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Autore: KuromiAkira    06/05/2014    2 recensioni
[AU, Kira Hiroto, Kiyama Hiroto, Midorikawa Ryuuji.]
Correva, correva senza pensare a dove stesse andando, correva senza avere il coraggio di guardarsi indietro.
Temeva ciò che avrebbe visto, temeva di sentirlo da un momento all'altro, di percepire il suo fiato sul collo.
Era lì, lo inseguiva, lo sapeva.
Ma non ne comprendeva il motivo.
Poi un ruggito.
Un ruggito lungo, alto, crudele.
Il grido selvaggio del cacciatore che ha ormai raggiunto la sua preda.
[Edit: modificata parte finale della storia Scusate la modifica improvvisa.]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Kira Hiroto, Xavier/Hiroto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era buio.
Il colore tetro del cielo preannunciava una tempesta imminente, il vento era forte e gelido e faceva sfregare tra loro i secchi rami degli alberi anneriti del bosco.
L'erba, fino al giorno prima rigogliosa e verde, era ora rada e ingiallita, scricchiolava al solo calpestarla, ma quello era un rumore a cui riusciva a non fare caso, poiché coperto dai propri ansiti.
Correva, correva senza pensare a dove stesse andando, correva senza avere il coraggio di guardarsi indietro.
Temeva ciò che avrebbe visto, temeva di sentirlo da un momento all'altro, di percepire il suo fiato sul collo.
Era lì, lo inseguiva, lo sapeva.
Ma non ne comprendeva il motivo.
Poi un ruggito.
Un ruggito lungo, alto, crudele.
Il grido selvaggio del cacciatore che ha ormai raggiunto la sua preda.
Il terrore in quel momento fu talmente intenso che le gambe non riuscirono più a sorreggerlo; inciampò e rotolò a terra per un paio di metri.
Di nuovo quel ruggito, questa volta più distinto.
Sollevò la testa.
Una creatura mostruosa, un incrocio tra un ragno e uno scorpione e dal colorito marrone, sollevò le proprie zampe simili a tentacoli verso di lui.
Inerme, incapace di muoversi, col corpo scosso da forti e incontrollabili tremiti, lui, semplicemente, gridò. Sfogò la sua paura in un gesto istintivo, inutile ma inevitabile.
- Teishi! -
Una voce maschile, decisa e limpida, echeggiò tra le fronde di quel bosco inquietante, poi il verso della bestia suonò soffocata e dolorante, così lui aprì lentamente gli occhi.
Il mostro era immobile, il busto ancora sollevato da terra in posizione d'attacco. Ma, il secondo dopo, crollò sul fianco sinistro.
Lui si sollevò rimanendo inginocchiato a terra, incredulo e confuso.
Tra lui e il demone c'era ora qualcuno.
Poiché gli dava le spalle, riuscì a vedere solo una lunga veste bianca tipica dei monaci e dei capelli lisci, abbastanza lunghi da arrivare a sfiorargli le spalle.
Il vento soffiò ancora una volta, più dolcemente.
Sentì il proprio salvatore sospirare, rilassare le spalle. Abbassò le braccia, tra le mani stringeva dei fuda, talismani formarti da un pezzo di carta sopra cui era scritto il nome di una divinità.
Con pacatezza iniziò a voltarsi; era troppo buio ormai per distinguerne i lineamenti, ma lui cercò comunque di rialzarsi per poterne scorgere il volto.
Non gliene fu lasciato il tempo: altri gridi, più acuti, interruppero l'azione del giovane.
Quando i suoi occhi tornarono sulla bestia, essa era circondata da tante piccole copie di se stessa, talmente numerose e ammassate da non poter essere contati a vista.
Il ragazzo sussultò.
- Era una matriarca? - fu la constatazione che gli sentì sfuggire, poi il paesaggio venne coperto da una nuvola scura: i piccoli demoni saltarono loro addosso contemporaneamente.
Disgustato e impaurito da quella vista, si rannicchiò premendosi le mani sulle orecchie, e chiuse nuovamente gli occhi.
Il monaco lanciò quattro fuda.
- Kekkai! - gridò e la curiosità lo indusse a risollevare nuovamente le palpebre per guardarlo.
I fuda si illuminarono e, quando i demoni furono ormai a poca distanza da essi, sbatterono violentemente contro una barriera invisibile.
