Fanfic su artisti musicali > B.A.P
Segui la storia  |       
Autore: Niji Akarui    07/05/2014    3 recensioni
Vivere?
Che cosa vuol dire?
Chi può spigare il significato di questo verbo?
È un termine così complesso che ha mille sfaccettature, il vivere si reincarna nell’amicizia, nell’amore, nel poter constatare attraverso questi sentimenti di essere reale e di appartenere a questo mondo, per quanto deteriorato e corrotto esso sia.
Vivere è camminare su questa terra, che la natura ci ha gentilmente concesso.
Ma se alla nascita la vita stessa ci precludesse la possibilità di esistere?
E se divenissimo col tempo uno spettro di ciò che saremmo potuti essere?
E se finissimo in un mondo fatto di dolore e oscurità?
E se poi trovassimo la luce?
And if we back to life?
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La sveglia suonò destando dal sonno Himchan, che come al solito dedito allo studio e all’impegno iniziò subito a prepararsi, infilando i libri in cartella, correndo nella piccola cucina della sua casa a prepararsi una modesta colazione che lo avrebbe saziato sino all’ora di pranzo, si gettò sotto la doccia di quel bagno logoro che andava ormai lavato, eppure anche se ben sapeva che doveva pulire e mettere ordine non riusciva mai a trovare il tempo, poiché diviso fra i vari impegni giornalieri che inevitabili si susseguivano.

Himchan era un tipo al quale piaceva vedere la gente intorno a lui sorridere,  era quello il suo primo obiettivo, rendere felice tutti gli amici che in quegli anni di scuola si era fatto, tra cui il piccolo Jongup.

Himchan aveva conosciuto Jongup casualmente, grazie alla frequentazione dello stesso istituto scolastico se pur vi era differenza d’età fra i due, si erano incontrati nel cortile della scuola, in un punto lontano da occhi indiscreti, dove il più piccolo era vittima di alcuni bulli che ferocemente lo stavano picchiando – urla dannato! Urla! – gli dicevano – perché non chiedi aiuto? Hai perso la lingua?- dopo quelle frasi risero sguaiatamente, quasi si trattennero lo stomaco data la troppa ilarità che scatenava in loro quella situazione, ma Himchan non poteva sopportare una vista simile, così senza dire nulla aveva lasciato cadere la cartella e si era fiondato su quei ragazzi, che conosceva di vista o per fama, e combatté con tutte le sue forze contro di loro.

Non si può di certo dire che fu un bello spettacolo, ma il ragazzo se la cavò ed appena quegli aguzzini si  allontanarono diede una mano al ragazzino riverso sull’erba di quel posto, estrasse un fazzoletto di stoffa dalla tasca e tamponò, imbevendolo con dell’acqua, le ferite più vistose sul volto di Jongup  – Hey! Hey, stai bene? Ti hanno colpito la testa?- Jongup non rispose e rimase li, immobile, per qualche minuto, finché Himchan considerando di aver almeno in parte tolto il sangue dal viso di quella povera vittima, si alzò e cercò con lo sguardo uno zaino che potesse essere li per terra, vagando con lo sguardo lo trovò impigliato fra i rami di un albero –che bastardi te lo hanno lanciato fin li sopra- esclamò il moretto i cui capelli ben tirati su ormai erano un groviglio di nodi –aspetta qui- agile e furtivo come un felino al quale il suo stesso fine volto faceva pensare si arrampicò sull’albero e raggiunse lo zaino, scese con calma ma non mise bene il piede nell’ultimo tratto e si trovò col sedere sull’erba, la quale aveva attutito la caduta per nulla gravosa.

-Ecco tieni, spero non avrai visto la mia caduta- rise piano, poiché lo stomaco che aveva incassato qualche pugno gli doleva ancora, non ricevette ancora nessuna risposta, nessun ringraziamento, il ragazzo fissava il vuoto ma dopo che Himchan gli porse lo zaino, iniziò a fissarlo – ho qualche cos…- il ragazzo non capì cosa l’altro volesse da lui così, s’indicò un punto generico del viso pensando di avere qualche cosa in faccia, ma l’altro subito blocco quell’indice e lo abbassò, poi cercò nel suo zaino qualche cosa uscendone un blocchetto con una penna al seguito, vi scrisse su e poi lo mostrò ad Himchan il quale finito di leggere sgranò gli occhi, il ragazzo staccò il pezzo di carta e nel silenzio più completo lo mise fra le mani del moro.

