dal mondo esterno.
“Già.” rispose Harry, prendendo la mia borsa e cominciando a seguire gli altri. “Ma la sorpresa è dentro.” mi fece un occhiolino, mentre mi tenne aperta la porta per permettermi di entrare.
E aveva ragione. “Wow.” esclamai quasi sottovoce, scioccata dalla bellezza del posto che mi ritrovavo attorno: era pieno di strane finestre, e da quelle partivano strani fili con delle cartoline, o fogli, attaccati sopra che finivano al tetto al centro esatto della stanza. Alzai la testa e mi guardai in giro estasiata.
“Sono le nostre foto, di tutti e cinque, da piccoli. Se guardi bene, ce ne stanno alcune, anche troppe, di noi due.” la voce di Harry mi arrivò ovattata alle orecchie, forse per lo stato di trance in cui stavo per entrare.
“Come si chiama la canzone?” chiesi allora, seguendo Eleanor –come mi era stato detto- dietro degli strani macchinari con ruote e telecamere attaccate sopra che di sicuro servivano per la registrazione. Trovammo delle sedie e ci accomodammo.
“Story of my life.” si aprì in un sorriso, Harry.
“Harry, tra cinque minuti si inizia!” urlò un ragazzo dalla nostra parte, abbassando poi lo sguardo e osservandomi. Spostò nuovamente lo sguardo su Harry, adesso con un sorriso stampato sulle labbra “E’ lei?” chiese, indicandomi.
Aggrottai la fronte e mi voltai verso Eleanor, incapace di capire di cosa stessero parlando quei due.
“Ancora non ci credi che Harry non ha fatto che parlato sempre e solo di te in questi anni? E’ come se per lui non vi siete mai separati.” accavallò le gambe e prese in braccio Maya, aiutando così Mad a tenere a bada i suoi marmocchi.
Ah. Quindi Tom non mi aveva detto una bugia solo per aiutare il suo amico a sistemare  i suoi casini.
“Muoviti che si inizia.”
Spostai lo sguardo su Harry che in quel secondo veniva dalla mia parte con un sorriso stampato sulle labbra.
“Ti adora.” e mi diede un bacio veloce.
“Chi?” chiesi confusa, anche se la voglia di allungare le mani per prenderlo dalla testa e bloccarlo lì, per approfondire io bacio, era tanta. Mi trattenni.
“Il regista. Penso che ti conosca troppo bene, da tutte le foto che ha scelto di noi.” rise. Davvero aveva scelto così tante foto di me ed Harry insieme.
“Però adesso devo andare. Goditi lo spettacolo.” mi fece l’occhiolino e si allontanò.
Se per spettacolo intendeva guardare lui, ero sicura che mi sarebbe piaciuto tutto. E pure tanto.
 
 
#HARRY
 
Avevo appena lasciato Scarlett seduta accanto ad Eleanor e Maddy per mettermi in posizione davanti alle telecamere movibili. Quando il regista alzò la mano in direzione del suo tecnico, una lucina rossa si accese sulla telecamera e da uno stereo partì la base della nostra canzone.
Camminai per l’enorme stanza, attraversando una sfilza di fotografie, mentre cercavo di non sbagliare le parole e i tempi.
Ben Winston era il più giovane e pieno di idee dei registi con cui avevo lavorato. Aveva pensato al video della nostra canzone in poche settimane, e alla fine la sua idea si era rivelata geniale! Ci aveva portato in un teatro ampio. Ma non uno di quei teatri dove ti siedi davanti al palco, aspetti che il sipario rosso si sposti ed inizi lo spettacolo. No.
Quella era un’enorme stanza rotonda, con tanto di balconcini per vedere lo spettacolo che veniva proiettato proprio al centro della stanza. Da ogni balconcino aveva legato vari fili con attaccate diverse nostre foto che partivano dalla nostra nascita. Aveva passato qualche giorno a casa di ognuno di noi per scegliere le più belle. Ma alla fine, le aveva prese quasi tutte.
Le mie, per la maggior parte, raffiguravano me e Scarlett, oltre quelle con mia madre o Gemma. All’inizio non mi era sembrata una buona cosa. Pensare di cantare una canzone così bella quanto profonda e vedere poi la faccia di Scarlett sparsa ovunque per quella stanza, mi sembrava troppo folle.
Ma poi lui aveva riso e mi aveva liquidato con un “Hai solo foto con lei.”
Ed era vero: ero cresciuto con lei, ogni momento bello o brutto che fosse stato, lei era sempre al mio fianco. Quindi, avevo dovuto cedere.
E invece adesso anche lei era lì, intenta a fissarmi con un sorriso stampato sulle labbra e un piede –quello buono- a battere sul pavimento a tempo di musica. Almeno le piaceva, da quello che avevo notato.
Arrivò l’assolo di Niall e spostai lo sguardo su Scarlett, trovandola a sorridermi e farmi un cenno di saluto. Ricambiai con un bacio volante, seguito da un “Stop!” urlato da Ben per fermare tutto.
“Harry, no! Evita queste cose!” urlò allora megafono, giusto per farsi sentire. Notai Scarlett muoversi a disagio sulla sedia, avvicinandosi poi a Maddy sicuramente per sviare la cosa. Le avevo mandato semplicemente un bacio, potevano benissimo tagliare quella scena!
 