I figli del demone caddero storditi, ma immediatamente dopo la loro madre, ristabilitasi dal precedente attacco del ragazzo, balzò in aria saltando letteralmente i propri cuccioli e puntò direttamente su di lui.
Ciò che successe immediatamente dopo fu talmente improvviso che non se lo ricordava bene.
Quando fu nuovamente in grado di riflettere, il monaco era accucciato su di lui, lo stringeva forte in un abbraccio caldo e protettivo.
Lo sentì ispirare quasi febbrilmente, come se gli mancasse l'aria.
- Sei - bisbigliò, debolmente.
Dalla schiena del ragazzo scaturì una luce improvvisa, un'aura talmente pura e forte che disintegrò all'istante il demone e i suoi figli.
Attese pochi secondi, poi allentò la presa.
Lui, impaziente, sollevò subito la testa per poter finalmente guardare e ringraziare quel monaco, ma questa volta fu quello stesso ragazzo ad accasciarsi a terra, in una pozza vermiglia.
Solo in quel momento lui realizzò che quello sconosciuto si era fatto colpire per proteggerlo e, a giudicare dalla quantità di sangue che stava uscendo sulla ferita alla schiena, quella doveva essere una ferita mortale.
- Ehi! - lo chiamò allora, disperatamente.
Il ragazzo sollevò la testa, l'espressione era tutto sommato soddisfatta, seppur dolorante. Sorrideva.
Ma subito lo stupore si impadronì di entrambi.
Quel monaco aveva dei lineamenti del tutto simili ai suoi, ed era lampante benché la persona che l'aveva salvato fosse un adolescente, mentre lui solo un bambino.
- Ma guarda... - esalò il monaco, in una risatina soffocata. - Ci somigliamo - constatò anch'egli.
Lui non riuscì a dire nulla, troppo spaventato. Singhiozzò, impaurito.
- Dev'essere destino - disse poi, col tono di chi era appena arrivato alla conclusione di un ragionamento.
Con la mano che gli tremava, il ragazzo frugò nella propria tasca, ne estrasse un pezzo di stoffa bianca. Con freddezza, intinse un dito nel proprio sangue, che utilizzò per scrivere qualcosa. Poi lo sollevò.
- Tu sei un bimbo senza nome - intuì, e lui sobbalzò, sconcertato. Come faceva a saperlo?
Di fronte allo sguardo confuso del bambino, il monaco rise ancora. - Quelli come te sono il bersaglio preferito di quei demoni, perché indifesi. Dare il nome al proprio figlio è il primo gesto d'amore e di protezione che fanno i genitori, un incantesimo inconscio, molto potente, nato dall'affetto e dal desiderio che il figlio abbia un'esistenza serena - spiegò, boccheggiando poi a vuoto, ormai privo di forze. Si sforzò di tenere la testa sollevata per guardarlo. - Presto ne arriveranno altri, e tu sarai ancora in pericolo. Prendi - gli disse poi, porgendogli il pezzo di stoffa. - Avrei voluto portarti in salvo al villaggio, ma come vedi sto morendo. Posso solo offrirti quella protezione che non hai avuto da chi ti ha dato la vita: un nome. -
- Un nome? - ripeté lui, senza capire.
- Non è solo un nome. È il mio nome, e ad esso è collegata la mia forza spirituale. Ti donerà grandi capacità. E chissà, forse un giorno sarai in grado di utilizzarla per salvare, a tua volta, la vita alle persone senza un nome, vittime predilette dei demoni, proprio come ho appena... - la sua frase venne interrotta da una tosse persistente, roca.
Il monaco poggiò la testa al suolo, senza più energie. Ma continuò a guardarlo, come per esortarlo ad andarsene.
- M-mi dispiace - pigolò allora, conscio, nonostante la giovanissima età, di ciò che era successo.
- Vai - sussurrò, sorridendogli dolcemente.
In lontananza echeggiò nuovamente il verso di quei demoni.
Senza pensarci, lui balzò in piedi e si voltò, iniziando a correre.
Preferì non pensare alla fine che avrebbe fatto il corpo di quella persona così gentile. Preferì non voltarsi indietro, proprio come poco prima.
Una volta arrivato ai confini del villaggio, una volta constatato di essere uscito veramente illeso, abbassò la testa e si guardò le mani, che tremanti stringevano quel pezzo di stoffa.
Lo spiegò con attenzione, desideroso di leggere il nome che gli era stato donato.