Era a questo che pensava ogni volta Himchan quando vedeva il suo amico Jongup, era a quella scritta, era quel  “Grazie… Eroe” che lui andava avanti nelle sue giornate, che s’impegnava a far felice gli altri, a proteggere Jongup dai bulli che lo prendevano in giro per il suo mutismo, al far ridere Youngjae , Daehyun e Yongguk quell’amico che per tanto tempo aveva perso e che poi un giorno era ritornato inspiegabilmente da lui con un sorriso stampato sul volto.

Erano queste le persone che lui proteggeva poiché debole nei confronti del destino, poiché debole per proteggere la persona che più amava e che giorno dopo giorno si stava dissolvendo fra le sue braccia.

-Buongiorno Himchan hyung- lo salutò Youngjae assieme a Dae ed Up – andiamo ragazzi non vedo l’ora d’iniziare questa giornata per concluderla il prima possibile- disse il moro salutando l’allegra combriccola bloccandosi un attimo a riflettere su dove fosse finito il più grande, ma non lo chiese agli altri era ormai tardi e dovevano entrare nelle rispettive aule, e soprattutto il celo plumbeo non prospettava di certo nulla di buono.

La giornata si protrasse sino al suo termine parecchio velocemente, Himchan non aveva tempo da perdere, era il primo pomeriggio e gli esami di metà anno si avvicinavano, così non poteva più giocare spensierato con i suoi compagni, al contrario le sue giornate si accorciavano, perché era proprio allora che Himchan correva, correva senza mai fermarsi, appena salutava i suoi amici i piedi iniziavano a muoversi velocemente, mettendo un passo dopo l’altro, fino ad arrivare alla meta da lui prefissatasi il policlinico di Seoul, una volta ai suoi cancelli correva sino al reparto di oncologia e si fermava sempre sulla soia della camera 10 sperando di trovare li sua madre.

La stanza era accogliente, c’erano dei fiori accanto al letto posti sul comodino, che Himchan le aveva portato il giorno prima, le tende bianche filtravano la luce in quella stanza, dalle pareti color salmone, le coperte del letto erano di un tenue arancione e l’armadio presente in camera era in legno scuro, una stanza carina per una malattia così gravosa, sfiancante e mortale come un tumore ai polmoni.

La madre d’Himchan era li ricoverata ormai da nove mesi, e il figlio la vedeva sempre più triste, sempre più vinta dalla sua malattia, anche se nascondeva quella paura della morte, che viscida e sinuosa l’aveva ormai soggiogata, dietro ad un enorme sorriso, il quale  riscaldava il cuore del suo amato bambino.

In quella stanza c’erano due estranei, da quando sua madre era stata ricoverata Himchan aveva finto di credere che tutto andasse bene, che si sarebbe salvate grazie a quelle infernali cure, eppure nulla, nulla di tutto ciò che avevano provato era bastato a fermare l’espandersi del tumore ormai giunto ad uno stadio finale.

Lui sapeva e nascondeva tutto questo dietro ad un sorriso proprio come la madre faceva con lui, si odiava per quell’ipocrisia eppure voleva solo vivere quei pochi mesi  che le rimanevo in completa armonia con lei, lui non era quell’eroe che Jongup diceva, lui era solo un perdente, perché contro quel fato orribile nulla poteva, perchè anche se rendeva felice i suoi compagni la donna della sua vita o meglio la donna che gliel’ha data, quella che lo ha sempre amato e curato anche quando il marito che amava tanto era morto lontano da casa, in un incidente aereo, quella donna ora stava morendo e lui non poteva salvarle la vita facendola sorridere.

-Hai già finito i tuoi compiti Himchan? Sai che non voglio che tu venga qui se prima non studi- disse la madre apprensiva e preoccupata per il rendimento scolastico del figlio che però non subiva rincari – certo mamma- mentì lui, studiava la notte poiché non gl’importava di dormire, a lui bastava stare con lei, vivere quel poco tempo che gli rimaneva.

Posò lo zaino, e si mise a sedere sul letto stringendo e guardando intensamente negli occhi sua madre, tentando di fotografare quel viso angelico che nemmeno l’avanzare dell’età e della malattia erano stati in grado di trasformare, di cambiare in qualche cosa di rovinato; gli occhi nocciola, le labbra carnose e pallide, la pelle ormai diafana e le mani ossute che intrecciarono le loro dita con quelle del figlio, quello era il loro modo di dirsi quanto si volevano bene, per loro le parole erano scontate e dolorose, perché detto ad alta voce che la morte è quasi giunta, sembra che tutto divenga reale e loro almeno per quell’altro giorno non erano ancora pronti a separasi.