Le riprese, per fortuna, finirono dopo nemmeno tre ore.
“Sono stanco da morire.” si lamentò Louis, sorpassandomi e decidendo di andare a recuperare la sua ragazza, piegata sul tavolo del buffet che ci avevano preparato per saziarci dopo l’interminabile lavoro. Io decisi di raggiungere Scarlett, ora intenta a giocare con la piccola Maya, seduta sulle sue gambe.
“Oh, guarda. C’è zio Harry.” la sentii man mano mi avvicinavo.
La bambina balzò dalle gambe della ragazza e mi corse in contro, tuffandosi letteralmente tra le mie braccia. La strinsi forte e mi accomodai accanto a Scarlett, intenta a prendere il mio cellulare dalla sua borsa e passarmelo.
“Ti suonava in continuazione, alla fine ho dovuto mettere il silenzioso.” mi avvisò, sorridendomi.
Lasciai giocare la piccola con i miei ricci, mentre sbloccai lo schermo e lessi il nome di Tom sul display. Chissà cosa voleva.
Lasciai perdere il cellulare e mi alzai. “Andiamo a casa, abbiamo tutti bisogno di un altro po’ di riposo.”
 
*  *  *
 
“Il latte è nel borsone, i vestiti puliti pure e se si comportano male…”
“Lo so Maddy, ricordati che mi hai accollato i tuoi figli per una decina di giorni.” alzai gli occhi al cielo mentre spingevo letteralmente la ragazza fuori la porta di casa di Scar.
“Sì, anzi, per quello che abbiamo fatto, scusa.” disse sinceramente dispiaciuta. Ma stava cercando seriamente di perdere tempo per vedere come ci saremmo comportati con i suoi figli? Non solo ci aveva abbandonati di punto in bianco mollandoci a nostro carico i suoi figli, mentre adesso si sentiva in obbligo a preoccuparsi come ce ne prendevamo cura?
“Sì sì, Liam mi ha già dato le vostre ragione.” la spinsi di nuovo verso l’uscita e prima che potessi chiuderle la porta in faccia, lei allungò il collo verso l’interno della casa.
“Ciao Scar, mi raccomando!” sbuffando, finalmente riuscii a chiuderla fuori casa.
Appena eravamo rientrati in casa dalle prove, avevo richiamato Tom per vedere cosa volesse da insistere così tanto con le sue continue telefonate. Mi aveva spiegato che la sua assicurazione sul negozio gli aveva promesso il risarcimento al danno e che quindi voleva festeggiare in qualche modo la buona notizia. Ci aveva invitato in un locale non molto lontano da Londra, ma viste le condizioni di Scarlett avevo declinato l’invito, almeno per noi due. Tom era rimasto spiazzato, dato che non sapeva della situazione, e poi si era scusato con entrambi. Ma mica era colpa sua.
Mentre gli altri avevano deciso di andarci per non mollare Tom durante i suoi minuti di felicità, io e Scarlett ci eravamo presi la briga di far cenare i due piccoli mentre loro si preparavano e poi di metterli a letto una volta rimasti da soli. Non mi sembrava un’idea brutta fin quando non mi ricordai che Scarlett non poteva fare un granché.
“Maya, vieni a mettere il pigiama.” urlai una volta rientrato in cucina. Sentii zittirmi da parte di Scar e quando mi avvicinai a lei, la trovai con in braccio i due bambini addormentati.
“Ma come hai fatto?” mi lamentai sottovoce. Ero scioccato: nemmeno cinque minuti prima stavano urlando che non avevano sonno, e adesso erano addormentati come due angeli. Avevano mangiato solo qualche minuto fa, nemmeno il tempo di digerire!
Alzò solo le spalle e sorrise. “Mi aiuti a salirli in camera?” disse poi.
Ovviamente lei non poteva fare simili sforzi, così le dissi di aiutarmi a caricarli sulle mie braccia. Avevo entrambi i bambini in braccio e la cosa era drammatica.
“Ma quanto pesano?” mi lamentai. Sentii Scarlett ridacchiare mentre, spinta dalle stampelle, mi guidava verso una delle camere del piano superiore. Li adagiai entrambi su un letto e chiusi la porta alle nostre spalle.
Ci accomodammo di nuovo sul divano del salotto e puntammo entrambi lo sguardo sulla tv accesa davanti a noi. Nel frattempo era appena iniziato un film che di sicuro mi avrebbe fatto dormire se non trovavo un modo per rimanere sveglio.
Mi voltai verso Scarlett e la osservai: il viso era pallido, ancora non si era struccata e indossava una semplice tuta per stare comoda. Il piede era adagiato su un poggia-piedi che avevo trovato in una stanza delle scope e teneva il telecomando tra le mani, mentre lo agitava e lo rigirava in modo annoiato.
Voleva andarci a quella festa, glielo leggevo negli occhi, anche se aveva continuato a sostenere il contrario.