Schiuse la bocca, la sua voce aveva il tono di chi ha appena assistito ad un miracolo.
- Kira Hiroto. -

La terra tremò violentemente, facendo scricchiolare il tetto in legno sotto cui stava riposando.
Aprì gli occhi e dovette passare qualche istante ad osservare l'oscurità della notte prima di rendersi conto di aver sognato.
Quando poi si accorse di ciò che stava accadendo, si mise a sedere di scatto e analizzò le auree nei dintorni.
C’era aria di demone.
- Accidenti! - imprecò, sollevandosi e afferrando il bastone che portava sempre con sé.
Non si curò di sistemarsi meglio la sua abituale veste arancione e, superando e schivando le persone che si allontanavano spaventate, ignorando le loro grida, corse verso il bosco vicino al villaggio dove, da parecchi chilometri di distanza, erano visibili delle luci gialle e rosse.
- Nobile monaco! - lo chiamò qualcuno ma lui, facendo semplicemente un cenno con la mano, fece capire che ci avrebbe pensato lui.
Quando arrivò, la maggior parte degli alberi della foresta della Valle del fiume verde erano stati abbattuti o bruciati.
Una gigantesca creatura simile ad un serpente alato strisciava indisturbato aleggiando ad almeno trenta centimetri da terra, scontrandosi e buttando giù i grossi alberi come se fossero fatti di carta.
Quando vide il monaco, però, si fermò e lo guardò con attenzione con due grandi occhi neri.
Ruggì, sollevò le testa e spiegò le grandi ali; la sola onda d'urto distrusse altra vegetazione, poi fu come se la sua ombra si allargasse, inglobando qualunque cosa gli capitasse a tiro.
Più che un serpente, sembrava un drago, pensò il monaco, che tuttavia non si lasciò impressionare e, stringendo con la mano sinistra il bastone sacro, estrasse dalla manica del kesa, l'abito tradizionale, dei fuda.
- Possibile che non mi lasciate in pace nemmeno di notte, voi? - domandò ironico, lanciandosi un incantesimo di protezione contro quella strana ombra.
Quella era la sua vita da almeno una decina di anni, ormai.
Il nome della persona che, in quel bosco, gli aveva salvato la vita, non gli aveva donato la capacità di evitare di essere preso di mira dai demoni, ma solo la forza di fronteggiarli e sconfiggerli.
Anzi, sembrava che il nome 'Kira Hiroto' attirasse creature da ogni parte del globo, esseri desiderosi di banchettare con le sua carni per poterne assorbire la forza spirituale.
Nemmeno cambiarlo in 'Kiyama Hiroto' era servito a molto, anche perché quando aveva preso quella decisione la sua forza spirituale personale era già abbastanza elevata.
"Hiroto mi disse che il nome è un incantesimo potente, ma non avrei mai pensato nascondesse una forza così spaventosa" si ritrovò a riflettere ancora una volta, prima di saltare e di lanciare i fuda contro il mostro.
- Kyoten! - gridò.
I talismani colpirono il demone sul muso, e la creatura gridò dal dolore, resistendo però all'incantesimo che, teoricamente, avrebbe dovuto respingerlo e farlo indietreggiare.
I fuda non resistettero a lungo e ben presto l'energia demoniaca li fece bruciare.
Il serpente alato ruggì di nuovo, questa volta furibondo.
"Questo è potente" constatò il ragazzo, brandendo allora il bastone. "Dopo aver ereditato il nome di uno dei più grandi e giovani sacerdoti, ho studiato nel suo stesso tempio, seguito dal suo stesso maestro e specializzandomi nelle stesse arti, ma non sono ancora in grado di sconfiggere i demoni superiori con la mia sola forza spirituale."
Nonostante i mortificanti pensieri, sorrise.
- È ora di usare le maniere forti - esclamò, per darsi coraggio.
Non amava usare il bastone per combattere.
I fuda erano in grado di ferire a distanza e di uccidere i demoni semplicemente facendoli sparire, mentre non gradiva affondare le armi direttamente nelle loro carni e vederli contorcersi dal dolore.
Non sapeva dire che era semplice ribrezzo al contatto tra la sua arma pura e le interiora di mostri maligni o se provava scioccamente pietà per creature che innumerevoli volte avevano attentato alla sua vita e a quelle di altri indifesi umani.
Tuttavia, sapeva di non avere spesso scelta.