Una lacrima bagnò quelle calde coperte, ma non fu l’unica, altre la seguirono proprio come le goccioline d’acqua che s’infrangevano sul suolo della grande città che era Seoul, fra le cui vie Jongup correva per raggiungere la sua abitazione.

-Uppie sei tu?- lo chiamò la voce della nonna, che appena avendolo sentito entrare si era precipitata alla porta d’ingresso, il ragazzo sorrise –non c’è nulla da ridere!- lo ammonì quella però – vai a cambiarti, lo sapevo che ti saresti bagnato tutto con questa pioggia, corri a farti un bagno caldo, te l’ho già preparato- continuò poi in tono apprensivo e leggermente preoccupato per la salute del nipote, il ragazzo non si fece ripetere il tutto due volte e corse nella sua camera per posare la tracolla e prendere degli abiti puliti, poi si diresse nel bagno dove ad attenderlo c’era una vasca colma d’acqua e bollicine, pronto ad accogliere il suo corpo tonico ed infreddolito.

Jongup a detta di tutti era una ragazzo giusto poiché: studiava il giusto, usciva con gli amici il giusto e stava lontano dai guai… il giusto, eh si perché quelli proprio non li poteva evitare, lui ce la metteva tutta per non creare problemi a nessuno, ma il suo stesso mutismo li creava a lui.

Eera sempre al centro dell’attenzione dei bulli che trovavano parecchio divertente picchiare un ragazzo che oltre l’essere debole non poteva nemmeno urlare per il dolore o chiedere aiuto, quella era stata la sua vita sino a poco tempo prima, sino a quando non aveva incrociato la sua strada con quella d’Himchan il suo… eroe.

Da quel giorno erano divenuti inseparabili, Himchan si prendeva cura di lui, si preoccupava per lui, lo accompagnava ovunque per evitare che i bulli li si avvicinassero, anche se c’erano giorni in cui correva via  e non sapeva dove finisse per tutto il pomeriggio, ma non gl’importava a lui bastava sapere che gli sarebbe comunque rimasto vicino, poiché quella compagnia lo rendeva tanto felice, eppure non così tanto da farlo tornare a parlare.

Ebbene,quello che nessuno sa a parte la sua cara nonna e l’ormai defunto nonno è che Jongup fino all’età di sette anni aveva parlato con serenità, ma lo shock del perdere i genitori lo aveva portato ad mutismo che si era prolungato sino ad ora.

Sua madre e suo padre erano degli eroi, erano due medici senza frontiera che quando lui era ancora bambino partirono per una missione in Africa, ma una cellula terroristica del posto sterminò il villaggio dove si trovavano e così Jongup rimase orfano, da allora aveva cercato un altro eroe, un’altra persona di buon cuore e dall’anima pura e l’aveva trovata in Himchan e anche in quel ragazzo che altri non era se Yongguk.

-Uppie è pronta la merenda- quell’avviso interruppe il filo dei suoi pensieri e così dopo essersi asciugato ed infilato una tuta corse a consumare ciò che gli era stato preparato, ringraziando la donna, che con tanto amore lo accudiva, con un bacio sulla guancia sinistra, poi tornò nella sua camera, indosso un paio di auricolari ed accese il suo mp3, aspettò qualche secondo e appena la musica partì iniziò a ballare, perché ciò che pochi sanno di Jongup è che non utilizzando le parole per esprimersi aveva imparato a farlo col suo corpo, lui parlava si, ma solo mentre danzava.

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

bene ragazze, eccomi qui con il secondo capitolo di questa storia così tanto triste, inizio con il ringraziare le ragazze che mi hanno recensito prima fra queste Mary che continua a recensire con pazienza ogni mio sclero poi, leigth r che con mio piacere ho scoperto essersi appassionata anche a questa storia e infine ma non per importanza luna8029 che con le sue parole mia ha fatto sentire una grande scrittrice u.u

e poi naturalmente una grazie va a tutte le ragazze che hanno già messo la storia tra le seguite:

Aleexi98

Ciaciachan

Kimia

Luna8029

Grazie di cuore a tutte, e continuate a seguirmi ^^

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > B.A.P / Vai alla pagina dell'autore: Niji Akarui