“Che c’è? Perché mi fissi? Ho qualcosa in faccia?” cominciò a strofinare le mani in faccia come per togliere qualcosa che non aveva.
“No, no.” la bloccai con le mie mani, fissandola poi negli occhi con un sorriso a curvarmi le labbra. “Ti stavo solo… Studiando.” ammisi.
Quando uno strano cipiglio comparve sulla sua fronte, mi affrettai ad aggiungere: “Mi sembra strano che fino a meno di un mese fa nemmeno ci parlavamo, e invece adesso stiamo insieme, viviamo insieme.” confessai.
Lei sembrò trattenere per un momento il respiro, poi sorrise.
“Vieni qui.” Mi attirò a sé come se fossi un bambino e mi strinse sul suo petto. “Cosa vuoi dire con questo? Che non sei felice?” cosa? Scattai subito, fissandola negli occhi.
“Cosa? No, no, hai frainteso! Tutto l’esatto opposto. Non immaginavo che in pochi giorni mi avresti perdonato, che saremmo andati avanti migliorando, anzi, il nostro rapporto.” spiegai. Lei sorrise ancora di più, puntando prima il suo sguardo sulle mie labbra e poi sforzandosi ad alzarlo verso i miei occhi.
“Io ti avevo già perdonato, non lo sapevo, ma l’avevo già fatto. E’ impossibile odiarti, poi, dopo che mi hai spiegato le tue ragioni, non ho potuto dire il contrario.” disse. Sentii il mio cuore ritornare ad un battito normale. Almeno fin quando le sue mani non mi afferrarono per il colletto della maglia e mi attirarono su di lei, fino a farci scontrare con le labbra in un piccolo bacio veloce. Era sempre una sorpresa per me, e ancora non ci avevo fatto l’abitudine a tutto quello.
Quando ci staccammo, ci guardammo per una manciata di secondi negli occhi in silenzio.
“Ho un’idea.” mi alzai dal suo corpo senza farle del male e sparii per le scale sotto il suo sguardo indagatore e curioso allo stesso tempo. Tornai immediatamente nella sala con una fotocamera tra le mani. L’avevo presa in prestito dalla camera di Liam, nemmeno se ne sarebbe accorto che gliel’avevo presa.
“Che vuoi fare?” mi chiese confusa guardando la macchinetta tra le mie mani. Provai a tastare qualche bottone prima di accenderla e sorrisi rivolto a Scarlett.
“Visto che loro si staranno divertendo a quella festa, voglio farti divertire a modo mio.” dissi sicuro. Lei mi guardò per qualche secondo in silenzio, sentenziando le mie parole.
“Tu sei pazzo.” disse poi tra le risa, capendo che non avrei ceduto alla mia idea facilmente. Che poi, lei nemmeno sapeva cosa avevo in mente.
“Sì, di te.” dissi tuffandomi letteralmente al suo fianco sul divano, girando la macchinetta nella nostra direzione e voltando lo sguardo verso Scarlett.
“Suona terribilmente da film.” Mi rimproverò ironica.
“Era il mio intento.” Le faccio una linguaccia e nello stesso tempo schiaccio il pulsante che attiva lo scatto della foto.
“Ehy!” si mette dritta con la schiena. “Non era pronta per una foto.” si lamenta come una bambina, ma ridendo.
“Ripeto: era il mio intento.” Mi avvicinai alla sua guancia e quando le schioccai un bacio sulla pelle calda e paffuta della faccia, scattai un’altra foto dove lei uscì con un mezzo sorriso sulle labbra.
“Questa mi piace.” Commentò osservandoci attraverso lo schermo della macchina fotografica.
“Ecco, meglio così. Voglio delle foto con te, non ne ho nemmeno una.” Ammisi alzandomi e facendole un’altra foto mentre si provava a sistemare sul divano come meglio poteva.
Mi ringhiò scherzosamente e ne approfittai per accecarla ancora una volta col flash della macchinetta.
Passammo la restante serata tra le risa, baci e foto. Forse la migliore in assoluto da quando stavamo insieme. Niente da ridire sulle altre giornate splendide da passare insieme, ma questa volta sorrideva e nonostante il suo incidente al piede, non la smetteva più di sfoggiare il migliore dei suoi sorrisi. E io di conseguenza: perché quando lei sorrideva, io esplodevo di felicità con lei. Non potevo chiedere niente di meglio di lei. Di lei che adesso stava con me.
 

 
 
EHIO
Ehm, salve(?)
Sono mesi che non aggiorno e davvero non so
Nemmeno il perché. Prima avevo il blocco
Dello scrittore, poi bo, avevo bisogno di
Staccare un po’ dal pc, telefono e tutto, e
Così ho fatto. Mi dispiace se per questa
‘cacchetta’ avete dovuto aspettare tutto questo tempo,
sempre se qualcuno è rimasto lol
Ma ci spero, anche perché il prossimo è
L’ultimo capitolo, l’epilogo insomma (:
 
Grazie a chi è rimasto nonostante la stupida autrice <3
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Ehybastaldo_