Puntò il bastone verso il serpente, i piccoli anelli incastrati in cima tintinnarono leggermente.
- Fatti avanti - lo provocò, assottigliando gli occhi.
Come se avesse compreso le sue parole, la bestia si scagliò su di lui, puntando con le fauci direttamente il suo collo.
Hiroto sollevò il bastone orizzontalmente, in modo da bloccarlo con esso e respingerlo.
Nonostante la posizione, sembrava che il serpente alato riuscisse ad emettere versi.
Ascoltando bene quei suoni, Hiroto comprese cosa fosse in realtà quel demone.
Lo respinse con la sola forza delle braccia, poi saltò all'indietro, per mettere una certa distanza tra lui e il mostro.
- Ho capito. Tu sei un demone dell'oltretomba - affermò, mettendosi in posizione di difesa. - Quindi il tuo corpo non è reale. Hai posseduto qualcosa. Ho forse qualcuno - ragionò.
Dalla manica del kesa prese un rosario buddhista e, pregando con esso, pronunciò un mantra.
Il demone si scagliò su di lui gridando, ma le sfere del rosario s’illuminarono e lo respinsero con una forza che Hiroto ancora non aveva mostrato. Questo perché non proveniva solo da lui, ma conteneva la forza del suo maestro e di chi era diventato monaco nel suo stesso tempio prima di lui. Quel rosario si ereditava solo alla morte del proprio superiore e proprio negli ultimi istanti di vita il predecessore vi infondeva la sua anima, per poter sostenere l'allievo anche dal mondo degli spiriti.
E, a maggior ragione, esso era un'arma adatta per un demone dell'oltretomba.
Benché, infatti, il serpente cercasse di abbattere le sue difese, Hiroto non indietreggiò di un millimetro e concluse il mantra senza alcun problema.
Alle ultime parole spalancò gli occhi, concentrò la sua forza nella mano e, tenendo il rosario a contatto col palmo reggendolo col solo pollice, dall'arto scaturì una luce dorata e intensa, talmente forte da raggiungere l'intero, gigantesco, corpo del demone che, gradualmente, sembrò sgretolarsi.
Man mano che il corpo della creatura demoniaca svaniva, un corpo umano veniva esposta alla luce. Esso, una volta affievolita l'aura sacra, crollò a terra esanime.
Con cautela, Hiroto avanzò.
- Questo è... - mormorò, pensieroso.
S’inginocchiò accanto alla persona svenuta, ansimando. Era privo di forze, prezzo che pagava ogni volta che usava il rosario.

Si sentiva stanco, spossato, ma la luce che penetrava dalle palpebre era davvero troppo fastidiosa per riuscire a riposare ancora.
Lentamente aprì gli occhi, mugugnando.
Non ebbe voglia di muoversi, limitandosi ad osservare il tetto malmesso fatto di un legno palesemente umido, finché non sentì dei rumori e la tenda in paglia muoversi, lasciando entrare un intenso raggio di sole.
Strizzò gli occhi, voltando la testa dall'altra parte.
- Ah, ti sei svegliato - notò qualcuno.
La voce era tranquilla e bassa, lui non ricordava di averla mai sentita ma, per qualche strana ragione, allo stesso tempo pensò che fosse familiare.
Piegò la testa e vide un ragazzo vestito da monaco avvicinarsi lentamente al futon, reggendo in mano un secchio dal manico rigido e lungo, e inginocchiarsi accanto a lui.
I capelli rossi gli arrivavano alle spalle e gli occhi di un verde intenso lo osservavano gentili.
- Buongiorno - lo salutò. - Come ti senti? -
Lui lo osservò, tuttavia si sforzò di mettersi seduto. I lunghi capelli verdi gli ricaddero sulle spalle e gli sfiorarono il kimono scuro all'altezza del petto.
Si prese qualche istante per riprendersi, poi tornò a guardare il monaco.
- Chi sei? - domandò piano, stordito.
Il ragazzo gli sorrise.
- Mi chiamo Hiroto. Come vedi, sono un monaco itinerante - si presentò. Poi afferrò una ciotola in legno poggiata lì vicino e ci versò l'acqua contenuta nel secchio. - Non credo che tu ricordi cos'è successo stanotte - affermò. - E, se hai dormito fino a quest’ora, significa che eri davvero esausto. Avrei dovuto accudirti, ma ero senza forze e mi sono addormentato anche io - confessò mortificato, porgendogli la ciotola.
Il ragazzo abbassò lo sguardo e osservò il liquido trasparente. In quel momento si accorse di avere una gran sete, così accettò subito l'acqua e la bevve con avidità.
Siccome non ricevette risposta, Hiroto decise di continuare: - Qual’è l’ultima cosa che ricordi? - gli chiese.
L'altro tenne la ciotola all'altezza del busto, osservandola come se potesse aiutarlo a raccogliere i frammenti della sua memoria.
- Stavo camminando, quando qualcosa mi ha assalito. Sembrava un’ombra scura. Tutto è diventato buio, mi sentivo soffocare… credevo sarei morto - raccontò, con voce agitata a causa dei sentimenti che quei ricordi generavano. Rimase altri istanti in silenzio, poi lentamente scosse la testa. - Non ricordo altro - concluse. Si voltò a guardarlo. - Dove siamo? Come ci sono arrivato qui? -
- Sei stato posseduto da un demone dell'oltretomba - spiegò. - Sono spiriti di demoni, talvolta anche di esseri umani particolarmente crudeli, che vagano nel mondo dei vivi senza un corpo fisico. Si dice che riemergano dagli inferi, per questo hanno questo nome, ma in realtà non riescono, o non vogliono, raggiungere l'aldilà, preferendo continuare a causare disagi ai mortali. -
L'interlocutore sbatté le palpebre, ragionevolmente confuso.
- Sei stato anche fortunato, la maggior parte dei demoni sono vivi e mangiano subito le persone. Tu sei stato posseduto, ed era necessario che rimanessi in vita. Ho potuto salvarti - lo informò, sospirando per la stanchezza. Non si era ancora ripreso dalla spossatezza causata dall’utilizzo del rosario.
- Ho fatto del male a qualcuno? - fu la preoccupazione del ragazzo dai lunghi capelli verdi.
Hiroto aveva sentito dire dalla gente del villaggio che il grosso serpente alato aveva fatto delle stragi distruggendo parecchi villaggi vicini, e negli occhi scuri della persona che il demone aveva posseduto traspariva la consapevolezza di ciò che era successo, sebbene non ricordasse nulla.
- Non crucciarti. Non sei stato tu - cercò allora di tranquillizzarlo il monaco. - Certe cose capitano più spesso di quanto la gente creda. In molti, non accorgendosi di avere a che fare con demoni dell'oltretomba, uccidono il mostro e, con esso, anche il povero malcapitato posseduto - lo informò. - È certamente il modo più veloce, anche se crudele, poiché chi è controllato dai demoni non ha alcun controllo sulle proprie azioni. -
Il ragazzo tornò ancora ritto con la schiena, posando lo sguardo sulle coperte. - Quindi mi hai salvato tu? - domandò, chiedendosi se non fosse stata un'impresa particolarmente gravosa per il monaco. - Ti ringrazio - sospirò poi, alzandosi.
Hiroto si sollevò a sua volta
Lui gli sorrise. - E ti ringrazio anche dell'ospitalità. Non voglio approfittarmene oltre - disse, con l'atteggiamento di chi ha fretta di andarsene.
- Se sei preoccupato per eventuali assalti di altri demoni, puoi stare tranquillo: ho messo una barriera attorno alla capanna - lo informò subito il ragazzo dai capelli rossi.
Il ragazzo lo squadrò, stupito. Ma il monaco gli sorrise.
- Ho visto il segno che hai sulla schiena. Sei stato marchiato da un demone, giusto? Sicuramente sei abituato a fronteggiarli, ma i demoni dell'oltretomba sono di livello superiore, ed è quasi impossibile, per una persona normale, riuscire a sfuggirgli - spiegò con tranquillità.
Il ragazzo dai capelli lunghi abbassò lo sguardo, incapace di replicare.
Il monaco avanzò e si accostò a lui.
- Inoltre, tu sei privo della protezione più importante - osservò, tristemente. Quando la persona che aveva salvato gli lanciò un'occhiata interrogativa, il suo sguardo si tinse di dolcezza e comprensione. - Nonostante tu sia già adolescente, nessuno ti ha dato un nome - affermò, con certezza assoluta.
L'altro sussultò, indietreggiando quasi spaventato. - Come fai a saperlo? - chiese, stupefatto.
Con molta calma, Hiroto afferrò il bastone che aveva lasciato appoggiato alla parete, poi superò il ragazzo e uscì dalla capanna.
- Il nome è la prima protezione che si riceve una volta venuti al mondo, e i monaci riescono a percepirlo - mormorò. Poi abbassò lo sguardo. - È una cosa che ho imparato dalla persona che, dopo aver sacrificato la propria vita per salvare la mia, mi donò il suo nome - confessò a bassa voce, parlando anche per se stesso.
Il ragazzo lo seguì all'esterno, senza commentare.
Il monaco sollevò la testa verso il cielo terso. - Negli ultimi anni i demoni sono aumentati in modo anomalo, e le persone senza nome sono le loro vittime preferite. Hai sicuramente avuto una vita difficile, ma se ti imbattesti di nuovo in un demone superiore, potresti perdere la vita - lo avvertì, girandosi per guardarlo con serietà. - Dovresti farti dare un nome - disse poi. Essendo il nome un incantesimo nato dall'affetto, come aveva detto Kira Hiroto in punto di morte, non aveva senso darsene uno da soli. Per avere l'effetto di proteggere la persona, doveva essere donato da qualcun'altro.
Il ragazzo dai capelli verdi abbassò lo sguardo, poi chiuse gli occhi e sbuffò. - Lo capisco, ma a che servirebbe? Tanto non lo userebbe nessuno - fu la sua secca risposta. - Come hai detto tu, sono stato marchiato pochi giorni dopo la mia nascita. Nessuno vuole avere a che fare con me, poiché starmi accanto significa avere a che fare con demoni praticamente ogni giorno - raccontò, con rassegnazione.
- Basta che tu cerchi qualcuno capace di fronteggiare i demoni - consigliò Hiroto, sorridendogli. fece un leggero movimento col braccio, i cerchi di metallo del bastone tintinnarono piano, in suoni che l'altro trovò rassicuranti.
Il ragazzo dai capelli verdi lo fissò sorpreso, comprendendo il significato di quelle parole.
- Ti darò io un nome. Possiamo viaggiare insieme, se non hai nulla in contrario - propose, raggiante all'idea avendo viaggiato da solo per gran parte della vita.
- Ma in questo modo verrai coinvolto anche tu. Sarai anche un monaco, ma non sarà troppo dura? - si preoccupò l'altro, consapevole delle difficoltà a cui sarebbero andati incontro.
- Anche io attiro i demoni, per varie ragioni - lo rassicurò, sorridendogli. - Viaggio per sterminarli, per cui è già scritto nel mio destino. E, chissà, forse anche il nostro incontro non è stato casuale. - fece qualche passo avanti, osservandolo con attenzione e rimembrando le parole di Kira Hiroto sull'utilizzare i poteri conferitegli dal suo nome. - Se non sbaglio se trovassimo e uccidessimo il demone che ti ha marchiato, la tua maledizione sparirà. Considerando che, proprio a causa del marchio avrà un certo controllo su di te, sarebbe meglio avere degli alleati, non credi? -
Il fanciullo dai capelli verdi strinse le labbra, esitante. Era sempre stato solo, viaggiando in continuazione per evitare di coinvolgere gente innocente nella propria sventura e rassegnandosi a un'esistenza solitaria, e quella proposta era allettante, sebbene provenisse da una persona che aveva appena conosciuto.
Il ragazzo che aveva davanti sembrava forte, considerando che l'aveva salvato da un demone superiore, e percepiva una sorta di tranquillità nello stragli accanto, probabilmente condizionato dalla barriera che egli aveva detto di avere eretto attorno a loro.
Quando si decise a dargli una risposta, il monaco aveva già distolto lo sguardo, osservando distrattamente i paraggi.
- Vediamo, ci troviamo nel pressi della 'Valle del fiume verde'... - mormorò Hiroto, pensieroso, portandosi le dita della mano sinistra al mento e facendo avanti-indietro di pochi passi.
L'altro ragazzo lo seguì con lo sguardo, senza capire. Poi monaco si bloccò all'improvviso, si voltò verso di lui e gli sorrise raggiante.
- 'Midorikawa Ryuuji' - esclamò. - Che te ne pare? -
Il neo-nominato ragazzo aggrottò la fronte. - Aspetta, non ho ancora accettato di farmi dare un nome da te - commentò, perplesso. - E poi perché 'Ryuuji'? -
- Quel demone mi era sembrato un drago, alla prima occhiata - gli fece sapere, con noncuranza. - E poi il 'due' come buon augurio a non rimanere mai più soli - concluse, sorridendogli dolcemente. - Anche io sono rimasto solo per gran parte della mia vita; per cui, credimi, volerti portare con me non è solo un atto di solidarietà. In quanto religioso, non sopporto l'idea di lasciarti in balia dei demoni pur avendo la possibilità di fare qualcosa, ma voglio davvero un compagno di viaggio - confessò con una sincerità disarmante. - E, a pelle, mi sei simpatico. -
L'altro fece una leggera smorfia di imbarazzo ma dovette ammettere che, per quanto strano e improvviso, era piacevole avere qualcuno disposto a dargli un nome e a stare in sua compagnia. Era la prima volta che gli capitava una cosa simile.
“Forse questa sarà la mia unica occasione" rifletté. "D'altronde non ha tutti i torti, sull'essere stato fortunato. Se mi ricapitasse e mi imbattessi in un altro monaco," iniziò a ipotizzare, lanciando un'occhiata a Hiroto, "potrei essere ucciso insieme al demone."
- Ora che hai un nome, presentiamoci per bene. Io mi chiamo Kiyama Hiroto, sono un monaco del tempio buddista del monte giallo. Piacere di conoscerti Midorikawa - disse, accennando un inchino. - Sono certo che sarà divertente viaggiare insieme a te - affermò con sicurezza.
Il ragazzo dai capelli verdi lo guardò male. - Stai decidendo tutto tu - gli fece notare. - Io non ho ancora accettato. -
- L'hai fatto - affermò invece il monaco, trattenendo una risatina come se trovasse la situazione divertente.
- Non è vero! - si oppose l'altro, infastidito dall'eccessiva fiducia dell'altro.
- Ora sei protetto - lo informò il monaco, facendo scorrere lo sguardo su di lui. - Significa che hai accettato il nome che ti ho dato - spiegò.
Poi tornò sui suoi passi per rientrare nella capanna.
- Coraggio, andiamo a pescare, così potremo pranzare e lasciare questo villaggio - esortò, entrando nella sua temporanea dimora.
Ryuuji rimase a bocca aperta, sopraffatto dalla schiettezza dell'altro.
Non capiva la logica secondo cui accettare il nome che gli aveva dato implicava automaticamente l'accettare di viaggiare assieme, ma si rese conto di essere addirittura divertito dal comportamento dell'altro.
"Mi sono imbattuto decisamente in un bonzo strano" rifletté. "E sì, probabilmente è proprio destino" concluse tra sé, pensando che nulla, nella sua vita, aveva mai avuto una anche solo minima parvenza di normalità.
Sospirò e sorrise, seguendo il proprio salvatore senza opporsi oltre.






Note finali: EDIT: ho modificato il finale della fiction, poiché verso sera mi è venuta un motivo migliore per spingerli a viaggiare insieme. Mi scuso del disagio, solitamente mi capita di modificare i capitoli delle long (e per questo aspetto sempre di aver scritto tot capitoli prima di pubblicarne uno), ma questa volta avrei dovuto attendere anche per postare la One-shot...
Questa AU non ha alcun senso XD
E doveva essere più romantica, palesemente HiroMido, poi Midorikawa ha iniziato a fare lo tsundere e tutto ha preso una piega strana. XD
Sono rimasta tutta la mattina a cercare i nomi di abbigliamento religioso e roba simile, ma non ho trovato molto.
Gli ordini per i fuda sono in giapponese, e dovrebbero anche avere un senso logico, ma trattandosi appunto di giapponese.... non ne sono certa XD Anche perché ho usato Google Translate.
Per quanto riguarda il senso del nome di Midorikawa, il cognome significa effettivamente 'fiume verde', quindi Ryuuji capisce subito il riferimento. Ryuuji, nell'universo di Inazuma, è scritto in hiragana e non ha significato ma 'Ryuu più significare 'drago' mentre 'ji' può significare 'due'. Da lì il senso della spiegazione di Hiroto.
Il titolo è sempre giapponese e significa 'senza nome'.
E nulla, non so nemmeno come giustificare il fatto di aver scritto questa cosa XD
Voglia di scrivere una one-shot AU, immagino... e di fare apparire Kira Hiroto, che giustamente muore anche in una AU...
E, oh... io ho letto e riletto e riletto eh. Ma... spero non sia rimasto alcun 'monco' al posto di 'monaco' >_>
  
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